Utili, disprezzati, sfruttati

Pietro Saitta
  Nella peggiore delle ipotesi sono delinquenti, nella migliore ospiti fastidiosi ed ingombranti. Questa ricerca sul campo - condotta a Mazara del Vallo tramite interviste in profondità  - mostra uno spaccato del lavoro dei migranti nel settore della pesca, basato su diffidenza, sfruttamento, separazione. Un primo passo per la distruzione dei pregiudizi, in direzione di una memoria collettiva dell'immigrazione in Italia
Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su whatsapp
Condividi su email
Condividi su print

Le interviste messe a disposizione del lettore – studioso di migrazioni o semplice curioso – costituiscono  parte dei dati raccolti nel corso una ricerca sul mondo dell’immigrazione in centro e sud Italia che avviai nel 2002. Lo studio, che analizzava specificamente i casi di Mazara del Vallo e Urbino, si è poi tradotto in un libro (Economie del sospetto. Le comunità maghrebine in Centro e Sud Italia e gli italiani, Rubbettino, 2007) ed in numerosi articoli pubblicati su diverse riviste di sociologia (“Religioni e Società”, “Sociologia del diritto”, “Studi Emigrazione”, “Prisma-Ires” e altre ancora).

La ricerca, che si proponeva di comparare i modelli di inserimento di tunisini e marocchini in due aree socialmente ed economicamente molto diverse tra loro, venne ideata in anni non troppo distanti da quelli attuali sotto il profilo delle retoriche pubbliche in materia di immigrazione. Allora come oggi, l’immigrazione era principalmente un fatto di ordine pubblico. Libri autorevoli ci parlavano già da qualche tempo della criminalità degli immigrati, i telegiornali nazionali schiaffavano il “pericolo giallo” in apertura (TG1, 11/8/2000, h. 13:30), la destra in vista delle elezioni del 2001 prometteva più sicurezza e guerra all’immigrazione clandestina (Forza Italia ne fece uno dei principali temi della propria campagna elettorale) e vari commentatori spiegavano che gli immigrati non erano tutti uguali (gli albanesi, infatti, erano quasi naturalmente criminali, i filippini erano fedeli domestici e i cinesi erano tessitori o ristoratori). Accanto a tutto questo, si ritrovavano coloro che decantavano il successo delle proprie “formule multiculturali” e che invitavano gli osservatori a valutare la bontà delle proprie esperienze locali con l’immigrazione (per esempio, il comune di Mazara del Vallo nel corso di una conferenza degli amministratori locali nel corso della primavera 2002) oppure coloro che rimarcavano l’importanza di nuove politiche del lavoro per generare “integrazione” (fedeli al principio che il lavoro sarebbe il principale veicolo di integrazione economica e sociale). In altri termini, pur disposte lungo un continuum che aveva ai due capi quelli che intravedevano nell’immigrazione un pericolo e altri che la sostenevano “senza se e senza ma” (tra cui il sottoscritto!), le posizioni presenti in campo vedevano la prevalenza di soggetti che erano seriamente preoccupati oppure che credevano nel bisogno di una seria regolamentazione (un dato peraltro confermato dagli studi campionari sulle “paure degli italiani”, che in quegli anni vedevano l’immigrazione tra le preoccupazioni principali della popolazione).

La combinazione di tutti questi elementi mi condusse dunque ad ideare una ricerca che si confrontasse non tanto con le acquisizioni scientifiche (in genere abbastanza “avanzate” e nettamente contrapposte al clima allarmista di quegli anni. Per quanto non mancassero divergenze importanti come quella, per esempio, che contrapponeva Dal Lago a Melotti)[1] quanto con le “verità pubbliche” divulgate dai media mainstream e largamente condivise dalla cittadinanza.

Riassumendo, gli elementi che mi avevano colpito erano:

–            la possibilità che certe “etnie” (un termine assai impreciso, ma molto popolare all’epoca) fossero culturalmente predisposte verso certi lavori e certe modalità d’inserimento (dipendente o imprenditoriale, nell’economia regolare oppure in quelle criminali o informali);

–            il fatto che gli immigrati potessero essere “pericolosi” per l’ordine pubblico, in ragione di elementi culturali oppure della loro esposizione alla povertà;

–             il ruolo del lavoro come veicolo d’integrazione sociale prima ancora che economico;

–            il carattere pionieristico di certe esperienze locali di gestione dell’immigrazione.

 

A partire da questi interessi misi in piedi un disegno di ricerca che studiasse una “etnia” (quella dei maghrebini) in due contesti molto diversi tra loro, in modo tale da poter osservare la relazione tra gli elementi “strutturali” e “culturali” e inferire quale fosse tra le due la variabile indipendente. In particolare, avrei studiato un’area ad economia tradizionale fondata principalmente su pesca, agricoltura e irregolarità dei rapporti lavorativi (quella di Mazara del Vallo) e una regione “distrettuale” basata prevalentemente sulla piccola impresa e caratterizzata da rapporti di lavoro regolare (Urbino). Avrei osservato come la precarietà e l’esposizione alla povertà condizionano le scelte relative al lavoro e alla sussistenza (mettendo in moto percorsi e carriere “devianti”) e come, di contro, il possesso di un lavoro regolare possa generare circoli virtuosi che favoriscono l’interscambio tra nativi e stranieri. Peraltro, avrei avuto modo di studiare un centro, Mazara del Vallo, che aveva la fama di essere “città della pace e della tolleranza” ––una cosa non da poco in tempi in cui amministratori leghisti levavano le panchine dai parchi per privare gli stranieri di un giaciglio o invitavano a sparare ad altezza d’uomo agli immigrati clandestini.

Nella primavera del 2002 mi trasferii a Mazara del Vallo per condurre un periodo di intensa osservazione durata alcuni mesi. Andai ad abitare nella casbah, ovvero in quel centro storico cittadino divenuto nel frattempo quartiere privilegiato per lo stanziamento di alcune migliaia di tunisini (attualmente la composizione demografica dei quartieri sta nuovamente mutando e un numero crescente di nativi ha ripreso ad abitare o a frequentare quelle strade. Ma questo è un altro discorso e sarà affrontato in un nuovo libro in corso di realizzazione). Accanto all’osservazione partecipante e alla raccolta e ripulitura di dati statistici relativi al mercato di lavoro e alla residenzialità degli stranieri, il mio armamentario tecnico di ricerca si avvaleva di “interviste in profondità” rivolte agli attori sociali dell’immigrazione: gli immigrati stessi, i religiosi impegnati nell’accoglienza, gli amministratori locali, nativi che condividevano lo spazio e il tempo del lavoro con gli stranieri, semplici cittadini, armatori.

Le domande poste a ciascuna tipologia di testimone variavano lievemente o in parte con la sua posizione e la sua cittadinanza. Ad ogni modo, quello che ero intenzionato a fare consisteva sostanzialmente nel comparare il punto di vista dei nativi e dei maghrebini per poter ascoltare le rappresentazioni reciproche.

Come si vedrà, le interviste rivolte agli stranieri miravano a raccogliere elementi legati a fasi temporali della loro biografia e a mettere in luce quanti più elementi descrittivi possibili. In particolare, ero interessato ad indagare:

 

–            aspetti precedenti la partenza, relativi alle condizioni di vita e al capitale culturale e sociale di cui disponevano (cultura locale, caratteristiche socio-anagrafiche personali, valutazioni relative al vissuto in patria)

–            il momento della partenza (l’iniziativa, il progetto migratorio, il periodo storico e personale, il viaggio);

–            il momento dell’arrivo (primo paese d’approdo, spostamenti, ostacoli incontrati);

–            i percorsi d’integrazione (percorsi lavorativi e abitativi, la costituzione di reti);

–            il presente (situazione odierna, valutazione percorso compiuto);

–            il futuro (prospettive e intenzioni).

 

Le interviste agli italiani che non ricoprivano un ruolo istituzionale, invece, vertevano maggiormente sugli aspetti dell’insediamento degli stranieri, del loro incontro/scontro con questi soggetti nei luoghi di lavoro e di vita, di quello che pensavano degli stranieri come lavoratori e persone.

Come ho avuto modo di dire in modo più compiuto altrove, mi accorsi che molti giudizi erano assolutamente sovrapponibili e che la generalmente bassa considerazione che gli uni avevano degli altri era decisamente ricambiata. In particolar modo, confrontando i testi delle interviste e i risultati dell’osservazione mi accorsi che il “sospetto” era la categoria cognitiva che caratterizzava più di qualunque altra le rappresentazioni degli attori impegnati in questa interazione. L’idea, cioè, che gli altri fossero infidi, nascondessero secondi fini, complottassero ai danni di ciascun altro. E non bisogna credere che “altro” stia per straniero, appartenente ad un altro gruppo nazionale. In realtà, il “sospetto” era trasversale alle nazionalità (ivi inclusi gli italiani), ma anche interno. Le attraversava e divorava dal di dentro, facendo dubitare di molti propri connazionali allo stesso modo degli appartenenti ad altri gruppi. È stato così che ho pensato di definire questo particolare milieu  una “economia relazionale del sospetto”. Il sospetto regolava i rapporti economici, la relazione tra datori di lavoro e dipendenti, quella tra nemici e, spesso, anche quella tra conoscenti e “amici”. Se è vero, come la sociologia economica suggerisce, che la fiducia è un elemento fondamentale dello sviluppo, non vi è davvero di che stupirsi se questa parte di meridione abbia conosciuto soltanto sviluppo relativo. Si può infatti sostenere che l’osservazione delle dinamiche generate dall’immigrazione in questo lembo di Sicilia non è servita tanto a gettare luce su una nuova componente della demografia locale e sulle sue modalità di inserimento, quanto a confermare la centralità e i limiti delle strutture economiche e relazionali preesistenti, caratterizzate da basse aspettative nei rapporti economici (e dunque interpersonali)  e improntate ad una insostenibile asimmetria nel potere a disposizione degli attori. Certo, molti piccoli imprenditori locali sono senz’altro strozzati dalle incombenze, dalla concorrenza e dal differenziale di potere che li vede soccombere dinanzi ai grossisti e al mercato in genere. In altri termini, possono considerarsi essi stessi vittime. Tuttavia, la natura di questi rapporti non sembra generare relazioni virtuose tra le componenti immigrate e nazionali, come in molti hanno lungamente sostenuto. Tuttalpiù, come confermato ad un livello macro dai tradizionali Rapporti sulla Criminalità del Ministero degli Interni (per esempio, quello del 2007), non vi sono episodi regolari di violenza e i livelli di criminalizzazione degli stranieri (carcerazioni, fermi, arresti per reati strumentali ed espulsioni per violazione della legislazione sull’immigrazione condotti in tempi successivi all’ingresso nel paese) sono in genere sensibilmente più bassi che nel resto del paese. Tuttavia in una prospettiva teorico-pragmatica, orientata agli aspetti gestionali del discorso e delle pratiche multiculturali, tale condizione di relativa calma non dovrebbe suscitare incauti ottimismi. La principale risultanza pratica di questo “evitamento” tra gruppi nazionali, infatti, non è tanto l’inclusione o la pacifica convivenza quanto l’indifferenza. Certo, possiamo immaginare che l’indifferenza costituisca sostanzialmente una delle possibili basi della convivenza. In fondo, come insegna la teoria sociologica classica, il processo di modernizzazione e il passaggio dalle forme di solidarietà “meccanica” a quelle “organiche” si fondano proprio su questo principio. Goffman definiva “civile” la disattenzione che caratterizza le relazioni tra individui nello spazio pubblico e Durkheim e Simmel identificavano l’anonimità  come uno dei tratti caratteristici della città moderna. Il punto è che le forme di indifferenza non sono tutte uguali e possono avere impatti differenti. L’indifferenza nella scuola (sarebbe a dire la disattenzione degli insegnanti o l’incapacità di mettere in moto pratiche didattiche “particolari”) nei confronti degli studenti stranieri può causare stati d’animo di risentimento, oltre che abbandono scolastico. La mancanza di attenzione nella pubblica amministrazione (la scarsità di misure particolari per gli stranieri, come per esempio la stampa di documenti in lingue differenti dall’italiano, oppure un supplemento di severità nel trattamento e nell’erogazione di servizi) può scatenare la percezione degli utenti immigrati di essere vittime di un razzismo istituzionale. La completa indifferenza nello spazio pubblico, ovvero la resistenza dei nativi ad ammiccare nei confronti di uno straniero in particolari situazioni che normalmente susciterebbero lo scambio di battute tra le persone compresenti (per esempio, dinanzi a una scena buffa o curiosa) può produrre la sensazione di essere “invisibili”, “spaventosi” o il rafforzarsi della convinzione che gli italiani siano persone “fredde” (la stessa cosa che i meridionali dicono, poniamo, dei milanesi oppure gli italiani dei tedeschi).

Di tutte queste cose, però, ho discusso largamente altrove. Qui vorrei semplicemente sottolineare che le interviste  riportate, per quanto non più recentissime, dovrebbero essere considerate uno strumento messo a disposizione di coloro che a vario titolo stanno studiando l’immigrazione in Italia e sono magari in cerca di materiali empirico per le proprie analisi. Sono altresì uno strumento a disposizione dei curiosi, di coloro che sono animati dal desiderio di conoscere cosa pensino e quali motivazioni abbiano spinto a venire in Italia alcuni tra quelli che già adesso costituiscono, senza la minima ombra di dubbio, i nuovi italiani.

Inoltre, queste interviste costituiscono un nostro piccolo contributo a quella che è la formazione di una memoria collettiva ancora da scriversi. Pur non recentissimo, il materiale che abbiamo reso disponibile è forse ancora troppo nuovo per poter consentirci di parlare di “memoria”, così come facciamo a proposito delle testimonianze degli italo-americani di Ellis Island o di quelle lasciate dai contadini polacchi in Europa ed America. Tuttavia, vi sono davvero pochi dubbi che quelli che oggi ci ostiniamo a chiamare stranieri saranno, un giorno forse non vicinissimo ma ciò nondimeno ineluttabile, cittadini a pieno titolo di questa nazione. E quel giorno sarà probabilmente altrettanto ineluttabile che una minoranza di discendenti, studiosi e operatori culturali sentiranno il bisogno di confrontarsi con l’esercizio della memoria, con la rievocazione del lento processo di trasformazione demografica e culturale di questo paese: il suo passaggio da paese “bianco” (se mai lo è stato!) a paese “meticcio” e pluri-culturale. Certo, ci auguriamo che il sapore di questa ipotetica, futura rievocazione non abbia il carattere amaro che assume nel caso degli Stati Uniti o di altri paesi (con particolare riferimento alla questione afro-americana, che non è forse tanto un problema di immigrazione quanto di deportazione e di lento riconoscimento dei diritti di una minoranza. E quanto duro è stato l’inserimento degli italiani in America oppure in Germania!).

Inoltre, vi è una ragione ulteriore per pubblicare questo materiale. Una motivazione accademica per l’esattezza, relativa alla necessità di rendere disponibile le fonti e i dati raccolti per poter consentire ai colleghi e a quanti altri fossero interessati di potersi esercitare sullo stesso materiale, di produrre analisi critiche, revisioni di quanto finora scritto o ritenuto e di potere garantire quel controllo incrociato dei dati che è indispensabile per il progresso e il consolidamento delle conoscenze scientifiche (incluse quelle sociologiche!). La trasparenza della ricerca mi sembra uno dei problemi principali delle attività di investigazione e conoscenza e il conseguimento di questo obiettivo necessita della condivisione dei dati. La maggior parte delle fonti, infatti, rimangono archiviate nelle memorie dei computer o raccontate attraverso i filtri e le lenti concettuali dei ricercatori, che fanno brandelli di questi testi ed espongono soltanto i pezzi che ritengono più riusciti. Ma la responsabilità della narrazione è troppo grande per poterla assumere in perfetta solitudine e uno dei più grandi atti di democrazia è quello di poter rendere gli altri partecipi del processo di costruzione delle “verità” sociali (partendo dal punto di vista di Latour che l’università, insieme ai laboratori della scienza e ai tribunali, è uno degli organi deputati, appunto, alla produzione di “verità”). Le “interviste in profondità” sono uno dei tanti tasselli che partecipano alla generazione di questa conoscenza e sarebbe bello se quante più persone potessero esercitarsi con gli stessi materiali per poter costruire una visione comune.

Infine, occorre notare che le interviste qui riportate costituiscono solo una parte del materiale raccolto e fanno riferimento al solo caso di Mazara del Vallo. Col tempo, comunque, si cercherà di colmare i vuoti e rendere disponibile quanto più materiale possibile.

Per adesso posso solo sperare che anche gli altri lettori possano trovare questo materiale interessante e che le ragioni che mi hanno spinto a condividere questo materiale possano incontrare il favore di altri.

Buona lettura!

 

 

Interviste in profondità – Mazara del Vallo

  

INTERVISTA  N. 1

Ishmael, 25 anni

 

  • Quanti anni hai?
  • 25 anni
  • Dove sei nato?
  • A Mahdia
  • Quando sei arrivato in Italia?
  • Sono arrivato quando i miei genitori…all’incirca avevo 2 o 3 anni al massimo. Nell’81 precisamente.
  • I tuoi che facevano?
  • Mio padre ha sempre fatto il pescatore sin da piccolo. Ovviamente per motivi suoi familiari…non è che stavamo male, però stava male coi suoi genitori…Si è trasferito in Italia e poi, pian piano, ha portato prima mia madre e poi me.
  • Lui era già sposato all’epoca?
  • Sì, era sposato, divorziato, risposato…
  • Quindi tua madre era la seconda moglie…
  • Sì, sì…
  • E tu stavi in Tunisia! Hai ricordi di quel periodo?
  • Proprio che non avevo ricordi…qualche cosa mi ricordo, però…non so esattamente se era prima o dopo che ero arrivato in Italia. Ma qualche cosa me la ricordo sicuramente…
  • Hai fatto le scuole in Italia?
  • Sì, le scuole elementari le ho fatte sempre in lingua araba…già c’era la scuola tunisina, quand’era il periodo mio…poi le scuole medie le ho fatte in Italiano ed anche quelle superiori. Ed è finita lì…
  • Che scuole superiori hai fatto?
  • Ero arrivato sino al terzo anno e volevo diventare un perito elettrotecnico. Poi motivi di lavoro, qua e là, ed è successo che ho dovuto abbandonare…
  • Cosa ne pensi della scuola tunisina? Il tuo caso è un eccezione, ma conosco un sacco di ragazzi che hanno frequentato quella scuola e l’Italiano non lo hanno mai più imparato…
  • Non lo so. Come te lo posso spiegare…? Intanto, forse, c’è una differenza fra il mio periodo e l’attuale periodo. Perché nel mio periodo c’è stata davvero pochissima influenza da parte dei miei amici tunisini; la maggior parte del tempo la passavo con gli italiani: erano i nostri vicini di casa, i loro figli e quelli che conoscevo man mano andando avanti…Poi c’era il televisore! In casa non eravamo molti; eravamo io e mia sorella… Mia sorella era troppo piccola. C’era il televisore: tramite i cartoni animati posso dire di aver imparato moltissimo della lingua italiana! Ti posso dire anche di aver avuto una volontà “diversa” dagli altri: di imparare (o forse è stata anche una fortuna d’imparare, chessò, l’accento!). Poi, attualmente – venendo ad oggi – oltre al fatto che ce n’è di più tunisini rispetto al periodo che ti ho detto…oltre il fatto che parlano tra di loro moltissimo il dialetto…l’italiano è – come ti posso dire? – accantonato! E’ difficile che qualcuno lo approfondisca…
  • Tu hai parlato di “diversa volontà”? Qual è questa “diversa volontà”?
  • La volontà che io, nel mio periodo, avevo tanta volontà d’imparare la lingua italiana per comunicare coi miei amici! Mentre oggi come oggi, siccome il 70-80% e anche più è composta da tunisini, da extracomunitari, non hanno avuto la stessa situazione mia. Cioè, non sono tanto obbligati a imparare la lingua italiana, e anche se uno la impara non gliene frega niente…Questa è l’attuale situazione!
  • All’epoca, quella tunisina era davvero una minoranza?
  • Ero più motivato io ad imparare la lingua italiana per comunicare…Oggi invece non sono più motivati; non possono avere la stessa motivazione che ho avuto io…Cioè questo è un parere mio rispetto a quello che vedo. Non è che sia proprio…

D. Secondo te, quanto sono interessati i tunisini a “integrarsi”, a diventare parte della cittadinanza insieme agli italiani? Diciamo, a “contaminarsi” (come hai fatto tu del resto)…

  • “Contaminarsi” è una parola troppo grave…Qui non si parla di contaminarsi o mollare la propria cultura per un’altra…Qui si parla di apertura mentale, che io penso…una cultura da che cosa si forma? Dalle varie culture, e poi man mano si scarta ciò che non conviene o non piace, che non può essere tramandato ad altri…Io la penso così! Quindi, automaticamente, non abbandoni la tua cultura, ma accogli un’altra cultura…Quindi, ovviamente, per comunicare con un’altra persona di una cultura diversa prima devi capire la sua cultura per comunicare. Oggi come oggi è un po’ difficile! Perché…? Oltre al fatto che la maggioranza è tunisina, extracomunitari, non hanno più bisogno…quasi quasi sono gli italiani che si sono integrati al modo di pensare tunisino. Poi, oltre al fatto che ti dicevo, abbiamo un altro piccolo problema che sto vedendo recentemente…prima non lo vedevo, ora lo sto vedendo di più…perché molti cittadini di Mazara (parliamo proprio di Mazara, precisamente) ti posso dire che non hanno avuto la stessa voglia di quelli che c’erano al mio tempo. Voglia di…si allontanano! Ovviamente hanno anche ragione; non dico che non hanno ragione…Il motivo principale è la paura.
  • Paura di cosa?
  • Te lo spiego subito! Perché per primo c’è la mentalità: extracomunitario uguale criminale! Subito, questo subito! Non hanno tutto il torto dalla parte loro: c’è un fondo di verità…ma purtroppo c’è anche un altro particolare, e cioè che la maggior parte degli extracomunitari lavora! La maggior parte va a scuola e la gente che si vede fuori si nota meglio…Viene a essere notato quelli che non lavorano, malgrado sia una minoranza…non è propria alta, non è una percentuale veramente alta. E’ una minoranza…ma purtroppo viene esaltata di più, vista di più e per questo, purtroppo, fa paura…Questo è il motivo per cui si allontanano gli italiani e per questo potrei dire che da una parte hanno ragione, ma dall’altra hanno torto…Automaticamente si creano questi piccoli conflitti, anche se non si notano, ma sono piccoli conflitti…che sommati insieme veramente mettono a disagio. La paura li allontana, la diffidenza li allontana. Ovviamente già qualcosa di strano – questo per tutti, anche per noi tunisini, marocchini, extracomunitari, tutti – qualsiasi cosa che ci sia di nuovo o che non conosci fa paura…Automaticamente qui a Mazara all’inizio non posso dire che non ci fossero forme di razzismo, però non posso neanche dire che è una città razzista. Perché non è vero, altrimenti non accoglierebbe gli extracomunitari come fa!
  • Può anche essere che la città abbia bisogno degli extracomunitari…
  • Quello è un altro punto…Non credo, non credo che perché ne abbiano bisogno se li tengano! Perché di gente che vuole lavorare ce n’è anche altrove. Possono accogliere, non so, di un altro comune qui vicino, di un comune più lontano…possono anche richiedere cittadini del nord-italia per fare questo determinato lavoro!E’ vero il fatto che gli extracomunitari sono più disponibili a fare questi lavori faticosi sia fisicamente sia mentalmente, più umili. Si fanno anche sottopagare, questo è vero…ma non è detto che ne hanno bisogno al 100%. Che contribuiscano in maniera in maniera importante all’economia, questo sì. Ma che ne abbiano bisogno al 100%, questo no!
  • Tu dici che se la Tunisia sospendesse i flussi, qui non accadrebbe niente?
  • Quello è un altro punto, perché stiamo parlando di una conseguenza di anni…Perché se te in dieci anni hai integrato tanti cittadini e poi, tutto a un tratto, li togli…è chiaro che hai una conseguenza grave! Questo è poco ma sicuro! In qualsiasi modo è comunque così, ma non penso che ne abbiano bisogno al 100%…Infatti, anche se parliamo del lato lavorativo, della pesca (la percentuale più alta rispetto ai lavori che ci sono a Mazara) è vero che il cittadino tunisino è indispensabile, perché sono più professionali, sono più disposti a lavorare…automaticamente non si lamentano del tipo di lavoro. Però è anche vero che pure un italiano lo può fare questo tipo di lavoro. Però siccome c’è qualcuno che lo ha fatto al posto loro per anni, ormai è una mentalità che non gliela leva più nessuno. Automaticamente, vediamo tutti che non hanno più voglia di lavorare; fanno fare tutti i lavori ad altri…Vogliono fare i lavori di ufficio o vogliono fare anche i mangia… senza lavorare, ecco. Tanto per stare in argomento, a Mazara succede proprio questo, che ormai il periodo che ci sono gli stranieri è così lungo che sono abituati a far fare certi lavori allo straniero! Anche se poi c’è un’altra cosa che ho notato ultimamente. Ero andato a cercare un imbarcazione. In quel periodo ce n’erano molte di barche, ma guarda caso io avevo puntato su una determinata imbarcazione, perché mi interessava sia il gruppo lavorativo che il padrone, perché era un ambiente molto tranquillo. Allora, entro lì (modestia a parte, col mio accento non aveva capito che ero tunisino) e quello mi ha risposto non avendo capito che ero tunisino: “Noi cerchiamo solo tunisini!”. Perché non c’ha la fiducia di dire un italiano mi fa questo tipo di lavoro.  Non è possibile. “Non mi rende!”, mi spiego? Perché ormai sono abituati a pensare che determinati tipi di lavoro li possono fare solo degli extracomunitari! Ne sono capaci solo extracomunitari…è vero che sono più umili, è vero che sono più capaci magari, è vero che s’impegnano di più perché hanno motivazioni…! Invece il cittadino italiano non ha motivazioni, perché se domani non vuole andare a lavorare c’ha mamma e papà, non deve pagare l’affitto…mi spiego? Invece un extracomunitario deve lavorare, deve mantenere mogli e figli e addirittura pensare a comprare qualcosa da mandare persino ai genitori che stanno in Tunisia..E’ questo il punto: che un cittadino extracomunitario è più motivato, mentre un cittadino italiano no, non lo è abbastanza! Cioè non gliene frega più di tanto, tanto pensa che dopo ci sarà qualcosa di meglio…il padre magari gli troverà un lavoro d’ufficio…Ci stanno un sacco di punti di vista diversi…Non c’hanno più voglia di fare nulla!
  • Quando hai detto al padrone della nave che eri tunisino, che è successo?
  • C’è rimasto male, c’ha fatto una brutta figura e poi mi ha dato dei consigli per come fare a trovare un imbarco…e nulla, è finita lì.
  • Perché non hai completato la scuola?
  • Ti stavo dicendo che non l’avevo completata per un motivo familiare mio, di me e mio padre ovviamente…diciamo un litigio. Io non la pensavo come la pensava lui e automaticamente lui non la pensava come la pensavo io e ho deciso di andarmene via. Mi ero messo coi miei zii e andavo a lavorare di giorno e a scuola di sera, per completare le scuole industriali. Poi piano piano non gliela facevo più, perché il lavoro che facevo a terra non era conveniente per guadagnare sufficientemente né per i libri né per la sopravvivenza…Avevo deciso di andare a mare a quell’epoca e a mare ovviamente si sta via per trenta giorni, quaranta giorni e la scuola ovviamente se n’era andata a farsi benedire…e automaticamente poi, pian piano, avevo accantonato lo studio.
  • Mi parli del tuo primo lavoro?
  • La prima volta che ho lavorato non è stato il mare. All’inizio ho fatto anche il lavoro d’agricoltura, possiamo chiamarlo. Ho fatto le vendemmie, poi la raccolta delle olive…questo quando andavo a scuola per pagarmi alcuni libri. Poi ho lavorato anche, come posso spiegartelo, in un’azienda in cui si lavorava il pesce congelato, che stava vicino alle scuole industriali dove andavo. Possiamo dire che l’impatto col lavoro non è stato brutto né tanto bello. E’ stato per me una cosa normale: ci ho fatto l’abitudine da subito. Non era una preoccupazione per me.  Poi, quando ero andato a mare è stato come se fosse la cosa che dovevo fare per il resto della vita…! All’inizio ho passato i primi due giorni davvero da schifo!
  • Il mal di mare?
  • No, non era il mal di mare. Era proprio la sensazione di essere solo! Anche se eravamo in 15 sulla nave, era proprio la sensazione di essere da soli. Non c’era niente, c’era mare e cielo. Basta! C’eravamo solo noi! E’ una sensazione…non c’è modo di descriverlo! Ci si sentiva dispersi. I primi due giorni era andata così…
  • Quanti anni avevi?
  • All’epoca avevo 14 anni.
  • Avevi 14 anni e ti hanno imbarcato? In maniera legale?

I. Sì, ma capirai, a Mazara in modo legale…

D. Io pensavo che quello della pesca fosse uno degli ambiti più legali. Se non altro per i continui controlli della guardia costiera…

I. La legalità a Mazara è zero. Se andiamo in mare la legalità è 1. Mi spiego? Ma non è il 100%. E’ più rispetto a quella di terra; ovviamente perché la guardia marittima, che cosa fa? Il controllo è per il comandante, che sia in regola; per il macchinista che sia in regola, per il secondo macchinista che  sia in regola e, qualche volta, per il capopesca che sia in regola! Ma per il resto dell’equipaggio è niente! Non lo controllano…

  • E a 14 anni che facevi?

I. Il pescatore! Guarda che fare il pescatore non è una cosa tanto difficile! Fare il pescatore è la cosa più semplice del mondo, solo che ci vuole resistenza fisica e mentale! Non è poco, però…il fisico ce l’avevo, perché sin da piccolo avevo il fisico resistente. Mentre quella mentale ognuno se la coltiva a modo suo…la solitudine per trenta giorni, non vedere terra, la mancanza di alcuni servizi che puoi avere a terra (chessò, la doccia, il riposo, un sacco di cose)…Quelle sono le prime cose che devi avere, ma per il resto fare il pescatore non è una cosa difficile.

  • Quali strategie mentali hai messo in moto per resistere?

I. Posso soltanto dirti che bene o male mi considero fortunato, perché non ho bisogno di molta compagnia. Bene o male, se ho la compagnia sono contento; se non ho la compagnia, è uguale. Non me ne faccio problemi…

D. Ma a bordo ce l’hai la compagnia. Siete dalle 8 alle 15 persone…

I. Ma c’hai sempre a che fare con le solite persone! E quando sei impegnato a lavorare non è che puoi parlare. Non gliela faresti mai! Lì i minuti sono contati, perché già il tempo di finire di lavorare il pesce, che è il momento di tirare di nuovo su la rete…ovviamente ci pensa il verricello, non è che ci pensa gli uomini…però il tempo di tirarla su, il tempo per dormire non c’è quasi mai! Addirittura il tempo di pranzo e di cena e non è mai lo stesso, perché può capitare un’ora prima o un’ora dopo. Può  capitare per niente, un panino al volo e così via…! Perché il lavoro…in poche parole sei legato al lavoro, al riempimento della rete, ai tempi che ci stanno…chessò, il brutto tempo. Le reti vanno buttate e riprese subito. Siamo legati al mare, in altre parole. Non esiste un orario preciso per mangiare, non esiste un orario preciso per dormire…Non esiste nessun orario.

D. Ma a bordo gli uomini non sono legati da amicizia? Ho sempre pensato che stare tutto quel tempo su una nave dovrebbe spingere gli uomini a parlare…

I. Il tempo che c’hai, fosse anche un minuto, è meglio che vai a dormire. Infatti si dice “dormire quando non si ha sonno e mangiare quando non si ha fame”…perché dopo non si può fare più e ti sei perso quel minuto. Magari è l’unico che c’hai in 24 ore…Addirittura succede in 3-4 giorni che non dormi neanche un minuto. Alle volte si dorme in piedi, finché non arriva su la rete, in 10 minuti…A volte arriva in meno, in cinque minuti, e già devi lavorare. Dal momento che arriva la rete e la ributti, lavori sempre! Esiste solo quel momento in cui arriva la rete, che può variare dai tre minuti, massimo dieci, ma è raro. E’ impossibile che esiste tempo che puoi dedicare ad altro…Esistono alcune imbarcazioni  (ma sono poche. Su mille barche, ce ne sono 5) che lavorano il gambero rosso – che è un altro tipo  di lavoro – che la tirata della rete dura dalle 5 alle 6 ore; per pulire il gambero, scartarlo e metterlo in congelatore ci vogliono al massimo 20 minuti. E’ una pesca di altissimo fondo, lontanissimo sia delle terre europee che quelle africane…Anche lì, la minima cavolata e finisce che ci rimani in mare…Sei lontano da tutti, non esiste modo di scampare il maltempo…Non è tutto l’anno, infatti; ma solo in certi periodi. Al massimo 3- 4 mesi l’anno e non lo fanno tutti. Quindi è rarissimo che ci sia riposo a mare.

D. Quando vai a pescare gamberi, cosa accade tra le persone? C’è a disposizione tutto quel tempo, 5-6 ore…

I. Quello sì! A me è capitato di lavorarci un paio di mesi…allora si ha tempo di giocare a scacchi, a carte…addirittura arrivo il momento che stai davvero male per il troppo sonno. Quello sì, capita, è vero! Forse in quel modo si può dire che ci si diverte, però sempre ci vuole una resistenza mentale! A quel punto ci vuole una resistenza mentale, perché dici trenta giorni lontano dalla terra è un po’ faticoso. Non tutti riescono a sopportarlo. Non se mi spiego…infatti te non hai esperienze di questo tipo, io però posso dirti che moltissimi…io mi considero fortunato perché non mi fa né caldo né freddo…però posso garantirti che moltissimi appena ritornano dal mare la prima cosa che pensano è andare in un bar e ubriacarsi. Automaticamente una volta ubriachi, i problemi; automaticamente una volta i problemi, la polizia e così via…Veramente non è un caso raro, ma capita tutte le volte che rientrano dal mare.

D. Questo vale per tutti? Sia per gli italiani che per i tunisini?

I. Tutti, uguali! C’è da distinguere, ovviamente, tra capitano e macchinista. Quelli sono quelli che, per un motivo o per l’altro, non si uniscono mai al gruppo. Uno dei principali motivi è che sono degli ufficiali, degli alti ufficiali. Automaticamente non possono permettersi cavolate.

D. Hai detto “gruppo”. Questo significa che ci si va ad ubriacare tutti insieme?

I. Sì, sì! Appena si incontrano…è come se fosse qualcosa “telepatica”…

D. Ma tra colleghi, diciamo, di bordo?

I. Tra colleghi di bordo e anche non colleghi di bordo. Tanto si conoscono tutti! In una città come Mazara, anche se veramente molto grande, si conoscono tutti. Questo è il bello di Mazara! Ne arriva uno, che sta lì; ne arriva un altro, che sta lì…così via. Il minimo che ci possono essere una ventina di persone, anche di più…Automaticamente, una volta che sono ubriachi subito problemi…E questo non dipende da loro, secondo me. Dipende dalla loro debolezza mentale. Perché io non credo che sia un modo loro di fare…perché, addirittura, li ho anche notati (malgrado io non sia uno che ci esce proprio) che una volta che passano 5 o 6 giorni a terra questa voglia di andare al bar, di ubriacarsi, non gli viene neanche in mente!  Proprio…il primo impatto! Arrivi a terra e il primo impulso è quello di andare al bar ed ubriacarsi. E’ una debolezza mentale. Non dico che lo fanno tutti, ma un 70% non è poco…Purtroppo sono motivati a lavorare  e un lavoro in mare non è…c’è da compatirli…il lavoro in mare è davvero stressante, molto! Immagina che anche la minima cavolata ti fa incavolare. Immagina, non so, anche un piccolo bisticcio, una piccola cosa che non è fatta perfettamente, anche se è banale, ti fa incavolare…Ci vuole davvero capacità di starci a mare.

D. Come si creano i gruppi a bordo? C’è una distinzione, ad esempio, tra italiani e tunisini…?

I. No, no! Proprio no, questo no! L’unica distinzione forse è burocratica…che sarebbe quella per cui il capitano lo può fare solo un italiano e il macchinista lo può fare solo un italiano. Il resto, non esiste. I rapporti, per come li vedo…ovviamente non tutti, perché parliamo del livello di lavoro…se sei un lavoratore e rispetti tutto e fai tutto quello che c’è da fare…non perché te lo ordinano, ma perché non esiste un ruolo ben definito (eccetto quello del comandante e del macchinista)…esiste che tutti si lavora e tutti aiutano tutti. Esiste solo quello. Automaticamente, se te vedi che a quel posto manca un lavoratore, magari uno a smistare il pesce o riempire i secchi di pesce per riscartarli e così via, automaticamente lo rimpiazzi. Questo è un tipo di lavoro a gruppo, che non esiste una struttura precisa, esiste solo che tutti lavorano e basta! Automaticamente non tutti sono capaci di farlo, perché ho visto che molti quando vanno a mare stanno a guardare e se non gli dai un ordine ben preciso non serve a niente. Addirittura se ne infischiano! Vanno a mare tanto per andare a mare perché poi si lavora a percentuale…se il guadagno è tot, guadagni tot. E’ una percentuale che prendi…Alla fine quelli avranno un rapporto veramente diverso, quello sì! Perché tu non sei stato né agli accordi legali né morali. Vengono scartati, come posso dire… vengono valutati veramente male. Un capitano quando ha bisogno di determinati marinai e incontra determinate persone fa una scelta, una selezione… “quello mi lavora così e così, quello non mi fa niente!”. Allora esiste questa selezione, però esiste anche un’altra selezione, molto più grave…se qui ci stanno 15 italiani e qui un extracomunitario, prende subito l’extracomunitario. E’ un calcolo matematico, perché, come ti avevo spiegato, esiste il fatto della diffidenza. E’abituato ad avere extracomunitari…dice “questi sono più motivati a lavorare, invece quelli là no”.

D. Sai, ho parlato con dei motoristi italiani. Mi hanno detto che gli stranieri a bordo vogliono imporre il loro modo di lavorare oppure che alcuni tunisini si eleggono leader dei connazionali a bordo e ordinano a questi di non fare certi lavori o rifiutarsi di obbedire. Che ne pensi?

I. Sì, è successo questo. Posso dirti anche un’altra cosa: purtroppo, la situazione com’è degli extracomunitari, automaticamente quelli che hanno famiglia non possono permettersi di restare disoccupati. Esistono anche i leccaculo, mi spiego? Allora, che succede? Che il più bravo a leccare fa il leader e si può permettere di licenziare chi vuole. Esistono determinati casi purtroppo —

non si possono fare i nomi e non si può accusare niente e nessuno – in cui armatori mettono a capogruppo un cittadino straniero. Lui fa tutto! Cioè lui deve ripetere tutto, lui deve dargli le giustificazioni necessarie per dire questo si è fatto, quello non si è fatto, e questo automaticamente grazie al loro modo di leccare i piedi, mi spiego?! Automaticamente, se salgo a bordo io…io non ho problemi di non lavorare. Se non lavoro, benissimo! Io c’ho altri posti dove andare a lavorare e me ne frego. Non ho una famiglia da mantenere: se alla fine guadagno un milione e mezzo, mi sta benissimo!  Invece uno che ha famiglia si preoccupa. Automaticamente se quello dà un determinato ordine, lo accetta. Poi ci sta invece chi lo fa proprio perché gli piace essere…come te lo posso spiegare…Ad esempio, su un peschereccio c’è un certo modo di lavorare e lo impone il capopesca. Automaticamente loro, essendo un gruppo superiore – che è un gruppo di stranieri – vogliono far vedere la loro maggioranza. Vogliono essere tutto loro; in altri termini vogliono imporre…e ce chi lo fa per il gusto di farlo! Il capo ci sta, uno che fa il leccapiedi del datore di lavoro, però gli va accanto, non gli dice di no, proprio per il motivo di…cioè gli piace farlo. Esiste anche questo; non è che non esiste…ma purtroppo fa parte della mentalità che si ha a mare. Ma in terra non lo può fare per esempio! Cioè non è che non lo può fare perché non ha la capacità, ma perché proprio non gli verrebbe neanche in mente! E’ una mentalità che proprio si acquisisce solo in mare. Lo stesso vale anche per gli italiani, non è che dice lo fa solo un extracomunitario….La maggioranza crea sempre questo. Teoricamente la soluzione sarebbe quella di fare a metà, preciso preciso…ma secondo me non va risolta la questione…bisognerebbe fare una selezione. Per fare il pescatore ci vogliono determinate caratteristiche, secondo me…Per arrivare a fare il pescatore bisogna fare una selezione ben precisa: questo è capace di fare il pescatore, ha una resistenza mentale superiore rispetto agli altri e lo può fare. Quelli che hanno una resistenza mentale debole si fanno condizionare, fanno problemi e automaticamente coi problemi che possono suscitare…Dal mio punto di vista penso che se uno sceglie di andare a mare e se sai benissimo che l’alta autorità è il capitano, non esiste un’altra figura. Il capitano è tutto! Mi spiego? Automaticamente tu non puoi decidere…o decidi di stare sotto un comandante o decidi di fare gli affari tuoi da un’altra parte! Se io, per esempio, vado a casa mia e c’è mio padre che è capofamiglia, non mi posso permettere di dare ordini a mio padre o alla famiglia o agli ospiti! Chi sono io? Nessuno…! Devo sottostare…Non è, come ti posso dire, una legge scritta, ma una legge morale…mi spiego? Per quanto riguarda la navigazione è una legge sia morale, sia scritta! Il capitano è una figura sola. Allora perché lo hanno messo il capitano? E come fare il militare…secondo me non è che ti puoi permettere, anche se il colonnello sbaglia, di dire no! Esiste una determinata figura; se poi pensi che quella figura di capitano abbia sbagliato, esiste il fatto che una volta finito il periodo lavorativo, vai in capitaneria e fai un rapporto.

D. Si possono fare i rapporti in capitaneria?

I. Benissimo, si fanno i rapporti benissimo! Addirittura ho visto comandanti andare in galera! Bastano solo due testimoni. Arrivi, guarda che il capitano ha fatto questo, questo e quest’altro. Chi me lo testimonia? Tizio e Caio…stop! La pratica si avvia, bastano solo due settimane! Ma neanche vi vuole molto, perché veramente per quanto riguarda il mare siamo in un ambito molto…come te lo posso spiegare…”a mirino”. E’ proprio nel punto d’attenzione di tutti; cioè, è come se fosse sacro. Proprio così…appena la minima cavolata ed è all’attenzione di tutti! Il mare è fatto così. Io penso proprio che se uno vuole fare il leader lo fa da un’altra parte! Non esiste…E’ una questione mentale…Quando si prende il libretto di navigazione, ci sono molti che fanno una specie di giuramento…”Tu accetti questo, questo, questo e quest’altro?”. Sì, bene; non accetti, ciao arrivederci…nessuno ti obbliga. Io capisco che c’è la motivazione della famiglia, capisco che c’è la motivazione di sopravvivenza, ma non puoi permetterti di fare quello che ti pare, sia che siamo nel tuo paese che in un paese estero! Questo è il mio punto di vista. Ma è sempre una questione mentale, perché tanto lui ti può imporre il suo modo di lavorare a mare, ma non a terra. A terra sei libero, non esiste nessuno che ti può dare ordini. Il comandante appena entra la barca in porto e viene messa in banchina ha finito di comandare…ha finito…! Esiste solo quella di figura. Allora non esistono pretesti per fare problemi, per essere leader…esiste solo il capitano e basta! Automaticamente c’è anche un altro fattore: che il datore di lavoro comanda più di tutti e se lo può permettere di fare questi…Ti posso fare degli esempi pratici: succede che l’armatore mette la pulce sia nell’orecchio del capitano che dei marinai…

D. Che “pulci”? 

I. Allora, quello che è accaduto a me personalmente…Che succede: il datore di lavoro fa, come te lo posso dire, il “protettore”…dice “guarda, quello è un razzista. Lascialo perdere…quando succede qualcosa, dillo a me”. Invece quando va dal capitano – questo è per esperienza successa e vissuta – “imponi loro di lavorare, non farti condizionare dal loro modo di pensare, falli lavorare da schiavi…!”. Cioè è una pulce messa sia nell’orecchio dell’uno che nell’orecchio dell’altro. Allora, automaticamente, se il capitano fa lavorare come una bestia il tizio e il datore di lavoro dice a Tizio che il capitano è un razzista, te che pensi?

D. Che è un razzista…!

I. Che è un razzista perché, porca miseria, mi fa lavorare come una bestia…allora è un razzista! Anche se non c’entra niente, anche se il suo motivo è stato dato da un ordine superiore al suo…

D. Però mi sfugge l’utilità di questa condotta…

  • L’utile è molto semplice! Automaticamente quando la barca va in mare e il datore di lavoro ordina al capitano di non rientrare prima dei trenta giorni e in barca c’è veramente una fiducia tra il capitano e i marinai, fra tutto l’equipaggio, automaticamente si viene l’uno incontro all’altro. Ad esempio, io c’ho un motivo mio familiare dovrei rientrare prima…il capitano dice una volta tanto un favore si fa e allora si rientra…Succede, è successo un sacco di volte! Un favore si fa. Una volta vengo incontro io a te e una volta tu a me…è un modo di lavorare che io penso sia davvero positivo. Per il datore di lavoro, che la barca rientra un giorno prima in porto è una dannazione! Non entra denaro…è vero, non è che non è vero. Ma è veramente uno sfruttamento altissimo e lui se ne approfitta. La convenienza è per lui, mica per gli altri. Per quanto riguarda il capitano, fa il suo lavoro…per quanto riguarda il pescatore, pensa di avere problemi con tutti…Ad esempio, che pensi di una persona che sia razzista nei tuoi confronti, te che fai? Piano piano ti allontani; anche se chiede un favore cerchi anche di non farglielo. Piano piano, c’è un disagio. Alla fine, anche se all’inizio eravate un poco uniti, vi separate…Questa è una convenienza, che per quanto riguarda quest’ambito, del datore di lavoro. Per quanto riguarda altri ambiti…ad esempio, come te lo posso spiegare…
  • Ma non converrebbe anche all’armatore avere una squadra unita? Tutte le organizzazioni cercano un ambiente unito, di solito…
  • Non è così semplice da capire, lo…ma la convenienza c’è! La barca basta che stia in mare, lavora…stai sicuro che lavora! I disagi anche se ci saranno tra capitano, tra pescatori stessi…quello che conta è che la barca sta in mare! Perché tanto se pesca cento chili di pesce è sempre meglio che niente…Alla fine quello che conta è che la barca lavora. Automaticamente se c’è un disagio tra equipaggio ognuno si prende il posto suo e nessuno rompe e si continua ad andare avanti. Automaticamente, quando te arrivi dal datore di lavoro, dici questo è il guadagno che ha ricavato lui e lui ti dice che abbiamo preso tot e questo non c’è più…Se il gruppo è compatto si ribella o non si ribella?!
  • Penso che si ribelli…
  • E allora se il gruppo non è compatto…?
  • …ognuno tira per sé!
  • Vedi, questo è un esempio pratico…E non te lo dico io da pescatore, te lo possono dire tutti che il ricavato non è mai quello che ti dice l’armatore. Se il gruppo è compatto succedono sempre problemi per l’armatore.
  • Ma il sindacato, ad esempio, non interviene mai in merito a queste questioni? In fin dei conti, ad essere in ballo è il tema del salario…
  • Ecco, adesso io non voglio offendere il sindacato precisamente, ma ti posso dire subito un paio di cose essenziali. Primo: che non si può imporre nessuna legge al datore di lavoro…rispetto a Mazara e agli armatori dico…Non si può imporre la legge agli armatori…
  • Perché non si può imporre qualcosa agli armatori?
  • E’ la loro unione, che sono tutti d’accordo…la legge alla fine è accantonata. Comandano loro in altre parole. La giri come vuoi, ma comandano sempre loro, perché alla fine hanno il coltello dalla parte del manico. Tu dici: “vogliamo questo”. Loro rispondono: “vabbé, blocchiamo l’economia del pesce!”. Se si blocca l’economia del pesce, si blocca tutta la città. Automaticamente, o fate quello che dicono loro o fate quello che dicono loro…Secondo punto: per quanto riguarda la CGIL, cosa può fare? L’armatore dice “io ho guadagnato 50 milioni”, quando non è vero, ne ha guadagnato cento di milioni…ma non esiste nessuna bolla, nessun documento che confermi che noi abbiamo sceso tot pesci e che lui li abbia venduti a tot…Lui dichiara di aver venduto tot, ma non dichiara esattamente quello che ha sceso giù dalla barca o ti dichiara quanto costa il pesce o a quanto l’ha venduto…Dichiara solo di aver venduto tot! Che indagine vorresti fare? Io posso dire che lui ha guadagnato cento milioni e me ne ha dichiarato soltanto 80. Io questo lo posso dire perché conosco il pesce e conosco i prezzi. Però, appena te vai a fare indagini, non troverai mai nulla. Ad esempio vai dal datore di lavoro e gli chiedi: “quanti cartoni avete sceso?”. Dice “ne abbiamo sceso 100”, e invece ne avevamo sceso 200. Quali prove gli puoi dare? Lo puoi sorvegliare…dovresti trovare una prova precisa che ne ha sceso 200…
  • Ma l’equipaggio non dice nulla?
  • A questo punto l’equipaggio non ha parola! E poi c’è anche un altro particolare, che, guardacaso, lui ti dice il ricavato esatto soltanto una volta uscito dalla barca. Una volta che lui ti ha detto sono passate più di 24 ore e te reclami non ne puoi fare più…perché anche se fa un reclamo, le indagini non le potranno fare. Anche se arrivano a un punto in cui dici “te hai preso 180 milioni, non solamente 80!”, lui automaticamente ti può dichiarare che è stato dall’altro trasbordo, che li ha presi da altre fonti…ma non puoi fare una indagine ben precisa! Se invece nel momento in cui si scarica la merce, c’è un controllo ben preciso, legale, dici: “tot è stato sceso!”; poi automaticamente si fa la media – non dico esattamente – si dice avrà all’incirca un valore di 100 milioni…se tu arrivi ai 95, 90 bene o male chiudi un occhio! Però se te fai una differenza veramente alta e da 100 milioni arrivi a 70…E non è poche volte che succede!! Succede tantissime volte! Addirittura ci sono barche che tolgono il 60% del ricavato, che non è poco! Su 100 milioni te ne leva 60. Ti dice “abbiamo guadagnato 40 milioni!” e non è poco…Però non hai la possibilità di indagare…A chi lo dici?! La CGIL lo sa, non è che lo sa…ne è al corrente, non è che non ne è al corrente, ma non ha la capacità di trovare le prove…non esiste! Se quello dici ho venduto tot, ha venduto tot! Non gli puoi dire nulla! Il massimo che si può fare, è essere un gruppo compatto…arriva la barca dal mare, dici “quanto è stato il ricavato?”. L’armatore dice “questo…!”. Bene, stop! Non ci piace il ricavato, fermiamo la barca!! Allora a quel punto ci rimette l’armatore…
  • Ma è successo questo?
  • Certo, tantissime volte! Solo quando il gruppo è compatto…ma si tratta di gruppi veramente piccoli, cioè ormai rari. Specie la generazione mia, quelli più piccoli di me, addirittura non si sa comportare…ha paura persino di perdere il lavoro. Soprattutto i ragazzi giovani, della mia età e anche un po’ più grandi, hanno paura. Non hanno le mie stesse sicurezze…perché io domani che non lavoro a Mazara, va bene…attendo, non lavoro, salgo su…c’ho altre prospettive, c’ho altri punti di riferimento, non ho problemi di bloccarmi in un determinato posto. Invece ho notato un’altra particolarità: tutti quelli che stanno a Mazara, sono talmente legati, specie i cittadini stranieri, talmente legati a questo posto che per loro è come se fosse la Tunisia. Talmente legati che non riescono a staccarsi…hanno paura di perdere il lavoro. Allora i gruppi compatti non esistono più. Allora, automaticamente, sono capaci di imporre determinati modi di lavoro, creare, fare problemi, ma non sono capaci di farsi dare i loro diritti. E’ una cosa veramente stupida, purtroppo, ma è così. Ritornando al discorso, questo succede quando ci sono i gruppi compatti, ma i gruppi compatti non esistono più. E una volta quando c’ero io da bambino vedevo l’amicizia tra i cittadini stranieri. Anche per la minima cavolata, tipo “in questo forno il pane costa di meno”…e se lo comunicano! Dici, sono 200 lire, ma porca buttana qui si mangia 10 chili di pane al giorno, 200 lire mi diventano 2000 lire, allora conviene! Questa è la minima cavolata; oggi appena vede anche una mela, dice “quello mi dà una mela in più rispetto a quell’altro”, non te lo dice! Esiste anche l’invidia. Dice “quello ha guadagnato di più 100.000 lire…!”. Esiste anche l’invidia! Succede anche questo. E questo è un altro lato che sta affiorando da pochissimo, da 4-5 anni. E’ una generazione che sta cambiando rispetto a prima. Allora, mettila come ti pare, ma i motivi sono tanti: esiste l’invidia, l’incapacità di staccarsi, i leccapiedi, chi si sottomette, l’ignoranza…questo fatto, purtroppo, dell’ignoranza…che non tutti sono al corrente dei loro diritti. Esiste anche il fatto che automaticamente si è invertita la situazione: una volta era il cittadino italiano ad essere razzista, adesso è diventato il cittadino straniero ad essere razzista…
  • Come si manifesta questo razzismo al contrario?
  • Quei gruppi di cittadini  stranieri che si formano nell’ambito lavorativo, abbattono tutti i lavoratori di alto grado…in mare succede che il capitano o il motorista, o per un motivo o per l’altro, o per la “pulce” messa dal datore di lavoro o per un motivo loro personale, automaticamente anche chi non c’entra…non so, se sono motivati 10 capitani che hanno la pulce nell’orecchio, questo metodo, modo di lavorare e anche carattere…però 10 capitani su 1000 capitani ci dovrebbero distinguere…questo è un piccolo esempio. Così automaticamente vengono messi tutti assieme! Gli stranieri fanno di tutta l’erba un fascio! Succede questo, purtroppo. Non esiste dire “hanno ragione” o “hanno ragione in parte”, so soltanto che è un mondo di sopravvivenza, di competenza, che il diritto di lavorare ce l’hanno tutti, il diritto di vivere ce l’hanno tutti…ma purtroppo c’è anche un modo d’invertirsi le cose. Una volta era il cittadino italiano ad essere razzista ed ora è il cittadino straniero ad esserlo.
  • Prima mi hai raccontato di essere andato per un po’ di tempo a Civitanova Marche…
  • Sì, per un paio di motivi. Il primo era che non vedevo prospettive di futuro per me nella pesca. Poi all’epoca non avevo neanche il libretto di navigazione…
  • Quanti anni fa è stato?
  • Stiamo parlando di 5 anni fa, il ’97 circa. Avevo il libretto di lavoro, ma non quello di navigazione, perché essendo un cittadino straniero dovevo fare il libretto di navigazione in Tunisia…Il primo punto, ero arrivato ad odiare il paese dove ero nato, perché non si facevano mai gli affari loro e pian piano un piccolo motivo per cui io e mio padre siamo arrivati a bisticciare – a dividerci — è stato per le troppe chiacchiere e nessuna era veramente fondata…
  • Tu sei nato a Mahdia…Eri lì in quel periodo?
  • No, perché quelli che stanno qui a Mazara al 90% sono di Mahdia! Allora sono arrivato a un punto che odiavo quel paese, non gliela facevo più…parlavano troppo, sparlavano troppo…i motivi..
  • E’ interessante questa cosa: per te Mazara era diventata Mahdia!
  • Ecco!! Ed ero arrivato al punto che non li sopportavo più…Il secondo motivo era che non vedevo prospettiva di futuro…allora, un motivo di qui un motivo di lì, dopo alcuni amici mi hanno portato a Porto Recanati…cioè hanno detto “andiamo a fare una vacanza”. E io “ragazzi, non ho tempo per andare a fare le vacanze…andate voi, vedete la situazione e tornate…”. E loro “guarda che le Marche è un posto…ci sta lavoro, qui e lì. E’ tutto in regola…”. Allora per me la cosa cambia! Allora vado a fare un salto: ho passato il mese più brutto della mia vita! Era una citta deserta, era piccolissima…non ero abituato a quello stile di vita così. Allora ho detto “io non sono qui per divertirmi” e infatti mi è bastata una settimana…però un mese è passato a cercare lavoro…e meno male che mi avevano detto che c’era il lavoro! A me il lavoro in fabbrica non interessava, però ero a disposto anche a lavorarci. In quel periodo era il periodo di capodanno e gennaio. Automaticamente c’era anche il fatto che nessuno mi aveva detto che era il periodo dei conti, far quadrare tutto…non erano disposti ad assumere, insomma. Infatti, guarda caso, fortunatamente ho beccato un’azienda dove si lavorava cartongesso. Guarda caso gli interessavo. Io ‘sto tipo di lavoro più o meno l’avevo fatto, non era proprio uguale, ma la metodologia del lavoro era simile…comunque dopo un giorno mi hanno chiamato. Ci ho fatto un bel po’ di anni a lavorarci, due anni di cartongesso. Però poi mi sono dovuto trasferire, perché lì c’era anche il problema delle case…ogni volta dovevo trovare casa.
  • Con chi abitavi all’epoca?
  • Con questi amici con cui ero andato a far la vacanza. Erano rimasti lì. Ma il problema non era con chi abitavi, ma che gli affitti erano periodici. Cioè potevi affittare periodo invernale o estivo…tutte le volte dovevamo cambiare. Alla fine al posto di avvicinarmi (io stavo ad Osimo)…allora da Porto Recanati ad Osimo andava molto bene. Al mattino mi dovevo svegliare un po’ presto, ma Osimo stazione era vicino all’azienda e mi era andata bene…però, poi, dove vado a trovare casa? A Civitanova Marche! Qui mi sono impegnato, ci sono stato un paio di mesi…La conosci Civitanova: ci sta una parte alta e una parte bassa. Io abitavo in quella alta e dovevo prendere il pullman la mattina molto presto, verso le 4, perché non ce n’erano altri che facevano coincidenza col treno, che era alle 4:35. Arrivavo all’azienda troppo presto…insomma era veramente un massacro. Poi alla sera ritornavamo alle 8 in azienda, perché lavoravamo fuori. Il tempo di prendere il treno, rientrare a casa, prendere tutte le coincidenze, si erano fatte le 10…Quanto dormi? E per il mangiare? Non gliela fai…
  • Per quanto tempo hai fatto questa vita?
  • Quando sono andato a Civitanova l’ho fatto per due mesi, massimo tre, se non mi ricordo male…Poi avevo cambiato lavoro…
  • Ma a S. Benedetto non c’è una grande flotta? Come mai non sei andato a pescare?
  • Non avevo ancora il libretto di navigazione, ricordi…L’ho fatto ultimamente, sette mesi fa!
  • Allora in tutti questi anni hai navigato “in nero”?
  • Sì, è così…sempre in nero. Tanto anche se avevo il libretto di navigazione non è che dici che mi imbarcavano, perché a quell’epoca c’era il “fermo biologico” e si prendevano 8 milioni. Anche questa è una cosa…non so se tu sai perché non li danno più i soldi a Mazara…E per due motivi: i soldi erano non solo italiani, ma europei e venivano dati alla flotta peschereccia che era la più grande d’Europa, del mediterraneo…Successe anche il fatto che una flotta peschereccia di qui vicino, di Sciacca, che è molto, molto più piccola, dichiarava un reddito annuale quasi il doppio di quelli di Mazara…Automaticamente, vada il primo anno, il secondo, il terzo, ma alla fine si sono stufati e hanno bloccato i finanziamenti. Il secondo, invece, è un’altra cosa: risultavano imbarcati moglie e figlie del datore di lavoro. Automaticamente se su una barca ne vanno 10, non ne puoi mettere 20…Era successo anche questo, quindi; anche se avevi il libretto di navigazione, non potevi imbarcarti…A meno che non eri uno che ci aveva lavorato da molti anni, uno di cui avevi molta fiducia…era un po’ difficile, specie per me che ero un ragazzino.
  • Tornando a Civitanova, che era successo?
  • Che avevo mollato quello e preso un altro! Di male in peggio, che alla fine non mi ha pagato pure. Ne avevo trovato un altro…facevo nuovamente il cartongessista in una azienda vicino casa ed era andata benissimo. Però poi, siccome gli affitti erano alti e i ragazzi che stavano con me se l’erano squagliata tutti, non gliela facevo più, ho mollato.
  • Quanto pagavate?
  • Un milione e trecentomila lire diviso per quattro. All’incirca 350000 lire a testa, perché c’era il condominio. Purtroppo uno da solo non ce la può fare né ora né mai…poi con il cartongesso all’inizio dove lavoravo, si guadagnava bene: anche 2.400.000 lire al mese. Poi a Civitanova, guadagnavo circa 1.800.000…Non era tanto facile: paghi l’affitto, la luce…
  • Il problema dei tuoi amici era l’affitto…? Non mi sembrano troppo 350.000 lire, specie se gli stipendi erano quelli…
  • No, non era un problema di soldi…se la sono squagliata tutti. I primi due erano venuti insieme. Li avevo incontrati sul lavoro e avevamo deciso di prendere un’altra persona e infatti l’ho trovata io. Quei due che erano venuti insieme erano di Foggia e sono dovuti rientrare a casa per motivi di lavoro…Invece era rimasto un altro cittadino straniero, che dio voglia o non voglia, aveva motivi suoi; dice perché di qui di là, anche se c’era un sospetto che aveva avuto problemi con la polizia. Non so se per paura o perché aveva fatto cose, però mi ha detto che doveva andare via…Se n’è andato! Ho visto che non gliela ho fatta, che invece di mettere i soldi in banca mi stavo prosciugando…dopo due mesi ho deciso di staccare. Avevo la causa con l’impresa che non mi aveva pagato che andava avanti e avevo deciso di mollare e venire qui a Mazara…Visto che non c’era niente da lavorare, sono andato in Tunisia per tre mesi…erano 4 anni anni che non andavo; sono uno che si assente veramente moltissimo. Poi ho fatto il libretto di navigazione e sono venuto a Mazara. Fatto sta, sono stato molto fortunato, hanno dimezzato la flotta peschereccia…il disarmo. Sino a che non arrivano quelle nuove…
  • Si parla di molti anni, ho sentito…
  • Il problema sta nel governo. Quando mettono la nave in disarmo, il governo dovrebbe dare a loro il 50% del valore…Gli armatori sono molto furbi. Le barche le hanno quasi pronte, perché il disarmo loro lo hanno programmato con molto anticipo…Ora io non posso dire che tutti hanno i soldi per prendere le navi senza i soldi del governo, ma loro non possono permettersi di farlo. Si prosciugherebbero e questo è pure vero…Allora automaticamente attendono il governo sino a che non gli danno i soldi…Se il governo decide stasera, domani ce l’avranno. Se decide tra un anno, sarà tra un anno…
  • Ci sono molti disoccupati in questo momento, secondo te?
  • Se mi baso su quelli che conosco io, almeno 200..Se sono 40 le barche ritirate, per una media di 10, quanti sono? 400. Questa è la media…Guarda che è una situazione…Anche se non è detto che questi rimarrebbero disoccupati: c’è la campagna. Ma nessuno vuol fare il lavoro in nero. C’è il lavoro in nero, questo è il problema. Lavorare così non è tanto conveniente né da un punto di vista legale e personale. Però non puoi permetterti neanche di non fare niente…
  • Qual è la tua situazione col permesso di soggiorno?
  • Te lo posso spiegare molto semplicemente. Io ho i documenti in regola. Ho rinnovato il permesso di soggiorno, solo che l’ho fatto “in attesa di occupazione”…
  • Che tra poco non sarà più valido…
  • Non è valida…se il primo permesso di soggiorno è in “attesa” di occupazione e così anche il secondo, c’è il 50% di possibilità che te lo diano per un anno o il 50% di possibilità che non te lo diano per niente…questo sì. Ed è anche logico, perché porca miseria se tu in due anni non hai lavorato per niente, che ci fai qui?! Su questo hanno anche ragione…Allora, finché riguarda qualcuno che ha famiglia e sta a carico del padre o di quello che è, esistono dei problemi burocratici (che a me sembrano stupidi) però si potrebbe anche chiudere un occhio…ma per tanti motivi…uno come me per esempio: nella mia famiglia non ci vivo più. A me, bene o male, bastano 200.000 per sopravvivere qui…
  • Così poco…?
  • A Mazara non è che serve tanto denaro per sopravvivere. Una volta che hai gli amici, che hai da mangiare con una famiglia…cioè noi con 100.000 facciamo una spesa davvero molto ampia. Per quanto riguarda l’affitto paghiamo 250.000 lire. Tra me e mio zio, diviso a metà…a me 200.000 lire bastano e avanzano! Non ho bisogno chissà di che cosa…non consumo né caffè né alcool e nemmeno fumo. Non ho nessun tipo di consumazione! A me 200.000 lire al mese, bastano e avanzano. Non ho nessun tipo di problema. Dici, è vero, non vado al ristorante! Ma neanche me ne frega, mangio a casa!
  • Ad esempio, cosa mangi?
  • Io cucino di tutto, sia il pesce che la pasta, il cous cous, piatti italiani. Addirittura mi metto anche con certi piatti cinesi. Cucino di tutto, pesce, carne…Non ho preferenze.
  • Ma la carne, ad esempio, costa…
  • No, per quanto riguarda noi, abbiamo un amico che fa il pecoraio – diciamo così – e ci porta la carne ogni mese. Per quanto riguarda il pesce, siamo dei pescatori. Mio zio è pure pescatore e il pesce non ci manca…Girala come ti pare, si vive davvero con pochissimo. E qui a Mazara, specialmente noi… anche se noi abitiamo veramente molto lontano…ma dove abitano i tunisini in gruppo, se a me oggi manca il pane, stai tranquillo che basta che busso alla porta…
  • Come mai non hai scelto di abitare nel centro storico…
  • Allora, intanto, sia i miei zii che la mia famiglia abbiamo sempre abitato in zone veramente disperse, per alcune ragioni principali. Uno, per la diffidenza: perché all’inizio la gente non è che si conosceva tanto bene. La paura loro non era dei cittadini stranieri, ma dei cittadini italiani…perché Mazara, la Sicilia è sempre un paese…la Sicilia, si pensa subito alle cose più gravi. Allora la paura, la diffidenza era per i bambini, perché eravamo ancora piccoli…allora preferivano stare lontani. Per quanto riguarda i miei zii, con la mia famiglia non hanno mai avuto rapporti. Io dopo molto tempo ho scoperto che eravamo parenti, per tramite mia madre…La madre di mio zio e la madre di mia madre erano cugine; pensa quanto lontani…Comunque non eravamo neanche legati come parenti, primo punto. Una volta cresciuti non c’era più questo problema, comunque avevamo imparato che più lontano si sta, meno problemi si hanno…Per quanto riguarda la mia famiglia, prima abitavamo dall’altra parte del fiume Trasmazaro…eravamo dispersi, c’erano solo gli italiani attorno a noi. E nessuno conosceva casa nostra. Attualmente, invece, mio padre se l’è comprate le case…
  • Se l’è comprate a Mazara?
  • Sì, ne ha prese due, ma non è questo il punto! Il punto è che vanno a cercare sempre posti dove stanno tutti assieme…esiste il fatto che bene o male si conoscono tutti e sono tutti della Mahdia…Va a finire che quasi tutti hanno legami di parentela e poi esiste il fatto che se uno ti viene a bussare a casa e c’ha bisogno di mangiare o altro, non glielo nega nessuno! Allora Mazara è un posto dove si sopravvive anche con veramente pochissimo…andare a comperare un chilo di pane, beh, 2000 lire! Un chilo di pane ti basta per pranzo, per cena e per domani mattina…! Mentre a Civitanova Marche per un chilo di pane ci volevano 5000 lire! Dici 5000 lire non sono chissà che cosa, ma porco cane qui ci vivi per quattro giorni…! Porco cane…Allora a Mazara si sopravvive veramente con pochissimo; ecco allora il fatto che non si guadagna rispetto al nord, proprio perché non c’è bisogno di tanto! Non so, come te lo posso spiegare, se ad esempio qui a noi basta fare 300.000 lire, mentre io quando stavo al Nord-Italia facevo meno di 400.000 lire, porca buttana, finito, stop!! Neanche arrivavo alla fine del mese: vabbé che mangiavo da bastardo, però è anche vero che non era uguale!

D. In un’altra occasione, parlando dei gran ritardi dell’Ufficio stranieri nel concedere i permessi di soggiorno, mi hai detto che secondo te la polizia non ha responsabilità. Come mai pensi questo, ma soprattutto pensi che siano vere le voci che si sentono su traffici poco chiari di documenti…?

  • Che tutto sommato, da ogni punto di vista, è tutto giusto! Ma c’è anche da valutare che sono porzioni! E’ vero che esiste un traffico – questo è vero – ma non incide sul rinnovo dei permessi di soggiorno. Incide ad un secondo livello. Perché se in un determinato comune viene fatto questo tipo di traffico, automaticamente quando lo viene a scoprire la legge, poi il diritto di farlo a questo comune viene levato e automaticamente se ne prende la responsabilità…
  • Non mi sembra che normalmente funzioni proprio così…
  • Invece è stato così. Perché c’è stato un motivo ben preciso…Perché a Mazara purtroppo esistono dei fatti che io non dovrei neanche dire, perché non esistono prove concrete ma alcune verità…che i commissari, ispettori, etc. attualmente in fermo, hanno fatto i traffici loro a modo loro. Ora se sia di permesso di soggiorno o altre cose, non lo so, però sono in stato di fermo. Automaticamente non se ne possono occupare loro, se ne deve occupare qualcun altro. Se ne deve occupare, nel caso di Mazara, l’ufficio di Castelvetrano. Automaticamente quello si deve occupare del suo comune, non è che si deve occupare di tutti e due; allora mandano tutto alla Provincia di Trapani. Automaticamente si crea un disagio, perché quelli non è che possono dare priorità a Tizio o a Caio. Devono dare priorità al numero, a chi arriva per primo si fa per primo…Esiste anche il fatto che alcuni cittadini stranieri pagando soldi hanno ottenuto i permessi di soggiorno prima, questo è vero! Ma non tutti e non la maggioranza. Non è una quantità troppo grande: si parla di 3-4 persone.

D. Così pochi? Eppure è una cosa che sanno tutti, che dicono tutti…sembrerebbe un fenomeno diffuso a sentire la gente.

  • Non può essere, perché ti spiego…Se fosse veramente diffuso come dici, avrebbero pagato tutti, Un milione per il permesso di soggiorno, lo avrebbero pagato tutti…Ma non è così, sono 3-4 per determinati motivi…perché pagando non è che posso pagare io! Paga chi lo conosce e chi ha la fiducia. Perché sennò arrivo io, pago e lo sputtano…Allora non tutti possono farlo, ma si parla davvero di pochissimi. E l’hanno fatto perché hanno speculato coloro che stanno sulle direttive, magari dici “te hai fatto la domanda 1400 e io la metto al numero 4”…questo! Ma non è che ha fatto niente, ha soltanto anticipato i tempi di qualcuno. Non è che ha fatto chissà che cosa, non è che ha falsificato i documenti…C’è ad esempio chi non ha pagato un milione, c’è chi ha solo portato un paio di cassette di pesce difficile da trovare subito, tipo il gambero rosso e così via. Gli ha anticipato solo il fascicolo, tutto qua! Esistono cose più gravi, di cui non esiste prova, ma solo il passaparola.  Questo è vero! Esistono i fatti, ma non le prove, perché se esistessero prove sarebbero in galera tutti. Questo è poco ma sicuro! Poi c’è anche un altro punto: ultimamente questi permessi di soggiorno, c’è stato un disagio dappertutto. E dico subito il disagio qual è. Il disagio non è la ricevuta del permesso di soggiorno che viene preparato in 7-8 mesi…il disagio è che con questa ricevuta non si possa lavorare regolarmente…

D. …e neanche partire. Per andare in Tunisia da un parente in difficoltà, per esempio.

  • Fregarsene di andare in Tunisia! Perché non è una priorità!

D. Beh, ho conosciuto un tunisino che aspettava da 7 mesi il permesso di soggiorno e non aveva mai visto il figlio nato nel frattempo…

    1. Stiamo parlando di pochi casi…Ma il fatto più grave è non poter lavorare. Che poi si debba andare in Tunisia, guarda, è molto semplice. Così semplice che non ci ha pensato nessuno! Se te vai al consolato, proprio perché non ce la fai più e devi andare a casa, ti fai rilasciare una documentazione ben precisa e torni entro i tre mesi di scadenza del rinnovo. La ricevuta è valida tre mesi: puoi uscire e rientrare, se il problema è veramente serio. Se io vado in Norditalia, oggi, con la ricevuta, a me non mi dicono niente. Però nel momento in cui io dico che il 28/05 ho preso la ricevuta, dopo tre mesi automaticamente, il 29/08, mi incontra un poliziotto fuori dal mio comune, mi dice che diamine ci fai? E mi dà il foglio di via…Quindi non solo non posso lavorare, ma mi prendo anche il foglio di via. Mi spieghi a questo punto io che devo fare? Questo è grave, veramente molto grave! Ma purtroppo non posso dare la colpa a nessuno perché non esiste un colpevole ben preciso! Perché esiste il fatto che c’è questa situazione specifica di Mazara, esiste il fatto che la provincia deve fare alcune indagini, esiste questa nuova legge che deve uscire e che ogni volta che c’è un cambiamento automaticamente si crea confusione e si mettono in disagio tutte le forze dell’ordine. E devono fare controlli su controlli…esistono anche i permessi di soggiorno falso, i passaporti falsi e loro devono fare le loro indagini, devono verificare…perché c’è anche l’autocertificazione. Perché io capisco che l’autocertificazione è un diritto di tutti; io stesso a volte la uso, ma preferisco portarmi documento che sia il più regolare possibile, conforme a quello che mi chiedono…come il certificato di residenza, famiglia, i redditi…Queste autocertificazioni poi richiedono indagini, mi spiego? Perché non è che lui ti crede sulla parola: deve fare una indagine. E questo richiede altro tempo…Ora, sin qui, se è lo stesso comune quello che fa i documenti sa benissimo chi sei e cosa fai…di conseguenza, la tua autocertificazione  basta che gli dà uno sguardo…Ma se vado in un altro comune, dove sono sconosciuto, deve fare altre verifiche, tutte, con i tempi che ci sono, gli orari degli uffici…Te immagini l’ufficio, che apre alle 9 e chiude a 12:30. Quante telefonate o controlli potrà fare? Le autocertificazioni sono un problema, ad esempio…Perché c’è chi dici lo ha fatto in buona fede, ma c’è anche chi lo ha fatto in malafede…Io, dice uno ultimamente al commissariato, devo fare la residenza nuova  nel posto dove abito ora…Ha fatto il contratto di casa, ma il certificato di residenza non l’ha cambiato, mi spiego? Allora ha dato il certificato dell’abitazione, che abitava in un determinato luogo, il contratto…Però doveva dare la residenza e se la dava doveva dire che abitava in un altro posto. Allora ha autocertificato che risiedeva nella casa del contratto di locazione. Aveva voluto cambiare la residenza per rinnovare il permesso di soggiorno; dopo la voleva cambiare nuovamente, per tornare alla vecchia residenza, ma non l’aveva potuto fare perché con la ricevuta non poteva farlo. Che cosa ha ottenuto? Ha solo fatto una autocerticazione falsa. Domani, se io vado con una autocerficazione, avrà fiducia quel poliziotto? Dovrà prima verificare…Purtroppo succede questo. I motivi sono tanti. La colpa non è di nessuno, ma ci vorrebbe più scioltezza, più velocità e meno burocrazia…
    2. L’autocertificazione è una misura contro la burocrazia…
    3. Sì, ma tu mi devi spiegare: se io vado al comune, e prendo il mio certificato e te lo mollo ho risparmiato tempo…
    4. I tuoi amici sono più italiani o tunisini?
    5. Ecco, io non ho “amici”. Mi spiego, per arrivare a valutare una persona, veramente ci vuole tanto…allora sono contati sulle dita di una mano e posso dire che sono rari. Ho amici sia albanesi, sia italiani, sia africani, da tutte le parti (anche tunisini), ma posso dire che nell’ambito generale, magari possiamo dire i gruppi che frequento, sono più italiani che tunisini. I motivi sono tantissimi. I motivi in primo luogo che non riusciamo a comunicare. Io ad esempio sono molto più bravo a comunicare in italiano e non in arabo, nonostante che la conosca la lingua…però non riesco a usarla con scioltezza. Ho un bagaglio lessicale in arabo veramente ridotto rispetto all’italiano. C’entra anche che non hanno la mia stessa capacità di…non hanno il mio stesso punto di vista. Dici, è possibile che tutti abbiano lo stesso punto di vista?! Ma, in generale, io voglio che siano…come te lo posso spiegare…con una mente molto salda: che non corrono dietro le frivolezze, la serietà…ad esempio, capisco la battuta, capisco il modo di vestirsi, ma in fondo in fondo ci dev’essere la serietà massima, il rispetto…e questo sinceramente nell’ambito dei ragazzi del mio paese non riesco a trovarli. C’è stato un periodo in cui avevo amici con cui potevo uscire bene, che erano i miei compagni di scuola, con cui magari avevamo molti argomenti in comune…ma oggi come oggi veramente mi trovo in difficoltà.
    6. Tu sei cresciuto per lo più con ragazzi italiani…?
    7. Sì, si potrebbe dir di sì, anche se non esattamente; ma per la maggior parte direi di sì. Il mio gruppo fino a un 7 anni fa, eravamo un gruppo di circa quindici ragazzi, tutti tunisini; ma alla fine ci siamo sperduti ognuno per motivi suoi, chi per motivi di lavoro, chi per motivi di studio, chi perché doveva rientrare al paese, chi doveva uscire addirittura di qui per andare in alta Europa…ci siamo divisi. Dopo di quello è difficile. Per me trovare amicizia non è molto semplice.
    8. Secondo te, gli italiani sono generalmente aperti o chiusi?
    9. Potrei dire che sicuramente un po’ più aperti rispetto all’ultima generazione. La mentalità più chiusa tra gli italiani è quella più grande, dei settantenni, sia per la sfiducia che danno a quelli più piccoli, più giovani di loro, sia per il fatto di essere cittadino straniero. Entrambe le cose…Ma quello che è sicuro, come te lo posso spiegare, che un italiano bene o male, anche se a questo punto c’entra forse che la mia mentalità è più simile alla loro. Forse questo! Più simile agli italiani…abbiamo in comune molti punti in comune rispetto ai tunisini. Mentre per me i tunisini, oltre al fatto che magari non riescono ad arrivare al mio modo di pensare – come ho detto a me interessa la serietà, anche se sono piccole frivolezze per me sono importanti – nei ragazzi della mia generazione non li trovo. Mentre invece quelli che sono un po’ più grandi, non ho la capacità di comunicare con loro perché da un punto sono ormai shockato dal fatto che li detesto; dall’altro punto che diffido moltissimo nei loro confronti, non ho molta fiducia. In altre parole, se è un italiano gli vado incontro; se è un tunisino, invece, preferisco che mi venga incontro per ottenere…perché lui ottenga la mia fiducia!
    10. Tu sei “ibrido”…Conosco Nouraine, Said e altri e mi date l’impressione di essere delle avanguardie. Siete in pochi a vivere questa condizione “di confine”, mi sembra…E’ strano che sia così, dopo 30 anni di presenza tunisina a Mazara!
    11. Siamo pochi perché…Se tu parli di Nouraine e parli della sorella e parli anche del fratello e della sorella minore, guarda caso sono i miei ex-compagni di classe, guarda caso erano i miei vicini di casa, guarda caso erano il mio gruppo. Guarda caso…guarda caso abbiamo passato lo stesso periodo di anni a Mazara. Cioè, alla fine, siamo purtroppo gli unici! Cioè, come ti ho detto, quando c’eravamo noi eravamo in pochi, eravamo obbligati, eravamo più motivati a conoscere la lingua italiana e a comunicare. Oggi come oggi, sono tanti. Non sono più obbligati come eravamo noi. Infatti te l’ho detto all’inizio: eravamo pochi. Eravamo più motivati.

D. Infatti voi che siete sopra i 20 parlate benissimo e siete anche molto legati agli italiani; quelli che si collocano appena sotto la vostra età – diciamo i diciassettenni – non parlano bene l’italiano, non hanno relazioni significative con gli italiani…

      1. Questo dipende da due fattori: dipende, come ti ho detto, dal ridotto numero dei tunisini…ma se parli di Nouraine, è arrivata all’età circa di 7 anni in Italia. Per quanto riguarda sua sorella Donia e l’altro fratello sono nati qui…Comunque sia Nouraine che una sua sorella morta dopo, erano venute grandi qui, però stiamo parlando di un bel po’ di anni e più o meno sono venute da bambine, anche se all’età di 7-8 anni.  La mentalità più o meno è stata intaccata: è cresciuta con due mentalità. La stessa tipologia mia: siamo nati e cresciuti con due mentalità. Una mente già sviluppata, tunisina; però con una cultura dove hai dovuto accettare sia l’una che l’altra e condividerle. E qui va bene…invece la generazione di oggi, non tutti sono venuti da piccoli. C’è chi ha 17 anni, ma è venuto da un paio di anni in Italia. Perché, ad esempio, l’ultima legge…gli immigrati che facevano? Portavano la moglie, ma i bambini li lasciavano in Tunisia. Adesso è obbligatorio il fatto che quando lui rinnova il permesso di soggiorno, i figli siano qui o sennò non li mette per niente nel permesso di soggiorno! Devono essere presenti…Allora automaticamente sono stati costretti questi dell’ultima generazione – stiamo parlando degli ultimi 4 anni, come minimo – li hanno dovuti portare tutti in Italia…automaticamente non penso che possono avere imparato la lingua italiana o acquisito l’accento…ci vuole tempo, ci vuole tempo, soprattutto ad una età come la loro. Poi quelli invece che sono nati qui, parlo di quelli piccoli, magari di 10 anni, devono ancora imparare…perché crescere tra due culture non puoi dare la prevalenza all’una o all’altra. O scegli una o l’altra o entrambe. E se scegli entrambe, c’è sempre quella difficoltà di continuare e ci vuole tempo. Invece per quanto riguarda i diciassettenni, i sedicenni, i quindicenni, non è detto che tutti siano venuti da piccoli, non è detto che tutti son nati qui e non è detto che siano nati qui e cresciuti direttamente qui…possono essere nati qui, cresciuti in Tunisia e riportati! Esistono vari fattori e il fattore principale è quello che non sono più motivati come una volta! Ad esempio, non so se hai parlato con due ragazze che mi vengono cugine, Zora e Kelza…non hai avuto questa opportunità. Vedresti che una ha 19 anni e una 17. Vedrai come parlano, eppure sono nate a Castelvetrano, sono cresciute in Tunisia e sono ritornate 9 anni fa. Vedrai la differenza: erano tutte e due molto motivate. Per due motivi…Uno, che quando sono ritornate circa 9 anni fa, non hanno avuto la possibilità di integrarsi con altri tunisini. La sfiducia, la mamma per problemi suoi…La seconda motivazione che hanno dovuto lottare…perché anche all’epoca loro, sono venute da clandestine…hanno dovuto lottare e integrarsi in una società e imporre la loro forza. Sono state motivate, è logico! Prendi invece quegli altri che non hanno una motivazione per integrarsi…Non dico che siamo veramente tanti, ma abbiamo una motivazione talmente forte: integrarci. Una cosa che poi ha causato tanti problemi, coi genitori, personali…ma era una motivazione veramente forte. Invece gli altri non ce l’hanno o non è forte come la nostra! E’ differente. Ad esempio, mio padre! Mio padre è almeno 30 anni che sta in Italia, ma porca miseria, neanche una parola sa dire bene…in italiano non ne parliamo, ma neanche in siciliano…La mia matrigna, è uguale: siamo venuti insieme, lei mi aveva portato con sé…eppure neanche una parola corretta. Addirittura certe volte mi metto a ridere quando si parla l’italiano…io la capisco, perché so esattamente cosa vuole dire, ma in realtà…Le mie sorelle, bene o male, non dicono che sappiano parlare benissimo l’italiano, ma se la cavano abbastanza bene. Per quanto riguarda mio fratello, è un eccezione: ha continuato a studiare e diventerà comandante a breve…questo è l’ultimo esame che farà…sta a Venezia. Però ha studiato! Uno che arriva a un certo livello, vuol dire che ha imparato benissimo la cultura. Però, non dico che sono molti, ma non sono neanche rari! E’ la motivazione che è differente, solo questo! Perché non credo che sia un motivo, né d’intelligenza né di capacità, ma di motivazioni! E’ come gli italiani che stanno a Mazara: porca miseria, è 40 anni che vivono con gli stranieri, ma non sanno neanche una parola di arabo, a parte qualche parolaccia. E’ perché non sono motivati! Perché tanto se io devo venire da te a comperare un chilo di pane, sono io che sono motivato a dirti “dammi un chilo di pane”…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA N. 2

Ahmed, 32 anni

 

        • Quanti anni ha lei?
        • 32 anni.
        • Di dove?
        • Della tunisia, di una città di mare, Mahdia. Città di mare…infatti è 15 anni che faccio il marinaio. 12  che lo faccio a Mazara. Da quando ho 18 anni…poi, ho tre figli…
        • Che lavoro faceva prima?
        • Prima, l’artigiano…
        • P.Che scuola ha fatto?
        • Sino alla seconda superiore.
        • La sua famiglia che faceva?
        • Papà e mamma sono agricoltori, non c’entravano niente con la pesca. Avevo uno zio che mi ha portato alla pesca. Di tutta la famiglia non c’è nessuno che va a mare…solo mio zio.

P. Com’è la pesca in Tunisia? E’ diversa nel tipo di pesce ricercato, nelle tecniche di lavoro…?

        • La pesca in Tunisia, tempo fa (ora non lo so), era la stessa pesca che qui. Solo che qui c’è il pesce congelato, che costa più caro, e per un marinaio è meglio, piglia di più…Lì invece il pesce era fresco, e se piglia poco il marinaio piglia di meno.
        • Il contratto, in Tunisia, era “alla parte” come qui?
        • Sì, il contratto era “alla parte”, come qui…Il contratto di pesca è sempre “alla parte”.
        • Però i guadagni sono inferiori a quelli di qui, per un marinaio dico…
        • Certo, qui si vende il pesce congelato, cose…là, ora è migliorato, però stiamo parlando di 12 anni fa e ora non è lo stesso. Poi qui quando manchiamo, manchiamo assai…
        • Come ha scelto di venire in Italia?
        • La prima volta che sono venuto in Italia sono venuto “a divertimento”. Poi la seconda volta che sono venuto, mi sono rimasto qua. La prima volta, quando ero a scuola, sono venuto qua per turismo; la seconda volta me ne sono stato…
        • Conosceva nessuno qua a Mazara?
        • A Mazara non conoscevo…ho conosciuto dopo che sono venuto.
        • Eppure la maggior parte dei tunisini che stanno qui sono di Mazara…
        • Se sono marinai, sono della Madia…sono di città di mare! Quelli che vengono qua sono quasi tutti di città di mare. Poi ci sono quelli che vengono da altri posti, ma quelli che lavorano a mare sono di città di mare, che hanno i fatti marinai là e fanno i marinai pure qua.
        • Dove si è sposato, in Tunisia o in Italia?
        • No, in Tunisia. Ma la famiglia sta qui con me
        • I ragazzi vanno a scuola?
        • Sì, a scuola.
        • Scuola italiana o scuola tunisina?
        • Per ora sono alla scuola tunisina che sta qui, ma dal prossimo anno li mando alla scuola italiana…alle scuole medie.
        • Cosa pensavano i suoi di questa partenza? Erano d’accordo?
        • Sono contenti quando sono in Italia perché c’è poco divertimento. Non sono contenti quando sto in mare e stanno dentro per 22 giorni. Stanno bene quando sono a Mazara, perché vanno e vengono. Ma quando esco a mare, e stanno a casa o a scuola per 22 giorni, si annoiano di stare qui.
        • Sua moglie non lavora?
        • No, è casalinga, a casa.
        • Vuole che sua moglie lavori?
        • No, no, no…di sto fatto, no. Basta che lavoro io: il lavoro è sempre andato bene…

P. Ha visto la pubblicità dell’ “8 per mille”? E’ davvero come si vede? I mazaresi e i tunisini sono davvero “fratelli”?

        • Mmmh, come “fratelli” sì, però…diciamo, la gente buona e cattiva c’è in ogni paese, tutto il mondo è paese. Ci sono quelli che si vede che vengono a buscarsi il pane e quelli che hanno la testa malata e ci sono pure questi…non è che non ci sono! C’è un po’ di gente un po’ stronza…Però noi che ci comportiamo bene…adesso siamo tutti li stessi qui, non è che c’è differenza. Perché tanto l’armatore ha bisogno di noi altri e noi altri abbiamo bisogno dell’armatore…questo è! Perché se ce ne andiamo noi altri di qua, la marina si ferma, è tranquillo…

P. Io volevo capire anche un’altra cosa. Mi chiedo se dopo 22 giorni trascorsi insieme dalla mattina alla sera, capiti mai che famiglie italiane e tunisine si scambiano visite o che due pescatori, uno italiano e l’altro straniero, si danno mai appuntamento per uscire…

        • No…qualcuno sì e qualcuno no! Di me, ho un amico italiano…c’è qualcuno…però, siccome abbiamo parenti qui, andiamo prima da questi. Ci sono i parenti qui, ci sono gli amici, ci sono cose…Io ho gli amici, loro hanno i suoi. C’è qualcuno che ha gli amici italiani, che vanno a mangiare insieme le famiglie, cose…Però più assai di prendersi il caffè insieme, cose…Le famiglie un po’ pochine. Non dico tutte, perché qualcuno c’è…noi viviamo la nostra vita. Però se dici problemi con gli italiani a bordo, in 12 anni ne ho visto qualcuno. Di sciarre, cose, questo non c’entra niente…soltanto che ci sono barche che pescano meglio delle altre e si busca di più…Non è che tutti i pescatori sono gli stessi.
        • Ha pescato sempre con la stessa nave?
        • No…ma con questa barca ha sei anni che pesco. Con un’altra quattro, altre qualche mese…Per ora, questa barca è sei anni, sono con questo motopesca, sono 4 armatori, vanno a mare…troppo calmi, vah! Sono tutta gente anziane, che lavoriamo troppo buono. Non ho testa di cambiare ‘sta per barca, per ora…anche se dopo non lo so. Può essere che non funziona…non lo so. Questo sono per ora.
        • E’ facile cambiare barca? Gli armatori ricercano i marinai, fanno proposte?
        • Per cambiare, si può cambiare quanto vuoi! Per cambiare, si può cambiare quanto vuoi…non è che c’è contratto fisso, perché contratto fisso non ce n’è…! Oggi sei qui, domani in un altro posto! Per cambiare, si può cambiare quando vuoi tu! Lo vedi quando ti dicevo che ho cambiato…ci sono i contratti che non puoi sbarcare, ma ci sono pure contratti che sono così…Non è che c’è problema!
        • 22 giorni a mare sono duri, immagino…
        • E’ duro…il lavoro è pure pesante, perché lavori tutto il giorno…
        • Ci sono dei turni? Si dorme, ad esempio?
        • Di notte manco si dorme…perché quando ci sono li pisci bisogno lavorare. A 24 ore si può dormire ogni tanto 6 ore, ogni tanto due ore,  ogni tanto un’ora…ma non è che sono tutte assieme! Si può pigliare una volta qualche due ore di sonno, appresso un’ora di sonno…non è che si dorme, si lavora sempre! E quando si tratta di scartare il pesce e la rete è a mare, se resta un’ora si va a dormire…se non resta niente, si va a lavorare!
        • Mentalmente…?
        • Mentalmente è duro, è pesante! E’ duro… sia per la mancanza (che manchi assai) sia per il lavoro in sé stesso…
        • Cambierebbe lavoro?
        • Se sono abituato con questo mestiere, che devo fare? Per ora sono abituato con questo mestiere, non è che ho un altro mestiere…!
        • E’ in regola, no?
        • Sì, è regolare…Ora che ci sono barche in disarmo, un po’ di disoccupati ci sono! Non è che ci sono…però, è come è, ho lavorato sempre…

P. Lo stipendio è soddisfacente? Si riesce a mantenere con tranquillità la famiglia, risparmiare…?

        • E’ difficile…per noi, la nostra vita è questa qua.
        • Ma come mai non fa lavorare sua moglie? Questo non migliorebbe la situazione?
        • No! Perché io…Ci sono i cristiani che fanno lavorare la moglie; per me mi piace che la moglie sta a casa! Per me! Se gli altri vogliono fare lavorare la moglie…ma per me mi piace che la moglie deve stare a casa. Ha tre figli, deve andare a combattere con i figli e va a lavorare pure!? Non è possibile! Per ora campiamo buono, non abbiamo bisogno che. Per ora va tutto bene. Io lavoro sempre, non è che…Loro stanno bene e non ha bisogno di…
        • Che progetti ha con i figli? Li vuol fare crescere in Italia?
        • Loro sono nati qua tutti e tre! Per ora, stiamo qui…Sino a che sto qui a Mazara, io tengo i bambini qua. Quando poi loro arrivano a 18 anni, quello che vogliono fare, fanno! A 18 anni non sarò più io a…
        • A 18 anni vorranno stare in Italia…saranno completamente italiani per quella data!
        • Forse per l’Italia, forse se ne vanno là… perché hanno la testa pure per là, non è che…
        • Li vuol fare studiare anche dopo la scuola dell’obbligo?
        • Per ora io li faccio studiare sempre, sino a quando ce la fanno loro a studiare…
        • Le piacerebbe che andassero all’università?
        • Certo, certo! Io a scuola ci sono stato! La scuola è…sono d’accordo a farli arrivare all’università, se continuano così…L’importante è che la testa non ha niente in contrario, che vogliono andare a scuola e li faccio andare sino a che vogliono loro! E’ importante…
        • Quando è arrivato in Italia, com’è stato trovare una casa, un lavoro…?
        • No…cioè trovare una casa qui, l’affitto è un poco difficile. Perché tutti hanno la casa a vendere a Mazara…e ci vuole tempo per trovare una casa ad affitto. Questi sono problemi, vero…questi sono problemi che c’hanno gli stranieri qui in Italia. Perché diciamo per ora che aumento le tasse ai padroni di casa e vogliono vendere tutti! Può essere che ho la testa di comprare, se ce la faccio, perché non è cosa di ora…Può essere che compro qualche casa piccola. Ma per ora è un problema, trovare una casa.
        • All’inizio come hai fatto?
        • 12 anni fa che le case c’erano. La prima volta sono stato con un’altra compagnia e poi piano piano mi sono trovato casa, lavoro…
        • Abitava con qualcuno conosciuto qui?
        • Sì…poi mi sono affittato la casa. Avevo una casa che sono stato quasi 7 anni e poi ora è due anni che sto in questa che sto cambiando ora…
        • Gli affitti sono a un buon prezzo?
        • Gli affitti, per ora, un buon prezzo…La Sicilia è diversa dalla nostra zona, diciamo. Pago 160.000. Il problema più importante per gli stranieri, è che cercano per la casa…
        • Con i permessi di soggiorno ci sono problemi?
        • Con i permessi di soggiorno, troppi problemi! Troppi problemi! Perché il permesso di soggiorno…l’Italia è una, ma ogni paese ha la sua legge! L’Italia è una, ma ci sono cristiani qui che ha 5 mesi che aspettano per ora e ancora non sono pronti. E se vai in giro per l’Italia ci sono cristiani che hanno permessi per 5 anni, per 15 anni…e qua da due anni, è arrivato a 1 anno. Questo è pure un altro problema della Sicilia…Fanno troppi problemi. In Sicilia, troppi problemi! Ogni paese ha la sua legge!
        • Pure tu che lavori hai problemi?
        • Sì, pure io! Il lavoro è fisso, ma il permesso me lo danno solo per due anni. Magari se sono ancora in regola e vado a rinnovare il permesso di soggiorno, l’indomani devo portare 1000 fogli di documenti…L’armatore è sempre uno e gli anni sempre due. Perché hanno fatto ‘sta legge a due anni, non lo so…!
        • Pensi di tornare in Tunisia?
        • Per ora no. Poi, con un altro po’ di tempo può essere che voglio che me ne vado. Per ora stiamo qui. Appresso non lo so…Il tempo che viene, ci penso dopo.
        • Sei mai stato aiutato da italiani in momenti di difficoltà?
        • Qualcuno di quelli che ho conosciuto, un momento che ero disoccupato e ha parlato con un suo amico, questi ci sono! Ci sono pure italiani che ho lavorato con loro 5-10 e poi dice “vattinne!”, ci sono pure. Tutte cose ci sono!
        • Assistenza sociale ce n’è? Per la casa,…?
        • Ho fatto domanda, ma ancora non ne ha dato a nessuno per ora! Ne hanno fatto domande i cristiani, tutti ne hanno fatto, ma per ora non gliene hanno dato a nessuno.
        • Per le cure mediche non ce ne sono problemi?
        • No, no! Questa è la meglio cosa che c’è in Italia. Per le spese mediche, per i medicinali, questa è la meglio cosa che c’è in Italia. Leviamo il lavoro, leviamo l’abitazione, questa è la meglio cosa che c’è in Italia! Di  queste cose non c’è problema…I permessi di soggiorno, la casa e un po’ di disoccupazione sono i problemi che ci stanno in Italia.
        • In caso di disoccupazione ha diritto a sussidi?
        • Ad alcuni tocca, ad alcuni no! Solo a quelli che cercavano lavoro e non ne trovavano…questi!
        • E’ iscritto al sindacato?
        • Certo, tutti siamo iscritti al sindacato!
        • E il sindacato si muove per i marinai?
        • Il sindacato non si muove per i marinai. Il sindacato, pure quando a uno ci toccano i diritti e va al sindacato per chiamare per i suoi diritti, poi viene l’armatore che ci porta un poco di regali e il sindacato per i marinai non fa più niente. Questo è sicuro! Per gli italiani come per i tunisini.
        • Avete mai fatto manifestazioni?
        • Sì, ma quelli che comandano qui sono gli armatori! Chi è comanda ‘sto paese qua, sono gli armatori! Comandano capitaneria, comandano tutte cose…Per il sindacato, sono niente!
        • Manifestazioni di soli tunisini ce ne sono state?
        • No, questo no! In sto paese…la Sicilia questa è. Specie di mafiosi…Non si può fare.
        • Dove ha imparato l’Italiano?
        • Sul lavoro. All’inizio parlavo francese. Diciamo che ho la seconda superiore, ma ho studiato inglese, francese e arabo. Poi qui sulla televisione ho imparato l’Italiano. Leggo pure il giornale assai…per questo ho imparato. Quando ci sono telegiornali, noi ascoltiamo telegiornale italiano. All’inizio un po’ difficile, però…Mi facevo capire “a mano”, coi gesti….In due anni parlavo bene.
        • Non era un problema sul lavoro il fatto di parlare male o non parlare per niente l’italiano?
        • No, il lavoro lo stesso si può fare. Il lavoro…vedi quello che devi fare, senza che nessuno ti dice che lo devi fare. Se il posto è vuoto, si vede…Poi a scartare pesce non c’è problema. Ma se vuoi avere contatti con gli italiani, te lo devi insegnare…
        • Migliora la vita quando impari?
        • Certo, certo. Migliora, puoi fare tutte cose…A mare vedi uno che si gira a parlare e non capisci nessuno…Queste sono le cose!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA N. 3

Husaam, 33

 

        • Quanti anni hai?
        • 33
        • Da dove vieni?
        • Io diciamo che abito in Tunisia a Monastir, però sono nato in un piccolo villaggio lì vicino.
        • I tuoi che fanno?
        • Mio padre è commerciante: ha un piccolo negozio di alimentari. Invece mia madre è casalinga.
        • Precedentemente mi hai raccontato di aver fatto l’alberghiero e di averlo fatto anche perché volevi andare via. Ti sentivi “chiuso” nel negozio di tuo padre?
        • Non nel negozio, ma nel mio paese…
        • Vuoi dire che eri troppo anticonformista rispetto alla cerchia dei tuoi amici, delle tue conoscenze…?
        • No, no, proprio tutto il popolo che non mi piace.Tutto il popolo è molto sotto stress, non ha libertà di vita…
        • Ma non tutti scelgono di andarsene…
        • Prima ti conoscono, nel senso che cerchi piaceri, di mangiare, di sesso…Una volta che lì…diciamo che hai quello e vivi per quello. Nel senso che si vive di quello, ma c’è anche altre cose. C’è il parlare, c’è la mente…La persona è divisa in tre parti: mentale, fisica e sentimentale. Se manca una cosa, non stai più bene.
        • Come hai scoperto questa tua “tripartizione”?
        • Perché ho sempre avuto quella idea di essere tre cose: mentali, emotive e fisiche.
        • Ma l’hai scoperta presto, chessò, da bambino…?
        • Sinceramente, non da bambino. Con lo studio.
        • Ti piace la filosofia?
        • Sì!
        • Qual è il tuo autore preferito?
        • Diciamo Aristotele…L’ho conosciuto qui.
        • A che età hai deciso che te ne volevi andare?
        • Perché non riuscivo più…mi sentivo un morto! Un morto vivo! La tua essenza è morta, ma il tuo corpo è vivo. C’è il fisico, ma sei un fantasma.
        • Che facevi da ragazzo, a parte lo studio?
        • Giocavo a calcio, andavo in piscina…
        • I tuoi avevano una campagna…
        • Sì. Poi ci siamo spostati in una grande città, c’è turisti e tutto. Allora lì ho detto la via per scappare…devo studiare turismo, così conosco stranieri…Allora ho fatto la scuola alberghiera, ho conosciuto gente…
        • I tuoi amici sono partiti anche loro?
        • Sono tutti partiti! E poi loro sono in Francia, Germania, Svizzera. Perché per loro l’Italia è l’ultima scelta. Nel senso che tu se vieni in Italia come straniero, diciamo, kaput!
        • Quando sei venuto la prima volta in Italia?
        • Io la prima volta sono arrivato nell’88.
        • Sei arrivato a Torino, no?
        • Torino, sì.
        • Mi racconti? Arrivi a Torino a 24 anni e che fai?
        • Per fortuna avevo un fratello che si era sposato con una italiana e aveva avuto due bambini…
        • Sei arrivato quindi dopo di lui?
        • Sì, dopo di lui. Ho seguito, diciamo…Hai qualcuno, hai trovato una casa. E piano piano, ho iniziato…
        • Eri entrato come turista?
        • Sì, sì…perché non avevo intenzione di stare in Italia. Volevo andare in Germania . Però, ho detto, vado da mio fratello e poi vado in Germania. E di lì sono rimasto sempre qua.
        • Hai trovato subito un lavoro?
        • All’inizio, sì! Ho trovato subito al mercato. Scaricavo frutta, queste cose…Poi piano piano mi sono inserito.
        • Quanto tempo l’hai fatto?
        • Per qualche mese. Poi pian piano mi sono inserito…Lì ho capito una cosa. Lì ho iniziato a studiare. Nel ’90…Io già quando avevo intenzione di uscire dal mio paese non era per i soldi. Era per studiare, per conoscere, per la conoscenza…Allora ho iniziato. Cioè, uno non va a chiedere le cose alla gente. Io sono uscito dal mio paese che non sapevo nulla. Mi sono messo a comperare libri e a studiare. Pian piano mi sono fatto la mia filosofia…e in Italia ho scoperto gli arabi! Diciamo che lì è il problema: che io di me stesso, della mia gente, non conoscevo niente…ho scoperto tutto qua. L’Italia mi ha insegnato chi sono io.
        • Cioè l’Italia ti ha dato una identità?
        • Sì, l’Italia mi ha dato l’identità.
        • La maggior parte dei ragazzi tunisini, secondo te, sviluppa una identità qui?
        • No, niente! Io per quello che ho visto, non hanno niente! Hanno in testa, quando vengono qua, di farsi una bella macchina per andare in paese e farsi vedere. Altro non c’è!
        • La scuola funziona in Tunisia?
        • La scuola funziona…diciamo che fanno studiare delle cose perché hanno bisogno di queste cose per la politica. Non dicono la verità.
        • Torniamo in Italia…Che lavori trovi dopo il mercato?
        • Cameriere! Il mio mestiere…
        • Che ambiente hai trovato a Torino? Chi frequentavi per lo più, italiani o stranieri?
        • Sinceramente, italiani. Quasi tutti! Pochi stranieri, perché…paesani ce n’erano pochi con cui puoi parlare, due-tre. L’altra parte era meglio evitarla!
        • Perché “era meglio evitarla”?
        • Perché è tutta un’altra mentalità…Diciamo che erano qua per farsi una macchina. Tutto lì. Che danno importanza perché in conto hai 5 milioni, mettiamo. Invece c’è chi ha altre idee…
        • Con questi italiani facevi tutto? Dico, uscire, frequentarsi…
        • Sì…ero molto bene inserito. Il bello è che io con gli italiani non ho nessuno problema. Il problema sta con i miei paesani. Perché con gli italiani riesci a dire quello che hai in mente. Con i paesani hai sempre…
        • Sai, ho notato che tra i tunisini a Mazara c’è sempre il sospetto…
        • Sì, ma sai cos’è questo?! Questa mentalità che c’è diciamo…magari tu dici una parola, la pensano sempre doppia. Ce n’è una parola in italiano…maliziosi.
        • E’ un tratto tunisino? Anche in patria si comportano così?
        • Sì, sì, c’è…
        • Però qui pensano che qualcuno possa fare la spia alla polizia o cose così. Non è legato alla situazione, alla precarietà? Ad esempio, a me hanno consigliato molte volte di non parlare di certe cose con alcune persone…
        • Sì, ho sentito già queste cose. Ma a me non interessa, perché io so che qui è libero e democratico. Dico quello che penso…Però c’è tanti tunisini che prima di dire una parola, anche soltanto…ma questa cosa è la Tunisia che l’ha fatta. Perché dici una parola e allora “sta zitto! Perché quello forse è sbirro…!”. Nel taxi non puoi parlare. Allora la tecnica della Tunisia è mettere paura alla gente. Così diventano dei marmi, come faraoni…dappertutto sempre la foto del presidente, che è sempre presente, così te lo mettono in testa…non puoi parlare. Questo è un sistema molto conosciuto nell’antichità, per controllare…Nello stesso taxi devi fare attenzione, se ci sono persone…A casa tua hai paura, nella tua stessa famiglia, di parlare…Se sentono qualcosa, ti prendono, ti portano nel deserto e non c’è più vita, non c’è più niente!
        • Fino a quando sei stato a Torino?
        • Fino a un anno fa.
        • Per quanto riguarda il lavoro, mi hai detto che hai alternato periodi di regolarità ad altri “in nero”…
        • Sì, ho lavorato in nero, quando ero arrivato. Per sopravvivere ho dovuto anche lavorare in nero. Ho cercato di andare in Francia, però non ho potuto. In Francia devo andare, vedere un po…
        • Hai parenti in Francia, no?
        • Sì! Volevo andare in Francia…Diciamo che l’Italia era solo di passaggio. O Francia o Germania, perché conoscevo il tedesco e sapevo che l’Italia era difficile.
        • Mi spieghi perché non sei andato in Francia?
        • In Francia puoi andare, ma per lavorare non puoi, perché il permesso di soggiorno per il lavoro ce l’ho solo in Italia.
        • Ma non hai tentato di trovare un lavoro anche lì?
        • Sono andato, sono andato da mio fratello. Ma lì non c’è lavoro in nero…non è che potevo stare sulle spalle di mio fratello. Volevo i documenti…la possibilità di mettersi in regola non c’era, solo matrimonio…
        • Quanti lavori hai fatto a Torino?
        • Dipende. Una volta qui, una volta lì…ho fatto ristoranti, alberghi, anche la ditta di pulizia, chioschetti…
        • Lasciavi i lavori perché non ti andavano bene o perché riducevano il personale…?
        • No, perché era finito il contratto e non c’era possibilità. Però quando ho capito tutto, non volevo stare più in Italia. Volevo vivere nel mio paese, perché ho capito, diciamo, che è importante stare per sé, nel bene o nel male, vicino alla tua famiglia. Ho fatto di tutto per vivere in Tunisia e non ho potuto…
        • Che difficoltà c’erano?
        • Primo, la tua famiglia…perché dicono “come, sei stato all’estero, vieni qua che non hai niente?!”. E loro vogliono che vivi bene. Se vivi lì, vivi male, se non hai qualcosa…se non hai un grande capitale. Allora mi hanno sempre spinto a tornare in Italia. Però volevo lì, perché ho saputo che è inutile di…Cioè quel calore che ti dà la famiglia, la casa tua e il tuo paese, non te li dà nessuno. Anche così io non ho potuto stare là. Ero costretto a uscire.
        • Quindi eri costretto a uscire per via per le tue condizioni materiale e anche per la tua famiglia…
        • E anche dalla gente…perché la gente ti considerano un uomo se tu hai la macchina e se sei senza macchina non sei un uomo…E’ una mentalità proprio materialista. Ma questa è lo stato che l’ha resa così! I vecchi non erano così…più spirituali, più alla buona. Adesso sono cambiati totalmente! E tutta cultura araba, islamica, è andata persa…Infatti i bar sono aperti, gli alberghi sono aperti e le moschee sono tutte chiuse! Aprono solo all’ora di preghiera. Che prima la moschea era aperta e puoi anche andare a fare…diciamo studiare un libro di Corano, leggere altri libri che spiegano il Corano. Poi si fa un cerchio, l’Imam ti spiega delle cose…E quando il venerdi, come voi avete il sacerdote che deve parlare, vengono le parole dalla questura, dalla polizia. Dice quello che si deve dire…e poi tutto il bene che si deve dire del presidente alla nazione. Cioè fanno uscire la gente dall’adorare dio all’adorare il presidente. Solo Dio ti dà il bene o il male.
        • Sei  molto religioso?
        • Sì, sono molto religioso. Allo stesso tempo sono anche molto “logico”!
        • Quando sei diventato religioso? Lo sei sempre stato?
        • Lo sono diventato in Italia. Sono diventato religioso dopo gli studi.
        • Preghi?
        • Sì, ho fatto tre anni di preghiere…
        • Adesso non preghi più?
        • No, però tre anni li ho fatti…E’ stata una esperienza bella, la tua coscienza diventa sempre più elevata…E’ come Dante Alighieri, che andava al primo cielo, al secondo cielo…è così proprio. Ti senti l’anima…perché il fisico è terrestre, come dice Aristotele, e l’anima è superiore. Nella preghiera cinque volte al giorno, il ramadan, ti lavi sempre con l’acqua…Ti sentivi che il fisico sta diminuendo, però l’anima si sta salendo…
        • Come mai hai scoperto l’Islam in Italia?
        • Dagli italiani! Nel senso che ho studiato gli italiani…tutti parlano di religione. Che l’intelligenza è la religione, diciamo. Lo spirito, l’intelligenza…diciamo saggi italiani o americani. Io volevo, diciamo, l’intelligenza e tutti indicano l’intelligenza in Dio. Allora ho detto: io ho una religione e prendo a seguirla. Poi ho incontrato libri in italiano che parlano di arabi, di musulmani e li ho studiati ancora…Perché da me talmente che è camuffata sotto la materia che non puoi più vedere…
        • Nel tuo periodo a Torino, riuscivi a risparmiare?
        • Sì, materialmente stavo molto bene. Guadagnavo due milioni, due milioni e mezzo…Stavo bene. E poi avevo un bel posto, tutte personalità “grosse”: giornalisti, ministri, giocatori di calcio…Lavoravo sempre in quel campo…cantanti, artisti…
        • Com’è che a un certo punto hai deciso di venire a Mazara?
        • Perché io ho voluto staccare per vivere in Tunisia. Diciamo che ho fatto 7-8 tentativi di andare in Tunisia, però sai che in Italia se lasci è difficile ritornare qui. Sono sempre stato costretto a tornare qua…L’ultima volta sono arrivato qui a dicembre, faceva freddo a Torino e ormai avevo perso tutto, perché ho detto questa è l’ultima volta…forse che non torno più in Italia, capisci? Il destino ha voluto che visto che ero costretto, ho una sorella qua…il solo posto dove potevo trovare da dormire era qua e sono venuto qua. Poi ho trovato questa occasione [lavorare in un bar del centro a Mazara, N.d.R] e sono rimasto…
        • Come lo vivi questo posto?
        • Cioè, questo, diciamo…io seguo sempre…se devo arrivare ad un accordo lo divido sempre in tre-quattro parti. Diciamo io non devo stare qua: questo è il primo passo, perché sono a casa di mia sorella, perché il lavoro mi dà i soldi…
        • Vuoi tornare a Torino?
        • A Torino è un’altra possibilità! Ma ora riparto proprio da zero. Perché Torino è una città che se lasci, tutto cambia…Le grandi città sono così. Però ci sono anche altre possibilità, sul mare, sull’Adriatico, che c’è più apertura mentale. Quello che ho letto sulla Sicilia…tutti i falliti vengono in Sicilia. Perché, infatti, io…uno dei più grandi scrittori siciliani ha detto che c’era uno fallito che è venuto in Sicilia perché…
        • Questo a proposito degli stranieri?
        • No, dei grandi italiani! C’era uno, un grande poeta italiano, che è venuto qua perché era fallito.
        • E qui cambiano la loro vita o vanno più a fondo nel fallimento?
        • Se riescono a riprendersi, sì…
        • E tu vedi possibilità di redenzione?
        • Diciamo che questa città è come…ti puoi aspettare qualcosa di nuovo, diciamo.
        • Ti soddisfa lo stipendio che percepisci a Mazara?
        • No, no…non riesci a vivere. Perché a me piace avere la mia casa, la mia macchina, i libri…Qui non posso fare niente, solo andare da mia sorella, i suoi figli, suo marito…Non sei libero, non puoi tornare a una certa ora, non puoi fumare, non puoi bere…Questo è giusto perché è casa loro. Io volevo quando sono arrivato, volevo fare così, però non bastano i soldi. E allora sono costretto…
        • Ma non si trova nulla di meglio da fare in giro?
        • Ho provato a guardare a Mazara, però quella persona mi ha aiutato. Quando ero senza lavoro mi ha dato lavoro, è andato in questura, mi ha fatto il contratto…Anche magari se mi danno più soldi, non vado da un altro. Cerco di uscire da questa città per andare in un’altra città che…Ho trovato un locale che mi dava di più, però per non tradire la fiducia…Preferisco uscire completamente che attraversare la strada e andare a lavorare in un altro bar. Ho trovato quasi tre possibilità, però…
        • Il padrone non te lo alza lo stipendio? Ti ha messo in regola perfettamente?
        • Sì, mi paga le tasse. E’ anche quello è giusto, perché è quello che ci siamo messi d’accordo…e poi ho accettato perché avevo bisogno ed è giusto così.
        • Stai riuscendo a risparmiare?
        • Minimo, minimo sì. Il minimo proprio…
        • Hai già programmato la tua partenza da Mazara?
        • Sì, diciamo tra una settima, due…Perché adesso riesci a rilanciarti con la stagione estiva, magari. Se resti qui ti leghi molto qui perché sempre sei legato…perché qui o ti leghi o non fai niente. Devi legarti! Devi entrare nella gente.
        • Hai già contatti in Riviera?
        • Sì.
        • E’ un lavoro stagionale o proseguirà anche in Inverno?
        • Penso anche in Inverno. Però io non mi sono fatto mai il problema di pensare troppo in avanti. Voglio sempre prima tappa, seconda tappa, terza tappa…piano piano! Prima i miei documenti erano scaduti e dovevo trovare un lavoro. Trovato questo, mi sono sistemato. Ora se voglio migliorare, devo andare oltre! Dopo quello, se voglio ancora, devo sempre…Inizio sempre passo dopo passo.
        • Che rapporti hai con i soldi? Tendi a risparmiare o li spendi con facilità?
        • Sì e no! Dipende, diciamo…se sono tranquillo, se ho una casa solo, io risparmio molto. Perché a me basta un buon libro, sto a casa…però se non sono libero a casa, devo uscire. Allora lì è tutta un’altra personalità: devo andare nei locali, di qui…Però se ho una casa mia. ..invece se non trovo la pace d’animo in casa, devo uscire, devo…
        • Tu credi che la famiglia tunisina che vive in Italia sia diversa da quella che vive in patria?
        • C’è differenza…Nella famiglia tunisina non c’è amore…se siamo tre fratelli e un fratello ha più soldi io voglio bene a questo fratello di più. Sono molto gentili con lui perché ha più soldi. Invece in Italia, c’è altro. Qua la famiglia esiste, in Tunisia non esiste.
        • In Tunisia i genitori aiutano i figli?
        • Sì, aiutano.
        • Non si interrompe mai questo rapporto?
        • Dipende da loro, cosa possono fare. Diciamo i miei, per aiutarmi, mi hanno detto “devi uscire!”. E poverino era mio padre che mi ha dato il biglietto, perché ero senza soldi. Mi ha detto “se esci ti puoi rifare, se resti qui scendi sempre più giù!”.
        • Era una sofferenza per loro…
        • Sì, perché i genitori non volevano che loro figlio vive male. Preferiscono non vederlo, purché viva bene…E poi faccio sempre gioco, diciamo…c’è qualcosa di sotto, comunque.
        • Che vuol dire che “c’è qualcosa di sotto”? Nell’anima tua intendi?
        • Sì! Perché ho letto un libro, che è proprio così…devi andare e venire, devi sempre andare e venire per trovare qualcosa.
        • Hai capito che stai cercando?
        • Io, sì, l’ho capito. Sto cercando me stesso! Perché tutta la filosofia è ricerca di se stessi. Chi conosce se stesso conoscerà Dio. Una volta conoscendo se stessi, riesci a conoscere quel soffio che c’è in te, che tutto è racchiuso lì.
        • Con quanti riesci ad avere un rapporto profondo qui a Mazara?
        • Io sinceramente qua…accetto come sono tutta la gente. Poi, sono simpatici diciamo…
        • Ma riesci ad avere rapporti stretti?
        • C’è, c’è…c’è proprio una cosa molto fraterna. Perché io proprio, anche se parto, lascio il cuore qui. Diciamo che sono molto sinceri…Hanno la doppia faccia, pero dopo…Sai perché? Sono tutti coperti…
        • Parli degli italiani?
        • Sì, degli italiani. Sono mascherati, però c’è un motivo.
        • Qual è il motivo?
        • Il motivo, diciamo, è che hanno paura di dire la verità. Sanno che tante cose non vanno bene, che è così, però devono far vedere che è tutto a posto?
        • Dici che un siciliano non fa vedere nulla del suo privato?

H. No, non fa vedere nulla…

        • Un arabo invece?H.Un arabo si spiega…Quando vuole parlare, parla…

P. Ma anche gli italiani quando vogliono parlare, parlano. Vuoi dire che hanno maggiori resistenze?

        • Delle resistenze perché non ti conoscono. Quando ti conoscono, si aprono…

P. L’Italia è molto differente dalla Tunisia? Hai mai avuto, appena arrivato qui, qualcosa di simile a uno shock culturale?

        • No…
        • L’Italia era come te la aspettavi?
        • Diciamo che mi aspettavo di più. Infatti io fino ad adesso credo nell’Italia, mi aspetto ancora di più.
        • Cosa ti aspettavi che non ti ha dato?
        • Non ci sono leggi ben fatte, non c’è proprio un cazzo…Non c’è, diciamo…la legge degli umani non è…Non hai niente, sei costretto ad andare a spacciare. Parlo naturalmente di chi lo fa…Una volta che sei residente non devi fare il permesso di soggiorno. Hai la Carta di residenza…In Francia non fai il permesso, ti danno la Carta di residenza che dura 10 anni. Qui devi fare la coda per avere il permesso dopo 4 mesi.
        • A Torino era differente?
        • Era uguale! Era più avanti, però più o meno era lo stesso. Si aspettava di meno per il permesso, un mese e mezzo, due mesi…Una volta che una persona è residenti qui perché gli devi dare un anno? Perché se ti danno un anno, la tua mente è a un anno. Se ti danno dieci anni è una prospettiva differente. Ho notato che gli italiani o hanno paura che gli stranieri vanno avanti bene o li vogliono bloccare. Non vogliono come in Francia che gli stranieri sono ben inseriti…non lo so! Vogliono gli stranieri solo come forza di mano…Allora li devono sempre bloccare: un anno devi fare l’accordo, così anche se non va avanti diventa alla mano. Però sempre devi tornare ad una chiusura mentale. Che questo…con la verità in Italia non vale! Perché la verità della storia è che il primo paese…Roma è la città universale. Ho studiato la cultura romana ed è una cultura molto bella.Che qua fanno di tutto per chiudere gli italiani. Perché?! Se hai una cultura molto forte, perché hai paura degli stranieri? Francesi, inglesi, tedeschi, non hanno paura!

P. Forse gli italiani non hanno una identità poi così forte. Sai l’Unità è un fatto recente oltre che “artificiale”…sono sempre esistiti tanti comuni e tante italie!

        • Io una volta ho letto una bella frase di Garibaldi: “Si è fatta l’Italia, ma non si sono fatti gli italiani!”. Proprio così…
        • Inoltre, tramite la paura si rafforza l’identità…
        • …e questa è un’arma a doppia lama. Perché diciamo se gente che non si comporta bene, allora è O.A. Ma se uno si comporta bene, è a posto, devi aiutarlo. Perché è fuori dal paese…devi dargli di più opportunità. Ad esempio in Inghilterra ci sono uffici dove non ti dicono “cosa hai studiato?”, ti dicono “cosa vuoi fare?”. Io ad esempio voglio fare l’alberghiero, anche se non ho studiato l’alberghiero, ti mettono in un albergo…Io ho provato alla FrancoRosso per fare la guida turistica… parlo 4-5 lingue…non hanno accettato! Perché? Tante cose…perché non sei italiano! Ma io in questo vedo una debolezza.
        • Dove pensavi di fare la guida? In Italia o in Tunisia?
        • Una agenzia ha bisogno di me per mandarmi…andrò bene in Egitto, in Tunisia che vanno tanti turisti, nel Medio oriente…E tante volte ho trovato così: non mi pigliano perché sono italiano. Questa è una debolezza italiana. Però quelle cose mi hanno dato sempre più coraggio di continuare nei miei studi, di comperare libri, di studiare…E’ lì che mi è iniziata la cosa, perché io sono stato bloccato in tante cose…ho trovato molte porte chiuse. L’Italia mi ha levato tante cose, ma all’incontrario mi ha dato ancora più forza di andare avanti. Sai che l’umiliazione rende ancora più forti? Allora lì, adesso è a posto. So che per vivere non ci vogliono molti soldi, però non mi faccio problemi di cultura…Per me tutti uguali! Non c’è razza! Abbiamo tutti le stesse cose, sta’ a te far uscire quello che hai in te, perché tutti dentro se stessi…sia gli italiani, gli arabi, i tedeschi, gli americani, tutti dentro la stessa anima…tutta incorporata lì. Non c’è razza!
        • Ci sono state situazioni in cui sei stato aiutato da italiani?
        • Sì, sì, tante! E poi ti dico un’altra cosa: con gli italiani colti mi trovo molto bene, con gli italiani incolti ci sono tanti problemi. Perché già ti sistemano: sanno che sei di lì e pensano sempre che ancora vai con l’asino, con il cammello, le donne…quello che non esiste. Trovi difficoltà. Invece quello che sa, è andato un po’ di là…non trovi questi problemi.

P. Hai avuto problemi a comprendere, ad esempio, la legge, il nostro sistema di lavoro…? Come hai imparato quali erano i tuoi diritti, come sbrigare le pratiche? Ti sei appoggiato, chessò, a sportelli informativi o ad amici?

        • C’è l’ufficio stranieri che mettevano tutto…
        • Mi hanno detto altri stranieri che l’Ufficio stranieri di Mazara non funziona tanto bene…Tu che dici?
        • Io qui non ho tanta esperienza. Però quello che ho visto è quasi meglio fuori…perché sono nati qui, è trent’anni che pescano a mare e che fanno?
        • Donne italiane ne hai avute?
        • Sì, ne ho avute. Tante.

P. Una donna italiana è più libera rispetto a una donna tunisina, dal punto di vista sessuale ad esempio?

        • Diciamo che…sì e no. La donna araba è più calda a letto. Proprio…la donna italiana è più bloccata. Sì e no, più bloccata…La donna araba è più selvaggia.
        • Monaster non è un posto dove si usa troppo il velo, giusto?
        • Non c’è velo, non c’è nessun velo. Il velo è già evitato in Tunisia…Un’altra cosa: in Tunisia hanno vietato il velo. Ma in un paese islamico come fai a vietare il velo? Non ha nessun…allora…Se levi il velo lo devi dire: lo stato tunisino non è islamico!

P. Ho conosciuto ragazze tunisine che portavano il velo da piccole. Ad esempio, Nur da piccola mi ha raccontato che lo portava…

        • Sì, quand’era piccola… Poi lo hanno levato il velo! Ma tante erano così…le hanno levate per farle diventare tutte, diciamo così, puttane…Perché aiuta fare così? Non aiuta che la gente prega…
        • Tu preferisci una donna con il velo?
        • Ah, sì! Io se mi metti una donna molto sexy, diciamo, con minigonna e una con velo…la stessa donna…scelgo con il velo! Perché per me il velo copre te stesso, diciamo, e la tua anima che copre tutto…Perché l’Islam, la donna è la tua anima…c’è, diciamo, che io sono fisicamente un uomo e quella è la mia donna…quella è la mia anima sotto forma di fisico, che diventa la mia moglie. Ma la tua anima non ti piace che tutti te la guardano…

P. Tu mi hai raccontato una volta di preferire le donne italiane. Ma le donne italiane non portano il velo…

        • Perché alla fine io diciamo che non mi baso su quelle cose…Perché io diciamo se voglio vivere con la filosofia del 2002 ci vivo; se devo vivere con la filosofia araba…dipende dallo stato d’animo.
        • Sei entrambe le cose vuoi dire, moderno e antico?
        • Sì, sì…sono sia molto indietro che molto avanti! Sono lo stesso uomo del primo uomo e che sarà tra diecimila anni…Sono sempre lo stesso uomo: è solo una presa di coscienza. Cioè, io ero uguale a prima e sarà la stessa cosa, solo che mi devo adeguare ai tempi, alla legge, a tutto…Però non cambia niente.

P. Qual è il tuo atteggiamento nei confronti dei maghrebini che spacciano o delinquono? A Torino, dove sei stato a lungo, è abbastanza comune trovare tunisini o marocchini impegnati in quest’attività…

        • Che secondo me devono mandarli via! Io aiuto Bossi…perché è una cosa sbagliata…se uno vuole lavorare, si comporta bene…

P. Però poco fa hai detto che non è tanto facile trovare lavoro…Hai detto che ti costringono a spacciare…

        • Sì, però, io se sono disoccupato chiedo aiuto per un biglietto e vado a casa mia per non fare brutta figura per la mia razza…Io sono di razza, diciamo, di Tunisia,  sono arabo…voglio sempre che l’arabo è ben visto…Perché gli arabi devono fare brutta figura? Come hanno fatto la gente che erano qui a Mazara e hanno fatto brutta figura e i mazaresi ora hanno sempre quel…perché si sono comportati male. E’ la religione che dice così: quando esci devi sempre provare di dare il meglio di te, non di fare brutta figura…Se devi fare brutta figura, fallo al tuo paese. Però non uscire…E quelli che spacciano sono usciti con l’intenzione di spacciare. E io li conosco…mi dicono…esci proprio per quello motivo. Escono per i soldi, per fare…però se non esci con la cosa di lavorare, se non sai dove andare, da chi alloggiare, non esci…
        • Sai, molti però alternano periodi di spaccio ad altri di lavoro. Quando non si trova da lavorare a volte non resta molto altro da fare…
        • Perché sono molto materialisti. Gli stranieri che sono qua nessuno va a spendere per la vita…Sono molto materialisti e sono coperti dall’Islam che è molto spirituale. Non fanno vedere nulla dell’Islam. Pensano solo a farsi la macchina, che è giusto, ma fatti te stesso prima e poi il resto…
        • Ma tu non aspiri ad avere beni materiali?
        • Sì. Perché per me lo spirito è materia e matrimonio. Come il corpo umano è fatto di materia, di anima e materia, deve essere così: un’armonia. Perché la persona trova l’armonia in sé stesso? Perché l’armonia è fra il suo corpo, lo spirito e l’anima. Perché uno quando fa sport si sente bene? Perché sia fisicamente che…Già uno se esce e fa una brutta cosa, si sente male e non ha più armonia. Perché?
        • Cosa fai nel tempo libero, a parte leggere?
        • Io, diciamo, contemplo, medito e poi ultimamente ho letto un bel romanzo. Un libro che mi ha aperto mentalmente: “Dietro lo specchio”. Mi ha aperto mentalmente perché mi ha fatto ancora fatto conoscere me stesso, che non ho una personalità ma tante personalità…E’ la storia di una donna, però in lei si nascondono altre personalità. Poi, ogni tanto, prende il sopravvento un’altra personalità che le fare delle cose brutte; però è sempre lei…Andando nel passato quante volte ho fatto delle cose brutte e poi ho detto “perché, perché?!”. E invece perché anch’io ho tante personalità. E tutti ce l’abbiamo…però bisogna sempre cercarle in fondo. Infatti questo romanzo, quando inizia, dice che questa è logica ma anche psicologia…Leggendo scopri te stesso…

 

[Segue una discussione sui segni zodiacali che sono una metafora della pluralità di anime presenti nell’uomo, N.D.R.]

 

        • Tu credi nella magia?
        • Io ci credo, perché nel Corano ci devi credere…Le ammette perché spiega la storia di come sono nate. Sono scesi due angeli e hanno portato un libro…il libro di Salomone. L’hanno fatto uscire a Babele. Però in quel libro c’era una scelta sacra: bianca e nera. E c’è chi ha scelto la bianca e l’ha usata nel bene; e c’è chi ha scelto la nera e l’ha usata male…Re Salomone era anche magia, magia bianca. Invece i faraoni hanno usato la magia nera, nel male. Quelle cose che hanno seguito i faraoni sono il libro sceso a  Babele. Infatti Babele prima dei faraoni, nell’antichità…Vedi a Babele c’era solo una lingua. Di là sono andati in India, in Europa. Vedi com’è tutta una cosa…?
        • Tu credi a queste cose in senso letterale?
        • Letterale e metaforico. Però nell’uomo c’è uno specchietto piccolo in cui è incorporato tutta la verità…perché nell’uomo c’è tutto e basta che guardi quello specchio e sai se una cosa è vera o no. Io la sento che è vera, allora ci credo. Poi mi sono formato anche leggendo libri ed è giusto…E poi il corano è un libro in parte religioso e molto saggio. C’è tutto…Io infatti nel 2002 se non capisco una cosa vado nel Corano. Studio tutti i libri di psicologia, di…i libri di oggi. Però se non capisco una cosa vado nel Corano, che è il libro che dice la verità. E sino ad oggi non c’è nessuna gaffes…Sia nella storia sia…ti dice passato, presente e futuro.
        • L’Islam ti aiuta a resistere?
        • Sì. L’Islam ha una tecnica magnifica, ha una potenza psicologica. L’Islam ti dice “dopo il difficile ti vengono due cose facili”. E’ una ruota che gira: se ti viene una cosa difficile adesso, stai sicuro – devi essere convinto – il facile ti viene dopo, ti vengono due cose facili…La ruota gira così: facile, difficile, facile, facile, difficile…E’ un circolo. E c’è anche altre cose: che domani devi essere sempre entusiasta, che domani sarà meglio di oggi…E’ la fede che è giusta e con la pratica…devi credere in qualcosa! E poi in fondo in fondo si crede in se stesso alla fine…Perché la cosa la senti tu. Se non hai la fede non crederai. Poi il Corano è incorporato sia in me che in te…perché queste cose sono…L’uomo quando nasce, nasce con tutte queste cose nel suo corpo.

P. Non credi, però, che i cinesi siano ad esempio diversi dai mediterranei? Io so quel che dici, ma esistono anche altri modi di vedere… Non credi che in fondo non sia poi così naturale come dici sentire certe cose?

        • L’Islam ti dice se vuoi sapere vai in India e in Cina…Ti incoraggia a…non c’è razzismo! E poi nel Corano c’è scritto: “siete tutti uguali, il migliore di voi – il più pio – come gli altri…E le differenze nel linguaggio ci sono perché io impari da te e tu da me. E’ molto…solo che i mass-media non lo dicono. Tu prendi a Mazara: gli arabi hanno portato gli ulivi, mandorle, cultura…E il pane ha portato la cultura!

 

[Segue una discussione generica sulla pari dignità delle culture. A un certo punto, racconto di sentirmi comunque mediterraneo e di sentire più vicina, tra tutte le culture “altre” da me conosciute, quella araba. NDR]

 

        • E’ quello che succede a me. Io con gli italiani mi apro di più, perché so che fra paesani c’è una cosa, per esempio in religione, “ah, non parlare! Stai bevendo e parli di religione…”. Capisci? Già c’è dei blocchi. Perché c’è una chiusura mentale…Invece quando senti che l’altro si diverte, allora le porte sono aperte. E poi se parlo così è perché ho letto libri diversi. Ad esempio, ora leggo un italiano, poi leggo un arabo dell’anno 1000, poi leggo un libro di 2000 anni fa. Cioè leggo cose diverse e alla fine so una cosa: che l’uomo sarà sempre uomo. Io e te siamo sempre dei “primi uomini”…Io mi sento molto antico. Credo nella tecnologia, ma in fondo non ci credo. Credo più nelle cose antiche che in quelle di adesso…Io vado molto con la mentalità antica e cerco sempre di adeguarmi al 2002, però dentro di me sono molto antico. Infatti la cosa che è entrata proprio dentro me stesso, mi sento proprio come i primi uomini… dell’era degli arabi, diciamo. Sono adesso nel 2002, ma anche fra tre o quattro milioni di anni sarei sempre io. Cioè, non ho perso niente di me stesso. Non lo so se mi capisci…L’unica cosa che ho guadagnato nella mia vita sono queste cose. E poi ho sempre cercato queste cose. Non ho mai pensato nella mia a vita a comperarmi la macchina. Se volevo questo, l’avevo già fatto. Era un gioco da bambini per me.
        • Ti vuoi sposare?
        • Sì, perché la donna per l’uomo è un completamento…è la sua costola, come si dice. Perché la donna ha un’altra intelligenza, è intuitiva.
        • Sposeresti una italiana?
        • Sì, però ci sono dei limiti…delle cose sì, delle cose no.
        • Ad esempio, lavorare?
        • Sì, lavorare non sul tardi. Magari un lavoro…lavorare in locale di sera, no. Lavorare in fabbrica di giorno, fare la maestra, sì. Così mangiamo insieme la sera. Adesso tante famiglie si rovinano perché lei lavora di sera, lui…non si vedono, lui è stressato. Però la cosa che preferisco: voglio che la donna sta a casa. Però se sono costretto, che proprio non ce la facciamo coi soldi…Perché la donna è fatta per scopare…C’è un grande scrittore tedesco – complimenti! – si chiama…non mi ricordo bene…comunque il più grande filosofo tedesco moderno, ha detto che la donna è il dio della casa. Se esce il dio della casa è tutto finito. Hegel! E’ proprio così. Lui ha capito tutto, è quello l’Islam, che la donna è il dio della casa!

P. Ma le donne vogliono potersi realizzare anche fuori dalla casa….

        • No! La donna è realizzata quando suo marito, i suoi bambini, la sua casa…Mettiamo due donne: una donna ha figli, vive e ha tutto; l’altra donna non ha nessuno, non suo marito, né i bambini…

P. Sì, ma una donna per star bene con se stessa può aver bisogno tanto di un lavoro che le piaccia quanto di una famiglia…

        • Questo non ci credo, perché la donna per me è realizzata quando cresce bene i bambini e bada suo marito…
        • Ma se questa donna la pensasse diversamente da te?
        • E’ libera di pensarla…Però io scelgo quella donna che vuole fare la famiglia. Comunque sono per la donna che sta a casa. Infatti ho letto questo Hegel e la pensa giusta! E poi quando un uomo torna stanco dal lavoro, trova il mangiare già in forno, cucina fatta…c’è tutta un’armonia! E’ meglio che la donna…perché fa realizzare se stessa, suo marito e i suoi figli. Invece se lavora lei non si realizza né lei né i bambini. E poi quando vedo i bambini e tante donna che vanno a lavorare…e poi pagano il baby-sitter, che gli dà un’altra mentalità al bambino. E poi il bambino cresce male perché non ha l’affetto…Infatti in Svezia adesso, che è il paese europeo più evoluto, hanno detto “aiutiamo la donna che sta a casa a crescere i bambini”, perché hanno studiato che…e l’aiutiamo! Lavora in fabbrica? Sta a casa e la paghiamo…Perché hanno notato che la società sta crescendo male, e la società è la famiglia…Poi il marito ha bisogno dell’affetto della donna. Magari lui è stressato, trova la donna…Però se lui è stressato e lei è stressata, come si fa? Cucino io, cucini tu, i bambini…? Poi, se magari è costretta a lavorare la donna, perché no? E’ giusto che lavora anche lei…Se però io ho un buon posto e tutto è a posto…Per quello va bene, sì. Due magari devono lavorare e va bene, ma se io ho tutto…però se sono costretto, faccio lavorare.
        • Tu la famiglia vorresti fartela in Italia o in Tunisia?
        • Penso di sì, in Italia…Però come ti ho detto la famiglia la voglio con molta religione…Credo Dio…Ecco parlo così perché credo nella famiglia. Non credo a l’uomo che lavora, la donna che lavora e i bambini sono dalla baby-sitter. Credo che l’uomo lavora, mantiene la famiglia, c’è la mamma a casa, i bambini…Sono cose naturali, però…Non credo nell’evoluzione, che la donna deve realizzarsi. Sì, se può anche studiare, diventare dottore e tutto…però sempre nel modo giusto.
        • In Tunisia le donne sono “moderne”?
        • In Tunisia…hanno superato il moderno! E lo sbaglio degli arabi sai qual è? O pomì o così!! C’è il moderno e vogliono superarlo! Non c’è una via di mezzo. Qui ad esempio, c’è modernità ma è ben fatto…lì è malfatto. Perché non sono fatti per la modernità. Soprattutto gli arabi, ma i musulmani, sono fatti per la moschea, per pregare…non sono fatti per altre cose. E’ lì che si è…quando un popolo sbaglia…Ad esempio in Tunisia hanno sbagliato in tutti i sensi perché vogliono seguire l’Europa; già l’Europa sta andando alla rovina come società, come famiglia e in tutti i suoi sensi. E loro vogliono seguire l’Europa! E’ sbagliato! Seguono l’Europa nel bene, tecnologia, scienza, però a metterti la gonna per far vedere le mutande, è sbagliato…Bisogna prendere l’Europa per le cose buone. La Tunisia invece di prendere, diciamo, fabbricare le automobili, sai cosa prendono? Discoteche, si truccano…Sono per quelle cose lì! D’accordo, prendi, ma prendi anche le altre cose! E’ peggio di qua. Ti corrono dietro, addirittura, se vai con la macchina…Tutto questo perché il governo ha voluto…Perché prima la donna era a casa, guardava i bambini. Adesso il marito se il lavoro non rende abbastanza, è costretto a far uscire la donna…Comunque la cosa è sempre stata truccata: l’hanno fatto apposta, così il marito fa uscire la donna, la donna fa di qua e di là, la famiglia cresce male e iniziano a…E’ come dio: se era a casa e poi è uscito fuori. E tutto per rovinare la società…Perché in fondo il governo tunisino non è che comanda lui! Comanda la Francia, la Germania, l’Italia…Tu fai quel che mi va bene a me. Tu devi stare sempre sotto…L’Iran invece mi piace, perché ha deciso per sé. L’Iran ha deciso del suo modo di vivere. Invece altri paesi sono deboli, non riescono a decidere…Mi piace Khomeini, perché la Persia era un paese, diciamo, che non c’è…peggio dell’Europa! Tutti cabaret,…lui ha  visto che il suo popolo era in rovina, strumentalizzato dagli americani, dagli europei, e ha di nuovo…Era in Francia e da solo ha potuto capovolgere tutto. E adesso è uno dei paesi potenti. Ha tutto. E’ un paese in gamba, non ha paura di dire la sua agli Stati Uniti, all’Europa…Una volta ho visto sua figlia in televisione: ha fatto entrare i giornalisti nella casa di suo padre, Khomeini. Non aveva palazzi; era per terra, col tetto di bambù. Adesso vai, il presidente egiziano o tunisino o il re di Marocco, che gli baciano la mano, tutti…quando la sua macchina passa mettono i tappeti in Marocco! Dicono che sono paesi islamici, che l’Islam dice “mai abbassarti a un uomo”! L’uomo ha un suo rispetto, ma va mai adorato. Baciare la mano?! L’Islam…perché devi credere in un Dio unico e poi torni come i Faraoni…Marocco sta facendo delle cose sbagliatissime. Gli baciano la mano…nell’Islam è vietatissimo! In Tunisia è vietato adorare e ti mettono la foto del presidente! E nella Moschea non devi tirare fuori nessun…solo dio e i profeti, Gesù, Giuseppe, Abramo…Invece loro tirano il presidente. Adesso la gente non capisce cos’è l’Islam.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA N. 4

Ferrer, 36 anni

 

        • Quanti anni hai?
        • 36.
        • Mi parli di quel che facevi prima di venire in Italia?
        • Prima di arrivare in Italia, stavo benissimo in Tunisia. Però ero un po’ giovane e cercavo altre mentalità, altre culture…non so, altre genti…e per questo sono venuto qua. Soltanto per vedere…non so…per cercare un futuro più meglio, questo…Allora sono venuto qua e…
        • Che anno era quando sei venuto?
        • 1991. Avevo 26 anni.
        • Cos’era della mentalità tunisina che non ti piaceva?
        • No, non è la mentalità tunisina. La Tunisia, sai, era come la Svizzera del mondo arabo. Siamo aperti, abbiamo una mentalità aperta, non siamo chiusi come gli altri…Però io cerco sempre – l’essere umano cerca sempre – una cosa più meglio di quella che lui vive. E allora prima di venire qua cerco, non so, un futuro meglio, altre mentalità, altre culture…fare altre amicizie. Perché ho conosciuto tanti italiani in Tunisia, no? E parlano bene dell’Italia e anche altri immigrati tunisini che sono qui parlano bene dell’Italia, che c’è la democrazia, eccetera. In Tunisia c’è la democrazia, c’è tutte cose, però è meglio cercare un’altra mentalità, non lo so, frequentare altre genti…E’ questo!
        • Quanto tempo hai impiegato a deciderti a partire?
        • Non lo so, un mese, due mesi…può darsi anche una settimana.
        • Molto rapido…
        • Rapido, rapido! Perché ero giovane, no? E sai la gioventù com’è…cerca sempre la cosa più veloce.
        • Che lavori facevi prima di venire in Italia?
        • Io facevo l’agente assicurativo.
        • Che scuola hai fatto?
        • Sino alla settima, tutta la scuola dell’obbligo, prima del liceo. E’ obbligatoria e gratis, senza pagare soldi, la scuola in Tunisia. Ho fatto 7 anni della scuola e poi ho fatto quasi 7 anni di liceo. Significa che ho studiato quasi 14 anni…
        • Ti soddisfaceva il lavoro di assicuratore?
        • Stavo bene, il direttore dell’assicurazione era un amico, c’era lavoro, c’è tutte cose…però come ti ho detto prima uno cerca sempre un futuro più meglio, altre genti…
        • Quindi si parlava bene dell’Italia in Tunisia…
        • Si parlava…parlano bene dell’Italia perché abbiamo…ci sono anche tanti italiani che vivono in Tunisia in questo momento! Tutti gli immigrati che vivono in Italia, quando arrivano al paese in estate, parlano bene dell’Italia. Che tutte cose stanno bene…

P. Secondo la tua esperienza, questi racconti erano esagerati o hai trovato l’Italia all’altezza delle tue aspettative?

        • Ehh, ci sono chi, i vecchi per esempio, che parlano la realtà. Ci sono chi non parlano la realtà, però loro si sentono non lo so…lavorano qui un anno duro, duro, duro per fare un mese al paese di divertimento e tutte cose. Questo è…Però può darsi che loro soffrono qua, non lo so, però sono venuto qua e ho visto come si vive qui, con queste leggi di qui di là, si soffre, si soffre…
        • In dodici anni di permanenza le condizioni sono cambiate? Dico la legge, il lavoro, gli uffici pubblici…
        • Sì, ultimamente sono peggiorate! Prima non avevo il permesso di soggiorno, perché l’ho fatto nel 1998. Prima si lavorava in nero, si guadagnava bene, tutto a posto, non c’era nessuna difficoltà a trovare…Ora, da quando ho fatto il permesso di soggiorno, ho lavorato e in regola, però da quasi un anno è diventato come un sogno di avere un lavoro, di essere in regola…è diventato per me personalmente un sogno! Non lo so, non posso realizzare questo sogno. Magari un giorno si può trovare un lavoro – in regola e tutte cose – non lo so…

P. Torniamo indietro a quando sei arrivato e stavi senza permesso di soggiorno. Che lavori hai fatto?

        • Ho fatto…ero fuori, non stavo a Mazara…ho fatto il commerciante. Ero a Napoli, prima. Poi dal ’93 qua. Prima c’era lavoro, in nero, sempre in nero…Non so, facevo il giardiniere, il pittore, tutte cose…E poi, non so, quando ho fatto il permesso di soggiorno a me non andava di lavorare in nero e sai, ci pensi alla pensione e tutte cose…invece prima, siccome lavoro non c’è, in regola non c’è…
        • Al momento della partenza, quanto tempo pensavi di restare in Italia?
        • Prima, non so, volevo stare al massimo un anno, due. Però sono rimasto qui, perché questo è il mio destino. Ognuno ha il suo destino…
        • In teoria, se tu avessi deciso di restare in Tunisia non saresti stato un “disperato”. Giusto?
        • Ti dico com’è…in Tunisia non sono mai stato disperato. In Tunisia stavo benissimo, però quando è passato un anno, due anni, penso sempre di fare il permesso di soggiorno, di essere in regola…poi vado a casa come un turista…Per migliorare la mia situazione, ecco! Un anno tira l’altro, un anno tira l’altra e sono passati 12 anni…
        • Non eri sposato all’epoca della tua partenza…
        • No, no, no,no!
        • Quando ti sei sposato?
        • Fino ad ora non sono sposato!
        • Ma hai dei figli però…!
        • Sì! Diciamo convivenza…
        • Lei è tunisina?
        • Sì, è tunisina…
        • Dove l’hai conosciuta?
        • Qua a Mazara…
        • Questa scelta di convivere è usuale per un tunisino? In Tunisia si convive oltre a sposarsi?
        • No, non è che devi stare tutta la vita a convivere…Arriverà un momento che tornerò al paese e ci sposeremo. Questa è una cosa certa, al cento per cento, no? Perché ormai è da tempo che ci conosciamo…a me mi va bene, è una brava signora…Mi va bene di sposarla perché ormai è da tempo che ci conosciamo, 5-6 anni.
        • Quando un uomo come te immigra, la lontananza pesa? Sei nostalgico?
        • Certo, e ti dico la verità…mi è arrivata qualche volta…certe volte quando mi ricordo della mamma mia mi metto a piangere. Perché la solitudine è molto difficile. Essere solo è molto difficile. Perché non si sa…dormi, può essere che la sera hai un problema e non trovi nessuno accanto. Mi è arrivato qualche volta di piangere…Ti dico la verità, sono un uomo, però la solitudine a volte è troppo, troppo forte. Una cosa “cattiva”, capito com’è…?
        • I tuoi volevano che partissi?
        • I miei genitori? Mah…all’inizio non erano d’accordo, perché lì a Tunisi lavoravo, guadagnavo bene, tutte cose del genere…però, come ti dicevo, ero giovane, e i miei genitori sono, non lo so…la mentalità non è vecchia, però…mio padre vuole che tutte le cose le faccio da solo. Che mi faccio il mio futuro da solo…non è obbligato a farlo, ma lui vuole che i suoi figli si fanno il futuro da soli.
        • Che lavoro fa tuo padre?
        • Mio padre  è un agricoltore…
        • Tua mamma lavorava?
        • No, mia madre a casa…

P. Quindi i tuoi non erano d’accordo…La decisione di partire ha provocato discussioni, rotture…?

        • No, la scelta era mia! Perché ti ho detto ero giovane, non pensavo bene…volevo trovare un altro mondo…
        • Allora, parlami di questo mondo che hai trovato! Arrivi a 26 anni…Quali differenze, somiglianze, cose belle o brutte trovi?
        • Ero…volevo fare il mio futuro, un po’ di soldi, una bella macchina, un po’ di divertimento…Però le cose legali! Ho trovato qualche amico italiano (sono bravi!)…Dicono che gli italiani sono razzisti, io dico no! Non sono mai stati razzisti con me! La maggior parte, diciamo il 99%, sono bravi. Ho avuto amici che lo sono sino ad ora, non c’è mai stata differenza tra me e loro, stavo bene e sto bene per il momento.
        • Appena arrivato a Napoli, avevi amici tunisini a cui appoggiarti?
        • Sì, sì, certo. All’inizio, appena arrivato, avevo amici tunisini, paesani miei…ho fatto amicizia con loro, lavoravo con loro, abitavo con loro….si sono comportati benissimo. Però è arrivato un punto che dovevo fare tutte cose da solo, che dovevo farmi il mio futuro. E per questo ho lasciato Napoli, sono venuto qui…
        • Com’è stato che da Napoli sei arrivato a Mazara del Vallo e non, per esempio, a Bologna?
        • No, no, no! Perché quando stavo a Napoli arrivavano tunisini che lavorano al nord e dicevano che c’è lavoro e tutte cose al nord…io a quel tempo non avevo il permesso di soggiorno e pare che era difficile per questo e anche l’affitto era troppo, troppo, troppo caro e non mi andava bene di andare lì. Invece a Mazara c’è tutte cose: l’affitto non è caro, la vita non è cara, c’è lavoro…in nero, ma c’è lavoro!
        • Che lavori hai fatto in questi anni?
        • Ho fatto tanti lavori…il giardiniere, il pittore delle case, il pittore delle barche…non so, ho fatto tutti i tipi di lavoro. Soltanto il marinaio non ho fatto, dico la verità…
        • Perché non il marinaio? Qui lo fanno in tanti…
        • Primo perché non avevo il permesso di soggiorno, il libretto di lavoro…Non volevo fare una cosa che non ho mai provato. Era troppo difficile e pericoloso e duro. Un lavoro duro, durissimo…
        • Ma ti era capitato di fare il giardiniere, prima di farlo in Italia?
        • Il giardiniere però si fa un lavoro di 6-8 ore al giorno, con la zappa. E’ duro, però non è duro come il lavoro a mare. Il mare è troppo duro, un lavoro di schiavi…Troppo duro e rischioso!
        • Com’è la vita di un clandestino? Lo sei stata a lungo…
        • Un clandestino ti dico com’è…Siccome è una persona che vede, che sta a un punto…può essere una cosa di due, tre secondi e si ritrova al paese. Siccome è lo stesso qualcuno che vede un punto, hai paura di cadere, e può essere che in due, tre secondi sarà al paese…
        • In quegli anni hai mai avuto proposte di fare lavori illegali?
        • No, no, no! Le cose illegali dipende dalla mentalità delle persone! Dipende da lui! Io mi è arrivato qualche giorno che non avevo neanche 1000 lire in tasca, io però le cose illegali non le faccio mai!
        • Come facevi in quei periodi che non avevi neanche 1000 lire in tasca?
        • Meglio chiedere a un paesano che fare cose illegali. Vado da un paesano mio e chiedo, chessò, un prestito. Appena però trovo un lavoro glieli do subito, perché ci vuole la fiducia in questa cosa. Però le cose illegali, mai, mai!
        • La solidarietà fra compaesani ha sempre funzionato bene?
        • Certo, certo! Io mi metto al posto di chi ha bisogno. Se io ho i soldi e tutte cose, viene un paesano mio che non ha neanche 1000 lire e lo vedo che è un bravo ragazzo, certo devi aiutarlo, non è che deve dormire fuori o muore di fame. Lo devi aiutare per forza, perché è un paesano e io ho avuto i periodi come lui, li ho provati, sono rimasto da solo e allora per forza devo aiutare la gente…
        • Si aiutano solo gli amici o anche… [gente conosciuta sul momento]?
        • No, no, no! Anche qua, anche qua! Mi è capitato per esempio qualche volta di…un clandestino, non lo so, non tunisino, di altri paesi, non l’ho mai conosciuto…quando li vedi, meschino, siamo esseri umani…Queste cose capitano a tutte le genti del mondo…certo devi aiutarlo. Siamo tutti esseri umani, non c’è differenza di marocchino, tunisino, italiano. Siamo tutti esseri umani…

P. Che genere di relazioni hai stretto con i tuoi colleghi italiani? Vi vedete fuori, uscite o limitate gli incontri a quelli sul lavoro?

        • No, li ho frequentati gli italiani, siamo usciti insieme…Sino a questo momento molto bene l’amicizia…Promesse di lavoro, ad esempio…Ci sono italiani con cui sono diventato amici e italiani con cui solo colleghi e se li vedi “buonasera, buonasera…”.
        • Hai più amici italiani o tunisini?
        • Tunisini, tunisini, certo! Qui a Mazara ci sono 7000 tunisini…Mazara è una cittadina piccola, nel senso che tutti i Tunisini ci vediamo alla marina, al porto, davanti a un circolo e certo ho più amici tunisini. E ce li ho gli amici italiani, pure…ho gli amici mazaresi che li conosco da anni. I Mazaresi sono…siamo cugini, abbiamo lo stesso sangue. Per me un amico mazarese è come un tunisino, lo stesso!
        • Sei stato aiutato da italiani in momenti di tua difficoltà personale?
        • Sì, mi hanno aiutato.
        • E come?
        • Per esempio, mi è capitato una volta che il lavoro non c’è…Ho chiesto a tanti paesani miei se trovano un lavoro per me, se mi aiutano…però c’è uno, un mazarese, che mi ha aiutato molto. Ha girato per esempio tutte le fabbriche a cercare un lavoro per me e lo ha trovato. E lo ringrazio molto, molto…E’ bravissimo, è un amico, che non se ne va al momento che hai bisogno di lui.
        • Come lo hai conosciuto?
        • L’ho conosciuto, non lo so, in piazza un giorno. Abbiamo iniziato a parlare della nazionalità…cose tipo la cultura. Siamo diventati amici e mi ha aiutato molto. Anche i tunisini mi hanno aiutato moltissimo. C’è ad esempio un armatore che vuole dipingere la barca, subito un paesano mi chiama, “c’è un lavoro per te. Vieni a casa mia!”. C’è un amico che cerca un giardiniere, nella campagna, vengono da me, “c’è un lavoro!”. E mi aiutano veramente!

P. Ti lamenti spesso della precarietà del lavoro e del fatto che quando c’è lo trovi sempre in nero. Pensi che sia più difficile per uno straniero trovare un lavoro in regola, rispetto a un italiano?

        • A Mazara del Vallo è uguale per un italiano come per uno straniero. A Mazara il lavoro non c’è! Non c’è fabbrica né niente. Solo il lavoro di mare o la campagna. Ci sono dei datori di lavoro che non mettono in regola…questo è il problema a Mazara!

P. L’Italia ti ha cambiato in questi anni? Quella diversità che cercavi da ragazzo l’hai incontrata e ha avuto effetti su di te?

        • Sì, ti faccio un esempio: un anno e mezzo fa per rinnovare il permesso di soggiorno ci volevano al massimo una ventina di giorni. Invece ora, veramente vergogna… tre, quattro mesi.

P. Dicevo se l’Italia aveva cambiato te nell’anima. Se la diversità dell’Italia rispetto alla Tunisia ti aveva insegnato nuove cose, se ti aveva cambiato…

        • No, tra l’Italia e la Tunisia non c’è nessuna differenza…perché la Tunisia è uno stato moderno. Non siamo come altri paesi arabi che hanno per esempio…che sono più duri con il popolo. A Tunisi stiamo benissimo. Anche il papa quando è venuto girava con il nostro presidente senza protezione…significa che stiamo benissimo! Anche lui ha detto che la Tunisia è la Svizzera  del mondo arabo…come l’Europa. E ci sono tanti mazaresi che lavorano a Tunisi, che hanno le barche…Significa che Mazara e Tunisi sono uguali! Ci vogliono 45 minuti di aereo per andare a Tunisi o 5-6 ore di barca. Ci sono amici miei mazaresi che vanno col motoscafo di qui sino a Tunisi; partono la mattina e tornano la sera. Pranzano lì e tornano qui. La Tunisia e Mazara sono gemelle, due sorelle piccole che crescono insieme.
        • Tu hai due figli che progetti hai per loro?
        • Studiano qui, alla scuola araba. Perché mio figlio è nato qui, è cresciuto qui, parla italiano meglio di me. Lui ha frequentato, non so, l’asilo italiano e poi l’ho portato al collegio sino alle 4, le 5 di pomeriggio. Significa che lui già ha la mentalità italiana (e tunisina, certo)…Lui studia l’arabo, perché io non so, con queste leggi, con questa difficoltà di trovare un lavoro in regola, penso al 90% di andarmene via di qui. Perché non mi va di stare qui senza essere in regola. Allora è meglio tornare al paese, trovare un lavoro a posto…perché qua diventa più difficile. Di più in questi ultimi mesi…perché a lavorare in nero non c’è nessuno incentivo per il futuro. La sicurezza non c’è e allora è meglio cercarla al paese. Dico, questi ultimi mesi, 9- 10 mesi…prima non era così, mai, mai! Come uno disperato, che non ha nessun futuro! Per rinnovare il permesso di soggiorno ci vogliono 4 mesi, lavoro in regola non ce n’è. Quando ti danno il permesso ti rimangono altri 8 mesi, lavoro non c’è. E’ come una trappola. Ci stanno dicendo, preparatevi le valigie e andatevene.
        • Se dovessi trovare un lavoro in regola rimarresti?
        • Magari, magari! Dov’è questo lavoro?! Cercamelo tu!! Magari…magari avere un lavoro in regola. Magari un lavoro! Non c’è bisogno di regola! Un lavoro, che devo mangiare il pane!
        • Quindi ora ti arrangi?
        • Meno male che ce la faccio…su una settimana lavoro 4, 3, 5 giorni…Meno male, grazie a Dio!
        • Quanti riesci a fare?
        • In un giorno di lavoro, se lavoro otto ore, 50-60.000 lire. In una settimana, se riesco a fare 250.000 mila lire mi va benissimo…Grazie a Dio!
        • Riesci a risparmiare?
        • Sì, sì, certo. Con questo periodo, invece di comperare un chilo di pane, ne compero 20 chili…Ce la faccio…
        • Che merce comperi, dove la comperi…?
        • Ti dico la verità, c’è un mercato al mercoledì mattina e le cose da mangiare non sono care…quello che è cara qui è la luce.
        • Hai una casa in affitto regolarmente?
        • Sì, ho una casa in affitto…
        • Quanto paghi di affitto?
        • 250.000 lire al mese. Buono, buono. Tutte le case qui a Mazara, non gli basta 300.000-350.000
        • Ad esempio, spese come sigarette…
        • No, io non fumo, non bevo…niente!
        • Oppure andare al cinema?
        • No, il cinema non mi serve. Una volta al mese, porto mio figlio al cinema, a vedere i cartoni animati. Ma per lui…ormai io sono un po’ grande, un po’ anziano, ho 36 anni…
        • Un sacco di 36enni vanno al cinema…!
        • Quelli che vanno al cinema, di 36 anni, di 50 anni, sono tranquilli, non hanno nessun pensiero come me al futuro…Hanno soldi, lavoro in regola, tutte cose a posto. Invece io quando mi metto a letto non riesco a dormire sino alle 4, alle 5 per i pensieri…E questo! Ho la parabola a casa e vedo sempre i canali tunisini, arabi, così…Vedo sempre il telegiornale e sai che ti dico? Tutti i canali uguali. Seguo sempre la politica…
        • La tua vita come è cambiata?
        • Ho più pensieri per la famiglia…
        • Prima eri più spensierato?
        • No, ero singolo. Prima, mettiamo guadagnavo per esempio 50.000 lire al giorno e spendevo 20-30, era normale per me. Ora se piglio 50.000, per forza devo… non fumo, non bevo, devo lasciare tutte cose a casa, per la spesa, le cose…Non c’è bisogno di bere un caffè al giorno al bar, meglio berlo a casa accanto a mia moglie…Meglio! Perché se  uno ha famiglia c’è una grande differenza, perché…io personalmente la sera non riesco a stare fuori casa, perché ormai una responsabilità è diventata. Ho una moglie, un bambino e siamo fuori il paese…La tranquillità a Mazara c’è, siamo tranquilli, però meglio di stare in famiglia che fuori da solo.
        • Vi incontrate con altre famiglie tunisine?
        • Certo, certo, ci facciamo visita…Siamo qua fuori paese; deve essere, non so, un’amicizia. Dobbiamo sempre essere vicini. Come gli italiani che sono fuori, in Germania o in Brasile.
        • Le feste le celebrate come se foste a casa?
        • Sì, sì…abbiamo le nostre feste arabe qua. Se visito vado a casa dei nostri amici, loro vengono da noi, però c’è una mancanza…non è esattamente come al paese qua. C’è sempre una cosa manca. Quando c’è la festa del Ramadan, ti mancano i parenti. C’è la moglie, il bambino, però ti manca il padre, la madre.
        • Non vai mai in Tunisia?
        • E’ parecchio che non vado,  due anni, quasi tre anni.
        • I tuoi non vengono mai?
        • No, non gli danno il visto d’ingresso…Chiedono tanti documenti. Mio padre ha quasi 79 anni, siccome deve stare qui non gli danno il visto d’ingresso…Credono che se vengono a visitarmi, rimangono qui. Non è giusto. Li sento ogni due giorni. Li devo chiamare per forza. Mi mandano lettere, fotografie…E meno male che Mazara è vicina la Tunisia.

P. Hai fratelli?

        • Sì.
        • In Tunisia?
        • Sì.
        • Stanno coi tuoi genitori?
        • Certo, certo. Ho tre maschi e tre femmine. Stanno vicino ai miei genitori. Ho un altro fratello più piccolo, che è in Germania con mio cognato. Era prima in Belgio e poi se ne è andato con mio cognato in Germania.

P. Ma non hai pensato di andare in Germania o in Francia, all’inizio del tuo viaggio? Non sono sbocchi “naturali” per un maghrebino?

        • La Francia rispetta l’immigrato, quello che è in regola…Ti dico un esempio: in Francia quando un bambino nasce lì, direttamente avrà la cittadinanza. Direttamente! Non c’è bisogno di stare anni. Anche i suoi genitori avranno la cittadinanza. In Francia ti aiutano nell’affitto. Hai un bambino? Ci vuole una stanza. Hai due bambini? Ci vogliono due stanze! Viene l’assistente sociale e controllano tutte cose. Ti aiutano per l’affitto. Il governo francese paga il 65% dell’affitto, quello belga non so. Invece qua magari che fanno questa cosa. A Mazara ti aiutano per l’affitto per la prima volta e in Francia se sei disoccupato ti danno un sussidio…La Francia chiede per rinnovare il permesso di soggiorno chiede molti meno documenti e poi ti fanno una telefonata: “signori, i vostri documenti sono pronti!” e poi va lì e te li danno per 10 anni. Non ci vuole assai, una settimana. Non come qua…
        • Ma perché non ci sei andato?
        • C’era la dogana…non pensavo di andarmene lì.
        • Vuoi dire che era più facile entrare in Italia?
        • Sì, era più facile entrare in Italia. Ora è più difficile. Con queste leggi…Mi va bene di essere difficile, ma una volta che sono dentro ho i miei diritti! Non c’è bisogno…Ti dico un altro esempio: qui i libretti sanitari li fanno con la scadenza del permesso di soggiorno. Significa che uno se per rinnovare il permesso di soggiorno ci vogliono tre mesi, per questo tempo non ha diritto di andare dal dottore. Significa “preparatevi e andate via!”. Fra sei mesi ho la scadenza del permesso di soggiorno e non so come fare…
        • Come hai fatto sinora?
        • Prima se qualcuno, per esempio, è iscritto all’ufficio del lavoro, significa che è disoccupato…Sino a che è iscritto lì, si vede che cerca un lavoro in regola e ti davano il permesso di soggiorno per disoccupazione per due anni. Ora ti chiedono un contratto di lavoro. E dove lo trovo un contratto di lavoro? Per forza lo devo comprare questo contratto…! E loro lo sanno che lavoro non ce n’è.
        • Da chi si compra questo contratto?
        • Dal tuo datore di lavoro! Ti mettono a lavorare e i contributi te li paghi tu.
        • Molti fanno così…?
        • Io per esempio mi cerco un lavoro. Mi daresti un milione, ma se mi metti in regola mi dai 400.000 lire e altri 600 contributi. Però non sono tutti…Altri ti fanno lavorare in regola, senza mangiarci. C’è un tunisino che ha tre-quattro mesi che lavora gratis e così si paga i contributi. Significa che per tre-quattro mesi non fa mangiare la sua famiglia. Immagina…Il problema è che chiedono tanti documenti, ma devi darmi un permesso che dura anni, come in Germania, Francia…Qua si lavora con la conoscenza. Se hai qualcuno alle spalle te le danno subito le cose…Vado a denunciarli?Fanno finta che non hai fatto denuncia! Che si conoscono tra loro…Se io faccio una denuncia ad uno dell’ufficio stranieri, lui manda un suo collega a farmi una cosa e poi mi manda al paese…Allora questo si chiama abuso d’ufficio. Ci sono tanti qui che credono che gli extracomunitari sono ignoranti e non conoscono la legge. Dentro di me brucio come un carbone, perché qui non è come negli altri paesi dell’Unione Europea…
        • A parte lo stato che a quanto mi hai detto non fa molto, almeno le organizzazioni come la Caritas aiutano gli stranieri?
        • La Caritas ci aiuta bene, la verità. Per fare i documenti non chiedono una lira, tutto è gratis. Con le suore non c’è problema…Prima per rinnovare il permesso di soggiorno loro facevano tutto gratis. Ora alla questura le richieste scritte da loro non le accettano. Sai perché? Perché c’è un ex-collega loro che ha fatto un ufficio e allora loro mandano gli stranieri da lui, per 30 euro.
        • Come si vede che la richiesta l’ha scritta lui e non le suore?
        • Si vede, perché le suore scrivono con la macchina da scrivere vecchia e lui col computer…
        • Secondo te, Mazara è un caso particolare?
        • Sì, negli altri posti in Sicilia non è la stessa cosa…Poi qui danno il permesso per un anno. Negli altri posti è per due anni, minimo. E allora puoi aspettare anche 3-4 mesi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA N. 5

Aamir, 41

 

        • Di dove sei?
        • Sono marocchino. Vengo da una grande citta e sto qui a Mazara.
        • Quanti anni hai?
        • A. 41
        • Da quanto stai in Italia?
        • Dall’88. Sono 14 anni…
        • Cosa hai fatto sino a 27 anni in Marocco?
        • Niente! Mi sono sposato in Marocco, ho fatto i bambini…
        • Sì, ma come li mantenevi?
        • E’ come facevo…buscavo un po’ di pane, meglio di niente…
        • Sì, ma che facevi…?
        • Stavo bene in Marocco. Facevo il meccanico. 16 anni ho fatto il meccanico in Marocco e tre in Libia.
        • Che studi hai fatto?
        • Le elementari…
        • Sei andato a subito a lavorare?
        • A 14 anni…
        • Che lavori facevi da piccolo?
        • Niente, lavoravo con un meccanico…Per 5 anni ho imparato il mestiere e poi ho aperto un’officina in Marocco, piccola piccola. Poi verso l’86 c’era una legge che chi aveva un mestiere poteva andare in Libia…Ho lavorato tre anni in Libia, bene bene bene, come meccanico.
        • I tuoi stavano in Marocco?
        • Sì, in Marocco…Poi nell’88 mi sono stancato di quel lavoro, che c’era il capo. Mi serviva un lavoro libero. Solo lavoro bene. Sono tornato in Marocco. E qui che dovevo fare? Allora sono andato in Italia…
        • Come mai in Italia e non per esempio in Francia?
        • C’era un amico mio che anche lui qua…Avevamo lavorato in Libia e ha detto “andiamo in Italia”…Prima pensavo di andare in Grecia o in altri posti. Dove c’è pane, vado…
        • Era facile all’epoca entrare in Italia?
        • No, non facile. Solo coi soldi potevi entrare…Se non li avevi non entravi.
        • Qual è la prima città in cui sei arrivato?
        • Palermo. Ci sono rimasto una settimana…
        • Conoscevi nessuno a Palermo?
        • No, solo…avevo solo questo amico. Un periodo brutto. Un mese di…stanchezza. Dovevo cercare per mangiare, dormire…Stavo una volta in albergo, sul treno. Dopo Palermo sono andato a Trapani. Sul treno incontro una persona, un tunisino. Parliamo e mi dice vai alla città di mare, Mazara, può essere che trovi qualcosa lì. Però io sono stato qui la prima volta e incontrato il marocchino, sai, quello che vende. E mi ha detto “dove dormi?” e mi ha trovato una stanzetta vecchia…e sono stato lì un mese. Una casetta abbandonata, l’ho pulita…Poi dopo 8 mesi sono tornato a Palermo a cercare pane e lì ho trovato un meccanico. Gli ho chiesto lavoro e sono stato lì una settimana. Poi mi sono arrabbiato, non trovavo quello cercavo…E poi sono tornato di nuovo a Mazara.
        • Ma non potevi, quando eri tornato dalla Libia, aprirti nuovamente un’officina tua?
        • No, perché un meccanico in Marocco non guadagna. Dovevo fare la casa. Sono uscito per guadagnare…
        • Quanto guadagnavi?
        • 500.000 lire. In Libia ne guadagnavo un milione e due.
        • A Palermo cosa non andava?
        • Non mi pagava bene il meccanico…
        • Quanti anni avevi?
        • 27-28. Allora sono tornato a Mazara. Menomale che ho trovato lavoro come pecoraio…
        • Ti pagavano bene?
        • 800.000. Non era pesante. Solo la solitudine…sempre da solo. Era l’89. Ci sono stato sino al ’90. Poi c’è stata la sanatoria…
        • Non hai mai avuto problemi con la polizia?
        • Mai! Mai avuto un problema con la polizia qua a Mazara…Mai! Perché io sono tranquillo, mi basta un pezzettino di pane.
        • Nessuno ti mai chiesto di fare cose sporche?
        • Ci sono, ci sono. Ma nessuno me lo ha mai chiesto. Anzi, una volta un tunisino mi ha proposto una cosa. Ma meglio un pochino pulito, che un milione sporco.
        • Ne hai consosciuti italiani?
        • Gli italiani bravi, bravi! Quando ho avuto questa malattia, ogni tanto mi aiutavano bene…Solo il governo non aiuta.
        • Riesci a mandare soldi alla tua famiglia?
        • Ogni tanto, ogni tanto…
        • Tua moglie lavora in Marocco?
        • No, mai…sta a casa coi bambini.
        • Quanti anni hanno i bambini?
        • 4 e 2 anni…
        • Che intenzioni hai, di portarli in Italia?
        • Portare il denaro in Marocco. Come vivono i bambini in Italia? Senza soldi? Non è possibile, non c’è neanche la possibilità di avere la pensione per gli occhi. Se avessi la possibilità, lo farei…Comunque il paese è il paese…
        • Dopo il pecoraio che hai fatto?
        • Niente. Ho solo venduto la roba…
        • Non hai mai pensato di vendere roba italiana in Marocco?
        • Ci vogliono soldi, amico mio! Ci vogliono 15-20 milioni. Non li ho…Io ho solo un pochino per vivere io e la mia famiglia.
        • Abiti da solo? Quanto paghi di affitto?
        • Sì, da solo. Pago 150.000 lire al mese.
        • Ce la fai tranquillamente?
        • Magari…sì, qualcuno mi aiuta. Chi mi dà 5.000, chi 10.000. Un po’ di mangiare…
        • Chi ti aiuta di più?
        • Tunisini, italiani…Gli stranieri hanno tanti problemi, chi si deve sposare, chi deve fare la casa. Di più  gli italiani.
        • Cosa fai nel tempo libero?
        • Vado alla moschea a pregare.
        • Tu credi molto?
        • Prego sempre e dico grazie a Dio. Chiedo sempre a Dio…
        • Sei sempre stato molto religioso?
        • Da piccolo a scuola…La religione islamica non è come le altre religioni. E troppo buona per me…Anche i cristiani, ma non pregano.
        • Quando hai incominciato ad avere problemi agli occhi?
        • Nel ’90.
        • Ti sei curato?
        • Sono stato a Palermo al Civico e sempre controllano, medicine, controllo del sangue…
        • I medici hanno avuto attenzioni nei tuoi confronti?

A.Quando arriva il periodo di controllo, io vado all’ospedale. Mi ospitano bene, mi fanno bene…tutto bene.

        • Hai avuto diversi ricoveri?
        • Sì, a Mazara, tra il 91 e il 92. Tre mesi.
        • Poi hai fatto domanda per la pensione?
        • Nel ’90 ho presentato i documenti…E poi la pensione arriva nel ’91. La pensione entra per 4 anni. Ho fatto la domandina e ho lasciato. Io chiedo alle genti, ho fatto questa domandina…Una volta sono stato a Monaco, forse nel 91…questo è il destino. Nel ’91 mi hanno detto che l’invalidità arriva e allora vado e ho preso i soldi. Ho preso tre mesi e poi si è bloccato tutto perché dovevo rinnovare il permesso di soggiorno. Un anno per rinnovarlo. Mi sono messo a cercare la strada giusta.
        • Tu non hai diritto alla Carta di soggiorno?
        • Quello che mi serve è a Trapani. Ma mi hanno detto che non ho diritto…Posso avere il permesso di soggiorno. Per andare a vedere la moglie, ma aspettiamo…
        • L’Ufficio stranieri funziona bene?

A.E’ bravo per la gente che sono regolari…E per le genti che manca, cosa…Loro devono essere puliti e invece vendono…

        • Quanto riesci a fare al mese?
        • Ti dico, al mese non lo so…C’è un mese così, uno così…Perché c’è la fede! C’è mangiare, c’è i bambini…quante cose? Ci vorrebbero due- tre milioni. Se piglio 800.000 lire al mese è un miracolo…Magari avessi un lavoro buono, 1.200.000.
        • Tu la merci la paghi prima?
        • Prima, prima! E poi vendi…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA  N. 6

Abedin, 47

 

        • Quanti anni ha?
        • 47
        • Da quant’è che vive qua?
        • Da 25 anni. Di più, dal ’75…27 anni. Avevo 22-23 anni quando sono arrivato.
        • Cosa faceva prima di venire in Italia?
        • Navigazione…A Napoli i primi anni faccio navigazione.
        • Sì, ma questo in Italia. E in Tunisia?
        • Studiavo.
        • Che scuola ha fatto?
        • Seconda superiore industriale.
        • Quindi ha smesso di studiare intorno ai 15-16 anni. Cosa ha fatto dopo la scuola?
        • In Tunisia aiuto mio padre che fa commercio. Però non sono sicuro che voglio fare il commerciante…ogni tanto l’aiuto. Come lui fa il commercio all’antica, io non mi piace più e allora…
        • Com’è “il commerciante all’antica”?
        • Che lavora poco, che lavora un mese e un mese non lavora. Devi fare import-export, parti due volte al mese, una volta al mese. Diciamo non è lo stesso che…poi mi annoiavo…
        • Si partiva per andare dove?
        • [Non capisce che mi riferisco ai luoghi del commercio e mi parla di quando arriva in Italia]A Mazara direttamente. Qua c’è mio zio che sta da 5 anni prima da me, dal 70. Che c’ha due figli, una femmina e un maschio muto, che non parla. Io sono stato con loro. Poi lui ha comperato la barca ed è venuto in Tunisia e ha fatto l’armatore.
        • Dicevo dove pigliavate la merce.
        • Francia, Tripoli e poi Napoli. Il primo viaggio l’ho fatto a Napoli. Poi a Napoli importiamo uova di pesce, uova di tonno e…prendiamo gli articoli che si vendono e li vendiamo e poi torniamo.
        • Quanti anni aveva quando è andato a Napoli per la prima volta?
        • 17-18 anni. Ma faccio viaggi…vado, vengo, ritorno. Sempre così, faccio salti, in Francia,  a Tripoli. Giro come va!
        • Però presto si stufa, mi diceva prima…
        • Ehh, cose all’antica, che si guadagna poco. Poi c’è la dogana che ti fa pagare molto. Fai molti sacrifici, per me non vale la pena di farli…Mi sono tolto, mi sono allontanato da questo settore di lavoro e sono andato a lavorare in navigazione…
        • Perché giusto l’Italia?
        • Per me l’Italia è la mamma del mondo! Perché io, ti dico, ho girato e mi è piaciuta di più l’Italia. L’Italia è bella, di qualsiasi cosa! Di gioventù, di divertimento, di aria, di mangiare…le genti molto, molto educate. Per me l’Italia è il più bel paese del mondo e io mi sono stabilito con la mia famiglia.
        • Quando dice a suo padre che vuole andare in Italia, come la prende lui? Non c’era un’attività da seguire in Tunisia, da continuare?
        • Mio padre è già 15 anni che è morto…e allora io ho fatto tutte cose da solo.
        • L’import-export lo faceva da solo, quindi? Non ho capito…
        • Sì, da solo.
        • Subito dopo la scuola quindi?
        • Sì, lui era morto. Ho iniziato tutto d’accapo, da solo. Ho lavorato molto…Dall’80 sino al ’90 io ho lavorato molto troppo! Ho lavorato molto, molto, molto…
        • In Italia non faceva ancora il commerciante? Era imbarcato con suo zio, mi pare di aver capito…
        • Sì, e poi non lavoro più come navigazione, non lavoro più con nessuno e ho fatto un’attività mia.
        • Cioè questa?
        • Non questa, tre!
        • Come sono i rapporti con i suoi connazionali? Quali aspetti positivi e quali negativi vede in loro?
        • Prima c’era difetti, adesso non c’è più difetti, da 5-6 anni! Io li aiutavo i tunisini. Faccio tutti i servizi che io potevo…faccio traslochi pure col camion, li porto a Trapani. Faccio trasloco sino a Tunisi, faccio tutto e allora i tunisini hanno bisogno di me. Tu lo sai che non possono pagare tutti la somma, qualche problema che non può pagare. Allora io faccio credito e c’è il 50-60% che non lo paga nessuno. Fino ad adesso non lo fa nessuno e non lo vuole fare nessuno. Quel che c’è compri, quel che non c’è te ne vai!
        • E’ stato facile installarsi?
        • No, non c’è niente facile. Io, in Tunisia, c’ho pure l’attività di import-export, a nome mio, dalla Tunisia a qua e da qua alla tunisia. Con la mia licenza, con la mia cosa…lavoro! Grazie a dio, vado avanti!
        • Non c’è concorrenza diretta con gli altri commercianti mazaresi? Le hanno mai dato fastidio in qualche modo?
        • Mai, mai…Amico a tutti. Anzi se loro hanno bisogno di me, io sono qui…Non ho trovato nessun problema. Mi vogliono tutti bene a me, tutti! Poi io sono bravo con tutti. Non trovo nessuna difficoltà. Io aiuto loro e loro aiutano me. Perché sono una persona seria…Con la gente seria non ho trovato nessun problema.
        • Ha più amici italiani o tunisini?
        • Di più gli italiani. Molto di più e no italiani in mezzo alla strada…Tutti italiani gente per bene, ricca, dottori, ingegneri, architetti…
        • Ha contatti frequenti con loro?
        • Sì, la domenica. Io invito loro, loro invitano a me. C’è un bel rapporto.
        • Quali rapporti corrono tra la comunità italiana e tunisina, secondo lei?
        • Prima, dal ’70 sino al ’75, c’erano un po’ di cose che non vanno…Adesso invece…Tunisini e mazaresi lo stesso sangue, la stessa mentalità…Adesso, ti dico la verità, se trovi una mazarese che ha un amica buona, è un’amica tunisina [Pensa, secondo me, a Nouraine e la sua grassa amica italiana]. Perché noi quando facciamo un amico, facciamo un fratello. Non facciamo amico come…C’è un bel rapporto tra italiani e tunisini. Non è più come una volta.Anzi, a Mazara del vallo ci sono più di venti donne italiane sposate con tunisini. Abbiamo un bel rapporto. Non c’è quel razzismo, non c’è…ormai è finita! Io vado a casa del mazarese come il mazarese viene a casa mia, lo stesso, non cambia niente. Si apre il frigorifero e si mangia quello che piace, perché, ti dico la verità…tutto il mondo è paese[2]: c’è l’italiano che fa schifo, c’è il tunisino che fa pena…però io parlo della gente seria, pulita. Vedi la donna tunisina…non c’è donna più pulita della donna tunisina. La donna tunisina è pulita. Quella giusta, però! Parliamo sempre della donna giusta. Ma se trovi una donna malacombinata…
        • Negli anni ’70 c’era razzismo quindi…
        • Il mazarese non conosce il tunisino. Gente strana che è entrata in campo, che non lo sanno…C’è qualcuno, ma oggi…
        • Come si manifestava questo razzismo?
        • Non vuole avvicinare, non vuole vedere, non vuole camminare coi tunisini. Hanno paura dei tunisini. Invece ora hanno capito chi è il tunisino. Il problema ora è che quel che avevano coi tunisini negli anni ’70, ora ce l’hanno cogli albanesi. Perché anche i Mazaresi, perché non è che sono tutti intelligenti, ma c’è qualcuno ignorante…Lui non lo vede, non può parlare. Non capisce nulla…Non si studia che devono ragionare, perché, per quale motivo. Va abbastanza bene qua a Mazara, che più del 50% è ignorante, te lo dico io. Perché se ne vanno a mare a 15 anni, 16 anni e che capiscono? Che capiscono? Parlano a modo loro, perché hanno parole che si capiscono tra di loro. Perché l’italiano preciso si conta chi lo parla. Se tu vai a Milano, cambia il discorso; se te ne vai a Palermo, uguale…
        • La sua clientela è più italiana o tunisina?
        • Internazionale!! Di più turisti. Specialmente 4 mesi l’anno entrano migliaia di persone del norditalia, inglesi, francesi, tedeschi. Tanti turisti che vanno in Tunisia, non comprano niente, passano di qui e la comprano. Perché meno bagagli, meno costo…L’anno scorso ho lavorato bene! Speriamo che quest’anno lavoro. Poi, io lavoro tutto l’anno. C’è il prodotto che si vende d’estate, il prodotto che si vende d’inverno, il prodotto che si vende tutto l’anno…Poi faccio il grossista oltre tutto…Fornisco la gente col mio camion.
        • Ha dei dipendenti?
        • Ho la mia famiglia che lavora qui. Ho mia moglie, mia figlia…Poi quando ho bisogno di caricare o scaricare il camion, chiamo persone…
        • Quanti altri imprenditori tunisini ci sono?
        • Appena si apre un’attività giusta si lavora bene. Non abbiamo più quello sguardo brutto…Lavoriamo, lavoriamo seriamente, abbiamo amici, abbiamo…Non abbiamo razzismo. Questo è finito. Qua non si vede nulla…I tunisini però lavorano a mare. I tunisini sono venuti a Mazara del Vallo per lavorare a mare. Passano 25 giorni e tunisini quasi non ne vedi, perché sono tutti a mare, in campagna…A Palermo ce ne sono molti, che lavorano nei ristoranti, poi vanno a dormire e non li vedi in giro.
        • La sua famiglia sta in Italia…
        • Tutti in Italia e studiano in Italia e vanno alla scuola italiana…
        • Cosa ne pensa della scelta della maggioranza dei suoi connazionali che mandano i loro figli alla scuola tunisina?
        • Magari s’imparano la lingua italiana e poi andando avanti imparano altre lingue…
        • Ma i suoi figli perché li ha mandati alla scuola italiana?
        • Intanto siamo in Italia. Seconda cosa, qui in Italia non ci sono altre scuole in arabo oltre quelle elementari. Dopo o vai in Italia o vai in Tunisia. Allora io preferisco che vado a scuola italiana e sistemo tutto.
        • Lei non conta di tornare in Tunisia?
        • No…no, non ci penso. I miei figli sì, di andare in Tunisia ci vanno dieci, quindici giorni in vacanza. Mi stabilito qui in Italia ed è difficile tornare indietro. E’ la mia patria per la verità, però…adesso non ci penso. Non per adesso, per sempre! Voglio stare qui sempre.
        • Negli anni in cui è emigrato, si parlava dell’Italia in Tunisia?
        • L’Italia in Tunisia…non c’è differenza per noi. E anche la Francia, ah! La Tunisia è un mondo sviluppato, europeo diciamo. Non è Africa…Tunisi è buona, non è Tripoli o l’Algeria che c’è guerra, come si chiama. La Tunisia, in confronto alle altre nazioni, è Europa. Noi con la Francia e l’Italia…
        • La Tunisia era già così sviluppata negli anni ’70? Lei non ha avuto nessuna impressione particolare quando è arrivato a Napoli la prima volta, per esempio?
        • In quegli anni sì! Ora è cambiato tutto…Un padrone o armatore, un direttore di una azienda che deve scegliere, come prima scelta prende un Tunisino. Perché un Tunisino quando lavora è preciso, pensa a prendere un pezzo di pane e se ne va. Adesso i tunisini hanno preso le abitudini italiane: quando non lavorano si fanno un giro con la famiglia,si prendono una pizzetta e se ne vanno…Come fanno gli italiani, fanno loro.
        • Gli italiani dicono che negli anni ’70 i tunisini bevessero e fossero addirittura pericolosi…
        • A. Il primo arrivo, tutti all’antica…gente anziana che non capisce niente, ignoranti…La nuova generazione è buona con gli italiani.
        • Negli anni ’80-90 c’era molto spaccio qui…
        • Qui ci sono altre razze, e gli albanesi. Quindi non è cosa nostra…Tanti non vogliono più venire qui, perché rubano le borse…questi sono tutti albanesi. Spacciano, rubano…Gli albanesi hanno rovinato il paese. Adesso guardano l’albanese di più. Il tunisino lo conoscono…

INTERVISTA N.7

Masoud, 32

 

        • Quanti anni hai?
        • 32
        • Di dove sei?
        • Di tunisi
        • Da quant’è che sei in Italia?
        • Dall’88. 14 anni che sto qui. Ne avevo 18 quando sono venuto.
        • Che facevi prima di partire?
        • Ho lavorato in un parrucchiere. Mi dice tu non sei un uomo…Tu non sei un uomo per andare in Italia!
        • Perché? Cosa significava andare in Italia?
        • Io sono andato così. Per lui ero stato sempre in Tunisia e non era capace di fare l’emigrato. Lo sono capace!
        • Come è andata la cosa?
        • Io quando sono partito c’erano qui quasi 2000 a Trapani, Mazara.
        • C’erano visti da fare? Era difficile?
        • No. Mi ha fatto entrare un carabiniere, ricordo. Sono venuto con la cravatta, tutto bene, con quasi due milioni in tasca.
        • Come li avevi fatti quei soldi?
        • Li tenevo nelle mutande. Alla dogana li ho usciti…Li ho fatti facendo il parrucchiere, il coiffer.
        • Te la passavi abbastanza bene in Tunisia. Così giovane e tutti quei soldi…
        • Sì, sì…
        • E quindi per una scommessa sei partito?
        • Sì, per 150.000 lire…
        • Che lavoro hai fatto appena arrivato?

M.Sgusciavo i gamberi

        • Come lo hai trovato questo lavoro?
        • Assai cugini…Mi sono messo con loro. Poi sono andato a Zurigo, per un anno e mezzo, due anni…Ho fatto 20 milioni. Ho fatto il giardiniere…Tutto a posto, mi trovo un altro lavoro, lascio il giardiniere…Mi sono rovinato perché gioco assai soldi. Prendevo quasi 4 milioni e me li giocavo tutti lì…Avevo una donna, sposata. Era svizzera. Abbiamo litigato perché giocavo. Allora me ne sono andato a Como. Facevo il giardiniere, il cameriere sul lago, in un self-service.
        • Erano lavori che non avevi mai fatto? Voglio dire, prima di allora facevi il coiffer…
        • Sì, nelle case, a domicilio…donne. A Tunisi anche in un negozio…A como ho fatto anche tessitura. Prendevo 3 milioni al mese…andavo a donne, giocavo. Ero puttaniere, diciamo.
        • Non stavi megli a Como?
        • Il problema è stato che mia mamma ha detto a mio fratello “perché non ti porti Mahed da te, a S. Benedetto?”. Mio fratello infatti negli anni ’90 era venuto qua. Ci sono andato, ci sono stato un periodo e poi mio fratello mi accusa di aver detto che sua moglie era buttana! Era vero! Chiavava con gli amici di mio fratello…Una donna troppo bella, tipo Anna Falchi, tunisina però…Io gli ho detto se era un uomo! Mi dicono figlio di puttana, mi aggrediscono a parole e quasi fisicamente. Lascio tutto e vado a Tunisi da mia mamma a fare casino. Ho picchiato mia mamma…
        • L’hai picchiata?
        • Era con loro!! Perché mio fratello gli dice che avevo detto che sua moglie era puttana. Ci sono rimasto un mese. Sono stato ospite di amici…
        • Non hai fatto pace?
        • Come facevo a fare pace, dopo che mi avevano buttato fuori e avevano detto quelle cose?!
        • Quindi sei tornato in Italia…Che lavoro fai ora?
        • Il marinaio faccio…Ma anche in campagna a volte.

P.Ti piace l’Italia?

        • Io sono stato anche in Francia l’anno scorso. Ho fatto 8 mesi lì. Ho lavorato in campagna…Ma preferisco stare in Italia perché sono abituato qua. E’ l’abitudine che conta…
        • L’Italia era come te la aspettavi? E’ più facile, difficile?­
        • Io non penso difficoltà, perché il destino penso. Se è così una cosa, la devo accettare. Io incontro te, mi dici 200 carte, ho buscato 200 carte. Il destino, vuol dire, in quel momento lì tu devi dire a me 200 carte…
        • I tuoi che dicevano del tuo viaggio in Italia?
        • Non dicevano niente!
        • Secondo te, quanto ci vuole per vivere qui
        • Dipende da quello che fai…
        • Tu?
        • A me piacciono le femmine…Io non sono capace di andare con una donna che non mi piace. E poi quando ce l’hai non è neanche bello avere le preoccupazioni di quello che devi fare, come devi farlo, ecc. Se hai una donna e le preoccupazioni, sono corna. Per non averle l’ideale è avere soldi e non lavorare…Se stai a mare venti giorni, la donna le corna te le fa. Io i soldi li avevo, la macchina, i vestiti…
        • Vorresti una compagna italiana o tunisina?
        • Non ha importanza…
        • Hai più amici italiani o tunisini?
        • Solo uno, quello che hai visto prima [un tunisino].  Con gli italiani non ho amicizia. Ma in generale non credo nell’amicizia. Sono solo i soldi che contano, l’amicizia non conta. Io ho vinto mezzo miliardo al casino di Campione d’Italia. Ho fatto jackpot e so che vuol dire soldi. Prima non mi cagava nessuno, poi tutti amici miei…Li ho spesi con donne. Per 5 anni ho fatto sta vita, dal ’94 al ’98.
        • E quando hai finito i soldi? Sei rimasto tranquillo?
        • Sempre tranquillo…perché non sono soldi faticati. Prima di giocare, ero tirchio. Poi un mio amico, un martedi come questo, ero in Svizzera… era mezzogiono… siamo andati al casino. Lui ha perso e mi ha dato un pugno per la rabbia. Aveva perso un sacco di soldi. Ne aveva ancora un po’, mi ha detto di provare. Io giocare mai! Lui piange, dai prova…Ci ho provato e ho fatto jackpot! Io non sapevo cosa voleva dire. Arrivano i carabinieri e la Finanza e mi chiedono il passaporto. Perché? Perché hai vinto! Era tutto a posto e ho vinto mezzo miliardo. Ho avuto un sacco di donne poi. Ho girato un sacco…
        • Che progetti hai?
        • Niente, vivo alla giornata! E’ il destino che conta…Hai visto? Mio fratello, il casino…conta il destino! Finché la barca va, lasciala andare!

….

        • Hai fatto a bastonate con italiani?
        • Si, eravamo ubriachi tutti. Può anche non esserci motivo. Spacca tutto quello che ha davanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA N. 8

Bilal, 43

 

        • Da quanto tempo sta in Italia?
        • Dall’88
        • Quanti anni ha?
        • 43
        • Cosa faceva in patria?
        • Il macellaio. Per venti anni ho fatto il macellaio
        • Com’è stato che è venuto in Italia?
        • Ho deciso di venire in Europa, per vedere com’era. Ho pensato ad alcuni paesi, la Francia, l’Italia…Ho scelto l’Italia. Una volta si è giocata qui la partita di calcio tunisia-marocco. Sono andato come tifoso e non sono tornato indietro…
        • La famiglia che diceva?
        • C’era chi era contento e chi no, pensando ai pericoli dell’immigrazione. Ma sapevano che potevo fare una cosa buona, tipo una casa.
        • Perché l’Italia?
        • Perché è buona, come un paese arabo…Conoscevo un po’ la lingua dalla televisione…
        • E’ tornato in Marocco?
        • Sì, ho fatto una casa, mi sono sposato…Grazie a Dio! Ho tre bambini, loro stanno là.
        • Le pesa questa situazione?
        • E’ la vita, faccio un po’ di sacrifici per costruire un’attività piccola e tornare. Tornerò sicuramente. Però ci vuole un’attività…
        • Portare i ragazzi, la famiglia?
        • Non ce la faccio con la dichiarazione di redditi, ci vogliono troppi soldi, 24 milioni e non li ho. La casa in regola…Qui sto con un parente e un altro…Ad Alessandria, Novara, la casa ad esempio non c’era. Ho trovato una cosa con la Caritas, però non andava bene. Qui c’era mio cugino e sto con lui…Poi qui una casa la trovi, in due settimane al massimo, però ci devono essere le condizioni per portare la famiglia.
        • In quali posti ha vissuto in Italia?
        • Ho girato a Novara, Alessandria. Ad Alessandria facevo il muratore, a Novara macellerie. Poi qui…
        • Che strano, però! La Sicilia è povera di lavoro…
        • Sì, pero tutti i siciliani comprare roba. Non è come su, che non comprano…Vanno nei negozi, comperano roba a 300-400 mila lire, qui invece comperano…

 

Hanno ragione a regolare. Perché gli stranieri qui come vivono? Devono fare i ladri…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA N. 9

Aisha, 18

 

        • Quanti anni hai?
        • 18
        • Dove sei nata?
        • A Mazara del Vallo
        • Sei sempre stata in Italia?
        • Ho fatto l’asilo qui, le scuole elementari in parte in Tunisia e gli ultimi due anni in  Italia. Alle scuole medie sono entrata in Italia al secondo anno. Adesso è 5 anni che sto qui.
        • Che classe frequenti adesso?
        • Il secondo anno dell’Ipsia
        • I tuoi genitori che lavoro fanno?
        • Mio padre fa il marinaio, mia madre la casalinga. Ho altro 4 fratelli: due lavorano e due, che sono più piccoli di me, vanno a scuola. Uno alla media e l’altro all’elementare.
        • Anche loro sono qui a Mazara, vanno a scuola qui?
        • Sì.
        • Quando è arrivato qui tuo papà?
        • Preciso non lo so. Ma circa venticinque anni.
        • Hai avuto un percorso scolastico particolare, tra Italia e Tunisia. Come ti sei trovata?
        • All’inizio ho trovato dubbi a parlare italiano, poi per la lingua mi hanno aiutata i compagni. Coi lavori a casa sono riuscita a parlare un poco poco l’italiano.
        • Ti aiutavano i professori, anche fuori dagli orari scolastici?
        • I professori mi aiutano e poi mi fanno venire il pomeriggio per due ore…
        • Il problema era solo la lingua?
        • Sì.
        • E la scuola italiana come ti è sembrata. E’ diversa da quella tunisina?
        • No, non era molto differente, perché ho fatto una scuola di Tunisi che si assomigliava…anzi era più difficile per il tipo di programmi. E’ stato facile, mi sono trovata bene qui.

P. I compagni invece? Hai detto che ti aiutavano…

        • Quando c’era qualcosa che non capisco o una parola che non conosco…Mi fanno copiare…

P. Esci spesso? I tuoi ti fanno andare in giro senza problemi?

        • Poco

P. I tuoi amici sono più italiani o tunisini?

        • Veramente italiani…

P. Cosa fai di solito quando esci?

        • Prendiamo una pizza, andiamo in piazza. Ma non esco molto…

P. Quante volte alla settimana ti capita di uscire di solito?

        1. Una volta. Il sabato e non più tardi delle 8.
        2. Va bene così o ti senti limitata?
        3. Non possiamo dire che è un problema, perché io mi sento in difficoltà nel parlare. Loro parlano bene, io no. Se sbaglio, mi metto in…

P. Ti vergogni, cioè?

          • Un po’…Sino a che non imparo bene l’italiano…

P. Con questo vuoi dire che esci poco perché sei tu che te lo imponi e non i tuoi genitori?  Ma perché lo fai? Qualcuno ti fa pesare la tua imperfetta conoscenza dell’italiano?

          • E’ importante perché loro scherzano, parlano…e io sono un po’ pesante per loro.

P. Appunto! Loro ti fanno pesare il fatto che non tu non capisci?

          • No, io capisco! E’ rispondere che…
          • Come mai non frequenti tunisini? E’ un caso o una scelta?
          • Io conosco tutti, parlo con tutti,  l’amicizia c’è, però la mentalità non è come gli altri. L’amicizia per me è la fiducia…però gli amici stranieri che conosco, la parola, la fiducia non c’è.
          • Perché?
          • Non riesco a stringere. E poi perché i genitori…la famiglia tunisina non vuole che la femmina va in piazza, gira…
          • Ma questo dovrebbe essere valido anche per gli italiani…
          • Sì, ma gli italiani è diverso. Mio padre non vuole che esco con i tunisini…Dice tu hai frequentato i tunisini, sai com’è!
          • Tuo padre vuole restare in Italia per sempre?
          • No!
          • Per quanto? Se ne parla?
          • Non lo sappiamo…
          • Tu che vuoi fare?
          • Io volevo più scordarmi la Tunisia, imparare l’italiano, prendermi un diploma, cercare un lavoro…

P. Hai detto “scordarmi la tunisia”. Scordare significa dimenticare. Perché vuoi dimenticare la Tunisia?

          • Sì, perché la Tunisia mi ricorda cose tristi…

P. Stavi in Tunisia nel periodo delle elementari, giusto? Era per la famiglia che stava in Italia che eri triste o per altre ragioni?

          • Altre ragioni!
          • Ragioni personali, non familiari?
          • Sì.
          • Quanti anni avevi quando sei tornata in Italia?
          • Quasi 14.
          • Mi parli di questo periodo?
          • Avevo difficoltà con la lingua, non avevo compagnia.
          • Mi parli di questo periodo?
          • Avevo difficoltà con la lingua, non avevo compagnia, mi trovavo in difficoltà con la scuola, col gioco, avevo lasciato i compagni. Ero venuta per 15 giorni a Mazara e dopo 15 giorni mio padre dice ormai statti qua…

P. Mi spieghi meglio il tuo rapporto con la Tunisia? Prima mi hai detto che avevi ricordi tristi in Tunisia, ora me ne fai un quadro quasi nostalgico…

          • Perché prima quando ero piccolo sto bene, i miei genitori c’erano. Poi abbiamo fatto un’altra vita qui e la Tunisia non era più quella di una volta. Tante gioie mancavano…
          • Nel tempo libero che fai?
          • Ascolto musica. Musica italiana e tradizionale. Oppure guardo la televisione, con la parabola. Oppure esco…
          • Non hai nessun impegno a parte la scuola?
          • Frequento un corso per tecnico di mare…
          • Vorresti fare la “marinaia”?
          • Sì!!
          • I tuoi ti appoggiano in questa cosa?
          • Sì.
          • Fai anche il doposcuola, giusto?
          • No, non più. Lo faccio io ai miei fratelli. Prima faccio fare i compiti a loro e poi faccio i miei.
          • Come vai a scuola?
          • Meglio di prima. I professori capiscono che ho dei problemi, ma devo fare gli esami di idoneità.
          • Che lavoro vuoi fare?
          • Voglio fare tutti i mestieri! Cambio sempre!
          • Vorresti andare all’università?
          • Sì…
          • I tuoi cosa dicono?
          • Che sono libera, quello che voglio fare posso fare.
          • Per ora hai detto che vorresti lavorare a mare. Cosa ti piace di questo lavoro?
          • Per me sempre mi piace il mare. Quando sono nervosa vado a mare, così mi passa…
          • La tua famiglia frequenta più italiani o tunisini?
          • Più tunisini, però ci sono anche Mazaresi.
          • Quanto frequentate i mazaresi?
          • C’è una famiglia, che il marito lavora nella barca di mio padre. Ogni estate vengono a Tunisi…

 

 

P. Mi parli un po’ del rapporto tra donne? Una ragazza che come me faceva interviste a donne tunisine ha raccontato che una volta chiedendo ad una signora, che era in compagnia di un’amica tunisina, se aveva intenzione di tornare in patria, si era sentita dire che decisamente sì, voleva tornare in patria. Quando l’amica se ne andò, la signora cambiò versione e disse che non ne voleva sapere di tornare in Tunisia, ma di essere stata costretta a parlare in quel modo per paura (anzi per la certezza) di essere sparlata. Che ne pensi?

          • Ma perché? Per me qua è la libertà! Non devo avere paura di parlare, di andare a mare. Loro sono un altro tipo di donne…
          • Secondo te quella gran parte di donne tunisine casalinghe che non lavorano all’esterno, dentro di loro si sentono realizzate? Sono contente di questo ruolo tradizionale?
          • Non parlano, non lo fanno capire. Mia madre non è andata a scuola, per colpa dei genitori, che non pagavano i libri…ma c’è anche la mentalità tunisina dei maschi che dicono che il fine della donna è la casa di suo marito. Dicono che fai studi, che devi fare? E poi tuo marito, i bambini?

P. L’amore è importante nella società tunisina? Ci si sposa “per amore” o “per dovere”? Non saprei come dire…

          • Per amore!
          • Quindi funziona come in Italia?
          • No! L’amore italiano è vero, quello tunisino no. Perché uno si può sposare anche tre volte…
          • Cioè dici che la donna tunisina s’innamora, mentre l’uomo no?
          • Esatto…
          • Tu vorresti sposarti con un tunisino o con italiano?
          • Io non mi voglio sposare né con un tunisino né con un mazarese.
          • Con un bolognese?
          • Io preferisco essere libera…
          • Che differenze vedi tra i coetanei italiani e tunisini?
          • Ognuno di noi pensa a una vita diversa. Uno dice la famiglia importante, un’altra che il lavoro è importante…Siamo tutti diversi.

P. Tu non senti che la tua tradizione culturale ti rende differente da quella dei tuoi coetanei o degli italiani in genere?

          • Qualche volta no! Anzi, più no. Non la sento questa tradizione. Mi sento musulmana, però…ad esempio non sono praticante assai.
          • Ti senti libera?
          • La mia liberta non è completa. Mi tengono sempre i miei genitori. Che non devo fare, che…
          • Sei fidanzata, lo sei stata?
          • Sì, mi sono lasciata da una settimana. Lui stava in Tunisia. Siamo stati due anni.
          • Se avessi un fidanzato qui potresti uscirci, mangiarci la pizza, etc.?
          • No, per i miei genitori…
          • Loro perché non vorrebbero?
          • Boh!
          • Non ne hai mai parlato?
          • A.No, proverò. Finora non mi è mai capitato. Cioè con lui uscivo lì. Qui non è mai capitato.
          • Ma perché pensi che qui sarebbe diverso?
          • Dicono che non è sicuro, che…Io non mi oppongo perché preferisco la calma, la pace.
          • Qui studi, più o meno, moda. Saresti disposta a trasferirti da Mazara, dalla tua famiglia?
          • Sì.
          • I tuoi ti appoggerebbero?
          • All’inizio sarebbe difficile, però poi si abituano. Perché io da piccola dico che voglio lavorare.
          • Ti senti diversa da tua mamma?
          • La mentalità è diversa. Lei fa sempre un confronto tra prima, quando era ragazza, e ora. Io sono diversa da lei. Se voglio uscire esco, se voglio fare macello faccio. Anche se al massimo esco due ore.
          • I tuoi amici vengono a casa?
          • No. Qualche volta anzi. Il venerdi. Vengono due cari amici, uno maschio e una femmina. Sono di Marsala. Stanno dalle 3 alle 8. Mangiamo qualcosa, passeggiamo. Li ho conosciuti a una festa a Marsa. Abbiamo fatto amicizia…questa ragazza aveva una zia che abita accanto a noi. Quando andava dalla zia passava da noi. Era curiosa dei musulmani, del mangiare…e abbiamo preso a vederci.
          • Gli italiani sono spesso curiosi dei tunisini?
          • Sì, soprattutto del mangiare. Credono che mangiamo sempre cous-cous.
          • Ti piace questo interesse che mostrano? Ti piace essere “esotica”?
          • No, perché mi sento diversa!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA 10

Saalima, 17

 

          • Quanti anni hai?
          • 17 anni
          • Dove sei nata?
          • A Mazara
          • Hai sempre vissuto qui?
          • Un periodo anche in Tunisia…
          • Dove hai fatto le scuole?
          • Le elementari qui e le medie in Tunisia.
          • La tua classe alle elementari era “tunisina” o italiana?
          • Tunisina e italiana…
          • Quindi hai studiato l’italiano alle elementari…
          • Sì.
          • I tuoi da quanti anni stanno in Italia?
          • Mio padre 35 anni e mia madre 18.
          • Cosa faceva tuo padre in Tunisia?
          • Qui fa il marinaio, lì non lo so.
          • Tua mamma?
          • Non lavora.
          • Hai scelto questa scuola perché ti piaceva o perché altri te l’hanno suggerita?
          • Io…Mi piace stare qua, studiare qua.
          • Cosa vorresti fare dopo la scuola, “da grande”?
          • L’hostess.
          • Sugli aerei?
          • Sì.
          • Vorresti lavorare subito, non andare all’università?
          • Sì.
          • Da piccola avevi più amiche tunisine o italiane?
          • Non faccio amicizia…
          • Perché sei timida?
          • Così…
          • Non hai un’amica del cuore?
          • No…
          • Mi racconti una tua tipica giornata?
          • Vengo la mattina a scuola, torno il pomeriggio, studio…
          • Qual è la tua materia preferita?
          • Matematica.
          • Sei venuta nella scuola giusta, no? C’è molta matematica al commerciale, vero?
          • Sì…

P. Mi spieghi meglio questa cosa, che non fai amicizia? E’ una cosa che non ti viene proprio di fare o sono gli altri che per qualche motivo non ti piacciono?

          • Non riesco a fare amicizia…
          • A questo punto della tua vita, ti senti più italiana o più tunisina?
          • Più italiana…
          • Quanto sei stata in Tunisia?
          • Quattro anni…ho fatto le scuole medie.
          • Com’era quel periodo?
          • Uguale! Era brutto…
          • Non ti piace viverci?
          • Non mi piace viverci…
          • Perché? Cosa non ti piace?
          • La vita…
          • Che ha che non va la vita in Tunisia? Non ci sono mai stato…
          • Buona la vita in Tunisia, però a me non piace…mi piace di più l’Italia.
          • Mi riassumi le differenze tra Italia e Tunisia?
          • Sono simili…
          • Ad esempio, la scuola si assomiglia?
          • La scuola è più aggressiva qua…
          • Fisicamente?
          • No…alle elementari fisicamente. Ma quelli che parlano in classe prendono 10 giorni, non vengono più a scuola, non li fanno più studiare…

P. Tu hai fatto i cinque anni nelle scuola elementare italiana e poi sei andata a fare le medie in Tunisia. Come è stato questo periodo di cambiamento?

          • Un incubo!
          • Perché? Ti va di raccontarmi?
          • Io avevo studiato qua, ormai prima di 5 anni…quello che va in media non continua più per noi altri, va in Tunisia a casa sua. Poi è arrivata la lettera che quella che stava in Tunisia non ha più permesso di soggiorno e per questo mi hanno portato qua.

P. Questi passaggi tra Italia e Tunisia ti hanno creato disagi o tutto sommato li hai vissuti tranquillamente?

          • In Tunisia non vivevo con la mia famiglia, perché la mia famiglia era in Italia. Vivevo con mia zia. Mi manca la mia famiglia…
          • Lì eri sola con tua zia o avevi anche qualche fratello per esempio?
          • Sola con mia zia…
          • La sorella di tua madre o tuo padre?
          • Mia madre…
          • Buona oppure…
          • Brava…come mia madre!
          • Se non ci fosse stata questa lettera saresti rimasta là o saresti tornata comunque in Italia?
          • Probabilmente che restavo là…
          • In quel periodo a scuola come andava?
          • La lingua… non parlavo niente della mia lingua.
          • Ma a casa che lingua parli?
          • Arabo. Ma io guardo la televisione italiana anche a casa… La lingua araba con mio padre, mia madre.

P. Ma tu quando ti confidi con tua madre e le racconti cose complicate, problemi, fatti…in che lingua lo fai?

          • In arabo.
          • Quindi l’arabo lo parli bene. Qual è il problema?
          • Noi parliamo il tunisino, non l’arabo. Come è che c’è il siciliano? Uguale…
          • I professori ti facevano pesare la cosa?
          • No, a parte quello che faceva la materia di arabo.
          • Le altre materie a posto? Matematica,…
          • No, quelle a posto!!
          • E quando sei tornata in Italia hai dovuto affrontare gli stessi problemi a scuola?
          • L’italiano…No, veramente non troppi problemi in italiano. Sono un po’ brava in italiano.
          • Tutto bene?
          • La prima volta, quello di entrare in istituto non mi piace. Poi tutto normale…
          • Dici che non hai amici. Ti capiterà però di uscire e, in questo caso, che fai di solito?
          • Solamente il sabato esco, il fine settimana.
          • Perché va a te così o perché i tuoi sono un po’ rigidi?
          • Mia madre, per la religione.
          • Sei d’accordo con la religione? Non ti viene in mente di trasgredirne i principi?
          • Ho paura della mia famiglia!!

P. Tu vedi una differenza nel tipo di educazione che ti danno i tuoi e in quella che ricevono i tuoi compagni italiani?

          • Quelli italiani sono più liberi degli arabi, escono quando vogliono…
          • Perciò ti viene in mente di trasgredire, anche se non lo fai?
          • A me piace uscire…

P. Se per esempio una tua amica italiana viene a casa e prega i tuoi di lasciarti venire ad una festa…?

          • Non mi lascerebbero andare.

P. Però tu quando dici che vuoi lavorare, che vuoi fare l’hostess, affermi automaticamente una tua voglia di libertà, di rottura con questi principi…

          • A me prima volevo fare il medico…mia madre ha detto no, troppo lontano. Poi ho detto voglio andare a Marsala a fare lingue [il linguistico] e ha detto no, lontano. E studia qua, il commerciale.
          • Quindi il commerciale è stato un ripiego, una seconda scelta…
          • Sì.
          • Se tu dovessi fare un bilancio di questo primo anno di scuola, che diresti?
          • Poco soddisfatta.
          • Quest’anno ti promuovono o ti bocciano?
          • Ho paura che mi bocciano…Che mi fanno tipo ripetere qualche materia.
          • Con i tuoi coetanei arabi, hai rapporti?
          • No.
          • Come ti sembra il mondo arabo di Mazara?
          • Uguale a quello degli italiani.

P. Qualche differenza ci sarà, credo. Sennò non parleremmo di arabi e italiani. Voglio dire che sono i tunisini che spesso parlano di mondo arabo, quando parliamo di queste cose…

          • E’ uguale. L’unica differenza è le ragazze che non escono. Le italiane sono libere. Solo questa è la differenza.
          • Ne parlate mai tra donne di questa situazione?
          • Io non parlo con mia mamma…
          • Non comunichi molto con tua mamma?
          • Comunico…ma quando parlo ho paura.
          • Di che ti spaventi?
          • Che gridare…
          • S’incazza facilmente?
          • Non vuole che ragazza esce, che parla con ragazzo…
          • Lei è dura?
          • No, è dolce…
          • Mi parli di un tuo desiderio, un tuo progetto?
          • Diventare dottoressa…
          • Questo significa iscriverti all’università…
          • No, è un mio desiderio e basta…
          • Se ci tieni tanto, perché non lotti per questa cosa?
          • Non mi viene…

P. L’obbedienza per te è un valore importante? Quali sono i valori in cui credi di più?

          • [è in difficoltà. Insisto]. L’ubbidienza…
          • Perché bisogna obbedire ai genitori?
          • Perché così è scritto!
          • Ti vuoi sposare?
          • Per prima cosa voglio lavorare. Il matrimonio è l’ultima cosa…
          • Non hai un senso di maternità?
          • No, non ci penso mai. La mia amica piccola, sai, sì…
          • Ti sei tradita! Hai un’amica!
          • Non amica amica…così, amica. Non la frequento…
          • Ci sono gruppi di persone a cui vorresti avvicinarti e non riesci per i più vari motivi…?
          • No.
          • A casa che fai di pomeriggio? Studi e…
          • …Guardo la televisione, sto con la mia famiglia…

 

[Segue una discussione sulle feste religiose e l’alimentazione]

 

          • Ad esempio, tua mamma preferisce ricette arabe?
          • Sì, ma anche italiane. Ad esempio, pasta al forno…
          • Chi le ha insegnato a cucinare italiano?
          • Lei, da sola…
          • Ti ricordi l’11 settembre? Che ne pensi delle cose che si dicevano sull’Islam?
          • Hanno detto che gli arabi, i musulmani vogliono distruggere il mondo. Non è vero, non è così il mondo arabo…Non abbiamo il coraggio di ammazzare, così…
          • Ne parlavate di queste cose a casa?
          • Sì, mia nonna.
          • Tua nonna sta in Italia?
          • Sì, da 54 anni
          • Da 54 anni?! Che faceva suo marito, il pescatore?
          • Sì, adesso è vecchia…
          • Che diceva tua nonna?
          • Che l’America vuole distruggere il mondo arabo. La palestina e israele…
          • Tu che ne pensi della Palestina e Israele?
          • Che Israele è troppo cattiva…ammazzano, ammazzano i piccoli…
          • Gli italiani ti sembra che capiscano il mondo arabo?
          • Mi sembra che gli italiani non tanto capiscono il mondo arabo…Non tutti i paesi sono uguali. In Libia le donne si vestono in nero, non fa vedere gli occhi…però non tutti.
          • In Tunisia quasi nessuno porta il velo, giusto?
          • Mia zia, sì.
          • Lei lavora?
          • Non ha mai lavorato in vita sua…Suo padre, anche il padre di mia madre, non voleva che la ragazza esce e lavora…
          • Che ne pensi?
          • Una cosa inutile…A me piace di studiare, ma non di restare a casa…
          • Tuo padre come giudica il fatto che tu voglia lavorare?
          • Normale…
          • Mettiamo che dopo la scuola trovi un lavoro distante, saresti disposto ad andartene…?
          • Perché studio allora? Non studio per restare a casa…

P. I tuoi che ne pensano di questa cosa? Cioè che te ne vuoi andare…

          • Se studi vai a lavorare, se non studi stai a casa…
          • Quanti tunisini c’erano nella tua classe alle elementari?
          • 7
          • Stavano, stavate tra voi o con gli italiani durante la ricreazione o quando non c’era la lezione?
          • Tra arabi…
          • Perché?
          • Per timidezza…
          • Gli italiani si avvicinavano?
          • Sì, ma non c’era profondità…Anche ora: prova ad avvicinarti a una ragazza araba. Non vuole!
          • Perché è timida? Ma, sotto sotto, vuole?
          • Non lo so!!JComunque i ragazzini italiani non volevano che ci avvicinavamo…
          • Perché?
          • Litigano…dicono “voi arabi siete…”, “non siete puliti”, “andate a casa vostra in tunisia”…
          • A te lo dicevano?
          • No! Sì… e a me se lo dicevano, rispondevo che io sono nata in Italia e sono italiana!
          • Come succedono ‘ste cose?
          • Non volevano ragazzi arabi, poi ti dicevano “andatavene, etc.”. Anche a mio fratello che è in prima media succede.
          • E lui ci litiga oppure no?
          • Sì, loro parlano e lui risponde.
          • I maestri non dicevano niente?
          • Succedeva durante la ricreazione. C’erano gli orari per litigare…
          • Crescendo è successo ancora?
          • No! Poco, non come alle elementari…
          • In quali anni hai fatto le elementari? I primi anni ’90?
          • sì, mi pare di sì…
          • Perché lo facevano? Ci hai riflettuto?
          • No.
          • Lo raccontavi ai tuoi genitori?
          • No, non ne parlo di queste cose…
          • Come ti sta sembrando questo primo anno?
          • Buono, a parte la lingua. Lo hanno detto anche ai miei genitori, che devo leggere, guardare la televisione. Lo sto facendo, a parte leggere…
          • I professori ti seguono?
          • I professori sono bravi con noi, ci aiutano coi compiti.
          • Non ne fanno lezioni di recupero?
          • Sì, matematica.

P. Italiano no?

S. Le lezioni sono troppo tardi, gli autobus non ci sono…A partire dalle 5,30 non ci sono più e noi non abbiamo la macchina…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA N. 11

Motoristi  italiani

 

          • Per quanti anni ha fatto il marinaio?
          • Non marinaio…motorista! Per 37 anni…
          • Lei ricorda il periodo dell’arrivo dei tunisini qui a Mazara?
          • Pressappoco, sì…Intorno agli anni ’60. I ragazzi dormivano a bordo, non avevano delle abitazioni. Venivano soli. Poi, piano piano, hanno portato la moglie, hanno portato i figli e hanno trovato delle abitazioni nel centro storico. Man mano che passava il tempo andavano aumentando di numero. E sono arrivati ora al punto che tutti hanno le famiglie, ce ne sono tante, tante…non si possono contare. Ma tutti hanno le famiglie, tutti stanno bene, perché la marina a Mazara ha bisogno di manodopera…perché il pescatore a Mazara non c’è più! Sono tutti in pensione…i giovani a mare non ci vanno.
          • C’era già una crisi di manodopera negli anni ’60?
          • Negli anni ’60, no! C’erano molti pescherecci, più di ora!  Anzi, andavano aumentando e c’era bisogno di più manodopera e quindi di questi tunisini. Poi vecchi andavano in pensione e c’era bisogno di sostituirli, così i tunisini sono aumentati sempre di più sino ad arrivare a questo numero. Ci sono famiglie, bambini, addirittura bambini nati qui negli anni ’70, che sono cittadini di Mazara.

P. C’è una differenza tra la prima stagione di arrivo dei tunisini e quella attuale, nel modo in cui voi vi rapportate a loro?

          • Oggi non si può più parlare…cioè, un mazarese non può più parlare! Perché a bordo ce n’è 3-4, comandano loro! “Comandano”…diciamo che hanno più voce in capitolo!
          • In che modo “hanno più voce in capitolo”?
          • Sono la maggioranza…Prima quando ce n’era uno su un peschereccio, si poteva dominare. Ora ce n’è 3-4…
          • Ma che pretese hanno, ad esempio?
          • Non è che hanno pretese di guadagno…perché un tunisino è un pescatore e prende “una parte”. Le pretese sono sul pesce, sul tipo di lavoro, su come si deve fare…
          • Vuol dire che impongono il loro modo di lavorare?
          • Impongono…proprio così, impongono!

P. Vuol dire che ci sono differenti modi di pescare, di lavorare? Un modo italiano e un modo tunisino? E che il conflitto è su questo modo di lavorare?

          • Ma dovuto a questo fatto, che non c’è più il pescatore locale. Sono tutti loro!

P. Ma lei, da professionista, trova delle differenze nell’abilità dei pescatori italiani e in quella dei tunisini?

          • Nell’abilità il pescarese è sempre superiore, solo che non c’è più! I tunisini poi portano solo lavoro manuale, perché i professionisti sono qua. Quella che portano loro non è una tecnica di pesca: è un lavoro manuale…Vogliono comandare su quel lavoro manuale che portano loro, punto e basta! E siccome c’è bisogno, allora si lascia passare.

P. Lei passava venti giorni a mare con i tunisin. Non capitava di averci scambi “profondi”, di parlare?

          • Sì, perché poi, quando sono passati gli anni ’60-70, hanno imparato a parlare come parliamo noi. C’era lo scambio di parlare, ma sono sempre gente, come potremmo definirli? “Arabi”! Sono “arabi”…Non si può dare fiducia nel 100%, anche se non si può dire che sono tutti uguali! Dell’erba non si può fare tutto un fascio! La maggior parte sono gente…

P. Ma che significa più precisamente? Non si può, ad esempio, parlare bene con loro? Stringere facilmente un rapporto?

          • Parlare, parlano sempre! Non mantengono mai la parola. Al lavoro, se c’è un orario da rispettare non lo rispettano mai!
          • Ha mai frequentato famiglie tunisine, anche occasionalmente?
          • No, mai!

P. Eppure vivete a così stretto contatto…Che so, per le feste non avete mai uno scambio, qualcosa…

          • No, a parte il fatto che hanno altre religioni, altre cose…Con loro c’incontriamo sempre nella piazza dei pescatori, ma con le famiglie no.
          • E’ a conoscenza di casi di famiglie italiane e tunisine che si frequentino?
          • Allo stato attuale c’è 4 o 5 famiglie miste che io sappia, ma sono proprio spiccioli. Sono diversi anche per il mangiare…
          • Ma è buona la cucina tunisina…
          • Buona forse per loro. Per noi, no. Perché loro mangiano in un modo molto piccante, mentre noi…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA N. 12

Motorista italiano 2

 

          • Ricorda quando sono iniziati ad arrivare i tunisini?
          • Quando sono iniziati ad arrivare c’era un armatore, Giacalone si chiamava,  c’era bisogno di marinai semplici e sono arrivati tutta questa massa di tunisini. Questo Giacalone aveva i pescherecci in Tunisia, aveva fatto il gemellaggio…e la maggior parte lavorano.
          • I rapporti con loro, a bordo, sono sempre state buoni?
          • Sempre buoni. La maggior parte…certo, ci sono pure gli italiani che…A volte ci sono motoristi e capitani e capopesca e c’è sempre chi sbaglia e…tutti sbagliamo.
          • Qualcuno mi ha detto che i tunisini vogliono imporre il loro modo di lavorare…
          • Da tutte le parti è così. Non è che…a bordo ora si va di meno d’equipaggio e ci sono 4-3 tunisini e il capitano, il motorista e, insomma…e siccome c’è bisogno, loro se ne approfittano. Però non tutti…

P. Si mancava abitualmente una ventina di giorni da terra. Le capitava mai di parlare con queste persone in profondità?

          • Sì, di cose intime si parla specialmente delle usanze che hanno a Tunisi, nella Tunisia e noi a volte facevamo lo stesso. Perché hanno usanze diverse da quelle di noi altri, con il sesso, con le cose…Sempre la stessa la cosa è, però…Venendo qui diventano come marinai come i mazaresi, qualcuno s’impara…Prima nessuno sapeva rattoppare le reti, ora ce ne sono che lo sanno fare…
          • Capitava mai di frequentarsi per le feste o in strada?
          • Poche, pochissimi…qualcuno che è vicino di casa, però…perché abitano nella zona più…nella casbah. Prima si poteva abitare, ora non si può abitare più, perché sono venuti gli albanesi, i kosovari. Ma con i tunisini, ora si vanno sparpagliando, vanno ad abitare fuori…si stanno adeguando come noi!
          • I tunisini sono vicini di casa migliori dei kosovari?
          • La maggior parte abitano tutti fra loro. Hanno un altro tipo di mangiare, di vivere, di vestire pure, però come noi altri ce ne sono…però pochi. Un italiano in Germania? E’ la stessa cosa! Non è uguale ad uno svedese, sono diversi. Anche sul mangiare sono diversi. Ad esempio, carne di maiale non ne mangiano. Qualcuno dice: “sono in Italia e me la mangio!”.

P. Quello del cibo, lei intende, è un problema anche soltanto per invitare qualcuno  a pranzo? Non si sa che cucinare?

          • A bordo mangiano precisamente come a noi altri. Perché noi altri a bordo ci portiamo la carne di maiale e loro si preparano un’altra cosa.
          • Sì, però se lei dovesse invitare qualcuno a pranzo…
          • Qualcuno sì, lo fa. Ma io no, mai. Perché loro quando sono venuti sono venuti da soli, poi hanno portato le famiglie e hanno un altro stile di vita. Però ora si stanno incominciando…qualcuno si è sposato con una italiana, sono nati qua e diventano giovanotti…
          • Cosa intende quando dice che hanno “un altro stile di vita?”
          • Loro sono tunisini, giusto è? A volte loro accendono la radio ed è tutta musica araba, mentre noi mettiamo musica italiana. Ecco…Però sul mangiare, si sono abituati come noi.

P. Qualcuno, nei primi anni del loro arrivo, mi ha parlato di calze tenute ai piedi per un mese…

          • Erano sporchi. Io sono stato là in Tunisia diverse volte, perché le motovedette tunisine ci acchiappavano, e si stava un mese là. Ricordo un grande, bellissimo caffè, con tutto il verde attorno. I tunisini non si potevano sedere là perché non avevano i soldi, e si prendevano un caffè…un caffè costava, mettiamo, 500 lire a quell’epoca. E i tunisini 500 lire non li avevano visti mai…Noi altri sequestrati lì, però giravamo, ci prendevamo un caffè, anche del vino. Ci sono tornato dopo 15 anni e quel caffè lo hanno rovinato! Tutti a fumare là dentro con l’hashishia, a bere il caffè – acqua lorda, però! – giocare a dadi…quel caffè è diventato una porcheria. Una delle ultime volte che ci sono andato, c’era l’hotel Malducchi, al primo piano c’erano divani, poltrone…ci andavano tripolini e italiani pure. Prendevamo il caffè, una birra…si pagava più caro. Il tunisino lì dentro non c’è!
          • Quando dice che nella casbah di Mazara non si abita più, cosa intende?
          • La via Garibaldi era la migliore via che c’è. Poi, la via Goti, è sporca. Ci abitano tutti i kosovari, gli slavi…adesso è come sono abituati loro lì. Però poi molti tunisini che ormai si sono adeguati come noi. Del resto cinquant’anni fa qui così era anche qui, che l’acqua si vedeva col cannocchiale.
          • Quindi i tunisini non sono problematici…M. No, i tunisini no. Qualcuno ogni tanto si azzuffa là…
          • Sono bravi i marinai tunisini?
          • M. I marinai tunisini che fanno lavori manuali, tutti lo sanno fare. Per quanto riguarda la pesca, la barca deve pescare, ci sono le attrezzature, se la deve sbrigare il capopesca. Deve sapere come si devono fare le reti, come devono funzionare, le reti più adatte…deve sapere cucire…La maggior parte non era capace di nulla, però stanno imparando. Alcuni fanno i capopesca…ma sono pochi. Stanno sulle barche più scadenti e saranno una decina. Secondo motorista ce ne sono alcuni, ma pochi pure qua.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA N. 13

Motorista 3

 

Ci sono tunisini, in numero ancora davvero esiguo, che accedono ai corsi di motoristi e che lavorono.

 

Gli equipaggi possono essere composti al 50% per nazionali e al 50% da stranieri (prima 1/3 di stranieri)

 

D. Ho spesso sentito dire che i tunisini “sono differenti per il mangiare”. Mi spiega perché risalta così tanto questa differenza?

          • La nostra cultura è europea e cattolica. Loro sono musulmani. Noi mangiamo il maiale e c’era questa questione culturale, che i tunisini quando vedevano che c’era carne di maiale, mortadella o salame non mangiavano. E questo portava problemi…Ora si è superata questa cosa.
          • E come si è affrontato il problema? In effetti significava che il tunisino quel giorno saltava almeno un pasto
          • Piano piano si è adattato…Oggi come oggi mangiano di tutto. Soffrivano la fame, poveracci…Allora prendevano un po’ di pesce, facevano una zuppa. Però mentre a noi viene più difficile abituarci al loro tipo di mangiare, loro invece piano piano si sono adeguati al nostro modo di mangiare: la fetta di carne, la cosa…ora anche la carne di maiale. Anche un po’ di birra, vina…

D. Se negli anni ’70 erano ancora pochi, oggi gli stranieri sono un numero consistente nel settore della pesca. Sono cambiati nel tempo i rapporti tra loro e voi? E’ diverso oggi dai primi anni del loro arrivo?

          • Hanno preso un po’ di potere in più rispetto a prima! Ora comandano loro, si può dire. Il tunisino è un tipo sospettoso per natura. Questo tipo di carattere che hanno,  ha portato in un primo tempo che ti guardavano con sospetto. Quando hanno raggiunto la parità – sì che noi li abbiamo trattati sempre alla pari, non c’è mai stata discriminazione, le parti sono uguali, anche il comportamento a bordo…Io ho avuto dei secondo-motoristi tunisini e li ho trattati sempre come se fossero mazaresi. L’importante è che fanno il loro lavoro. Però loro hanno sempre…nel momento in cui è uno è O.K., nel momento in cui è più di uno c’è sempre quello che vuole comandare. Allora quello che vuole comandare assoggetta gli altri…Si formano piccoli clan, c’è quello che vuole comandare, che dice tu questo non lo fare, tu fai questo…Ecco, si è arrivati a questo punto! Oppure se io da direttore di macchina dico “prendi quella marmitta e spostala”, allora quello mi dà un’occhiata e dice “no, io quello non lo faccio!”. Ormai la pesca i nostri figli non la vogliono più fare, perché hanno visto i nostri disagi, le paghe…si lavora tanto e si porta a casa niente.
          • Quanto piglia un marittimo, secondo la gerarchia?
          • Un marittimo semplice, considerato che ci sono le parti, arriva ad 1 milione e mezzo. Il comandante arriva sui tre milioni.

M2. Una cosa che non sopporto dei tunisini è che sono gelosi…voglio dire quando ti devono rispondere, ti devono insultare, lo fanno in arabo. Così non lo capisci…Sono gelosi, vogliono parlare strettamente arabo, magari arabo e per giunta dialettale, così tu non puoi mai capire. Sono gelosi del loro linguaggio.

          • Che vogliono mantenere la loro cultura, è normale. E’ come se io vado in Francia, ad esempio, parlo italiano oppure siciliano…Però se si deve discutere una cosa, se a loro conviene parlano italiano. Se a loro non conviene parlano arabo oppure dicono “non capisco…”.
          • Lei parlava di clan che si formano a bordo. Ma tra gli italiani si formano pure i clan?
          • Gli italiani non abbiamo clan…Se il capitano dice “s’ave ‘a calare a rizza”, si cala ‘a rizza!
          • Mi fa capire quale tipo di lavoro il tunisino dovrebbe fare e si rifiuta di fare?
          • Diciamo le cose normali…scartare il pesce nel senso di selezionarlo, pulirlo, metterlo nelle cassette. Questo è il compito che devono fare…e magari noi caposervizio lo facciamo. Io ad esempio se devo andare a mettere a posto una cassetta di gamberi lo faccio pure, non è che…Invece loro capita che c’è maltempo e siamo in una zona che si può pescare, loro si rifiutano. Addirittura noi diciamo “pigliano la rizza e la mettano a murata”, nel senso pigliano la rete e non la vogliono più buttare a mare. Una specie di ammutinamento…
          • Si pesca col maltempo?
          • Si, col mare forza 5, forza 6, anche 7 si lavora. Dipende dalla zona in cui si pesca…dove i fondali sono alti, diciamo superiore ai trecento metri, è più pericoloso pescare e non si pesca…Ma se è in bassifondi, il mare non si fa molto grosso. Cioè c’è vento ma il mare non si fa grosso…
          • Come professionisti sono bravi?
          • Quando sono arrivati erano all’acqua di rosa, non sapevano fare niente. Poi piano piano si sono integrati…

M2. Ma non per fare i caposervizi…

          • Qualcuno incomincia, qualcuno incomincia!

M2. Ma una piccola percentuale…Non hanno la voglia…

          • Ci sono molti che fanno i capopesca, qualcuno che fa il direttore di macchina.
          • Dovendo fare dei numeri, quanti sono quelli che occupano posizioni superiori?
          • Io penso il 15-20%

M2. Ma neanche…C’è molto analfabetismo…

          • Oggi no, oggi no. Quando sono arrivati…Oggi ci sono giovani che sono arrivati e hanno una certa cultura. Anche perché la scuola da loro essendo, diciamo, più obbligatoria di quella italiana…Io ne conosco tanti, tantissimi che sono anche diplomati.

M2. Sì, c’è, non è che…

          • Ho notato che non si vedono molte famiglie italiane frequentarsi con quelle tunisine…

M2. C’è un po’ di diffidenza da parte loro però…Da parte loro…

          • La loro cultura la vogliono mantenere sempre!

M2. …Nel senso, o di inferiorità (perché si sentono più poveri) oppure cultura che si vogliono mantenere…che non si vogliono attaccare tanta amicizia

          • Ora si inizia a vedere nelle scuole i bambini dei tunisini, che sono italiani perché sono nati qui, però c’è sempre la maggior parte che vanno nelle scuole tunisine.

M2. Forse per la loro tradizione che sono musulmani, non so…

          • Vogliono mantere la loro cultura!
          • Quindi sono loro che non si vogliono avvicinare!

M2. Penso di sì. Voglio dire…

          • Qualcuno si è integrato con qualche famiglia, anche perché ci sono stati dei matrimoni misti…Ma sono pochi.
          • E’ difficile che un tunisino si sposa con una mazarese. Succede, ma è difficile…
          • A voi non è mai capitato di invitare qualcuno per una festa?
          • Oggi come oggi, io mi ricordo quando si è sposato mio nipote che c’erano i tunisini che stavano a bordo con mio cognato, li ha invitati giustamente e ci sono andati…Si sta incominciando piano piano…Anche perché i figli dei tunisini che conosco io non vogliono andare più in Tunisia. Anche perché la Tunisia non è come può essere l’Italia: qui c’è tutta un’altra prospettiva. E poi si sono integrati anche con i nostri figli, perché c’è un sacco di bambini all’asilo nelle scuole, automaticamente si vanno integrando. Io ad esempio ho mio figlio che gioca a pallamano e molti bambini che hanno selezionato quest’anno nelle scuole – tredicenni, quattordicenni – e che giocano regolarmente con noi mazaresi, che sono appunto tunisini. Ormai  si aspetta che i bambini diventano grandi e si può vedere effettivamente l’evoluzione. Si sono integrati normalmente, anche perché non ci sono stati mai ostacoli da parte nostra, non c’è stato mai razzismo…Anzi erano loro in principio che…io ricordo che mio suocero stava qui [nella Casbah] quando mi sono fatto fidanzato con mia moglie – parlo di più di 25 anni fa – se ne vedevano di cotte e di crude tra loro tunisini. Si ubriacavano…

M2. Quando sono arrivati a Mazara la maggior parte si ubriacavano…

          • Questo non succede più però…

M2. No, hanno capito che l’alcool va…

          • La nuova generazione che si sta formando non hanno la mentalità…Diciamo che hanno la mentalità europea, ecco. Si vede quando vanno in Tunisia questi bambini che è tutto un altro mondo…Qui c’è più libertà…Certe cose che io sentivo dire ai tunisini, il fatto che praticano la circoncisione, si incomincia a non fare più!
          • Ha mai scambiato confidenze, discorsi profondi con un tunisino?
          • No. La questione confidenziale…da qualche tunisino a bordo le ho avute, che sentiva qualcosa…c’è stato un periodo in cui molte donne tunisine venendo qui si adattavano ad altre cose…

M2. Si sono lasciate andare…

          • Si sono lasciate andare! Magari il marito si sfogava, poveraccio…Oggi come oggi, queste cose no. Quelli che si sono sposati ora, è diverso…Io lo vedo che è diverso. Anche perché vedo che vanno nei negozi, comprano la roba che compriamo noi. Non è più come una volta che andavano al mercatino…ora vanno ai negozi buoni.

M2. Stanno bene!

          • Sta bene, ha il marito che fa il capopesca e allora i ragazzini che sono vestiti…Una volta invece vedevamo il ragazzino col pantalone che aveva le tasche ricucite…

M2. I loro guadagni li vanno ad investire in Tunisia. Quando qua guadagnano due milioni, due milioni e mezzo…Parecchi operai nostri hanno lì due o tre appartamenti, giovanissimi, con 10 o 15 anni di lavoro…!

          • Ora sono diventati furbi. Sei mesi lavorano e sei mesi stanno sotto malattia e disoccupazione. Cose che non facciamo neanche noi italiani!
          • Avranno imparato da qualcuno!
          • No, su questo ci hanno insegnato loro a noi! Si vanno a informare…

M3. Sempre al sindacato se ne vanno…

D. E voi come lo vedete il fatto che vadano sempre al sindacato? Siete anche voi lavoratori…

          • Dico che sono furbi! Anche noi a volte, se uno fa il resoconto annuo, guadagno quanto noi lavorando sei mesi meno di noi! Se noi sommiamo disoccupazione, malattia e i sei mesi di lavoro, a fine anno…
          • A quanto ammontano i proventi della cassa marittima?
          • Il 40% sulla busta paga. Per meglio dire del minimo monetario garantito, diviso per tipologia di pesca [pesca mediterranea: 2 milioni; pesca costiera ravvicinata 40 miglia: 1.800.000; pesca costiera: 1.700.000].

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA N.14

MdV1 (18 Aprile 2002)

Armatore nella sua casa di lusso in zona residenziale, alla presenza di moglie e figlia.

ALV: Parliamo dei tunisini a MdV…

“I primi tunisini che arrivavano…il campo dove trovavano lavoro era nella marina peschereccia di Mazara. Perciò come li posso conoscere io d’esperienza loro… sono contenti e sono tranquilli quando parlano vicino a un italiano, specialmente se ci ha dato lavoro, ma se parlano soli…lo sappiamo: sono quello che sono e io ne conosce bene di questa cosa. Cosa volete sapere, come sono arrivati e come si sono inseriti? Io posso parlare di 25 anni fa quando ho avuto i primi a bordo in peschereccio: non sapevano nemmeno parlare, completamente a zero. Gli ho imparato pure a parlare e li ho inseriti, naturalmente al lavoro manuale e tuttora nei posti di responsabilità ce n’è qualcuno. La maggior parte è lavoro di pescatore normale, dignitoso…non è lavoro che degrada.”

ALV: Ma questi com’è che arrivavano?

“Venivano addirittura senza soggiorno, alla spicciolata così. Ci davo il lavoro e dovevo fargli il permesso di soggiorno per poterli imbarcare. Dicevo <<Questo deve lavorare con me>> e ci facevano il permesso. Solo che allora, ai primi tempi, si vede la polizia di più larga manica: questi magari sbarcavano da me e con il mio permesso si giravano l’Italia. Non che la legge non c’era. C’era: non la sapevo io che ero datore di lavoro e dovevo saperla. E’ venuto fuori che si sbagliava…quando sbarcava dovevo andare a denunziare lo sbarco e loro ci ritiravano il permesso.

ALV: Ogni volta?

“Ogni volta. Fino a tuttora è così. Anche se hanno un permesso che non so dove lo prendono, lo sa la polizia, devo denunziare che uno non è più imbarcato con me.

I primi che arrivavano erano giovani, qualcuno poi si è sposato. Avevano 18-20 anni, qualcuno 30, non più di tanto perché il mare…Poi sono venuti gli altri che non venivano a lavorare, mangiavano di quelli che lavoravano”

ALV: Erano familiari dei primi?

“Loro dicevano che erano familiari, ma come si fa…non è facile. Molti dei primi ancora ci sono: dei ragazzi veramente lavoratori che si sono sposati e si sono inseriti nel contesto della marina e non se ne vogliono andare. Ora io ho preso delle barche con una società mista in Tunisia e ho chiesto a quelli che lavoravano con me di venire. Ma loro non vengono perché qui, imbarcando hanno tutti i diritti che può avere un italiano. Con il fermo biologico quanto si dava a un italiano si dava a loro, assicurazione, ospedali.

ALV: E il lavoro nero?

“NO. State attenti. Il lavoro nero forse c’è stato: è stata una conseguenza delle leggi della marina mercantile cioè…ci costringevano a noi a fare del lavoro nero che poi non era nero. La polizia lo sapeva, lo sapevano in capitaneria…

ALV: Era tollerato.

“Era tollerato. Che cosa prevede il contratto nazionale: il 70% lavoratori italiani e il 30% stranieri o…extraeuropei. Per cui capitava e capita tuttora che 7 italiani non si trovavano. Magari avevo un quarto tunisino e chiedevo <<Imbarcatelo per cortesia>>. Non è conveniente portarlo sbarcato, se si fa male sei rovinato comunque ci devi dare tutto anche da sbarcato almeno…io e quelli che conosco io. Se poi c’è qualcuno che fa le cose diverse io non lo so. Che ci guadagnavo? La previdenza? Se la pagavo per 10 la pagavo per 11, non cambiava niente. Si è tanto parlato di una legge speciale per MdV, di portare un extracomunitario in più…”

ALV: Quindi 6 e 4?

“Anche 5 ce ne volevano, spesso. Purtroppo…purtroppo o se vogliamo dire quello che capita, alla marineria c’era tanto lavoro e poche braccia e allora sono venuti loro e grazie a loro siamo andati a lavorare perché questo si deve dire. Tuttora MdV gira grazie a loro. Non avremo una marina così

grande senza di loro.”

PIETRO: Ma i primi sapevano lavorare?

“Noo! Gli abbiamo imparato tutto: facevano presto a imparare il lavoro manuale di bordo che facevano i ragazzi italiani. Dice fanno fare quello che gli italiani non vogliono fare. No, non è vero per i pescherecci, lo fanno tutti quel lavoro. Ora la legge speciale con la capitaneria e la CGIL l’hanno fatta e può imbarcare qualche straniero in più per cui il lavoro nero non conviene. Io sono 25 anni che ho i pescherecci e lo so.

ALV: Infatti a noi è stato detto che il grosso del lavoro nero non è nella pesca ma nelle campagne…

“Ecco. Non lo so. Penso come voi e come pensano tutti che lì è più facile…meno controlli… se lì per quello che ci danno a loro gli costerebbe molto, molto di più, io penso, metterli in regola. Nella pesca il contratto è antipatico qui a MdV: di partecipazione alla parte, sugli utili netti, sul pescato. In pratica sul totale di quello che ti porti a casa si tolgono le spese di gestione del peschereccio, quelle sono dell’armatore, carburante, cibo. Poi il 50%, più o meno, resta alla barca e il 50% si divide tra i lavoratori. Capitano, motorista e così via. Poi ci sono le trattenute e ce le devi dare tutte, le pretendono. Perciò qual è il mio guadagno col lavoro nero?”

ALV: Quindi se non sono regolari questi soldi li vogliono in mano?

“Sì. All’italiano vanno 98000 lire, l’altro le vuole tutte e 100000. Allora qual è il mio interesse?”

ALV: Allora faccio l’avvocato del diavolo. Lei può dire <<Lei è un immigrato irregolare, all’italiano do 98 con i contributi a lei do 80 altrimenti se ne può tornare a casa. Prendere o lasciare>>. Questo potrebbe essere interessante dal punto di vista economico. Poi se ci sono dei rischi per quanto riguarda i controlli è un altro discorso.

“Giusta è la domanda, bravo, è quello che si fa…quando uno vuole guadagnare con il lavoro nero. Cioè ti do 80 altrimenti stai a terra. Sarebbe questa la domanda? Ehm…eh eh. Se qualcuno una proposta del genere l’avrà fatta, e non metto in dubbio che l’ha fatta, ma di quelli che conosco io non l’hanno fatta perché avevamo bisogno noi di loro. La dovete vedere così perché poi non è facile trovarne uno buono. C’è l’umbriacone che non ti viene a lavorare. Quello buono te lo devi tenere anzi le 10000 lire te le regalo. Una realtà antipatica che però aveva una certa economia. Se c’è qualche tunisino che può dire di aver ricevuto questa proposta, magari ha ragione, gli può essere capitato però di quelli come me li trattavamo veramente da umani.”

ALV: D’accordo. Ma oltre ai primi arrivati e quelli che sono venuti dopo, i familiari che non lavoravano, c’è stato poi un ricambio? I pescatori, dopo gli anni ’70, continuavano a venire?

“Poi. Quando hanno visto che si stava bene…tanti, molti nei ’70, ’80, ’90. Ora non so perché ci sono delle marinerie in Tunisia, io le ho girate tutte le coste, ti dicono <<vi siete presi in Italia tutti i marinai>>. I veri marinai perché, stai attento, questo è importante, sono tutti qui e sanno lavorare e farsi rispettare come educazione e pulizia. Quelli che fanno quello che non si deve fare, i disonesti, quelli sono…venivano qui per non fare niente. E questi ci sono e ci sono sempre stati…una  percentuale buona e una cattiva, non c’è niente da fare. Io ne ho visti tanti che volevano lavorare veramente: nudi o vestiti senza scarpe. Li abbiamo inseriti e c’è del rispetto. Gli altri vivono sulle spalle di questi: droga, minacce alle famiglia, il posto di lavoro non ce l’ho, dammi i soldi..tanti così. Nella realtà di MdV non esiste non trovo un posto di lavoro, qui di lavoro ce n’è tanto. E’ che non vogliono lavorare. Però ce ne sono anche molti che hanno fatto come gli emigranti italiani: sono venuti, hanno lavorato 12 o 13 anni e poi sono tornati a casa con una posizione…aprono una piccola attività, fanno i tassisti, ce ne sono molti.”

PIETRO: Parliamo del mare, stavate via 7, 10 magari 30 giorni. Come erano le relazioni a bordo?

“I primi diciamo erano…non tanto…diciamo due culture che si incontravano. Allora ero motorista a bordo, diciamo a contatto diretto e i primi tempi prima che ci siamo capiti, inseriti con loro è stata…un pochino dura. Perché loro…nelle loro abitudini, nella loro terra avevano tutti altri modi di vivere di fare…non so…lasciava molto a desiderare la pulizia. Il loro modo di mangiare…poi c’erano gli italiani che…non siamo tutti tolleranti…eh eh ho imparato a fare il tollerante e ho fatto pure presto perché con loro bisognava andare a lavorare. Invece prima non ci credevamo nessuno. Perciò i primi arrivati…non tanto bene. Poi, piano piano, abbiamo capito che a modo loro…non lo so…i calzettoni di lana addosso per 15 giorni. Poi se li levavano e…Madonna! Lavarsi…poi piano piano hanno capito e ora c’è qualcuno che può dare lezioni agli italiani. Si sono inseriti bene. Guarda ti dico che io sono in Tunisia da 3 anni e se è tanto parlo due parole di francese, invece loro qui in 2 o 3 mesi già si fanno capire. A loro ci viene più facile, per questo si inseriscono…parlano il dialetrto. All’inizio lo prendevo e dicevo <<questo è occhiale>> e niente, si girava. <<No, guarda, questo è occhiale>>. Ehh, i primi tempi. Poi, vedi, questo è importante: uno che gli avevo imparato prendeva a bordo il suo compare e gli imparava lui, allora era più facile. I primi che si sono imparati hanno imparato loro agli altri. Così si inserivano: se ne avevi due che sapevano il lavoro e un po’ di italiano ne portavano altri due. Ora se gli dici di tornare con me a lavorare in Tunisia…ma sai là come li trattano?”

ALV: Anche adesso, girando per il quartiere, si vedono diversi ragazzi intorno ai 20 anni…

PIETRO: Sono i figli dei primi venuti?

“Sì, di quelli che sono venuti a lavorare e poi si sono sposati. Se però vengono al mare questo non so. Diciamo che a me non è mai capitato. Se hanno inserito nel mestiere persone nate qui a MdV non lo so.”

ALV: Ma ci sono giovani che arrivano ancora adesso per lavorare in mare?

“Credo di sì, però manco da qualche anno. So che comunque c’è richiesta…che in quest’ultimo periodo sono uscite barche con gli organici ridotti. Ce n’è ancora volonta di venire a lavorare? Non lo so. Quello che so è che c’è la volontà di scappare dalla Tunisia perché arrivano notizie che qui c’è l’America. Infatti quando noi veniamo dalla Tunisia dobbiamo stare molto attenti…come è successo a un altro privato, uno che conosco, che ha aperto la stiva qui e sono usciti i clandestini.

PIETRO: Non c’è qui un sistema regionale di quote? Non soddisfano la richiesta di lavoro?

“A MdV no. Infatti si è pensato di attingere da altri lidi…come si dice…in Senegal…addirittura in Costa d’Avorio…anche lì ci sono delle marinerie. Qualcuno è già arrivato…perché questi sono ormai peggio dei pescatori italiani. Si parla sempre di diritti e mai di doveri. Hanno copiato molto dai pescatori italiani…ma forse è meglio se tralasciamo questa parte…

ALV: Uno che sogna l’America e poi si trova a fare il lavoro duro…

PIETRO: Volevo dire: quanto tempo ci è voluto prima che avanzassero queste pretese? C’erano già i sindacati?

“Sì, sì, per tutti. Tutti tesserati. Se fai una spartizione che a loro non ci piace se ne vanno al sindacato. Essendo imbarcati in Italia hanno gli stessi diritti. Diciamo che da 15 anni in qua sono cominciate le rivendicazioni sindacali”

PIETRO: Ma non si ricorda un momento particolare, glielo chiedo da datore di lavoro, in cui i sindacati hanno iniziato ad avvicinarsi a questi lavoratori o viceversa?

“UN momento…no…diciamo quando hanno cominciato ad essere in un certo numero…forse 20 anni fa. Qualcuno del sindacato avvicinava a qualcuno di loro, questo parlava con un altro <<come ti va, come ti trattano>> e così…Quello che dico il razzismo tra i pescatori una parola quasi del tutto inesistente…casi di intolleranza pochissimi…il razzismo del mazarese sul lavoro, di trattarli come si tratta un italiano. E questa già è la cosa più importante e io con loro, al mare, ci ho lavorato 15 anni. Perché già quando ero armatore ho continuato a lavorare a mare sulla mia barca. E qualcuno mi ha detto <<Guarda, questo è il futuro di MdV>>”

PIETRO: E chi era questa persona. Già c’era coscienza del fatto che erano o sarebbero diventati indispensabili?

“Gli armatori di allora hanno capito subito che non c’era ricambio di manodopera, altrimenti la marina si fermava a 20-30 anni fa…”

ALV: Si fa presto a fare i conti.

“Eh sì, però io ve l’ho messa su un piatto liscio. In realtà all’inizio è stata dura…le due culture…lavorare insieme…per il salario si è cominciato subito giusto, tutti uguali, ma per l’inserimento, le abitudine ci è voluta una decina d’anni”

ALV: Lei manca da 3 anni dalla marina di MdV. Le chiedo uno sforzo: l’età media di un equipaggio…diciamo…nel 1998?

“…dai 18 ai 60, ma la maggior parte dei tunisini erano sotto i 40, dai 20 ai 40. Devi considerare che solo i capiservizio superavano i 50: Capitano, direttore di macchina, Capopesca massimo fino ai 50 perché si è lì a poppo con tutti i tempi…è duro il lavoro…durissimo.”

PIETRO: Ci può descrivere una giornata tipo?

Sintesi

“Ci sono due tipi di pesca, sempre a strascico: di alti fondali e di bassi fondali, per pochi pesci e per i gamberi, nei fondali alti bastano anche equipaggi ridotti. La rete sta in mare 4 o 5 ore e l’equipaggio può riposare…sono 4 o 5 calate in tutto, dipende dalla luce, non dalle ore. Se tutto va bene e non si rompe una rete, questo è il lavoro più massacrante per un pescatore, ci si può riposare…Ai bassi fondali no perché si cala ogni ora, se non succede niente…devi fare svelto.. selezionare il pesce…questi sono i mesi da settembre a dicembre…Si guadagna molto di più però si sta via un mese e il lavoro è massacrante. Devi dormire quando c’hai il tempo, 10 minuti, 15…e devi lavorare anche con il cattivo tempo. I capitani sanno quello che devono fare, vanno dove il mare è poco poco più liscio, ma quando arriva il colpo di mare a bordo eh…ai gamberi si può riposare ai bassi fondali no e una volta si lavorava molto meno con il gambero. Allora gli equipaggi erano più numerosi e i capitani facevano fare qualche turno…Tutti i pesci del mediterraneo tranne i gamberi…Di notte c’è il vero lavoro da bassi fondali: non so perché il pesce…ne prendi di più”

Discussione sulle spiagge di MdV

“Comunque riprendiamo il discorso: qui gli emigranti si sono inseriti bene e lo dico io che da datore di lavoro agli emigranti sono diventato emigrante e lavoro di là. Di là faccio lavorare alle stesse condizioni e tutti mi dicono <<ma che fai, sei pazzo, così ci rovini il mercato>>. Li trattano male, così quando vengono qua si sentono signori”

PIETRO: Ma…io sarei anche interessato a capire…che pensieri ha un uomo a bordo?

“Dipende: se uno va a mare perché ha bisogno, almeno io mi sono ritirato dopo 27 anni di navigazione…pensavo che il lavoro era quello e quello dovevo fare e basta. Forse…se avessi visto altre cose, ma i pescatori di MdV sono stati inseriti…perché siamo andati al mare tutti bambini…i figli dei pescatori…e allora quello conoscevamo: il mare è fonte di vita, la nostra fonte di guadagno. Il pensiero era quando ce ne andiamo a casa, quando finisce. Altri pensieri…mahhh…pensieri cattivi…quando era cattivo il tempo. In 7-8 ore ti passava davanti una vita. Sai ora i pescherecci sono grossissimi ma io mi ricordo le barche di 80 tonnallate…

ALVISE: Anche la paura di qualche incidente…

Madonna…Madonna. Però vedi…la paura dell’incidente…diciamo…non la pensavamo perché…E’ che al mare…mettiamola così: non hai il tempo di pensare eh eh.

PIETRO: Ha avuto qualche incidente in mare?

“Più di uno…”

FIGLIA: Sì ma uno…

“Tragico: un investimento con un piroscafo…Un’altra volta forse avevo 10 o 11 anni e già ero stato nell’oceano…c’è negli annali…una tempesta tremenda nel canale di Sicilia e siamo andati a sbattere contro un’isola…Ehh…peschereccio non ce n’era rimasto, solo pezzettini. Per fortuna un altro ci ha visto e si è avvicinato. Noi che ci siamo salvati è perché non abbiamo toccato acqua: soltanto nei film vedi che si salta sulle onde. Non si salta sulle onde, siamo riusciti a saltare sull’altro peschereccio e il nostro è affondato. E’ stata dura…durissima. Io ero giovane e l’ho superata. Il secondo non l’ho superato…quello mi ha condannato…sempre nel canale di Sicilia siamo andati a sbattere contro un piroscafo perché se era il piroscafo a sbattere contro di noi non ero qui a raccontarvela…E’ rimasto soltanto come una zattera di sotto…io sono rimasto solo dentro la mia saletta e non potevo più uscire…poi mi sono trovato senza barca e il piroscafo è venuto sotto…Quelle cose che lasciano il segno quando uno…è più anzianotto. Quando è successo questo avevo 35 anni: per il mare anzianotto perché il pescatore è come uno sportivo…dopo una certa età…se deve stare al comando sì, ma se deve fare il pescatore…mi capisti…di esperienze e delle tempeste nel mare. Questo lo dovete dire: è dura la vita del mare: è per questo che abbiamo tutti  i tunisini perché ogni pescatore se ha 8 figli ne manda 2 al mare, ma se ne ha uno o due…è successo che nessuno ha inserito i figli di un pescatore…una percentuale bassissima. E’ questo che è successo di brutto a MdV.”

ALV: E’ il brutto…però è anche una forma di protezione per i figli…

“Eh…Quello che ho passato io mio figlio non lo deve passare, l’altro lo stesso, l’altro lo stesso ed è successo che siamo in mano ai tunisini, agli extraeuropei…”

PIETRO: E attualmente sono dei buoni marinai i tunisini?

“Se vogliono loro sì. Si sono imparati. Ce ne sono abbastanza di qualificati…ce ne sono molti che si sono messi a commercializzare e non vengono più in mare…”

ALV: Forse è come una scala…Magari tra 10 anni non ci saranno più tunisini e saranno tutti…senegalesi, come dicevamo prima.

“Mah…se devo dire io tra una ventina d’anni, l’evoluzione che prevedo da esperienza è che nasceranno dei nuovi pescherecci dove o sarà tutto automatizzato con pochissima mano d’opera a bordo. Già da ora si comincia a preparare a bordo un lavoro che si può fare con minore mano d’opera possibile. E ancora si deve automatizzare perché anche i tunisini dalla realtà dura di MdV cercano di scappare o i figli a mare non ce li vogliono mandare. Hai capito…questo è. Ci sono giovani che vengono qui a lavorare perché lì non hanno lavoro…non c’è niente…anche se lavorano guadagnano un salario…non c’è niente.

PIETRO: Se lei dovesse scegliere tra un equipaggio a maggioranza italiana e uno a maggioranza tunisina?

“Non è per offendere i tunisini ma io sceglierei gli italiani perché se ci fosse un italiano che vuole vedere il mare, che vuole lavorare…perché un pescatore mazarese di una volta valeva per 100 tunisini, pure se si sono imparati ora…a un italiano, veri marinai, potevi dare un posto di responsabilità e andare a dormire. Questo lo dico perché quello che ho passato è per colpa di due tunisini che erano al timone, vah! Per averci fiducia due tunisini al timone mi hanno portato a sbattere contro il piroscafo.”

FIGLIA (affettuosamente): E’ per questo che sei prevenuto.

“Non penserò mai, mai di mandare fuori un peschereccio con un comando tunisino”

ALV: Evidentemente l’esperienza è stata…Però io avevo una curiosità: i tunisini che vengono a lavorare in mare sono tutti della costa oppure…

“Bravissimo per la domanda: no! Delle coste sono venuti per i primi 15 anni. Tutti quelli che vengono ora il mare nemmeno lo sognaron: non lo hanno mai visto. Sono venuti perché hanno sentito dire che a MdV si sta bene e non c’è bisogno di diventare marinai. Vengono dall’entroterra (con disprezzo) e quasi tutti se ne vanno a lavorare nelle campagne oppure…muratori o fuori di MdV. Non ce n’è più: abbiamo difficoltà noi in Tunisia stessa a fare equipaggi di tunisini. Quando abbiamo fatto il primo equipaggio lì siamo tornati con le mani nei capelli dicendo <<torniamo in Italia>>. Nessuno, dico nessuno, che sapesse muovere un dito a bordo e ci dicevano che erano tutti marinai. Quelli bisogna cercarli uno ad uno, con fatica. Anche per questo, vedi, a noi il lavoro nero non interessa. Ti dico che qui si sono inseriti bene: guadagnano, spendono…quelli che lavorano. Poi c’è sempre una percentuale di disonesti e ci sarà sempre…

ALV: Ma quandi dice disonesti cosa intende?

“Mah…potrei usare un’espressione più carica…persone poco raccomandabili: gente che non vuole fare niente, niente faceva là e niente qua…pensano di vivere come là che ti basta un pezzo di pane e poi te ne vai in giro!”

ALV: C’è una differenza tra essere disonesto e non fare niente, a casa mia. Uno che è disonesto ruba, vende droga, sfrutta la prostituzione…

FIGLIA: Lo fanno?

ALV: Uno che non fa niente…

“E’ un fannullone…Unisci tutti e due. E’ un fannullone disonesto!”

FIGLIA: Ma tu li hai visti? Hai le prove? Denunzia!

“E che ho da denunziare…Ci sono stati casi a MdV che rubano, rubano e…

FIGLIA: Tra di loro, ma la delinquenza a MdV…

“Non diamo la colpa ai tunisini! Che sono venuti qui per lavorare…”

PIETRO: Sua figlia ci diceva che siete andati via dalla casa che avevate nella kashba…

“Sì di lì incomincia…avete presente i vicoli di Genova? Di giorno e di notte cambia faccia. Voi non vedete niente, non potete. Noi li vedevamo perché abitavamo lì. Tutto continuamente uno spaccio o farsi una puntura…la notte o periodi della settimana…non tutte le sere…

FIGLIA: E comunque possiamo parlare per quando ci stavamo noi: 5 o 6 anni fa…

“Uno che ti punta la puntura al collo, al figlio di un amico mio, può succedere in un grande centro ma qui a MdV no…eppure lì è successo. Io la notte, sotto la finestra sentivo le discussioni, hai voglia!”

FIGLIA: Io vedevo pure gli scambi che facevano sotto casa nostra: uno portava la busta e l’altro i soldi…

“Succedeva di tutto. Io uscivo di notte perché mi veniva la barca di notte…Adesso non so…Prima uscivi alla mattina e dovevi stare attento a dove mettevi i piedi…siringhe…addirittura dietro di noi un portone con tutte le siringhe attaccate. Ma questo non era i tunisini: erano di Castelvetrano, di Partanna, di Salemi, erano siciliani…”

ALV: Però qui trovavano la roba…

“Sì perché albanesi e tunisini ce n’era per cui…c’era più afflusso di ‘sta roba. Trovavano molto più facile trovarla qui che altrove. Ora non so…

PIETRO: Sta dicendo che tunisini e albanesi spacciavano…

ALV: O che comunque avevano un ruolo nel traffico…

“Gli spacciatori che conoscevo io, che ora qualcuno è morto di overdose, erano figli di gente giusta che conoscevo io…erano tutti italiani. Io spacciatori tunisini e albanesi non ne ho mai conosciuti. Si dice…mahh…io non ne ho mai conosciuti. Se uno non va a cercarsela la rogna non la trova, vah! Eh…

ALV: Sua figlia dice che albanesi e tunisini non avevano nessun ruolo nel traffico…

“Chi loro? Hai voglia!”

FIGLIA: Non possiamo giurarlo.

“Ora…loro sono laureati e lo sanno bene: la facilità di pescare dove il mare è più pescoso perché…forse il paragone non è…Nella povertà, nella miseria…nella degradazione trovi la delinquenza e lo spacciatore: è facile perché se sei stato una giornata intera senza mangiare e vengo io con un pezzo di pane.

FIGLIA: I pezzi grossi sono mazaresi.

ALV: Sì e anche gli spacciatori al dettaglio. Allora ci restano le figure intermedie…Gira e rigira lo spacciatore al dettaglio è l’ultima ruota del carro perché è quello che rischia. Ora voi dite che quelli che conoscevate, che vedevate in centro erano italiani e diciamo…supponiamo che anche i pezzi grossi fossero italiani. Allora gli stranieri si occupavano del trasporto?

“Del trasporto non so, ma dello spaccio automaticamente…eh…ehm…dello spaccio si può entrare…”

FIGLIA: Diciamo che si inserivano un po’ in tutti i lavori.

“E’ il discorso di prima. Quelli che non lavorano…come fa a mangiare? Vive sulle spalle di quelli che lavorano? Ci basta? Ci sono pure i giovani…ce n’è una percentuale…quelli che comandano il mercato vanno lì e trovano un’esca facile per pescare…”

FIGLIA: Voi…per avere queste informazioni…perché non andate direttamente dalla pol…

“Sì, buona notte. Noi con queste quattro parole…Loro vanno a chiedere là…Ma che stai scherzando? Noi stiamo conversando…”

FIGLIA: Ma se volete i dati certi andate per esempio in caserma della finanza…per sapere dello spaccio…

ALV: I dati certi in questo campo non esistono. Comunque ci andremo

PIETRO: Intanto ci interessa la percezione…

FIGLIA: La percezione che ho io è diversa da quella di mio padre perché secondo me non c’entrano con lo spaccio…forse una percentuale comunque piccolissima.

“Non è che per forza l’estero ci deve dare lo spacciatore e il disonesto…”

FIGLIA: Ce l’ha più l’indole del mazarese…

“Sì, dell’italiano…”

FIGLIA: E’ più predisposto il mazarese alla delinquenza che il tunisino…

“Ecco, sì…”

ALV: Ma fuori dalle scuole chi è che spaccia?

FIGLIA: Fuori dalle scuole? Magari il vecchietto (ride)

ALV: Una ragazza che conosco di qui mi ha dato una dritta in questo senso. Dice che lo spaccio può essere una modalità di relazione tra ragazzi italiani…

FIGLIA: E stranieri? Sì? Allora non lo so. Si vede che sono fuori dal giro..

PIETRO: Ma alla sera che fanno i tunisini?

“Si sono fatti i loro caffè, io li vedo. Qual è la loro realtà: non lavora nessuno degli uomini, fanno lavorare le donne!”

ALV: Come, cosa vuol dire?

“Non stiamo parlando dei pescatori che sono onesti e lavoratori di qua come di là.”

FIGLIA: Ho studiato un libro sui tunisini a MdV per il corso di sociologia della famiglia. Le donne raramente lavorano e solo come collaboratrici domestiche. In Tunisia invece la donna lavora più dell’uomo…

“Hanno copiato, hanno visto e vogliono inserirsi completamente come mazaresi…”

FIGLIA: Ho mantenuto il medico di base in centro e una signora tunisina parla come una donna mazarese di quelle con la famiglia…in dialetto. In un modo sconvolgente…come una donna mazarese. Loro…le famiglie che si sono inserite veramente hanno assunto atteggiamenti, usi e costumi dei mazaresi…

“Il posto dove lavoro io in Tunisia, al confine con l’Algeria, al nord. Un porto industriale come Spezia o Taranto. La politica che adotta il governo tunisino è di parternariato, cioè se volete, portate i soldi qua. Società off shore ce n’è…europee. Le migliori marche di tutto…di vestiario. Il governo dice che i prodotti che arrivano per essere lavorati devono tornare indietro: lo stesso peso! Devono fermarsi solo i soldi. Vi do la mano d’opera a bassissimo prezzo…eh, veramente bassissimo eh…Tutte queste industrie giuste e buone che vanno a portare lì lavoro…c’è mano d’opera a buon mercato e si riportano in Italia i prodotti. Però lì non devono vendere niente di quello che producono, trasformano. Devono vendere quello che producono loro perché se si vendono prodotti industriali a prezzo più basso la loro economia va a…ci siamo capiti. Ci sono molte industrie a compartecipazione italiana, francese…americana! Ci sono i jeans levi’s: un capannone che non finisce mai: lo stesso peso che entra deve uscire. Pure il ritaglio! Oppure ci può essere un italiano che lavora là e gli dice come trattare il prodotto loro, chessò la mozzarella, le pecore…ma questo per il mercato interno. Noi invece dobbiamo esportare almeno l’80% del pescato, solo il 20% può andare sul mercato tunisino. Se non esportiamo dobbiamo ributtarlo a mare. Congeliamo ed esportiamo tutto. Ma non è questo che volevo dire. Quando sono là misveglio alle 6 e prendo la macchina: le frotte di ragazze che vanno a lavorare: solo donne! Non so, forse gli uomini negli uffici, i posti più…non fanno niente.”

PIETRO: Non è che molti sono emigrati?

“Noo. E’ che la donna viene pagata molto meno dell’uomo. E’ primo per convenienza e poi perché gli uomini se ne vanno al bar…con ‘sta pipa…dalla mattina li vedi dentro al bar con l’hashisha…no hashish…la pipa…dice loro aromatico…dalla mattina con ‘sta tazzina di caffè e le mosche che ci girano attorno. Ma a lavorare non ci va nessuno! Tutte le donne. In percentuale in tunisia, ve lo dico io, lavorano le donne…almeno lì.”

ALV: Ma tornando qui…al discorso di prima. Noi abbiamo girato al passeggio ma anche in centro…Il sabato, la domenica…scomparsi!

“E’ lo stesso fatto di quando ne aspettavo alla barca la sera 8 e se ne presentavano 3. Lo sapevo io dov’erano…e come li scovavo eh eh. Sapevo dove andarli a cercare.”

PIETRO: Ma dove sono?

“Sono bravi ragazzi…Quando non si rovinano con ‘sto fumo…E poi bevono birra, vino…”

PIETRO: Sì, ma dove?

ALV: I bar della marina a una certa ora chiudono.

“Dove, qui a MdV? Sì aprono alla mattiana presto. Io andavo a cercarli nella kashba, in via Bagno…”

ALV: Abbiamo capito, nei centri ricreativi…

“Ma poi sai che cosa fanno? Quello che ha una casa più grandicella…si riuniscono tra loro la sera e…prendono una tazza di birra. Quelli che non hanno la famiglia. E magari quelli che hanno la famiglia se ne vanno la sera da quelli che non ce l’hanno. Non vanno nemmeno a dormire a casa…Quella è la loro cosa…che…loro non reggono bene l’alcool che non ci sono abituati…lì in Tunisia…”

Segue registrazione di Pietro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA 15

MdV 4&5 (20 Aprile 2002)

Marzouq, a casa nostra.

 

MARZOUQ: …Vedi la mia faccia, capelli biondi, occhi azzurri…Al paese dicevano: <<Sua madre ha fatto qualcosa con un francese>>…Si è detto allora tutti quelli che hanno i capelli neri in Sicilia l’hanno fatto con gli arabi!

PIETRO: E’ chiaro!

MARZOUQ: Mentre uno ha parlato chiaro e ha detto che i normanni erano sparsi per il nord Africa. Quell’origine è rimasta, anche in Marocco ci sono assai arabi biondi. Anche noi abbiamo la dominazione normanna, giusto? Io non ho capito qua.

PIETRO: Ma poteva essere menomato quello che ha detto quella cosa, un coglione. Voglio dire…siciliani e arabi una razza sono. Sono tutti una razza va, non c’è dubbio.

MARZOUQ: Io mai ho pensato al colore di pelle o alla posizione di una persona…Penso solo al comportamento, alli fatti.

PIETRO: Le persone intelligenti così devono pensare…E’ pieno di menometi.

ALV: La registrazione sta andando

PIETRO: …Allora…parlami di te in Tunisia. Cosa facevi prima di venire?

MARZOUQ: Abbiamo fatto di tutto.

PIETRO: Quanti anni hai…37 mi hai detto. Quando sei venuto?

MARZOUQ: Nel ’90. 12 anni fa avevo 25 anni.

PIETRO:Che hai fatto per 25 anni in Tunisia?

MARZOUQ:Ho fattooo…oooh…Appena sono cresciuto sono uscito. Siccome i genitori sono gente alfabetica…non parlano, non scrivono, non capiscono niente. Capiscono solo che il bambino deve lavorare. Deve aiutare, non lavorare: vai, pastorare con le pecore…

PIETRO: Quindi i tuoi sono pastori, agricoltori?

MARZOUQ: Sì, allora dalla nascita, dai 6 anni, vado con mio padre a pastorare le pecore, mucche, cammelli…vicino a Monastir.

PIETRO: Ma non è sul mare? Quindi tu eri nell’entroterra?

MARZOUQ: No, io sono nato a 2 chilometri dal mare…Molto bello…Mi ricordo una volta…arrabbiato perché mio fratello voleva portare i miei cugini in macchina al mare, ma loro non ci portavano mai…allora io, sempre il contrario dei miei cugini ho fatto i 2 chilometri di corsa: il caldo della Tunisia d’estate è più di qua eh. Arrivato mi sono gettato al mare: ho passato 3 mesi all’ospedale!

PIETRO: Nooo!

MARZOUQ: Appena tornato a casa mi sono bloccato: non mangio e non bevo più…Io parlo così perché noi amiamo molto il mare, è molto bello.

PIETRO: Quindi tu già a 6 anni lavoravi con tuo padre.

MARZOUQ:Sì, a 10 anni ho avuto un incidente alla mano.

PIETRO: Perché, che è successo?

MARZOUQ: Si è rotto un albero mentre raccoglievo la frutta.

PIETRO: Sei andato a scuola?

MARZOUQ: Sì, 6 anni.

PIETRO: La scuola dell’obbligo…elementare.

MARZOUQ: Sì, no. Siccome noi…50 anni fa è uscita la Francia e ancora la Tunisia non aveva…

PIETRO: Un sistema scolastico.

MARZOUQ: Sì. E allora ho avuto sfortuna anche con le maestre: nella scuola un bambino di 6 anni, appena sbaglia, prende delle botte terribili. Io ho avuto come un shock. L’insegnante che mi ha fatto questo shock a 6 anni, che mi ha dato botte…io ho dato botte a lui a 12 anni.

PIETRO: Nooo! Come è andata?

MARZOUQ: Ho vendicato. Sono andato a piangere perché non capisco la scuola, ho paura e lì non lo so cosa è successo…Questo insegnante non ha studiato…Perché all’uscita della Francia anche se in Tunisia non hai un livello buono di studi ti mettono a insegnare per diffondere la scuola. Allora gli insegnanti non hanno studiato che cosa è il bambino eeeh…Appena è entrato a scuola aveva un bastone lungo un metro e sono cominciate le botte.

PIETRO: Così, senza un motivo?

MARZOUQ: Non lo so. Aveva un odio contro di me, questo insegnante. Mi diceva per esempio: <<Trova questa parola sul giornale>>. Io vedo il bastone, la scrittura non era buona, non c’erano buone macchine…e bahm! Botte. Così la scuola non l’ho voluta più.

PIETRO: E come è stato che l’hai menato?

MARZOUQ: Dopo 6 anni mi ricordavo…non solo di lui. Un altro insegnante, perché non ero andato a scuola un mese, mi ha buttato a terra e pugni, calci…

PIETRO: Ma quindi era una scuola violenta…così…tanto per.

MARZOUQ: Sì, ma per noi non è violenza quella. Se tu torni a casa e tuo padre dice: <<Perché piangi?>> E tu dici: <<Ma l’insegnante…>> Allora: <<Tu hai sbagliato>> e giù altre botte. Abbiamo un esempio: da piccoli sempre il bastone: devi essere educato. Loro credono così. E va bene…un tempo brutto eh. E allora questo insegnante, mentre lui scriveva c’erano due amici miei e uno aveva dato un schiaffo all’altro. Lui si gira e mi vede un po’ sorridente. Io giuro che non sono stato io ma lui no e paah! Una bastonata in testa. Allora sento la botta con le dita e grido: <<Da 6 anni così, mi hai rovinato>>. Prendo, lo butto per terra col tavolo sopra e bahm bahm! Arrivano gli altri insegnanti: <<Stai calmo figlio mio>> <<Ma che calmo!>> E lui dice che domani devo portare mio padre ma lui non viene perché non capisce niente. Allora lui mi dice: <<Tu non vieni più a scuola!>> Ma sono stato due o tre giorni fuori della porta e poi mi ha fatto entrare, non è successo niente…

PIETRO: Quindi hai lasciato la scuola solo l’anno seguente? Hai completato gli studi elementari?

MARZOUQ: Sì, non lo so…perché…Io qua ho 2 bambini e anche se c’è la scuola tunisina io alle medie li ho iscritti alla scuola italiana.

PIETRO: Bravo!

MARZOUQ: Perché sono stato traumatizzato. Ma per fortuna c’è anche un insegnante tunisino così studiano arabo e italiano.

ALV: E’ Karim?

MARZOUQ: Sì, e i miei figli ora, soprattutto la bambina, se gli faccio un dettato, non sbagliano nessuna parola in italiano e allora…hanno 8 e 7 anni, una cosa incredibile: Per me sono contento! Perché io a 7 anni manco so scrivere una parola, loro sono bravissimi.

PIETRO: Tu, dopo i 12 anni hai smesso con la scuola, giusto? Che hai fatto?

MARZOUQ: Vado a aiutare papà, mi sono messo a tagliare gli alberi, potare gli alberi…aiutare mio padre a seminare il grano…e pensavo che mio padre…diciamo: quando io lavoravo con lui guadagnavo dei soldi, lui non mi dare dei soldi, li prende tutti lui e pensavo: <<Con quei soldi mi accontenta poi con vestiti nuovi>>. E invece no!

PIETRO: Perché pensi che non lo facesse? Guadagnava oppure no?…Secondo te guadagnava abbastanza tuo papà?

MARZOUQ: A quelli tempi sì…Si bastano a mangiare a tutta la famiglia.

PIETRO: E per i vestiti?

MARZOUQ: Nooo! Io a quelli tempi sono abituato alle ciabatte di carta. Quando le ho avute di plastica, oooh, non ti dico…non scarpe eh, ciabatte di plastica, un sogno. Camminare a piedi sopra le pietre, sopra l’acqua, sopra li chiodi, sotto la pioggia e quando scende il fiume buttiamoci nel fiume…Nessuno ti dice che quella cosa ti fa male…Giochiamo nel fango! Quando, dopo 20 giorni, si sono rotte le ciabatte di plastica ho voluto correre di nuovo a piedi nudi sulle pietre. Ahi, ahi! Non si può più, ci vogliono le scarpe!

PIETRO: Ho capito…così…Ma…fino a che età tuo padre ha continuato a non darti i soldi?

MARZOUQ: Finooo…diciamo a 16 anni.

PIETRO: E poi?

MARZOUQ: E poi…a quei tempi hanno cominciato a venire da noi i film, cine. Italiani. E noi abbiamo andati lì a fare le comparse, ti danno 10000 lire al giorno, mangiare. E ho cominciato a vestirmi.

PIETRO: Hai fatto tanti film, perciò?

MARZOUQ: Ho fatto, forse 4 film, e pagavano tutti i giorni.

PIETRO: E per quanti mesi lo hai fatto?

MARZOUQ: Non mesi, quando serviva a loro due o tre giorni alla settimana…così, non mesi. Poi mi ricordo che mio fratello con un suo amico hanno aperto un’azienda di 4 o 5 operai per fabbricare e cucire i jeans. E mio fratello dice che non lavoro e che mi vuole portare dentro con lui. Ma il socio non vuole. Lui sta facendo di rubare un po’ perché mio fratello va a vendere fuori e non vede. Alla fine sono entrato perché mio fratello ha insistito tanto e ha comprato con i suoi soldi una macchina per me, per farmi lavorare. Ma per sfortuna, forse perché mio fratello ha cominciato a sentire quello che succedeva dentro, si sono litigati e si sono detti: <<Ci siamo incontrati bene e ci lasciamo bene, ormai tutti e due siamo costriuti>>. Allora quando è uscita questa persona io ho preso il suo posto e mio fratello, che ha 10 anni più di me, andava sempre fuori a vendere. Così io ho cominciato piccolo, avevo 17 anni. Tagliavamo il tessuto a mano: questi diti…la carne era diventata così grossa, diventano nere con le forbice. Io piccolo non arrivo neanche al tavolo ma devi premere con la mano che non tiene la forbice sul tessuto: così mi è venuto un dolore al fianco, mi ha rotto una costola…però pensavo ai soldi e dopo un anno li ho chiesti a mio fratello e lui mi ha detto 3500 dinari al giorno, all’altro ragazzo dava circa il doppio perché dice che tagliare tagliamo uguale però per cucire io lavoro la metà, ci metto il doppio del tempo. E ci siamo litigati.

PIETRO: Ma in questo anno che non ti ha pagato, come vivevi?

MARZOUQ: Era mio fratello che mi dava da mangiare, mi da da vestire. Pensavo che lui mi da di più…Se lui guadagna, anch’io devo guadagnare. Per sposarmi, pensare di costruire qualche cosa. Invece lui eeehhh…dice: <<No, io non posso darti più di così>> <<Va bene, allora io me ne vado!>>

PIETRO: Te ne sei andato anche da lì.

MARZOUQ: Dopo il governo ha cominciato a dare i soldi anche alli giovani. Un ragazzo intelligente del paese ha preso questi soldi e ha cominciato a fare slip, mutande. Poi un altro mio fratello commerciante gli ha consigliato di non venderne uno due così, non sapeva vendere, ma alla dozzina. Allora lui ha chiamato un disgraziato, uno che era quasi arrivato alla posizione di insegnante ma poi non ce l’ha fatta perché sono finiti i soldi, e lo mandava a vendere e hanno cominciato a guadagnare. Poi un altro che vendeva e così è venuto da me e mi ha detto:<<Ma che fai, non fai niente? Vai a vendere che ti do le mutande. Guadagni qualcosa. Vero, vai!>> Sono uscito, i mercati sono 4 o 5, dopo che ho litigato con gli altri due per invidia, per la concorrenza nel commercio. Una giornata triste al mercato, un vecchio si avvicina e mi dice: <<Che fai, hai iniziato il commercio? Non ti preoccupare: il commercio, diciamo qui, taglia le catene delle povertà! Piano, piano.>> E piano piano tutto è cresciuto, quello della fabbrica ha cominciato a vendere in Francia, è venuto un emigrante e gli comprava le mutande e le vendeva là. E tutti abbiamo cambiato: io sono entrato nelle scarpe, commerciavo le scarpe.per le donne.

PIETRO: A quel punto eri diventato un commerciante, un vero venditore.

MARZOUQ: Sì, sì. Commerciante. Vado a una città a 200 chilometri con milioni in tasca e il commerciante mi fa dormire a casa sua, mi invita e…è cominciato a crescere il commercio maaa…non lo so…ero depresso, ero malato io…

PIETRO: Quanti anni avevi?

MARZOUQ: Chissà…20, 21 anni.

PIETRO: Che vuoi dire? Eri malato nell’animo?

MARZOUQ: Non lo so…ho avuto una malattia: non riesco a dormire, diciamo. Ti dà molto fastidio perché con quel lavoro ti devi svegliare un giorno alle 5, un giorno alle 3 perché i mercati sono molto lontani. Dopo due anni io ho guadagnato un po’ di soldi ma devi cambiare…questo lavoro non mi piace. Basta che mi sveglio tranquillo e vado a un lavoro come quello di prima, coi jeans. E come devo fare? I soldi che ho non bastano per fare un’impresa. Siccome c’è il marito di mia sorella che ha preso anche lui un prestito dal governo e ha aperto una fabbrica grande con 20 ragazze ma aveva 15 macchine in più e io avevo 3 milioni di dinari. Dico a questo cognato: <<Dammi due macchine che comincio con i jeans piano piano, non ce la faccio più ad andare al mercato con il mal di testa>>…Questa malattia mi ha rovinato la vita.

PIETRO: Quando vendevi, quant’era lunga la tua giornata?

MARZOUQ: Ti muovi alle 3 perché devi arrivare presto al mercato. In Tunisia non è come qui con il numero…con il nome e il posto assegnato, devi arrivare prima ed è pahm pahm! Una lotta. Poi finivo alle 2 o 3 del pomeriggio. Non è faticoso, è l’insonnia il problema. Per me, per gli altri no. Ma quando sono andato da lui…il cognato è furbo, perché ha fregato banca cose…io volevo lavorare il jeans perché il tessuto costa poco e non hai tante rifiniture, semplice…Ma lui dice che no che è meglio lavorare tessuti migliori per guadagnare di più. Gli ho detto che non ero capace ma siamo andati con due milioni di dinari a comprare tutto il tessuto e il filo ed è andata come dicevo io, il lavoro non è uscito buono e non abbiamo venduto niente. Allora gli ho chiesto i miei soldi indietro, lui sta cento volte meglio di me, ma mi ha detto: <<No. Prendi i tuoi pantaloni e vendili, io non ti do soldi>>. E’ successo a me altro nervosismo, altra rabbia perché non sono riuscito…con mia sorella in mezzo, che faccio? Ho subito io quel danno: fallito! E che faccio: Italia, Italia!

PIETRO: Già avevi 25 anni?

MARZOUQ: Sì, e comincio a pensare che io me ne vado, forse a Italia la vita è più facile, li medici sono più bravi…

PIETRO: Perché proprio i medici? Perché continuava sempre questo disturbo di dormire la notte?

MARZOUQ: Sì quello, cefalea tremenda, dolori in testa. Non dico…sono arrivato quasi alla morte. Sì. E’ rimasta solo l’Italia. Con i pochi soldi, via, prima che l’Italia chiudesse le frontiere. Anzi nel ’90 ha cominciato a chiudere. Sono entrato. Come un cieco non so dove andare. Sofferenze, dormire in campagna.

PIETRO: Quindi il tuo primo periodo è stato da irregolare, senza permesso di soggiorno, senza niente…

MARZOUQ: Sì, dolori, non mangio. Perché quando ero in Tunisia cucina la mamma, cose buone, qui per anni mangio scatole, non so cucinare.

PIETRO: Aspetta. Quindi tu decidi di partire. E i tuoi che fanno?

MARZOUQ: Uuuuh! Dicono no! Il padre. E mi ricordo che quando dico a lui che io non lavoro più con te lui ha detto: <<Te ne vai di casa! Tu sei diventato un uomo e io non posso sopportarti. Sei un fallito>> Ma non voleva che andassi in Italia. Io l’ho sentita forte questa cosa, vattene, perché sono spaventato: non sono riuscito a lavorare, non sono riuscito a guadagnare, come faccio a mangiare, a abitare? Lui dice così, ma non è vero che vuole buttarmi fuori. Lui dice così perché io faccia un coraggio. Lui non capisce che ero io molto malato, molto malato. Perché io non riesco più a lavorare dopo quello che mi è successo, non sopporto più la fatica, non dormo più. Invece che lui mi aiuta a trovare il difetto che io ce l’ho, questa malattia, o mi da i soldi per andare dai medici mi dice di andarmene fuori. Tutto crollato addosso. Allora decido di partire perché se no impazzisco e non mi piace che gli altri mi vedono diventare pazzo. Perché col dolore in testa io sto pensando che sto perdendo…la malattia mentale. Io pago, 20 dinari, tutti i medici mi dicono che sto bene, come qua, allora io penso che ho una malattia mentale. Allora impazzisco fuori meglio di qua, dove tutti in quartiere cominciano a ridere quando io comincio a…

PIETRO: Quanti soldi avevi in tasca? Cioè, come è andato il viaggio?

MARZOUQ: Abbiamo preso il traghetto, invece di stare 3 ore in mare è stato 10 ore: è rotto un motore e era un maltempo tremendo, brutto, brutto. E quando siamo arrivati in Italia hanno cominciato a scegliere, come il pomodoro: <<Tu, perché sei venuto?>> E uno dice che ha una famiglia, l’altro che vuole lavorare e l’inspecteur, l’ispettore, come vuole lui! <<Tu passa e tu torna indietro!>>

PIETRO: Ma tu non avevi tipo un visto turistico?

MARZOUQ: No, a quei tempi ancora non è chiusa l’Italia.

PIETRO: Si poteva entrare tranquillamente.

MARZOUQ: No, te l’ho detto. Non tranquillamente: ne faccevano passare 30 su 200.

PIETRO: Ma i documenti che hai dovuto fare in Tunisia prima di partire?

MARZOUQ: Che documenti, il passaporto e basta. Ancora il visto non c’era. Se ti lasciano passare a Trapani bene, se no è finita lì. I poliziotti dall’altra parte dicono: <<Hai provato…Con la forza ti facciamo entrare? Vai, torna a casa!>> E’ un viaggio tremendo perché ognuno guarda l’altro tremando, ognuno stende all’altro un maglione…Quando viene il mio turno e il poliziotto mi chiede cosa voglio fare in Italia, mi ricordo che gli ho detto che avevo un amico a Torino…Non so parlare, parlavo con un tunisino che traduceva…devo continuare il viaggio a Torino. Lui risponde: <<Che bugia, questo è scemo>> Allora io comincio a urlare, in tunisino, insulti, merda, diavolo, che non voglio tornare e l’interprete dice:<< Che faccio? Tu gli hai detto così!>> Allora giuro che ho gli amici e la famiglia qua che mi stanno aspettando in Sicilia. E il tunisino prova di nuovo e il poliziotto allora dice:<< E perché non dice così, fallo scendere, fallo scendere!>> E così è andata bene.

PIETRO: Per un pelo. In tasca quanto avevi? Soldi.

MARZOUQ: La verità non mi ricordo. Tanti anni…Ce l’ho soldi…ma non bastano! Arrivo e quando tu scendi ti dicono che MdV è tutta tunisina. Arrivi qua, ti metti con quelli nuovi, si va a dormire nelle case vecchie. Abitiamo in una casa vecchia, nella campagna, brutta: l’inverno, il freddo, il fame…aaah…C’è un tunisino che dice che ha un lavoro per me, che gli sembro un bravo ragazzo. Dice:<< Guardiano di notte in una discoteca, ti danno 600mila lire al mese.>> Siccome io in quel momento non sopporto la fatica ero contento: pensavo che mi faceva bene fare il guardiano di notte. Ho cominciato: rumori nella testa, cose, tutta la notte non finisce più. Resisto davanti al principale ma poi cado per terra. All’uscita di sicurezza, esco dal caldo al freddo.

PIETRO: Ma facevi anche il buttafuori?

MARZOUQ: No, l’ho fatto solo una volta. Era l’unica discoteca di MdV e una notte di carnevale c’erano 1000, 1500 persone che volevano entrare. Il principale ha chiamato i carabinieri perché bloccassero l’ingresso e io ho visto 4 o 5 ragazzi pericolosi, drogati, che volevano entrare per la porta di sicurezza. Sono andato a bloccarli. Se parlavano gentile li facevo passare ma loro subito: <<Cosa vuoi fare tu, tunisino di merda>> Allora io non sopporto questa cosa e gli dico di no, perché io non sopporto…non mi tiro indietro. Ero convinto, mi facevo forza che il principale veniva con i buttafuori a darmi una mano ma no. Avevano paura di quei ragazzi. Allora pugni, calci, avevano bottiglie. Ero da solo contro 5, con la luce che va e viene non vedo arrivare i colpi: destro, sinistro. Provo ad andare verso il muro per proteggermi la schiena dalle botte. Finalmente 2 ragazzi che conoscevo, italiani che venivano sempre alla discoteca, veramente bravi, si buttano in mezzo per difendermi: <<Scappa Marzouq, scappa!>>. Vedi, noi diciamo sempre che i drogati sono cattivi: non è vero! Anche questi ragazzi erano drogati, ma mi hanno difeso. Anche se drogati erano bravi, ci sono dei drogati buoni. Mi hanno fatto scappare. Poi ho litigato col principale, gli ho detto che erano schifosi a non avermi aiutato. Mi dice: <<Marzouq non potevamo, quelli girano con pistole in tasca, meno male che è andata così, ora andiamo a parlare col loro capo.>> Siamo andati, ci siamo abbracciati ed è finita così: ho continuato a lavorare in quella discoteca. Dopo un anno ho chiesto 200mila di più. Perché noi veniamo da un mondo dove prendi 100, 150mila, allora 600 ti pare tanto, ma non pensiamo al mangiare, all’affitto, a tutto. In 5 anni da 600mila sono arrivato così a 1milione e 200mila. Comunque hanno capito che per me era un pericolo fare il guardiano…perché i propietari erano giovani, crescevano piano piano…Mi hanno detto: <<Marzouq, tu sei un bravo ragazzo, il prossimo anno mettiamo l’allarme e tu dormi a casa. Tu hai lavorato con noi, devi pulire la discoteca due volte la settimana e noi ti diamo lo stesso 1milione e 200mila.>> E vedi la sfortuna: ho cominciato a lavorare quell’anno solo il sabato e la domenica eee…purtroppo…ha chiamato un buttafuori, uno nervoso, che non ha calma né pazienza. Allora io ho parlato con il principale per dirgli che non era adatto al lavoro. Ormai avevo esperienza e so che se vedi un ragazzo nervoso, ubriaco, devi parlargli con dolcezza e non succede niente, invece se no vai allo scontro: così succedono i danni e le morti. Ma lui mi ha risposto: <<Qua ci vuole uno come questo!>>. Alla fine della stagione questo buttafuori grande, di 40 anni, non voleva far entrare due ragazzi ubriachi: bum, bum, bum bum, ne ha mandato uno al pronto soccorso, occhi gonfi, tutto. Io lavoravo dentro e non ho visto niente…la discoteca è grande. Insomma, gli amici del ragazzo picchiato hanno chiamato suo padre, lui ha visto il figlio così, ha preso la pistola, è venuto e ha chiesto di parlare col buttafuori fuori dalla discoteca. L’hanno visto che scappava, che correva, ma il padre pum, pum, pum, gli sparava da dietro finchè questo è arrivato all’entrata della discoteca, dove è stato colpito alla gamba anche un altro ragazzo. Allora tutti sono scappati, hanno lasciato là anche le macchine, tutto, bevande, vestiti, e sono scappato anch’io con loro. Poi sono tornato, tutto sangue, e il principale mi ha detto che dovevamo chiudere e ha detto che dovevamo pensare una settimana. Ma dopo 2 o 3 giorni sono venuti, hanno tagliato i ferri dei cancelli come carte e hanno messo una bomba. Per fortuna ha suonato l’allarme e poi il principale ha chiamato i vigili del fuoco che hanno detto che con quella bomba la discoteca saltava e si rovinavano anche la fabbrica vicino. Allora il principale ha detto: <<Marzouq, tu non sai questi…devo chiudere…e se la prossima volta mi sparano?>> Ecco allora è cominciatra una…non è facile qui trovare un lavoro.

PIETRO: Ma in quel periodo eri tranquillo?

MARZOUQ: No, oltre alla mia malattia ho dovuto sopportare tutto questo e purtroppo ho conosciuto una ragazza tunisina qua e l’ho sposata. Quando il lavoro si è chiuso, sta nascendo un bambino…

PIETRO: Cazzo!

MARZOUQ: Ha 4 mesi nella pancia della moglie e io dico: <<Devi buttarlo, io non ce la faccio a vedere un figlio soffrire come me a chiedere…qualche cosa e io non riesco a dargli. Io sono malato, non riesco. Come faccio?>> Allora mia moglie…diciamo la madre ce l’ha più a stretto…diciamo…non ha voluto!

PIETRO: Chiaro.

MARZOUQ: Lei ha sofferto, meschina, con me. Il giorno della sua nascita non sono riuscito, con i dolori di testa, a starle vicino. Io vado mezz’ora, ancora niente…dopo il quarto giorno sta partorendo e io con la malattia, tremavo: <<Io avere un figlio in queste condizioni? Affitto di casa 300mila lire…ho perso il lavoro…>>

ALV: Vorrei farti ancora qualche domanda su questo lavoro…Intanto se in questa discoteca ci andavano anche degli altri tunisini, per divertimento…

MARZOUQ: Nooo. Uno, due. Solo italiani. Fino ad ora i tunisini non hanno diritto di divertirsi. Chi va trova tante difficoltà…Se non hai un amico italiano che ti porta e ti protegge…ehmmm…rischi, puoi rischiare. Non possiamo andare, abbiamo paura perché…Guarda io sono stato 5 anni là, 3 anni a un altro lido d’estate, 1 anno a un altro villaggio e i tunisini non vanno perché vengono rifiutati o…può succedere cose gravi…già tra i mazaresi succedono…scorre il sangue. Se vengono i tunisini, uno ubriaco…qua. Come mi dicono in discoteca o quando facevo il bagnino: c’è chi non accetta il tuo parere, anche sul posto da occupare…io so che è occupato per tutta la stagione e c’è chi non accetta che io gli dica di spostarsi, hai capito?

ALV: Io volevo chiederti anche: in questo periodo in Italia tu dici che stavi ancora male, avevi provato ad andare da qualche dottore?

MARZOUQ: Io vado dalli dottori. Mi dicono: <<Sai questa è una cefalea, depressione, tu devi prendere psicofarmaci>> Non li prendo mai, mi rovinano di più! <<Io sono malato da 6, 8 anni -dico al medico- ma la mia malattia non è mentale. La mente è a posto, mi sento male con il corpo, con dolori di testa.>> <<Ma tu sei diventato un medico –dice il neurologo-?>>. Ma questa medicina io sento che non va bene, il mio corpo sente che non va bene per me…

PIETRO:  Tu intamto eri consapevole che non stavi impazzendo?

MARZOUQ: No, sì. Ho cominciato a leggere il giornale, come si chiama? “Sani e belli” “Vivere sani e belli”, di salute, sì. Ho cominciato a capire tante cose e siccome ho un difetto nel naso…sinusite…ero andato anche dal medico in Tunisia, anche qua: <<Tu non hai niente, la tua malattia è neurologia>> E io non accetto quella medicina.

ALV: Ma non la accetti senza neanche provarla?

MARZOUQ: Provo, provo, minchia, mizzica: arrivo a camminare per la strada come un cane randagio. Perso. Attraverso la strada senza accorgere della macchina, era droga! Mi dai 7, 8 medicina: vogliono rovinare la gente!

ALV: Allora hai smesso subito?

MARZOUQ: Il dottore dice di provare 6 mesi, io ho provato 3 mesi. Ho smesso perché ero consapevole…diciamo vuole bene a me stesso, vuole bene al mio corpo. Sono fiducioso che la mia malattia non è…Non mi piace la droga, sì sigaretta, abituato a fare sport. Ho smesso e ho cominciato a leggere…Anche mia moglie, che ha cominciato a lavorare in una casa di altri, trova un giornale dove c’è dolore di testa e me lo porta. Questo mi ha aiutato: c’è scritto che la cefalea può essere provocata da sinusite, diabete, polmonite. Sinusite? Io non respiro mai con naso e la fronte mi fa sempre male. Agli occhi, il dolore: allora davo andare da un medico specialista, e sono andato: <<Dottore, sono disperato! Appena metto la testa sulla cuscina il naso si chiude, il dolore alla testa, non dormo per 15 giorni. Mi sento soffocato.>> Mi fa fare le radiografie, appena le vede dice: <<Operazione urgente a Palermo, vai! Ti devi operare.>> E per me era la notizia più felice del mondo. Volo a Palermo, entro in ospedale, do il documento e mi dicono che l’appuntamento è dopo 3 mesi. Io dico: <<Macchè 3 mesi, io sto morendo! Io non esco di qua! Dovete operarmi ora!>> Allora mi mandano in pronto soccorso e racconto la storia, che sono disperato da anni. Mi hanno ricoverato…E allora si conosce gli altri malati, uno operato all’orecchio, uno entra che parla e poi gli fanno un buco in gola, non parlano più…l’altro quando dorme urlava come non lo so, come un uccello rapace. Aquila no, la civetta. Io aspettavo il mio turno perché il reparto è molto affollato, dormono anche nel corridoio. E’ arrivato un carabiniere colpito da un pugno: dorme su una branda in corridoio e non mi fanno alzare a me, eh. C’è un vecchio vicino a me, io ho paura perché vedo coi miei occhi uno operato, svenuto e l’infermiere che lo butta sul letto e se ne va: questo cade dal letto, bum! Il vecchio mi dice che lui non mi lascia cadere. Un giorno accompagniamo un amico alla sala operatoria, tutti con tristezza, come se deve morire, solo io col sorriso: <<Che hai da ridere, va in sala operatoria, che sei scemo?>> Io rispondo: <<Non sapete che è successo a me! Noi diciamo che l’amaro ti fa accettare una cosa più amara.>>. Sono entrato in sala operatoria anch’io: l’anestesia…combatto un po’ con l’anestesia, non voglio abbandonarmi…poi mi accorgo che esco col naso tutto tappato, col sangue: voglio combattere contro l’anestesia, non riesco a svegliarmi. Il vecchio mi dice di stare tranquillo. Poi stavo impazzendo perché non potevo respirare con il naso per 10 giorni. Poi è venuto il dottore che mi ha operato e ha detto: <<Dov’è quello tunisino? Un naso come il tuo in 12 anni non l’avevo mai visto, dentro era tutto storto. Comunque è tutto a posto.>> Quando mi hanno tolto le bende mi sentivo liberato, ma non del tutto. Forse per colpa di tutti i denti, 7, che mi hanno tolto in Tunisia. I medici, per guadagnare, mi dicevano che i dolori erano colpa dei denti e, siccome ero disperato, per toglierli mi chiedevano il doppio dei soldi: 40 dinari invece di 20. Mi hanno rovinato la bocca. Tante sofferenze, ma tutto passa. Ho curato anche i denti e la malattia era rimasta solo al 50%: l’insonnia è rimasta. Allora mi sono avvicinato all’erboristeria: spendi soldi, erbe, vitamine, tutto, integratori, bollire l’erba e bevi. Ora sono finalmente…con la malattia che ce l’ho…ma sono riuscito a…fermarla! A dormire il sonno più bello della mia vita!

PIETRO: Ora ti senti sano?

MARZOUQ: Sì, molto sano. Se parliamo dopo ho avuto incidenti, spalla rotta, bicipite staccato, cervicali: malgrado tutto…Mangiare, ecco, non posso mangiare come mangiano gli altri. Se mangio come mangia mia moglie la notte la passo in bianco: ci vuole la melatonina…Io combatto…Mi considerano pazzo quando consiglio alla gente, tornate in Tunisia, abbandonate la medicina, seguite le cose naturali. Gli altri ridono. Anche le mie sorelle ridono. Una con la pressione alta, dico di consumare, che ho letto, aglio crudo e lei ride, dopo un anno viene e mi ringrazia. L’altra col diabete e il fieno bollito…Io ho continuato fino ad ora. L’ultima mia scoperta ora, che io esco nella campagna…Vedi, le sofferenze di una vita, medici, medicine, risonanza magnetica non ti aiuta e ti aiuta una pianta, senza soldi, che trovi in campagna! Come mai? Io credo in Dio, lo chiamiamo Allah, lui ti da tutto senza soldi: basta che guardi con gli occhi aperti, basta che studi. Dio ha consigliato di capire la scienza e tutte le cose. Diciamo: la cosa che mi ha salvato sono le piante, io ho usato tutte le piante: aglio, cipolla, menta, carciofo, finocchio selvatico, limone e sempre altre…

ALV: Sperimenti costantemente…

MARZOUQ: Bravo! All’inizio una pianta mi dà tanti effetti, poi il corpo si abitua e allora io cambio, comincio con un’altra. Trovo piante selvatiche, torno a casa, bollisco e bevo. Le piante sono droghe, ma droghe buone, non come la cocaina o come l’alcool. Una volta esco e gli amici parlano di un ragazzo morto in mare e io rido, rido: loro si arrabbiano. Era l’effetto di quello che avevo bollito, era un effetto…

PIETRO: Allucinogeno ah, ah. Ti eri fatto un decotto di stramonio ah, ah!

MARZOUQ: No, guarda: sono le piante che trovi in erboristeria ma lì le devi pagare. Io le usavo senza sapere che erano medicinale. Per esempio il timo. Ho detto al mio amico erborista: <<Mi ha fatto meglio di quella cosa che mi hai dato tu a 30mila lire!>> E lui si arrabbia ah, ah.

PIETRO: Senti, poco fa eri rimasto col racconto a quando avevi perso il lavoro e avevi un figlio piccolo. Cosa è successo poi?

MARZOUQ: Abbiamo finito i soldi che avevo da parte e abbiamo aspettato che Dio risolve i problemi. Perché io, con la mia malattia, la depressione che avevo, lavoravo con le piante e dovevo chinarmi per raccogliere i vasi e svenivo, così, davanti al principale. Sento alla televisione che succede a tanti depressi: vedo la terra lontana e butto il vaso per terra. Il principale: <<Marzouq, behm si è rotto, ma perché: domani non vieni più!>> E va bene. Ero depresso, non sopporto la fatica. Lavoro 3 o 4 giorni, ma non riesco a liberarmi della stanchezza, è diventata stanchezza cronica. Insonnia cronica. E allora un giorno, pregavo, pregavo, pregavo…Non lo so, voi non credete nella nostra religione. Avevo le ultime 70mila lire e le ho spese per una cosa buona, non dico quale…non dico…Per un viaggio, per aiutare una persona. Torno a casa e trovo uno che bussava a mia moglie: <<Dov’è Marzouq? Mi hanno detto che è un bravo ragazzo, del lavoro in discoteca, ho un lavoro per lui. Tu devi lavorare con me come bagnino, pulire la spiaggia, bicchieri di carta, è facile.>> Io non ho esperienza di bagnino e dico no per 600mila lire…Lui è uno fallito, depresso e drogato a 50 anni. Ha fatto fallire anche il padre e con gli ultimi 12 milioni ha aperto questo bagno. Questa spaiggia era una scarica di immondizia, sacchi, vetro, l’erba alta…abbandonata. Io vado e dico: <<Ma chi è questo pazzo? Mi dice 4 bicchieri, invece è così, lontana in campagna, non in città. Qua ti salva solo una ruspa!>> però continuo ad andare. Viene la ruspa e si rompe, disperati. Ci siamo incontrati. Lui consumava tanti psicofarmaci, tanti, tanti, e urlava per la strada: era un pazzo, suo padre lo aiuta, è assicuratore, per tutta la vita. Altre 3, 4 ruspe: non ce la facevano, troppi sassi, rocce…Alla fine è venuto un cingolato, che va bene sulla sabbia, ah, ah. E il cingolato era furbo: per rubare un milione al giorno prende la sabbia da qui e la mette là, eh, eh. Ha litigato il propietario con lui e poi mi ha detto di passare col rastrello e io subito trovo una pietra. Lui urla disperato, vuole mollare tutto, ma io gli dico: <<Ascoltami e ti salvo: la filtriamo la sabbia.>>

PIETRO: E come avete fatto?

MARZOUQ: Eh, siccome in Tunisia ancora il mondo è fatto a mano, diciamo il lavoro è tutto a mano. Quando facciamo il tetto della casa con la sabbia fina, rimaniamo tutta la notte per filtrarla per il domani. Io ho lavorato tanto così, allora gli dico: <<Ci vuole pazienza per filtrarla tutta, un mese, ma vedrai che ce la facciamo. Vai a cercare un letto di ferro con la rete e un’altra persona.>> Mi porta un letto singolo e un mazarese che non lavora bene, sai, è faticoso. Alla fine, questo è un morto di fame, lo convinco a prendere una rete grande e il lavoro è andato bene. Il mazarese mi ha abbandonato dopo 3 giorni: <<Questo è un lavoro di schiavo, in spiaggia, sotto il sole!>> Ho rimasto solo: deve riuscire, la spiaggia deve andare avanti. Lavoravo…finchè il sedere arriva a terra: 10, 12 ore al giorno, tutta la sabbia filtrata fino a 1 metro sotto. Tutti gli amici del principale dicono che è bellissima, la gente comincia a prenotare…ombrelloni. Quell’estate è andata bene. Io avevo detto al principale che i bambini si rotolano nella sabbia, deve essere pulita: non si scherza! Non puoi lasciare vetri piccoli, chessò siringhe nascoste sotto. Facevo il bagnino, filtravo fino a un metro e quando vedevo un bambino che si butta ero tranquillo. Invece questo malato ha rovinato tutto: gridava sul cliente, non chiamava personale per risparmiare eee…tante storie…non ci dava da mangiare, si comportava male con noi.

PIETRO: Anche se avevi fatto tutto il lavoro ti dava sempre soltanto un milione?

MARZOUQ: Sì. Da mangiare un pezzo di carne suo padre me lo passava sotto i piedi, il tavolo. Un piatto di pasta all’aglio e basta. Siccome aveva fallito sempre nella sua vita, voleva riuscire in fretta. Non si può così: ha cominciato a mettere prezzi alti, grida ai clienti, agitato…

PIETRO: Un pazzo!

MARZOUQ: Tirava, tirava. Mi ricordo un giorno che è arrivata una signora francese con la bambina. In Francia non si paga il lettino, solo la consumazione. Lei si siede e lui scatta come una bestia feroce, non riusciva a stare fermo, va da lei e comincia a urlare che deve pagare ma questa non capisce niente. Anch’io l’italiano mi ha fatto dimenticare il francese, prima parlavo bene. Comunque vado io e le spiego con due parole, con calma e le mi dà i soldi. Allora gli amici mazaresi del principale fanno un applauso. Perché, vedi, per loro il tunisino deve essere uno scemo che non ha studiato. Invece noi tunisini da 50 anni abbiamo il turismo e sappiamo come ci si comporta. Una volta viene un gruppo di 15 dal nord: non vogliono la pasta, sono stufi e io gli dico se vogliono il cous cous di pesce: tutti sì. Vado dal principale e lui non vuole, o pasta o vanno via. Gli dico: <<Che ti costa, un chilo di pesce, due di semola: 12mila per 15, ci guadagni>>. Mi metto a fare il cous cous e tremo: ho solo visto la mamma che lo fa ma ho paura di sbagliare. Invece viene buono e tutti mangiano contenti. Dopo pochi giorni viene un altro gruppo e vuole il cous cous ma lui dice di no, che non si fa più. Questo per farti capire che questo non capisce il lavoro. Io ero bagnino, lavapiatti, sempre sporco e sudato e la gente mi diceva: <<Marzouq, con la tua simpatia, servi tu ai tavoli!>> <<Ma sono tutto sudato!>> Lui era invidiosodel mio successo, tutte le fimmine parlano con me, lui ha 50 anni e non è sposato. Insegnavo alle fimmine la danza del ventro, tutti mi invitano a mangiare fuori…Ha cominciato ad essere invidioso, ad ostacolarmi…hai capito? Intanto, dopo 3 anni, ero arrivato a 1milione e 900 al mese…

ALV: Gli affari andavano…

MARZOUQ: Certo. Ogni anno filtravo la sabbia. Facevo tutto perché la spiaggia andasse avanti, anche per un lavoro di 4 mesi all’anno. Ma purtroppo la sfortuna mi segue. Quello ha cominciato a invidiarmi. Qualche volta, per conquistare i clienti, dico delle parole brutte contro di lui: <<Calma, lo so, è un scemo>>. Lo faccio per calmarli, per lui, ma lui non capisce. Tutti i clienti fanno fotografie con me, mi invitano a Roma a l’Aquila, a Milano…Lui ha cercato di mettermi contro gli altri operai, voleva che ci picchiassimo per mandarmi via ma siamo arrivati alle parolacce perché ho capito che era lui che creava questi problemi per liberare da me. Facevo anche il guardiano di notte, certo per 1milione e 900 la notte guardiano, la mattina bagnino, poi lavapiatti, poi bagnino, alla sera lavapiatti di nuovo e poi guardiano…Da solo in campagna, con l’insonnia, la paura…

ALV: Tua moglie non la vedevi più?

MARZOUQ: La moglie e i bambini. Tornavo un’ora per farmi la doccia.

ALV: E lei cosa diceva?

MARZOUQ: Noi dobbiamo accettare tutto. Basta che guadagni un po’ di soldi. Tante sofferenze, tante, tante.

ALV: Ma lei continuava a lavorare fuori…con le pulizie?

MARZOUQ: Sì, ancora. Lavora da una dottoressa…la casa.

ALV: Quindi in quel periodo stavate abbastanza bene…

MARZOUQ: Ma io lavoro solo 4 mesi…era un lavoro stagionale. Prima lavoravo 8 mesi all’anno nella discoteca invernale, poi 4 mesi d’estate come bagnino.

ALV: Poi i soldi dovevano bastare per tutto l’anno. E d’inverno non facevi altri lavori?

MARZOUQ: No, no. Solo quando c’è qualcosa nelle campagne…

PIETRO: Mi dicevi prima che ieri hai lavorato…

MARZOUQ: Sì. Per esempio le olive. Quando ho imparato a raccogliere facevo 4 casse al giorno ma…siccome…Qua devi aggrapparti a qualsiasi lavoro per vivere, per vivere onestamente. Io sono sfortunato. Andavo in campagna a raccogliere olive e cosa c’è? Mi viene cervicali. Così a gridare del dolore che ce l’ho nel collo e nel braccio destro. E vai dai dottori che ti dicono che non hai niente finchè ti stufi e non ci vai più. Comunque da 4 casce da 20 chili fino a 16 casce…sono arrivato ora dopo anni, malgrado il dolore. La cesta si attacca al collo perché l’oliva, salata, non deve toccare terra.

ALV: A 20 chili alla cesta, per forza ti vengono le cervicali…

MARZOUQ: Ma se tu non lavori così, ti mandano via. Capito? Questo propietario dice che sono diventato bravo…questo morto di fame. Se ti racconto cosa incontriamo nella vita! Un giorno mi dice che dobbiamo lavorare alle 6 invece che alle 7 e si lamenta perché cominciamo 10 minuti in ritardo. Un miliardario: ha i negozi di moda a MdV e i campi con gli ulivi. Sopporto il dolore, il sangue dalle mani, tutto e sua cugina dice: <<Tra un po’ arriviamo a mezzogiorno, devi alzarti prima!>> Ma perché c’è questa disperazione? La ricchezza, soldi da tutte le parti e siete disperati così?  Questa gente…io parlo degli italiani in generale perché, dico la verità, in Tunisia non abbiamo questa disperazione. Ci basta da mangiare e siamo contenti, ma quando arriviamo qua diventiamo disperati…Comunque lui, costretto dalla cugina, mi viene a dire che abbiamo cominciato in ritardo e allora io butto la cesta a terra: <<Ma tu sei un morto di fame! Dalle 6 che lavoro, ogni giorno chiedi un’ora di più e vieni a dirmi dei 10 minuti, che li devo recuperare. Me ne vado!>> E lui allora mi prega di restare, dice che è malato di cuore, ma io me ne vado. Lui sa che sono un bravo lavoratore e la moglie, che conosce il suo carattere, gli dice che deve chiedermi scusa…Allora lui viene a casa mia e mi chiede scusa, di finire almeno la stagione e io dico va bene, perché lavoro non si trova…Nella vita è così!

PIETRO: E quanto pagano per un lavoro così?

MARZOUQ: Sono 70mila lire, ma lavori tutto il giorno. Diciamo 9 ore…e poi ti porta a scaricare…eee…io sono contento, vedo lui disperato con tutti i suoi milioni, con i negozi di abbigliamento…Non me ne frega niente: che cosa costa a me un’ora di lavoro in più o in meno? Lui disperato e io così povero e contento, ah, ah, ah eh. E ora lui, siccome mi ha provato, ogni tanto mi dice: <<Marzouq, c’è 5 giorni di zappa oppure la vigna>> Io non vado a lavorare se c’è lui, se no dice che tutto il lavoro è sbagliato: <<Non si zappa così, il vitigno si lega così e non così:>> Tutto come vuole lui ma io così non vado. Ora mi dice: <<Marzouq, vai da solo e fai il lavoro come vuoi, poi mi dici quante ore.>> Diciamo che l’ho fatto diventare educato. L’ho fatto imparere qualche cosa, per gli operai, diciamo. Sa che io nel lavoro sono onesto…lascia li soldi alla moglie e gli dice: <<Quando viene Marzouq, dagli quello che chiede!>>. E ora comportiamo così, ah, ah.

PIETRO: Quindi sei ancora in rapporto con lui?

MARZOUQ: Sì.

ALV: E invece, per quanto riguarda il lavoro di bagnino…l’hai più fatto?

MARZOUQ: No, guarda, siccome è diventato un poco depresso per la paura…di quello là…il lavoro è diventato una disgrazia…soprattutto qua in Sicilia che non c’è lavoro e c’è disperazione…Un lavoro può diventare una disgrazia, o no? La gente mi dice: <<Marzouq, come fai a sopportare questa persona?>> Io so che devo sopportare questo perché ci sono altri peggio di lui.

ALV: Quindi hai continuato?

MARZOUQ: Sì, ma era lui che voleva mandarmi via a tutti i costi. Un anno è venuto un mazarese, un morto di fame che era andato al nord, a Ravenna e non era riuscito. Lui accettava il mio stesso lavoro per 1 milione, invece di 1 milione e 9. Il principale è rimasto shockato: <<Ma come, ho un tunisino che non vuole meno di 1 milione e 9 e trovo un mazarese che fa lo stesso lavoro per 1 milione?>> Allora dico a questo, che aveva anche l’attrezzatura per fare i buchi degli ombrelloni…e anche la patente per trasportare: <<Ma che cazzo stai facendo? ! milione e lavori 13, 14 ore al giorno, lavapiatti e tutto, così mi rovini anche a me!>> Ma lui risponde che a Ravenna è andata male e che a lui, a MdV, 1 milione gli basta.

PIETRO: E poi si dice che gli stranieri fanno concorrenza agli italiani sul lavoro! Qui in Sicilia…

MARZOUQ: Ti dico una cosa, dopo 12 anni che sono in Italia. Ho lavorato un periodo anche in  una discoteca più grande, il sabato. Venivano anche 3500 persone…e lavoravo con italiani…Vedi che…le…non devi dire queste cose…le loro mogli molestate dal padrone e…loro accettavano. Poi quando puliamo il bagno: lui, il mazarese quando puliamo il bagno non mette il guanto e va dentro con la mano: quando la tira fuori è sporca di merda. Io sono abituato a pulire con la scopa e lui dice: <<Devi pulire come me!>>. Malattie, tutto…e quello va a dire al principale che io non mi sporco le mani, che non pulisco le tubature…C’è l’invidia. Quando facciamo le pulizie loro spaccano i bicchieri sul lato che devo pulire io. In questa discoteca c’è anche una piscina dove di giorno i bambini imparano a nuotare e loro vanno a dire al principale che io lascio i vetri e invece ho pulito tutto bene…ehh. L’invidia…tanti episodi, se parliamo…Io, come si dice…sono abituato. Siccome il lavoro è poco, gli operai si scontrano tra di loro. Se ti racconto cosa è successo quando sono andato a fare il marinaio…mizzica! Quando è finita con la spiaggia. Il principale contava sempre i soldi per potermi accusare di essere ladro davanti ai miei amici…e io pensavo…pensavo…finchè un giorno stavo rastrellando, perché rastrellavo anche la spiaggia. Si fa camminando all’indietro, cadevo tante volte, non succede a me niente. Quella volta ero nervoso, non so da che cosa. Cado la prima volta e appoggio male la mano sinistra. Mi alzo con dolore, ma subito perché ho vergogna di cadere davanti ci clienti come un bagnino inesperto. La spalla mi fa gridare, riesco a muovere un po’ le dita, allora continuo ma cado una seconda volta…Non so, quel giorno ero stanco…il dolore è fortissimo. La terza volta lì ci sono le rocce e scivolo e appoggio e sento tata tata tatatata: la spalla di qua. Penso io: <<Meno male la caduta alla fine della spiaggia, domani guarisco, sono abituato, intanto ho finito il lavoro!>> Una volta ti rompi un piede sulla roccia: continui a lavorare. Malato? Uh…sto male? Non capiscono questa cosa sul lavoro: tu sei una maccina. Basta! Tu devi lavorare! Infatti quel giorno che sono caduto 3 volte ero contento perché ero alla fine della spiaggia. In più, malgrado mia figlia, intanto avevo fatto un altro figlio, si è persa alla fiera. Allora dico al principale: <<Mi sono fatto male rastrellando e sono preoccupato per mia figlia –per fortuna una che conosciamo intanto l’ha trovata alla fiera- e voglio vedere come sta-. Andiamo a MdV al pronto soccorso e così vediamo come è –ma lui no, non ha tempo- Solo un’ora ti costa, un’ora!>> Niente, dice no, che non ha tempo. Il primo giorno mi stringo una fasciatura e non mi ha portato, il secondo giorno non mi ha portato, il terzo giorno ho trovato un passaggio da un napoletano…

PIETRO: Intanto hai continuato a lavorare così ferito?

MARZOUQ: Sì, con una doppia fasciatura perché se no la mano era pesante con dolore…Poi, al pronto soccorso mi dicono che devo stare per 3 mesi con la mano attaccata al petto. Allora dico: <<Come finisco la stagione? Invece di 3 mesi, scrivi 15 o 20 giorni così mostro a lui che posso lavorare.>> Il dottore dice che devo denunciare l’incidente sul lavoro.

PIETRO: Ma tu lì eri in nero?

MARZOUQ: Tutto è in nero, qui si lavora solo in nero. Ma io ho pensato che no, che mi faceva lavorare meno, le cose che potevo fare. Invece il principale mi dice che se non posso fare tutto me ne devo andare…Vedi come siamo noi? Mizzica, me ne devo andare. Il giorno dopo c’è la legna da scaricare per il falò di ferragosto e gli dico di mandare un altro per aiutarmi. <<No! Questo è il tuo lavoro! Devi farlo tu!>>. Va bene: allora tiro su i legni tutti, lo sai, spigolosi, e li appoggio a questa mano come morta. Poi li tiro su sulla spalla del braccio che funziona e vado giù così, con un braccio solo. Ah, ah…E allora alla fine io non lo sopporto più! Ho litigato con lui: <<Dammi li soldi che me ne vado!>> Mi fa un assegno ma io so che è in nero e non ne ha: <<Dammi i soldi!>> Alla fine, va bene, mi da la metà dei 4 milioni e mezzo che avanzavo. La mano va peggio e il medico dice che mi devo ricoverare, ma in ospedale non vogliono…

ALV: Nemmeno passando per il pronto soccorso?

MARZOUQ: Niente, non vogliono. Chiamano la polizia e io gli dico: <<Guarda, io sto male e questi invece di ricoverarmi all’ospedale mi vogliono far ricoverare alla prigione. Il mio medico dice una cosa e…Tutto va male qua…E allora mi fanno fare il ricovero. Il primo medico dice che è spostato il femoro, no, l’omero, che serve un piccolo intervento…ma per la mia sfortuna questo medico viene trasferito. Li altri smentiscono quello: <<Sei sano come un cavallo!>>. Nooo…Alla fine mi lasciano un danno almeno del 20% al mio braccio.

PIETRO: Ma ce l’hai un documento che dice di questo 20%?

MARZOUQ: Sì, volevo denunciare al medico ma…ho paura. Ho paura…ce l’ho un documento…staccato…del 20%. Sopportiamo li padroni e li medici: tutto va male…Qua, quando tu porti un’analisi, che il tuo medico ti manda…all’ospedale quella che ti riceve dice: <<Guarda, guarda questo tunisino: 100mila lire di analisi! Senza niente eh. Non paga niente!>> Quella che fa il ticket eh. Oppure il medico ti manda e i medici dell’ospedale…perché tutti i medici sono in politica. Allora quello di sinistra ti aiuta, un po’. Quello di destra, vedi come sono gli specialisti, ti dice: <<Vai dal tuo medico e digli che non capisce niente! Tu non sei malato! Sei sano!>> Vogliono risparmiare eh, eh. Anche i medici sono entrati nella politica…Ti racconto, questo è successo in questi giorni: un tunisino ha un dolore nella pancia e va da un medico all’altro, all’altro, ancora un altro e tutti: <<Non hai niente.>> Alla fine gli hanno trovato un tumore. Si opera a un’altra città, ma, meschino, torna e cade svenuto, come paralitico. Allora tac al cervello: <<Ahi! Anche un cancro al cervello: allora vai a Tunisi, non c’è più speranza.>> Diciamo, se li medici si insistono un po’ di più scoprono magari prima il tumore all’intestino o al cervello. L’hanno portato a morire a Tunisi. La sanità va male, il lavoro va male.

PIETRO: Io volevo dirti una cosa, da un certo punto in poi: perché ti sei fermato a MdV?

MARZOUQ: Te l’ho detto: perché so che anche fuori c’è la disperazione. Gli operai…vogliono fare uscire l’olio da loro, non il sudore. E allora siccome io ho detto a te che non sopporto la fatica e ho perso la fiducia in me stesso. Allora io vado in una fabbrica dove devi stare ogni giorno se no ti mandano via…La fabbrica non perdona! Eh! E io malato oggi, malato domani, ma che è? E allora io non sono adatto ad una fabbrica, hai capito? Io sono adatto a un lavoro a terra…Si può fare qua, in campagna. Ti puoi riposare, tanto il principale non ti bada, se ti vuoi riposare qualche giorno. E allora non vado più fuori…Ora sono migliorato molto, ho preso la patente b, voglio prendere anche la a, il camionista, chissà? Per andare lì…Siccome io mi sono liberato un po’ di questa malattia, sento la voglia di recuperarmi, di imparare…di sfruttare il tempo. Ho fatto un brevetto di subacqueo, sì. Il bagnino l’ho fatto…Mi è venuta la voglia di…come di partire. Siccome sono accusato di essere…uno fallito dalla famiglia, dalla moglie, dagli amici…

PIETRO: Ma anche la moglie non protesta adesso?

MARZOUQ: Noo, perché nessuna moglie sopporta a lungo un marito che non lavora e che non ha fatto niente…non sopporta…anche se sa che sono malato.

ALV: Ma tu hai fatto un sacco di cose!

MARZOUQ: Sì, ma…vedo telegiornale che uno nella mia situazione uccide la famiglia, succede. Gente ricca. Gente malata può farlo. Torni in Tunisia e la tua famiglia non ti rispetta, padre e madre, perché quell’altro ha guadagnato. Dico: <<Mamma, tu non capisci che sono malato. Non come gli altri. Basta a me respirare l’aria, uscire di casa e fare un giro in campagna. Sono contento! Mamma, tu non lo capisci che sono malato!>>

Risponde ah, ah: <<Ma cos’è questa malattia? Aids? Tutti i tuoi amici dicono che hai l’aids!>> Ah, ah. Perché dalla Tunisia sono andato dai medici che non mi hanno curato e loro sanno solo cancro e aids non si cura. Non sanno che la società ha creato altre malattie! L’ambiente…

PIETRO: Non ti hanno saputo riconoscere la sinusite per tutto quel tempo?

MARZOUQ: Dopo tanti anni…io…non lo so: credo a me stesso…credo che ce la faccio. Io dico se la mia malattia è grave mi uccide, non sta con me 10 anni. Se io capisco piano piano quelle cose che mi fanno male e quelle che non mi fanno male…piano piano riesco a vivere con questa…e sconfiggerla! Diciamo, è questo che sta succedendo ma la famiglia, il padre, la madre e la moglie non riesono a capire che…la depressione…uh, il mondo: tante malattie ora! Talmente cronica, nuova e i medici non capiscono ora come curarla. Io sono riuscito: da uno che non riesce a camminare 50 passi a uno che esce, va a fare la spesa…sono diventato, come ho detto a te, uno che riesce a raccogliere 16 casse di olive al giorno! A fare la corsa…due ore maratona sulla spiaggia, a fare il sub. Io sto…diciamo…conquistando…sconfiggere questa malattia. Basta che io lo capisco, se è grave sono già morto: se un cibo mi fa male, devo toglierlo…Se un lavoro di guardiano mi causa depressione, nervosismo, non lavoro più di guardiano…Fa un po’ nervoso, fare il guardiano. Quidi io grazie a Dio…grazie ad Allah, senza medici…sono riuscito a curare me stesso e sono contento di questo risultato. Più, non lo so, di costruire una casa, di avere un mercedes…Che c’è meglio di vivere in pace?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA N. 16

MdV2 (18 Aprile 2002)

Religiosa,  testimone privilegiata (nel corso dell’intervista intervengono tre tunisini arrivati per fruire del servizio.

 

PIETRO: Volevamo farle alcune domande sulle questioni che riguardano gli immigrati…ad esempio le carte di soggiorno oppure i problemi per ottenere i permessi di soggiorno…

 

“Il più grande problema per loro è il lavoro e la casa. Ultimamente molte barche sono andate in disarmo quindi anche la parte della marina che è il lavoro più…forte…diciamo la marina…”

salta la registrazione per circa 5 minuti

“…Mah…ehm…diciamo sì. Ultimamente questi tempi per il rilascio dei permessi si sono allungati. Sì!”

PIETRO: Ma in generale ci sono sempre state difficoltà?

“Sì, il fatto è che l’immigrato deve essere più legale di chiunque: a posto con le carte della casa, va bene, il contratto di casa deve essere sempre registrato. Ogni anno deve versare il 2% dell’ammontare dell’affitto, ma questo sarebbe di competenza del propietario che però…si disinteressa, dovrebbe essere metà e metà, invece lo deve fare l’immigrato perché altrimenti si va in commissariato e gli viene rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno. Devi tener conto che un marinaio sta via un mese e poi in 2 o 3 giorni deve sistemare tutte queste formalità. Quindi se il padrone si disinteressa lui si toglie il pensiero e tira fuori queste 20 o 30 mila lire. Si addossa tutto lui per togliersi il pensiero”

PIETRO: Ma le donne svolgono qualcuna di queste mansioni?

“Molte volte sì. Certamente hanno…la donna.

PIETRO: Quindi c’è un ruolo. Voglio direee…non è che la donna resta soltanto confinata a sbrigare le faccende domestiche…C’è un interesse…

“Il marito cerca di sbrigare il più possibile prima di partire perché…la moglie resta a casa e deve badare alla famiglia.”

PIETRO: …Ehmm…eh…Per curiosità quindi: qui vengono più uomini o più donne?

“Qui vengono più uomini.”

ALV: Senta invece, per quanto riguarda gli slavi…i rom. Frequentano questo centro? Se ci può parlare delle differenze nelle modalità di relazione…di voi con loro e di loro con voi…

“Non capisco bene…Loro sono diversi. C’è questa diversità nel modo di essere.”

ALV: In che cosa si manifesta?

“Loro sono piuttosto personeee…con una mentalità… che tutto gli è dovuto…che hanno diritto a queste cose, per cui si presentano un pochino più…diciamo così…esigenti…se possiamo dire questa cosa qua…Non amano aspettare…loro devono avere però…sono così, sono fatti così.”

PIETRO: Come problematiche comunque…tunisini e slavi hanno le medesime…

“Sì. L’unica che i tunisini sono la maggior parte così. Loro lavorano nel mare, hanno sempre…un posto di lavoro magari ce lo trovano, mentre gli slavi hanno più difficoltà a trovare perché non sono marinai e la marina per loro non è…”

PIETRO: Ma secondo lei gli slavi faticano a trovare lavoro perché sono cattivi lavoratori o perché c’è un pregiudizio nei loro confronti per cui i datori di lavoro non li assumono?

“Ci sono le due. Non possiamo fare di tutta l’erba un fascio perché molti slavi lavorano e continuano a lavorare”

Ingresso di tre tunisini, scambio di “buongiorno”.

“E’ vero che per loro bisogna trovare dei lavori che siano confacenti per loro. Hanno una mentalità di molta libertà, di fare sempre quello che loro pensano, non…si assoggettano molto a…ordini. Per cui ad esempio sono molto portati per il commercio, no? Come venditori ambulanti. Oppure come artigiani fanno cose che dopo vendono. Diciamo che sono più orientati verso questi lavori che fanno loro quando credono. Però ci sono delle donne che lavorano nelle famiglie, ci sono…e ci sono anche quelli che vanno in campagna come braccianti. Sono in meno insomma…ci sono.”

Discussione sulla collocazione a MdV delle varie associazioni, suore francescane in particolare.

ALVISE: Ci può dire quanti bambini frequentano il doposcuola delle suore francescane, cioè il vostro?

“Saranno una ventina. Sono pochi. In confronto di quelli che avrebbero bisogno..per questo dico che sono pochi…

ALVISE: Però allora siete poche anche voi!

“Sì. 4.”

ALVISE: Sì, ognuna con un compito specifico?

“Sì, per poter essere più efficienti.”

PIETRO: Eh, la divisione del lavoro. Chi ci consiglierebbe di contattare in questura per avere delle informazioni. A noi incuriosisce molto questo aspetto dell’arbitrarietà di ogni funzionario…

“Il dirigente Tumbiolo.”

PIETRO: Famigerato.

“Tumbiolo, vero? Ne puoi parlare con loro”

PIETRO: Sareste disponibili a una discussione?…A un’intervista…

TUN1: Posso dare il mio punto di vista senz’altro

TUN2: Sì

TUN3: Son giornalista?

“No, studenti che devono…studiare. Accomodati, parla lui che è bravo.” (rivolta a TUN1)

PIETRO: Sì ecco. Siccome i tunisini sono fondamentali per l’economia del luogo, noi siamo assolutamente interessati al punto di vista degli…stranieri…nel lavoro, nelle difficoltà che incontrano qui…in Italia o…qui…Quindi saremmo interessati a saperne di più…sulla vostra vita, ecco.

TUN1: La difficoltà qui a MdV è che…soltanto c’è lavoro al mare. Tu cerchi un altro lavoro e non c’è. Anche se c’è non vuole prenderti in regola: è questo che c’è.

TUN2: Il problema e che il padrone non vuole pagare i contributi. Per questo non ti mette in regola.

PIETRO: Ma ad esempio, gli immigrati…sono iscritti al sindacato oppure no?

TUN1: Sì.

PIETRO: E il sindacato è attivo per difendere i diritti dei…

TUN1: Sì, ma non è tutti.

ALV: più per quelli che vanno a mare?

TUN1: A mare e a terra, ma non è tutti. Non è al 100% diciamo…Perché diciamo un esempio: io sono iscritto all’ufficio di collocamento. E la difficoltà qual è? Per rinnovare il permesso di soggiorno. Vogliono un contratto di lavoro, ma io sono iscritto al collocamento perché non ce l’ho. Io cerco di qua di là di qua di là. A me non mi va per esempio di lavorare in nero. E poi i documenti: per rinnovare ci vai con 3 chili, tre chili! E poi aspetti 3 o 4 mesi, ma la legge italiana dice 8 giorni. Se arriva dopo tre mesi, di un anno ti resta nove mesi e l’anno successivo ti chiedono poi 7 o 8 buste paga. Hai capito? Perché non è come i paesi d’Europa…10 anni…perché non fanno come la Francia 4 anni? Perché? Dimmelo tu.

PIETRO: Perché qua…una risposta potrebbe essere che il lavoro in mare non è un lavoro sicuro come in fabbrica. Sicuro nel senso che…a tempo indeterminato.

TUN1: Allora, ci sono quelli che hanno 30 anni di lavoro in mare. Lo sai? E gli rinnovano per un anno! Non è giusto, e poi aspetti 4 mesi per il soggiorno. Così non posso andare nel mio paese. Almeno fammi una ricevuta che posso andare. Il tesserino sanitario mi danno con scadenza del permesso di soggiorno. Mi segui? Così nei 4 mesi non ho il diritto di andare dal dottore!

PIETRO: E al pronto soccorso?

TUN1: Ti chiedono il documento e se non ce l’hai: foglio di via!

PIETRO: Ma lo sai che questa cosa è illegale

TUN1: Eeeeh, siamo a MdV.

Confusione da concitazione: le voci si accavallano.

TUN2: Una volta ho accompagnato un amico mio che stava male male. Non lo ricoverano e che lo lasci magari mi muore così: <<Non ha documenti>>. Pianto un casino, polizia, carabinieri, non ha il permesso, niente. L’ho portato a casa mia. E’ passata una settimana ed è morto. Questo è il problema.

PIETRO: E’ illegale. E’ illegale.

Concitazione generale.

TUN1: Un altro esempio le domandine per il permesso siamo sempre in 7 tunisini qua, sempre qua. Perché la domandina scritta a mano, da solo, non la vogliono più. Perché? Ti dico io perché: c’è uno che prima lavorava in questura e allora ti mandano da lui per scrivere, fare fotocopie, tutto in nero, e tu paghi. Qua non fanno pagare, ma loro ti vogliono mandare là…

Concitazione, la comunicazione è difficile, il registratore è nascosto e lontano.

ALV: Abbiamo detto che per legge il permesso andrebbe rinnovato in 8 giorni e che qui ci vogliono almeno 3 mesi. Ma dopo 3 mesi, quando Lei il permesso ce l’ha ed è…diciamo sicuro per un certo periodo, perché non denuncia questo fatto?

PIETRO: Nooo, ma scherzi?

La domanda provoca una reazione confusa di tutti i tunisini. Confusione: Qualcuno fa riferimento al fatto che denunciare può essere pericoloso.

TUN1: Fanno tutto tra loro…poi ti mandano quegli altri, sono d’accordo da un ufficio all’altro.

PIETRO: No, non è possibile.

ALV: Non rispondere per gli altri, che non è il tuo ruolo.

TUN2 (quasi incomprensibile)…Ma se io vado da solo a denunciare mi mandano via, cosa credi?

PIETRO: Capisco bene che esporsi in prima persona sia difficile. Ma per esempio, i sindacati, io batto sempre lì…perché non li avvisate, non chiedete loro…

TUN1: Ma loro lavorano là…è che vedi…qui credono che gli immigrati sono stupidi…loro protestano sempre con la questura…non c’è niente, non c’è niente.

TUN2: Io aspetto 3, 4 mesi e c’è chi arriva subito a prenderlo. Giusto o no?

“I favoritismi sono terribili.”

TUN1: Ci vuole Michele Santoro che viene qua…qua ci vuole un giudice!

PIETRO: Ma come si discrimina un immigrato rispetto ad un altro?

“Si riconosce dalle…”

TUN1: Eh, eh, eh! Ci sono tante cose in giro. Uno 8 giorni, uno subito, uno mesi…

PIETRO: Ma…voi individuate delle logiche…delle ragioni che a me sfuggono…questa discriminazione.

ALV: A me non sfuggono.

PIETRO: Beh, io domando a loro. Non rispondere tu…Indovinate delle ragioni per queste pratiche delle questure oppure…vi rassegnate…a qualcosa di incomprensibile?

Silenzio generale.

“Loro dicono che non hanno abbastanza personale.”

TUN1: Perché non mandano un questore qua?

“Dovete tener conto che il personale è a disposizione anche per altre cose…se per esempio arriva una nave di clandestini sono chiamati.

TUN1: Ma non è colpa nostra. Ci sono migliaia di disoccupati…Perché non fanno…non so…un po’ più di impiegati…uno, uno solo, ne trovo uno solo.

“Ci sono quelli che sono qui da 15 anni e vengono controllati, anche negli uffici, come quelli che sono arrivati ieri. Capisco il controllo: questo è un porto. Però si può trovare un equilibrio tra controllo e…questa situazione. Non dovrebbe essere così strenuo.”

TUN2: E’ inutile. Tu chiedi e tutti tunisini qual è problema: permesso di soggiorno, permesso di soggiorno, permesso di soggiorno…Io vado la con 3 chili e mezzo di carte e lui mi dice <<Perché non mi hai fatto quella pagina là?>>. Sono qui da 10 anni! Perché fanno questo? Perché?

ALV: Secondo lei perché?

TUN1: Oooh, non so io.

ALV: Per tenere basso il costo del lavoro, per tenervi precari, per farvi lavorare a meno soldi, perché alcuni di voi poi vanno a lavorare in nero e il padrone non paga i contributi.

TUN1: Ma questo rigyarda l’articolo 18…

PIETRO: Esatto, è un progetto.

ALV: E’ un progetto che riguarda voi ma riguarda tutti.

TUN1: Così ora ti possono licenziare senza pagare. Ma siete nell’Unione europea. Questo non succede neanche nel quinto mondo, neanche nel Mozambico.

“Comunque è vero: il lavoro nero non lo vogliono loro”

TUN1: Nooo! Siamo obbligati a lavorare in nero. Magari 30 mila lire, intanto non muori di fame. Trattano uguale uno che è qui magari da 30 anni e uno che è appena arrivato. Ce n’è qualcuno che è arrivato l’anno scorso e gli hanno rinnovato subito il permesso: Perché?…Chissa’…Forse sono giovani…

TUN1: Io non sono marinaro, posso sbarcare il pesce e sono disoccupato. Questo è il problema. Però ti dico sono tutti lavoratori onesti. Solo qualcuno che rovina il nome di tutti gli onesti.

PIETRO: Mah…io volevo chiedere tante cose anche di prima…prima che veniste qui…

TUN1: Prima con il governo di centrosinistra stavamo benissimo, stavamo benissimo. Ora vai più indietro…

ALV: Ma stavate benissimo perché, per esempio?

TUN1: Perchèèè…non ci sonooo…Prima per rinnovare il soggiorno al massimo 25 giorni, al massimo. Prima c’era un maresciallo per gli stranieri, tutto era aperto ora hanno chiuso la porta. La porta è sempre chiusa, ti guardano…se uno vede una signora: <<Ah signooora! Passi! Passi!>>. Poi passa un uomo:<<No, questo è uomo lascialo stare…questo è brutto>>. Così è. Non so, forse non sono sposate. Non so com’è. Veramente vergogna!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA N. 17

A., religiosa, testimone privilegiato

 

P. Come giudica il, diciamo così, modello d’integrazione di Mazara? Sono funzionate le eventuali politiche  oppure vi sono delle lacune?

S.A.  Ad essere obiettive non ci sono lacune: non c’è niente per l’integrazione da parte delle strutture pubbliche. Non esiste niente: pensate  che non esiste ancora uno sportello per gli stranieri, per gli immigrati. Ormai è quasi vent’anni che questi, gli stranieri, sono qua e ancora non si vede…Qualche mese siamo ancora andati al comune per sollecitarlo…lo facciamo, lo facciamo. Poi esce fuori l’articolo: “è stato aperto lo sportello per gli immigrati”, andiamo al comune e lo sportello non esiste. Si vede che c’è la buona volontà probabilmente, ma la buona volontà non basta.

P. A cosa l’attribuirebbe questa immobilità? Gli immigrati sembrano il nerbo dell’economia locale, almeno a prima vista.

S.A. Sì, fino ad adesso sì.Adesso la pesca diminuirà e allora…ma certo se non ci fossero gli immigrati i pescherecci mancherebbero di manodopera, perché i giovani italiani adesso non è che vogliono fare questa vita. Troppo sacrificata! Troppo sacrificata…restano 24 giorni a mare, poi ritornano, quattro giorni a terra,  poi s’imbarcano di nuovo. Un ragazzo italiano non accetta di fare questa vita e devi dire di più: che i figli dei tunisini non accetteranno di fare questo lavoro, in seguito. Studiano o almeno ambiscono a una vita un pochettino più comoda. E anche la famiglia viene danneggiata: i bambini quasi non conoscono il padre, perché sta sempre fuori. Non è solo non voglia di lavorare: è perché veramente…Molti dei pescatori se ne vanno verso le Marche, perché i pescatori lì vanno a mare sino a giovedi, poi hanno tre giorni liberi – venerdi, sabato e domenica – poi…così i pescatori si possono godere la famiglia. Invece qui no!

          • I pescatori mazaresi sono andati nelle Marche?!

S.A. No, i pescatori tunisini! I pescatori mazaresi, no. Questi poi non sono molti. Prima la popolazioen era formata da pescatori. Pian piano restano i più anziani. I giovani si contano sulle dita di una mano.

          • Voi, come ente di assistenza, quali ambiti d’intervento avete individuato?

S.A. Noi veramente come suore francescane abbiamo cercato di adeguarci alle loro esigenze. Perché appena sono arrivati – si trattava degli anni ’68-70 – sono arrivati uomini soli. In prevalenza uomini e per pescare! Allora quello di cui avevano bisogno era essera aiutati a regolarizzare la loro posizione, aiutati per le pratiche sia al comune sia per l’assistenza sanitaria. Venivano qui senza sapere una parola d’italiano e avevano bisogno di essere un po’ inseriti nel contesto. Quindi ci siamo limitate a questo. Pian piano, al seguito dei pescatori, sono venute le donne, le famiglie. Perché poveretti, loro avevano bisogno di sentirsi anche gli affetti familiari e non essere sempre allo sbaraglio. Allora piano piano sono arrivate le mogli, sono arrivati i figli e quindi altre esigenze. Le mogli arrivano qui senza sapere una parola d’italiano, magari in attesa di figli…avevano bisogno di essere aiutate, accompagnate all’ospedale, alle strutture sanitarie, tante cose…oppure essere aiutate per i bambini: iscrizione all’asilo, iscrizione alla scuola, in tutte queste cose qua…

A. Pratiche…

          • A.Pratiche anche! Sono continuate le pratiche per il soggiorno…Il permesso scade ogni anno e quindi ogni anno carte a carte da compilare. Molti sono analfabeti e quindi li abbiamo aiutati a compilare queste pratiche.

A. Il vostro intervento è sostitutivo di una carenza del pubblico…

S.A. Esatto, esatto! E’ questo che vogliamo far capire al comune da vent’anni, che cerchiamo di sollecitare interventi che non siano solo i nostri. Perché noi potremmo aiutare solo sino a un certo punto. Soldi noi ne abbiamo per strutture: queste dove stiamo ce le abbiamo perché un privato ci ha aiutate a mettere su questo laboratorio. Altrimenti se avessimo aspettato delle sovvenzione dalla Regione o da chiunque altro, non si sarebbe fatto niente. Il comune ha i mezzi anche finanziari, senza contare che la Comunità Europea aveva previsto anni addietro dei sussidi, degli aiuti: sarebbe costato poco preparare dei progetti e inoltrarli…Non è che era il comune che doveva in prima persona pagare.

A. Avete delle strutture per quanto riguarda alloggi provvisori, per quanto riguarda appartamenti, o avete ospitato…

S.A. No, in un primo momento c’è stata una mensa. Perché erano solo uomini, quindi venivano a mangiare alla Caritas. Dopo non è stato più necessario, perché sono arrivate le mogli, ecc., ed era meglio che mangiassero a casa, in famiglia. E anche per la prima accoglienza, quando portano le mogli hanno la casa in affitto, non c’è bisogno di pronta accoglienza. In un primo momento si è sentita questa esigenza, ma subito è scomparsa. Tanto per avere il permesso di soggiorno devono presentare il contratto d’affitto, quindi la pronta accoglienza non…Invece l’emergenza più grossa è far trovare casa alle famiglie che arrivano. Perché intanto gli italiani, anche i mazaresi, sono diventati più prevenuti e se una casa non è proprio fatiscente, non l’affittano. Ecco perché la casbah sta diventando il ghetto, una città nella città: perché nella casbah le case sono tutte un po’ disastrate, il padrone si è fatto una casa migliore, soprattutto dopo il terremoto. Le case qui che erano vecchie sono state un po’ lesionate, sono stati dati contributi  — ancora non tutti –, ma quando i locatori sono riusciti ad avere i contributi che cosa hanno fatto? Hanno abbandonato la casa vecchia, l’hanno aggiustata così per modo di dire e si sono costruiti una casa altrove, nella periferia oppure negli altri centri. E la casbah è stata abbandonata. Le case non sono efficenti e le affittano a prezzi irrisori. Il tunisino che arriva non ha molti soldi e quindi si prende la casa qui. Qui stanno vendendo delle casette vicino il duomo, così…

P. I tunisini si prendono delle case disagiate, ma hanno grandi difficoltà a reperirne? Voglio dire, non c’è bisogno di mettere in moto reti di conoscenti, di ricorrere a grandi mediazioni…?

S.A. Per case buone sì! Non ne danno!

P. Ma quelle più disastrate si trovano con facilità?

S.A. Con relativa facilità! Perché quando non sono abitabili, non sono abitabili! Man mano che un tunisino guadagna di più, sta meglio, si cerca una casa. Infatti ci sono altri rioni dove stanno; però sono sempre rioni periferici dove le case sono in migliori condizioni. L’esigenza sarebbe quindi…al comune lo abbiamo segnalato molte volte…sarebbe che il comune che vede queste case abbandonate, le requisisce, le ristruttura e poi dovrebbe affittarle a prezzo modico.

          • Da questo punto di vista non c’è stata nessuna attivazione di progetti o bozze di programmi?

S.A. Noi avevamo esposto un nostro progetto, avevamo sollecitato appunto questo dell’affitto delle case – che peraltro non costano tanto – per ristrutturarle e affittarle. Purtroppo c’è questa signora nostra tessitrice che sta cercando disperatamente casa, perché quella dove sta è obiettivamente malsana, umida e in genere qualcuna di noi, quando vede “affittasi” in un posto un pochino decente, qualcuno di noi ci va insieme a lei, fa la mediazione…a volte ci riusciamo e a volte no. In effetti qualche volta è vero che qualcuno non paga l’affitto, bisogna essere obiettivi, non è tutto rose e fiori…però fare di tutta l’erba un fascio non è neanche giusto! Si fa un torto a queste persone qua.

          1. Abbiamo fatto diverse interviste con testimoni privilegiati – anche italiani trasferitesi dal centro – e ci hanno detto che, a parte il terremoto, negli anni ’90 ci sono stati notevoli problemi legati allo spaccio di stupefacenti, alla presenza di tossicopodendenti nella casbah, che sono stati risolti diciamo verso la metà degli anni ’90. Questi mazaresi con cui parlavano sottolineavano l’importanza di questo momento di confusione, per cui non si sentivano sicuri nel quartiere, erano indotti a starsene a casa, gli amici non volevano andare a trovarli. Qual è la sua opinione su quanto possa aver influito…

S.A. Io sono venuta nel ’95, quindi giusto a metà degli anni ’90, e in realta c’era un gruppetto di spacciatori, poi c’è stata una retata e li hanno presi tutti. E da allora c’è un po’ di calma. Però devo sottolineare pure che in questo gruppo di spacciatori non c’erano solo tunisini: c’erano anche gli italiani, perché era più tranquillo, meno sorvegliato dalla polizia, ecc. E poi dopo che li hanno mandati via, d’accordo, il gruppo è stato scacciato, però gli altri spacciatori sono andati in un’altra parte di Mazara. Perciò non è solo il quartiere-casbah che ha questo problema…adesso purtroppo ora si sta riaccendendo la questione per un fatto molto semplice: intanto è stato spostato qui un circolo tunisino e purtroppo è il ritrovo di tutti i ragazzi sbandati e anche dei ragazzi tunisini che non hanno lavoro. E pare che anche qui si ricominci a spacciare. Ed è successo un’altra cosa che ha aggravato la situazione: le famiglie prime erano qua, però i ragazzi soprattutto, dopo la scuola elementare – i maschi! – li mandavano in Tunisia dai nonni a studiare. E stavano lì sino a che non avevano completato le scuole superiori. Cosa è successo? Adesso, siccome hanno ristretto tutte le possibilità per venire in Italia, hanno obbligato tutti quelli che avevano i figli in Tunisia  a portarli qua. Perché restando in Tunisia non rinnovavano i permessi di soggiorno per i figli. Capite che la famiglia restava spezzata, perché se i figli non possono entrare…allora l’anno scorso e quest’anno moltissimi – quindi una cosa recentissima – hanno portato a Mazara questi ragazzi di 15-16-17 anni e forse passa. Questi ragazzi hanno fatto le scuole superiori sino a una certa età a Tunisi. L’italiano non lo sanno! Sono venuti qua: hanno cercato di inserirsi nella scuola italiana…che è successo? Si sono trovati a disagio  non conoscendo la lingua italiana. La scuola prima che attivi qualche corso ci vuole parecchio tempo. Questi ragazzi quindi hanno lasciato la scuola, non hanno lavoro e stanno sempre lì che girano attorno a questo circolo. Io l’ho sottolineato più volte alla polizia, perché loro mi vengono a chiedere come sta e la situzione è questa. Ora anche al comune lo abbiamo detto: quando ti ritrovi una trentina di ragazzi di quest’età, che fanno? Mica vanno a pregare! Quindi stanno qui tra loro e sta iniziando una…Intanto spinello a tutto spiano e si sa; poi per comprarsi lo spinello iniziano a rubare gli stereo, i motorini e quindi siamo in una situazione un po’ brutta…

            • Pericolosa…!

S.A. Pericolosa! Abbiamo detto – ma questo da diversi anni, prima che si verificasse questo rientro dei ragazzi – per i ragazzi tunisini (e anche per quelli italiani, perché…) dei centri di aggregazione, dei centri dove si insegna musica oppure tante altre attività, sport per esempio…Noi abbiamo cercato – ma noi suore come possiamo fare? – di formare una squadra di calcio, ha funzionato benissimo! Però sempre con dei volontari…Ragazzi volontari più di un certo punto non possono fare, perché devono cercarsi anche loro un lavoro, ecc., o vanno via, emigrano…e hanno lasciato la squadra di calcio che funzionava benissimo, erano slavi, tunisini, e anche italiani erano riusciti a integrare…ma anche lì la palestra li pagavamo noi, con dei soldini che ci arrivavano di qui e di là; per il trasporto nel campo sportivo ci pensavamo noi: ci hanno regalato un pullmino. Però ha funzionato per qualche anno, ma quest’anno per esempio non funziona più, perché il ragazzo che faceva gli allenemanti ha trovato un lavoro a Castellamare e non può rinunciare al lavoro per fare…E noi avevamo presentato un progetto e portatolo al comune, sempre con questi ragazzi che facevano gli allenatori. Avremmo bisogno di questo, dei locali e poi degli esperti che per quanto sia, vengano pagati, retribuiti.

            • Ma lei che giustificazione trova per spiegare questo disinteresse del comune?
            • A.Non lo so, non lo so, non lo so! Non riesco a capire…Noi abbiamo detto più volte: guardate che questa è come una mina vagante, a un certo punto scoppierà. E sta scoppiando adesso! Tutto quello che noi abbiamo previsto, perché i ragazzini – oltre quelli che sono rientrati – c’erano ragazzini che finivano la scuola elementare, che diventavano adolescenti e alcuni che s’inserivano nella scuola italiana…dico, quando questi ragazzini avranno 14, 15, 16 anni, se non c’è un punto di riferimento per loro sano, che non sia il circolo, per forza che…Le ragazzine si salvano perché le tengono a casa , ma i maschi hanno libertà. Quindi vanno in giro…se voi venite a una certa ora li vedete tutti raggruppati.

 

[Prende a spiegarci dov’è il circolo a  cui si riferisce, in via S. Antonino]

 

            • E’ una sala adibita alla preghiera e basta?

S.A. Loro l’hanno affittata, era una sala comune e ci hanno fatto una sala preghiera. Anche qui non è che ci vanno i più bravi. Cioè, ci vanno quelli che vogliono pregare ma è in quel punto che…Non è che si è sentito nulla, comunque. Quando c’è stato l’11 settembre i giornalisti sono venuti come le mosche e a tutti i costi ci volevano far dire che qui c’erano gli integralisti, che c’erano…Noi non abbiamo visto nessun integralista. Più che altro i tunisini hanno un po’ l’attitudine al commercio, a sapersi arrangiare, comprano, vendono, rivendono…c’è un commercio molto vivo. Per esempio, questo signore che va a prendere la lana che ci manca, va con la macchina piena di roba italiana – non so, pantaloni, magliette, camicie – che qui prende a buon prezzo e  lì rivendono. Poi quando ritornano portano altre cose, come la lana. Sono molto attivi in questo!

            • Ad esempio, voi questi tappeti dove li vendete?

S.A. Per il momento la nostra rete è molto limitata, perché è da poco che li facciamo. Nei negozi, no. Perché il negozio sai cos’è? Questi già costano cari, vengono a costare cari e se li porti al negozio ci vuole il guadagno dei negozianti e non te lo comprano più. Molti li abbiamo venduti qua e poi amici, conoscenti si stanno prendendo la briga di diffonderlo. Per esempio…poi i turisti d’estate vengono, passano di qua. Ora dobbiamo mettere una vetrina un po’ più in centro, perché qui i mazaresi, appunto, hanno paura…

            • Sa, la nostra percezione, essendo ignari dei precedenti e delle voci, era di massima quiete e tranquillità…
            • Sì, è vero. Abbiamo girato, è un posto assolutamente tranquillo…

S.A. Sì, anche se bisogna dire che hanno ucciso una signora qua, però succede a Mazara e anche da altre parti, non è qui…Però succede se in un altro posto, va bene; se succede alla casbah…

 

[C’è uno stacco perché ci stava congedando. Poi la discussione si riapre… ]

 

            • Qual è la situazione circa i permessi di soggiorno, le carte di soggiorno?

S.A. C’è la nostra suora che se ne occupa, Suor Carmen. Per avere la Carta di soggiorno, oltre il fatto di essere qui da 5 anni, occorre un reddito molto alto…Per uno del nord magari non è un reddito molto alto, ma per un pescatore, anche soltanto 30 milioni non sono possibili…Chi riesce ad avere la Carta ha tante agevolazioni: ora le agevolazioni ce le hanno quelli che hanno un reddito alto. Sembra un controsenso: le agevolazioni dovrebbero essere date a quelli che guadagnano di meno; invece con questo meccanismo della Carta di soggiorno purtroppo…per averla ci vuole il reddito alto e i poveracci sono sempre più poveracci. Almeno questo dice la suora, che purtroppo si trova tutti i giorni a scontrarsi con questi problemi.

            • Io ho sentito parlare di una certa mobilità dei tunisini di Mazara: entrano, tornano in patria, rientrano in Italia. Significa che l’Ufficio stranieri non crea molta difficoltà?

S.A. No, ultimamente si è ristretto molto…perché a parte la casa – che è difficile affittarne – ma se non hai il contratto d’affitto non ti rilasciano il permesso. Adesso, se sei occupato, devi portare 4 buste paga percepite…Siccome qui succedeva…devi avere il contratto di lavoro, allora magari uno va da un amico, dice mi fai il contratto di lavoro per un mese? E così rinnovavano il permesso di soggiorno e i contributi li pagava l’immigrato stesso. Gli facevano questo favore, i contributi li pagava lui e poi ritornava in nero…Adesso vogliono 4 buste paga dei mesi precedenti, per cui il datore di lavoro non lo fa più.

            • Scusi se la interrompo: “ritornava in nero” a fare che cosa?

S.A. A lavorare. Perché qui i tunisini non è che non lavorano: lavorano, ma lavorano in nero! Ci sono pochissimi datori di lavoro che li mettono in regola!

            • Noi abbiamo intervistato un armatore che ci diceva tutt’altre cose…
            • A.Gli armatori in genere fanno il contratto di lavoro. Ma qui ci sono altri che lavorano, non so come lo fanno, però lo fanno il contratto. Ci sono quelli che lavorano come meccanici, come pittori, nelle campagne…questi difficilmente hanno il contratto di lavoro. Anche gli armatori certe volte sono costretti a metterli in nero, sai perché? Perché c’è una legge del periodo fascista che limita la componente straniera degli equipaggi. Quindi a volte il nome è di un italiano, però ci lavora un tunisino…E’ capitato che c’è stato un naufragio e sembrava che fosse morto un italiano, mentre invece era morto un tunisino. Ma questo non è perché non vogliono mettere in regola, ma per ovviare…Vuoi che il peschereccio parta con l’equipaggio incompleto? Io mi riferisco più ad altri lavori. Difficile che li mettano in regola. Anche le donne che fanno le pulizie…difficilmente li vanno a mettere in regola. Poi neanche posso dare tanto torto che non li mettono in regola: qui anche il datore di lavoro guadagna poco. Sono lavori nelle campagne e quindi qualche volta è tentato di non pagare i contributi. Bisogna dire la verità: perché quando tu metti in regola se ne vanno 300-350.000 lire al mese solo di contributi… Qualche volta loro non  restano per prendere la pensione, quindi sono tutti soldi persi. Ora la legge vigente permette di riscattare questi soldi…
            • Per la verità la Bossi-Fini voleva bloccare nuovamente questa possibilità…

S.A. La Bossi-Fini sta rovinando molto, perché se qui a Mazara levano gli immigrati veramente la flotta, gli armatori si ritrovano in difficoltà…Ad agosto quando tutti i tunisini vanno in vacanza gli armatori hanno difficoltà a partire…

A. Voi lavorate organicamente con la Caritas?

S.A. Sì, sì. Solo che anche la Caritas prima – ora c’è un direttore molto attivo, per cui ci sta appoggiano…A noi ci ha chiamato la Chiesa, il Vescovo qua, e siamo venute su sua richiesta. Per forza dobbiamo lavorare con la Caritas. Diciamo invece che le parrocchie lavorano, ma lavorano molto stentatamente, anche perché molte parrocchie non hanno immigrati nella loro parrocchia. Ci sono parrocchie che ne hanno di più ed altre che ne hanno di meno. Per cui quelle che ne hanno di meno, non si interessano di questa parte della casbah.

A. Siete state chiamate in relazione specifica all’avvento degli immigrati?

S.A. Sì, nel ’78 siamo venute. Perché un sacerdote soprattutto che è morto, vedeva questi ragazzi che arrivavano e allora ha proposto a un vescovo di chiamare delle suore, soprattutto delle congregazioni missionarie che conoscono queste persone, la loro cultura, in modo da aiutare a intergrarli. Allora ci chiamarono con questo scopo, perché noi abbiamo molte case in Tunisia, Algeria, Marocco, per cui un po’ di cultura islamica…La Chiesa si è mossa subito: l’unica cosa che forse la Chiesa si appoggia troppo a noi, che tanto ci sono le suore, ci pensano le suore, chiamate loro. I parroci hanno molto da fare: parrocchie da 10.000 abitanti…Quando c’è qualcosa che riguarda gli immigrati, “ah, diciamolo alle suore!”…Beh, quello un po’…Adesso il nuovo direttore della Carita, appunto, con lui siamo andate al Comune a sollecitare. Il giorno dopo, al telegiornale locale, dice il direttore della Caritas e la suora hanno chiesto se sarà aperto lo sportello per gli immigrati…E’ strano, vero?

P. Normalmente si dice che nelle aree soprattutto del sud, le organizzazioni della Chiesa hanno un potere d’influenza sulle classi politiche. Qui mi sembra che sia smentita questa regolarità…

S.A. Non so, quando andiamo dal sindaco…Il sindaco alle manifestazioni religiose è sempre in prima fila, quando andiamo ci saluta col saluto religioso – Cristo regni! – che è ancora il saluto del periodo fascista…è ossequioso, però poi non lo so…E’ vero che per molti anni ci sono stati dei commissari, il Comune di Mazara è solo da poco che ha il suo sindaco…E quindi, sai com’è, i commissari vengono solo per sbrigare quelle poche pratiche e quindi è rimasto in abbandono. Adesso questo nuovo sindaco pare che non stia tanto bene. Sarà anche la salute che gli impedisce…Non lo so, non me lo spiegare! Perché è una cosa che si ritorce contro di loro. Alcuni dicono che quando ci sono in ballo delle persone che non hanno diritto di voto…

P. Solo che in questo gli immigrati non sono solo delle persone che stanno qui e sono poco desiderate…Sono anche essenziali per l’economia…

            • A.Però questo è un paradosso universale nel nostro paese. Perché per il nord si possono fare le medesime considerazioni…Qui è la pesca, lì sono le fabbriche…

S.A. Certo ci sono delle zone con dei servizi diversi, tipo l’Emilia-Romagna. Qui i servizi non ci sono neanche per i mazaresi, bisogna dire la verità e quindi i fondi che ci sono se li spartiscono un po’ di qui  e un po’ di là…C’è la cupola che spartisce. Non della mafia, per carità!! Ma abbiamo detto anche per la strada: è inutile che ci lamentiamo che sono sporche. Diciamo ai bambini di raccogliere le carte, non buttarle per strada, però poi dove le devono buttare? Teniamo noi un cestino, perché non c’è un cestino di carta, se vedete…Le strade le scopiamo noi, le persone…Noi l’abbiamo detto al comune: noi abbiamo voluto mettere qui la fabbrica di tappeti, così valorizziamo anche la via. Siamo andati al Comune per chiedere se ci mettevano delle indicazioni o se potevamo farlo noi, nel mese di ottobre-novembre…

 

[Passano dei ragazzini di 13-14 anni, a flotte. Sono uno spettacolo consuetudinario e chiediamo alla suora cosa facciano sempre in giro. Ci spiega che le scuole tunisine dovevano essere “pluriclasse” (più classi di differente età accoppiate) e per evitare questo hanno spezzato gli orari: dalle 8 alle 10 ci sono le prime classi, dalle 10 alle 12 le seconde e così via…Alcuni sono invece dei “delinquentelli” che frequentano le scuole medie e marinano la scuola, andando alla villa. Lo fanno soprattutto “perché non capiscono l’italiano, si annoioano e si sentono emarginati dai compagni”. Alvise nota che è “un brutto presagio” e la suora, concorde, ci racconta di un suo ragazzini finito in carcere a Venezia, “perché sono insofferenti a questa situazione, se ne vanno fuori e per avere soldi spacciano, rubano i motorini (la loro attività preferita)]

 

S.A. In questo campo siamo miopi, completamente miopi! Non vediamo al di là del nostro naso! La politica italiana non so che cosa pensa. Certo Mazara tra qualche anno vedrà delle cose…E poi l’unica cosa che sapranno fare sarà quella di prendere i minori e metterli in carcere. Avete visto la nuova legge? Il riformatorio sino a 18 anni e poi in carcere! C’è l’esperienza di Genova, in cui tentavano di dare una qualifica a questi ragazzi in riformatori. Insegnavano loro un mestiere, per lo più artigianato, e cercavano d’inserirli nel mercato del lavoro. Si puntava alla rieducazione, non a punirli soltano. Perché questo nostro è un ragazzo intelligentissimo, forse un po’ di disagio familiare…che non si sentiva voluto bene, e non è vero! Questo lo ha portato ad andare via di casa…Un ragazzo che se tu lo vedi, ci parli, gentilissimo, anche bellino e adesso…purtroppo…

 

[Entra un Rom a chiedere se sa dove si trova una casa in affitto. Suor Angela, velocemente, ci fa notare il collegamento coi discorsi di prima sugli alloggi]

 

…i bambini loro iniziano la scuola qui, poi la continuano in un altro posto, ritornano, ricominciano…

 

[Ci fermiamo qui. Poi il discorso riprende e registriamo un po’ in ritardo alcune riflessioni sul Centro sociale e la mancanza di risorse umane per gestirlo]

 

…La suora che gestisce il Centro sociale dovrebbe andare via. Non riusciamo a sensibilizzare qualcuno che ci aiuti…Deve per forza venire un’altra suora a rimpiazzarla. Questa suora dovrebbe partire, perché è qui da 18 anni. Si tratta di fare pratiche, accompagnare la gente in comune, non di fare prediche…Non si riesca a sensibilizzare qualcuno. Il Comune dovrebbe pagare una laica, aprire lo sportello, il mediatore culturale. A proposito di mediatore culturale, il sindaco ha nominato la sua segretaria come mediatrice, che non sa una parola di arabo. Ma non solo! Conoscesse almeno gli immigrati, fosse venuta almeno una volta in vita sua qui a vedere o avesse avuto una volta amicizia. Sono gente sconosciuta e ha nominato lei come mediatrice! Ultimamente siamo andate al comune e ci hanno chiesto il nome di qualcuno da affiancare alla mediatrice. Noi abbiamo detto Karim Hannachi. Non ne hanno voluto sapere, perché lui è di sinistra e loro di destra. Ma che ci fa? Che c’entra?! Allora abbiamo fatto il nome di Nuren, però ancora non si vede niente…Una volta Karim ha detto: “andiamo a spiegare al sindaco cos’è un mediatore culturale”, che non è uno soltanto che sta lì…non può stare lì senza conoscere la lingua dell’altro. Certo, non basta neanche conoscere la lingua, però…Abbiamo anche lasciato una lettera, per fargliela leggere e capire con calma. Ha detto “noi chiameremo degli immigrati per consulenza, per consigli, ma la mediatrice culturale rimane lei”…

 

[Ci parla di Karim, del suo ruolo e del suo prestigio (è stato in una comissione ministeriale), ma ci spiega che è scomodo. Ci racconta della manifestazione di cui è stato direttore artistico  e a cui hanno fatto mancare i soldi a giochi fatti]

 

…L’immigrazione qui è povera, non si sa difendere, rimane vittima di italiani poco scrupolosi che per fargli avere un documento gli chiedono un milione. E loro che non sanno protestare, non sanno prendere carta e panna, e allora restano vittime, anche per il permesso di soggiorno. Sono anche impiegati, che dovrebbero fare le cose gratuitamente. Ma forse questo è meglio non registrarlo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA N. 18

 

MdV2 (15 Aprile 2002)

Religioso, testimone privilegiato.

 

ALV: Lei dice che questo allontanamento dal centro dei mazaresi non ha nulla a che vedere con ipotesi di tipo razzista.

“No, infatti.”

ALV: Però noi abbiamo parlato già con diverse persone e ci dicono <<proprio perché qui si sta spopolando il costo degli immobili è sostanzialmente crollato>>. Ecco, si comprano case con niente…

“Questo è vero.”

ALV: Come mai non subentra una razionalità di tipo strumentale e uno dice <<caspita qui ci sono case, non tutte malmesse, che posso acquistare con qualche milione>>, perché di questo si tratta, ecco…come mai nessuno lo fa?

“Non lo faaannooo…per i motivi di prima…per la comodità: bisogna avere la comodità della macchina vicina, del fatto che lì non ci sono centri commerciali come supermercati o altro e poi perché le proprietà di molte case sono accentrate in alcune famiglie. Perciò queste persone hanno lasciato ad eredi che già avevano case fuori…non si sono più preoccupate di costruire o di ricostruire meglio queste abitazioni. Manca una politica amministrativa giusta nel senso di…rivalutazione di questo quartiere, di quello…sia da un punto di vista storico che sociale. Allora abbiamo chiesto, ultimamente, al sindaco e anche agli assessori competenti che loro parlano nei loro programmi di prendere questo benedetto centro storico però…ancora non lo vedo. Noi stiamo invece chiedendo che anche lì nel centro storico, di costruire un centro sociale giovanile sia per immigrati sia per ragazzi mazaresi. Anche se dico immigrati ma sono ragazzi tipo…senza identità perché in Italia, qui da noi, sono tunisini…quando tornano…vanno in vacanza in Tunisia sono italiani. Eh, c’è questa mancanza forte di identità. Infatti, noi stiamo operando con un centro minori, minori proprio minori delle elementari, proprio bambini: manca il centro per gli adolescenti che rischiano di essere fagocitati o dalla microcriminalità o diciamo…da uno stile di vitaaa…che assomiglia a quello italiano ma non lo è, perché anche per cultura è tutta un’altra cosa insomma…”

ALV: Parlavamo proprio ieri con Suor M. e ci diceva che questa degli adolescenti è una bomba…

“E’ un’emergenza. E infatti noi lo abbiamo chiesto e…da maggio verrà una persona molto giovane, 36 anni, dalla Tunisia che ha lavorato come assistente sociale, che lavora per un’associazione…come si chiama? Io il francese non lo so…terre d’homme?…Volontariato. Io sono stato diverse volte in Tunisia e l’ho incontrata. Lei vorrebbe venire ma bisogna vedere se anche l’ente pubblico ci dà una mano…avrà bisogno di una casa, oppure una struttura anche giusta”

PIETRO: Vorrei riprendere…diceva che i tunisini non hanno un’identità…

“Forte. Precisa. Per questo vorremmo fare qualcosa per loro. Già con i minori, il doposcuola, con le suore anche…con altri volontari. Però ora è necessario…noi l’abbiamo proposto al comune…perché loro si vantano del discorso integrazione, integrazione, la tolleranza…va beh! Effettivamente mai sono successi casi di violenza o di razzismo…esplicito. Anche perché siamo un popolo di navigatori. MdV ha centinaia di persone in giro per l’Italia e anche fuori dall’Italia come emigranti…perciò sarebbe assurda ‘sta cosa. Anche perché ripeto: l’inserimento nel mondo lavorativo locale è stato una necessità: e meno male che ci sono loro perché altrimenti già i figli dei marinai sono sconsigliati dagli stessi marinai…i mazaresi a fare il marinaio. Perché è un lavoro pesantissimo e anche dal punto di vista familiare è distruttivo…non ci sono mai a casa…”

ALV: Ehm…ma forse il problema ora sono i figli dei marinai tunisini che…

“Non lo vogliono più fare…Eh…Ma forse anch’io, anche tu faresti così: uno deve restare a mare per 22, 25 giorni al mese, tornare 2 o 3 giorni, ripartire, insommaaa…

ALV: Il problema è che se al contempo il processo, diciamo così di inserimento scolastico è problematico per le ragioni di cui abbiamo parlato…per la lingua, per il fatto che magari fin da bambini non seguono la scuola con gli italiani…Uno dice <<va bene, non vado a scuola, non vado a lavorare al mare>>. E allora bisogna capire che prospettive gli si aprono.

“E infatti questo è un altro problema perché qui le prospettive non sono molte. Agricoltura, marineria, manovaleee…ehmmm…beh, mica tutti possono fare gli impiegati eh, eh. Da noi si dice che una delle più grandi industrie sono eh, eh: i comuni! Ci si impiegano molte persone eh, eh.

PIETRO: Si è visto. Ma allora se lei dovesse fare una scala dei bisogni degli immigrati quali aree identificherebbe sulla base della sua esperienza, del continuo contatto?

“La politica prima di tutto abitativa. Trovare abitazioni sempre più dignitose, diciamo anche spaziose perché le case dove stanno loro sono piccoline: sia perché costano di meno e quindi magari sono le più ricercate. Però loro sono anche famiglie piuttosto numerose…primo. Secondo: è chiaro che anche l’inserimento scolastico, il discorso della lingua questo è pure importante. Eppoi questo che stiamo cercando di fare con la Caritas italiana. Che ci sia un’integrazione anche basata sui bisogni comuni di mazaresi e di tunisini mazaresi o di mazaresi tunisini eh, eh. Nel senso cheeee…sui bisogni appunto: scuolaa, lavorooo, la sanità, tutte queste cose…”

ALV: Ma si tratta di costruirli? L’impressione che ho io, dopo una decina di giorni che sono qui, è che non ci sia la percezione di bisogni comuni.

“E’ vero, è vero però…a MdV ci sono anche varie fascie sociali in cui i bisogni comuni ci sono. Per esempio del reddito, della scuola, del lavoro, sono bisogni comuni questi. Certo non sono per tutti così perché ci sono mazaresi con altri bisogni, hanno lavoro e casa bene. Da questo punto di vista è più difficile…però ci sono fasce sociali, stanno aumentando, delle vecchie povertà. Noi lo vediamo, devono pagare la luce, l’acqua, il vitto, la casa, i bambini dell’abbandono scolastico anche. Queste sono cose comuni, oggettive. Non è che uno deve fare una distinzione. Eppoi il bisogno di un centro di associazione…”

ALV: Mi viene in mente che quando i bisogni sono comuni…verso il basso…C’è il rischio del razzismo della conflittualità dei bisogni verso il basso. Siamo di fronte a un aumento delle vecchie povertà: questo può essere origine di un discorso di politica sociale comune e illuminata come può anche scivolare…

“Certo! Si può creare uno scontro tra poveri. <<Questi ci levano il lavoro a noi, ci levano i contributi, no…no…cioè potrebbe, ma non è ancora capitato. Anche perché non è nella nostra…eh…abbiamo altre difficoltà, ma lo scontrooo tra poveri qui non avviene…ancora. Speriamo che non avvenga mai.”

ALV: Avrei chiesto qualcosa sulle tipologie di interventi che la Caritas ha portato avanti, anche nel passato…

“ Il centro sociale immigrati che avete già visto con le suore. Una presenza di ascolto di accompagnamento, di disbrigo pratiche, anche problemi della lingua. Un po’ di tutto, via. Un intervento verso i minori, perché sono i bambini più in difficoltà. Un adultooo…bene o male si deve inserire…è un adulto e quindi fa meno fatica. Un minore…corsi sulla lingua, doposcuola, animazione. C’è una fondazione che fa il progetto primavera, il progetto jona, questo sui clandestini…Però l’intervento è stato quello di farli entrare in relazione…questa è stata la cosa più importante. Ancora deve essere questa secondo la chiesa…Non vedere noi italiani, mazaresi…eccooo…muro contro muro. Questo non c’è mai stato anzi poco fa è venuto un tunisino che conosciamo…hanno chiesto un luogo perché l’Imam che viene da Palermo, è anche assistente sociale, un locale…per incontrare anche le donne. Sarà il consolato…anche su pressione di qualcuno che manda questo Imam della moschea di Palermo perché le donne…insomma non è che i tunisini siano molto praticanti e qui ancora meno perché mancano anche i contatti. Anche perché la politica là…controllano tutto e tutti…è un controllo molto…fermo. Noi glielo abbiamo dato, ma ora vogliamo che sia il comune a dare un locale a loro.”

ALV: Ho visto che hanno affittato una stanza per la preghiera del venerdì.

“Sì, sì. Ma se avete notato sono pochi che vanno…su 3500 persone…vabbe’ che molti vanno a mare…però…pochi frequentatori. Questo è un altro punto per entrare in relazione, diciamo dialogo più che altro della via…Non ci sono mai stati incontri qua di tipo religioso oppure accademico. No. Eh eh, non c’è stata mai l’esigenza di farlo.”

PIETRO: Dal punto di vista abitativo diciamo…la Caritas gestisce centri…

“Di prima accoglienza…sì, sì però di molto temporaneo. E’ proprio qui dietro. Sempre legato alla fondazione. Con la mensa abbiamo 40 posti per le emergenze…diciamo per persone…temporanee però, perché se no…

ALV: Ma per emergenze lei intende sbarchi?

“No, anche persone…2 o 3 notti perché se no…non solo per dormire. Anche la possibilità della cena è aperta a tutti.”

ALV: E ci viene gente?

“Sì, molti di più sono slavi e qualche famiglia di tunisini che per esempio è rimasta vedova. E vengono addirittura tutta la famiglia per avera una cena.”

PIETRO: Ma il comune, i fondi della legge del ’98?

“Niente. Noi abbiamo investito…perché ci vogliono i capitali. Qui eh, eh…Abbiamo insistito per il recupero del centro storico. Chi si è susseguito lo ha sempre messo in programma ma…però. C’è la politica degli annunci. Dopo 4 annunci sembra che…eh, eh…l’hanno fatto. In realtà non è così.”

ALV: Quindi tutti gli appartamenti ai tunisini sono in affitto…

“Privato, tutti. Le famiglie che vi dicevo o hanno abbandonato gli appartamenti o li danno in affitto così…a pochi soldi. Per modo di dire…sempre le 200, 250 mila lire, ma per uno che guadagna 1 milione non è che…anche perché sono case piccole.”

ALV: Le faccio questo discorso perché al nord, dove magari i migranti guadagnano 1 milione e mezzo perché lavorano nelle fabbriche le politiche della casa…gli affitti sono strangolanti. Cosa che qui almeno non avviene.

“Lo so. Ma questo valeva anche per noi emigranti al nord. Però adesso anche qui la cosa si sta aggravando. Noi siamo in contatto con gli affittacase: le case a poco prezzo non si trovano più anche perché qui il numero di famiglie è così vasto…tra tunisini, tra slavi, qualche marocchino. Ormai si va sulle 300 mila in su.”
ALV: Quindi almeno una bonifica del centro da parte del comune…

“Certo, certo. Comprarle il comune, rimetterle a nuovo, lo abbiamo detto, ma loro ci invitano solo per dire che hanno fatto l’incontro con la Caritas…Ma fino a un certo punto perché io…eh, eh…ho l’hobby della televisione…eh, eh…mi muovo sui giornali e allora il giorno dopo richiamano. Dopo l’ultimo consiglio provinciale che eravamo stati invitati ho detto tutto ta ta ta: che non si fa niente, anche sugli sbarchi…che suppliamo noi, l’acqua, le tute, dovevamo intervenire noi…E infatti pochi giorni fa è venuto l’assessore alla protezione civile eh, eh…Se non li scuoti così…a fare annunci soltanto.”

PIETRO: Per quanto riguarda le interazioni tra italiani e tunisini…

“Vanno migliorate. Finora diciamo che si è creato un rapporto diii…vicinanza. E’ bello, è importante…non è che le relazioni si creano ad alto livello. Che fai, 10 convegni l’anno eh? No: è il vicinato, le stesse necessità…noi cerchiamo di favorirla e di limitare gli atteggiamenti contrari…”

ALV: Per esempio, a questo centro per minori ci vanno anche dei bambini mazaresi?

“Qualcuno sì. Non tanti…insomma vah. Abbiamo fatto anche uno spot dell’1 per 1000 qui a MdV quest’anno, cercando di sintetizzare tutti i problemi. C’è anche un modulo di classe mista con Kareem. Da questo punto di vista bisogna crescere perché ci sono punte avanzate e famiglie che…stanno a guardare. Certi fatti a livello internazionale e certa propaganda di qualche parte politica non è che favoriscono, giusto? Cioè rallentano…si creano le paure infondate…bisogna dirlo. Da noi gli unici pericolosi fondamentalisti sono stati gli italiani convertiti, gente che prima non stava tanto bene di testa e poi <<Ci vuole la moschea, ci vuole la moschea>>. Ma lo dicono loro! Perché i tunisini…quale moschea? Se non ci dai la possibilità di avere una casa un pochettino più grande, imparare l’italiano, avere appunto mediatori culturali più formati nelle scuole che parlino l’arabo e l’italiano…la moschea, che moschea? Per carità, qualcuno lo sente e l’hanno fatta. Noi pure siamo favorevoli che conoscano meglio la loro religione: sempre un valore è! Un cammino, questo vale soprattutto per adolescenti e giovani che rischiano di restare senza identità. Comunque l’Imam è preoccupato ma noi vorremmo che fosse il comune a dare il locale, non noi, tutto noi, anche perché sono cittadini…sono qua da tanto. Qualche volta, è giusto, facciamo anche supplenza, però…”

PIETRO: Finora abbiamo tralasciato i dati economici. Ma l’economia mazarese è depressa oppure no?

“Fasce ci sono depresse. Infatti chi è depresso se ne va o emigra oppure sta qui ma a un livello un po’ basso socialmente…ed economico anche. Dicevo prima che stanno ritornando le vecchie povertà, non le nuove. Anche perché il consumismo ha portato…bisogna avere questo, quest’altro, tutto ‘sto fatto…porta poi che uno non ce la fa più”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA N. 19

 

MdV 13&14 (21 Maggio 2002)

Signora Gallo, responsabile del “Centro Aiuto alla Vita”, in sede.

 

PIETRO: Se ci spiega un po’ precisamente in cosa consiste la sua attività…Quali problemi ha la sua utenza, così.

“La mia attività…Io collego questa mia esperienza di volontariato ad un’altra…

Segue descrizione dei sintomi del parkinson e delle difficoltà di parlare di mattina

…la precedente esperienza è stata in Algeria e…Sono partita così…per una persona incontrata alla stazione per un ritardo di treno che mi ha parlato delle missioni…non lo so…il fatto che…qui ero ben inserita…non ero considerata…una…dalla presidente diocesana. Insomma non è che…ero considerata bene, eppoi insegnavo. E invece da quel momento mi sono sentita sempre martellare da questa possibilità di partire e sono partita.”

ALV: Scusi signora, in che anni?

“Sono partita il 4 ottobre del ’66 per l’Algeria. Perché l’Algeria e non altri posti? Per tanti motivi, ma anche perché avevo delle amiche già là. Due amiche…E’ stata un’esperienza molto forte perché sono passata da un modo di vivere borghese qui, insomma…a un modo di vivere per così dire…ridotto all’essenziale. Ho avuto modo di gustare anche la povertà di quella gente, di essere solidale con loro e poi mi sono malata. Sono ciliaca e ai tempi quella malattia non la conosceva nessuno. Però lì che si mangiava molto pane, kous kous…insomma si è aggravata e così sono dovuta rientrare…un po’ anche per motivi politici, bisogna dire la verità. Ho fatto una bellissima esperienza di 6 mesi nel deserto. Uno s’immagina in mezzo alla sabbia: no! Ci sono le oasi dove si conduce una vita normale, ho cominciato lì a insegnare diversa…perché mi ero messa in aspettativa qui in Italia per servizio nei paesi in via di sviluppo di conseguenza non ero pagata ma ho avuto due anni di aspettativa. Mi ero portata del denaro che mi è bastato per un poco, poi ho lavorato…mi pagavano per quel che mi serviva, diciamo. Senza poter accumulare niente…

ALV: Scusi se la interrompo, mi può dire quanti anni aveva…

“Avevo 39 anni quando sono partita. D’altra parte non è opportuno andare molto giovani perché è una vita di rischi, di rischi morali…da tanti punti di vista. L’età mia era l’età giusta: dai 35 anni in su uno ha la sua maturità, fa le sue scelte non per capriccio ma perché sente che hanno un valore. Per me è stata importantissima…Non mi mancava niente, stavamo molto bene a casa nostra, avevo tutto, ero inserita benissimo…però lo rifarei. Dopo mi si sono aggiunte altre cose da fare. Quando sono tornata…

ALV: La interrompo di nuovo perché sono molto interessato a questa sua esperienza in Algeria. Diceva che se n’è andata per questo disagio fisico ma anche per motivi politici. A me questi motivi interessano.

“L’Algeria era in subbuglio. Erano loro che mi volevano mandare via, io volevo restare. La mia amica ha avuto il coraggio di restare anche se si rischia: voi sapete…è stato ucciso il vescovo di Orano, i 7 monaci di Tiberin…La situazione era molto difficile, ma noi 3 italiane, per la verità, eravamo molto volute bene…non eravamo considerate come i francesi che erano gli usurpatori. Noi no. Avevamo questo privilegio pperchévedevano che eravamo andate per aiutarli. Ma aiutarli non dal lato…stando con loro. Era uno scambio di cultura. Loro apprendevano…siccome io avevo fatto un corso di cucito e cercavo di insegnare tutte queste cose, anche a cucinare a lavare la roba con criteri moderni…E’ stato bellissimo, io ho imparato un sacco di cose. Per esempio a casa non sapevo cucinare. Lì preparavo la sera prima…mi insegnavano le ragazze. Dicevo che è stata un’esperienza molto forte perché insomma…la tua cultura non ti serve più a niente là. Era tutta ridotta all’essenziale. Tutto quello che sapevo…mi è servito solo il taglio e cucito. Queste ragazze mi volevano bene e io ne volevo a loro. Poi la situazione politica è che volevano far fuori gli estranei. E’ stato anche interessante perché loro capivano di potercela fare anche da soli. Qunidi noi dovevamo lavorare in punta di piedi: non era giusto che facessimo come avevano fatto i francesi…

ALV: Comunque comunicava in francese? Non erano berberi?

“No quelli stanno da un’altra parte dell’Algeria. Noi eravamo con algerini normali, prima al nord poi nel deserto, dove c’è il petrolio che arriva fino a MdV. Ho avuto la possibilità di conoscere molte culture, oltre a quella algerina perché c’erano i bulgari, i cecoslovacchi…insomma ci siamo dati tutti da fare per andare là. Qualcuno ci è andato non come volontario ma come cooperante il che significa che era pagato benissimo e guadagnava di più di quello che prendeva a casa. Qualcuno veniva per motivi politici…per stancarsi del proprio paese. mI ricordo una volta un cecoslovacco che si è sfogato e c’era una dottoressa bulgara che lo guardava con un odio e una rabbia, che non voleva che lui dicesse queste cose…voleva che tutto apparisse per benino…e invece quello aveva tutta un’altra mentalità ed era scappato via, in un certo senso con la scusa della cooperazione. Questo può bastare sull’Algeria…E’ forte perché devi cambiare completamente però merita, merita farlo…l’essenziale…come punto di riferimento per tutta la mia vita. Io ora ne ho 75, ma l’algeria e l’esperienza che ho fatto è il mio punto di riferimento. Certo dovessi tornarci ora sarei delusa perché è tutto cambiato…ma allora erano gente semplice…Quello che ho potuto notare è la solidarietà tra loro…Il parente ricco aiuta il parente povero, condividono. Ora è tutto molto cambiato però c’è ancora della gente brava. Dal punto di vista religioso è vero che ci sono gli integralisti però ci sono delle personeee…con cui si può vivere e discutere. E c’è anche un gruppo di cattolici arabi che vive…vive molto in segreto. Non si può là, non si può. Conoscevo il vescovo che hanno ucciso. I monaci venivano da Francia, Olanda, da tutto il mondo: li hanno uccisi tutti, tutti tutti. Erano tutti giovani e il superiore pensava che avrebbero ucciso solo lui…certe cose si capiscono…e aveva detto prima ancora che lo uccidano <<Io vi do il mio perdono>>. E’ bellissimo…E’ che qui in Italia, in Europa siamo troppo distratti…viviamo troppo distrattamente i problemi del terzo mondo, degli altri popoli. Già ne abbiamo tanto a vivere i nostri problemi, non lo so. Però merita proprio inserirsi in altre culture, conoscere, andare all’essenziale. Io da quando sono tornata cerco…cerco di vivere così per quello che si può perché…il borghesismo ti impolvera continuamente. Poi tornando…aspettavo sempre di ripartire perché ti resta nel cuore…Quando si dice il mal d’Africa: è vero! E’ verissimo, è una cosa terribile! Mi svegliavo alla mattina e non mi ricordavo mai dov’ero perché ero talmente legata a quei lupghi che non accettavo psicologicamente di vivere in una società così borghese. Questa esperienza ha illuminato tutta la mia vita: di conseguenza quando sono tornata cosa ho trovato qui? I tunisini. Tra tunisini e algerini sono molto vicini…cioè loro non si possono vedere…però. Ecco sempre così. C’è sempre un nord rispetto a un sud. Anche le mie alunne…avevo tutte donne…perché lì la scuola era divisa…ora non lo so…”

ALV: Lei è tornata nel 1970. Già c’erano tunisini? Pochi?

“Sì! Non come ora. Ce n’erano e io li incontravo e mi si rallegrava il cuore perché pensavo <<quelli che ho lasciato in qualche modo li ritrovo qui>>.

ALV: Quindi quando è partita nel ’66 non c’erano tunisini, mentre poi, quando è tornata nel 1970, si è accorta subito…

“Sììì! Subito! Nel ’66 forse ce n’era uno. Poi c’era già un gruppo nutrito…Anche perché un sacerdote molto in gamba, che aveva previsto l’evoluzione, aveva mandato qui apposta le suore francescane che ci sono tutt’ora…per poter occuparsi qui a MdV di questa comunità tunisina che andava crescendo…”

 

Riprende il discorso sulla necessità di aprirsi al confronto culturale, frenata dall’edonismo occidentale.

“E così sono tornata e…per me…non so neanche cosa voglia dire razzismo, io. Ma neanche qui…MdV secondo me non è razzista. Voi che avete girato un po’ che impressione avete avuto?”

PIETRO: Noi abbiamo avuto invece l’impressione che lo sia in una maniera inconscia.

“Sì ma inconscia lo si è anche nei confronti dei propi parenti!”

PIETRO: Sì però…in certe forme…per esempio l’abbandono del centro storico è un indice di razzismo molto forte.

“Noo. Noi abbiamo avuto…cosa è successo?…Un terremoto, e tutte queste case sono tutte…ognuno si è fatto il villino in campagna. Chi veniva a stare in queste case?”

PIETRO: Sì però…ci sono un sacco di voci che dicono che la Kasbah è pericolosa, no? Mazaresi…

ALV: Dicono che non ci vogliono stare, che i parenti non andavano più a trovarli, che hanno venduto la casa. Questo anche molto dopo il terremoto. Per cui…l’idea un po’ è questa: che non ci siano episodi di discriminazione violente come ci possono essere al nord, però…secondo me qui c’è un razzismo latente, strisciante, sottile, diffuso.

“Mah, non ho questa sensazione. Le suore influiscono molto nel togliere questa mentalità, intanto. Poi anch’’o ho la casa di accoglienza per ragazze madri. Io accolgo sempre tunisine…”

ALV: Sì, ma lei è fuori discussione! E’ più che altro il pensare a com’è la maggioranza dei mazaresi…

PIETRO: Lei vede per esempio famiglie italiane e famiglie tunisine che si frequentano? Non nego…ci saranno quei 5 o 10 casi, però rispetto a una comunità di 3500 tunisini…che stanno qui da una trentina d’anni. Insomma uno si dovrebbe aspettare scambi, matrimoni misti…

“Nooo, ma questo dipende da loro! Non dipende tanto da noi. Perché difatti qualche ragazza accetta di sposare il tunisino, ma una tunisina non accetta di sposare un italiano. Questo non dipende da noi…Questo indispone…ma questa è la mentalità delle…delle musulmane. E…qui il discorso sarebbe lungo…Avete sentito il cardinale Biffi…Io onestamente do ragione a lui…”

ALV & PIETRO: Perché?

“E’ stato molto criticato…anche dalla chiesa”

PIETRO: Se non ricordo male lui ha detto che l’Islam può essere una minaccia per la nostra identità nazionale.

“Sì, sì. Guarda: è stato un profeta a dire queste cose. Io sono vecchia, ma quando capiterà penserete <<Ah quella signora che siamo andati a intervistare>>…

PIETRO: Ma perché dice questo? Mi spieghi meglio.

“E’ difficile, ma è così. Io, appena ho letto quella lettera, e dire che io amo moltissimo…, però io insisto…Le mie alunne dicevano: <<Maestra, che peccato che tu non puoi venire con noi in paradiso!>>. Perché loro…mentre questo era anche per i cattolici, alcune generazioni fa…quello di fare proseliti…ora invece il rispetto è massimo. Loro sono ancora in questo stadio…Io voglio bene a loro. Pure uguale è per me italiani e tunisini! Anche lo slavo…ma io con loro un po’ di fatica la faccio. Qualche volta mi ci arrabbio, ma mi vogliono bene lo stesso…Mi fanno arrabbiare intanto perché non hanno una cultura ben definita…e questo mi dispiace…mi piacerebbe che si aiutassero tra loro. Quindi se un po’ di razzismo c’è…è un po’ verso gli slavi perché rubano…per esempio una donna slava delle pulizie…io non la prenderei, tunisina sì. Anzi, una volta che avevo una ragazza marocchina con problemi alla placenta, che non si poteva alzare, un po’ l’ho assistita da sola, poi ho preso una ragazza tunisina. L’ho messa in regola e tutto così ho preso una per parlare in arabo con l’altra, che sennò non sapeva con chi parlare, anche se me la sbrigo col francese. Quindi anche se voi avete visto questo razzismo…io l’ho riscontrato nella gente del nord verso noi meridionali…Qui sono tutti musulmani: In Algeria avevo delle alunne che volevano diventare cristiane, come ci sono in Libano, ma il vescovo, che è stato saggio, ha detto: <<Che coltivino questa cosa nel cuore, ma non facciamolo. Perché poi voi ve ne andate e non avranno più la comunità europea…cattolica, e perderanno anche il riferimento della loro comunità>>. E’ stato saggio. Una voleva fortemente convertirsi ed è andata in Francia. Ma lì non la riconoscevano: ce n’è un sacco di algerini in Francia, come di tunisini qui, eh, siamo a due passi.”

ALV: La cosa che lei dice…la propensione…da parte dei tunisini, o comunque del mondo arabo a colonizzarci, diciamo così, da un punto di vista…da un punto di vista religioso. A me la cosa lascia un po’ perplesso rispetto all’esperienza mazarese perché non vedo fervore religioso…

“Nooo, nooo qui no. Qui noi li abbiamo influito negativamente sulla loro cultura. Io personalmente mi occupo di aborto…loro l’aborto lo fanno quanto gli italiani eh. Per questo siamo stati noi, perché loro hanno un altro senso della vita. A parte una ragazza che conoscevo là che abitava al quarto piano e io all’ottavo…in queste case costruite dai francesi. Lei non ha resistito e si è buttata ed è morta lei stessa. Le mentalità sussistono solo cheee…Io ho avuto per esempio una ragazza, una studentessa tunisina iscritta a psicologia: quando si è accorta di essere incinta è scappata via e se n’è venuta qui. Poi è finita nella mia casa di accoglienza ma è stato bellissimo perché è venuta la mamma, è venuta la sorella da Parigi, abbiamo mangiato insieme a natale. Insomma la casa è servita per smussare certe mentalità, anche delle ragazze italiane… da quando è stata costruita…i primi tempi…erano consigliate malissimo dai vicini le mie ragazze invece poi a poco a poco siamo entrati in una logica diversa. Questo cammino che facciamo insieme è bellissimo, a poco a poco, angoli che si smussano. Si tolgono certe storture come quelle, diciamo, di uccidere una ragazza che è incinta. Non è che è stata come la Madonna incinta: c’è stato un uomo…Quindi l’uomo ha le sue responsabilità, invece…viene colpita soltanto la ragazza in questi paesi così…musulmani di stretta osservanza diciamo…Perché qui non sono nessuno di stretta osservanza. Ve ne siete accorti…Questo non è un bene, sa. Perché…finiscono per non essere più né carne né pesce: l’uomo ha bisogno non dico…la fede è un dono che noi cattolici abbiamo perchè la nostra non è una religione, quella cattolica è una fede. Le altre sono delle religioni, cioè nel senso che l’uomo ha bisogno di Dio allora si crea dei riti, fa tutto quello che può per crearsi una religione. Poi c’è un leader…tipo Buddah, anche se per me il buddismo non è una religione ma una filosofia…Maometto…Insomma, sono delle religioni! Qui noi abbiamo avuto una rivelazione! Ma ora non facciamo questo discorso…però è importante. Se noi togliamo a loro…la fede è un dono, ed è più difficile…ma se noi togliamo a loro questa possibilità di vivere nella loro religione…li rendiamo né carne né pesce.”

ALV: Sì però prima il discorso era un altro. Non penso che a Bologna siano tanto diversi.

“Guardi sia a Bologna che forse a MdV, anche se non mi risulta, c’è sempre qualcuno che viene per cercare di scardinare la religione e mettere la loro.”

ALV: Questo è sicuro, qualcuno! Finchè restiamo su qualcuno…

“Eh, ma sono questi qualcuno che…il mondo…insomma tutti i cambiamenti non sono stati fatti da un popolo…Due, uno, leader, due o tre…io, per carità, con questo piccolo impegno ho molto cambiato la mentalità di MdV per quanto riguarda la ragazza madre. Non è più vista come ai primi tempi perché hanno fiducia in me e vedono che queste ragazze si comportano benissimo. Anche mogli che hanno avuto un figlio con un altro, abbandonate dal marito, che si comportano dabbene. Quindi ciascuno di noi o nel male o nel bene può influire a cambiare la società. Chissà se siete d’accordo…”

 

Segue una breve discussione sulla finalità della ricerca.

“Quindi vi interessate dell’inserimento dei musulmani nella nostra società.”

PIETRO: Dei maghrebini, anche se la componente religiosa è importante, non pensiamo che debba essere…non è l’unico aspetto.

“Non è l’unico aspetto, ma per loro non è come per noi. Noi diciamo che siamo cattolici perché siamo battezzati e poi facciamo i cavoli nostri eh, eh.”

ALV: Guardi, con me va tranquilla perché non sono manco battezzato.

 

Risata generale.

“Ecco! E quindi è diverso. Per loro è diverso: sono tutti musulmani. Non è che mi scandalizzo…Uno che non è battezzato può sempre avere un’illuminazione. Per esempio io sono battezzata, altrimenti pensa che scandalo, però ho avuto un’educazione fermamente anticristiana…Mio padre…sentivo parlare di Dio solo per sentirne male…preti messi alla berlina…”

PIETRO: Ma allora era comunista.

“No, no. Non gli conveniva: era ricco. A 22 anni ho avuto il cambiamento…radicale come San Paolo sulla via di Damasco.

Ripercorre nuovamente le scelte della sua vita.

“…Infine ho scelto di mettere a disposizione tutto quello che avevo per la casa di accoglienza per le ragazze…Io non mi sono mai arresa, lo devo riconoscere, anche con la ciliachia e il parkinson…sono combattiva. La testa ce l’ho dura, dura. Quando mi metto in testa una cosa la devo fare. In Italia sono tornata a insegnare, ho fatto domanda e tutti mi conoscevano al provveditorato…così è stata accolta e il provveditore ha voluto conoscermi…E così ho conosciuto un provveditore in faccia maaa…i superiori non mi interessano. Insomma, io faccio le cose perché sento che devo farle. Eppoi mi…sono incontrata qui con il problema aborto. Io mi ero impegnata nella campagna contro l’aborto, mentre mio padre stava morendo. Io gli dicevo di non morire perché la cosa mi avrebbe creato problemi. La legge era del ’75 e noi cercavamo di boicottarla…poi Pannella ha fatto per l’’81 questo referendum terribile, terribile. E allora il “Movimento per la Vita” si è battuto contro il referendum. Una settimana dopo il referendum sull’aborto mio padre è morto. Poi c’è stato il terremoto che ha bloccato tutto e dopo ancora sono riuscita a convincere gli altri amici che mi avevano aiutato a fare qui l’associazione per il “Movimento per la Vita”. Da quel momento…”

PIETRO: Ma perché…con tanti problemi che ci sono, proprio l’aborto?

“Sono cose che avvengono e non sai perché, come la conversione. Sono cose che ti cambiano: stavo davanti alla tv con mio padre malato, sento che si parla di aborto, di cose…<<ma come? Qui a MdV non si fa nulla?>>. Sono cose che ti cambiano completamente. Se tu non lotti per la vita, per che cosa vale la pena di lottare? Per la giustizia senz’altro. Io poi sono una che…il terzo mondo, il commercio equo e solidale, la banca etica. Indirettamente sono tutte cose che favoriscono la vita, se le facciamo andare bene avanti. E’ tutto che io abbraccio, in definitiva…Ultimamente siamo in un momento disastroso. Voi lo sapete anche se siete presi da altre cose. Non è più il problema dell’aborto, è di tutto: stiamo cambando l’umanità! Quando si pensa che una donna si fa clonare per avere un’altra di se stessa. La conservazione delle cellule che poi si buttano via…Non sono cellule.”

L’intervistata è stanca, ma nella pausa caffè continua a parlare.

PIETRO: Le ragazze del centro possono restare da sole?

“No, una che ho avuto…è giovane…come si fa…Poi ho avuto una ragazza difficilissima che di notte se ne usciva. Non sono tutte ragazze facili, però tutte se ne vanno portandosi dietro qualcosa. Moralmente parlando, sì, sì, nessuna è andata via senza niente”

Riprende il discorso sul cammino, bellissimo, di vita.

ALV: Lei prima ci diceva che la grossa difficoltà non sono le donne che stanno al centro, ma quelle che passano ogni anno…

“Sì, sono circa 60 l’anno.”

ALV: Ci racconti le modalità di assistenza…sì, che tipi di assistenza…Se sono più le ragazze straniere o le italiane.

“Dunque, slave e tunisine messe insieme fanno più delle italiane. Questo è un fatto, eh. Ci documentiamo, vi faremo vedere le statistiche…Comunque vengono anche…una volta una non cresceva di pancia e a domandarci come mai, come mai. Abbiamo scoperto che già aveva fatto l’aborto e veniva per i soldi del corredino. Ma non sempre. Una signora dice: <<Quando il bambino sarà grande lo porterò da voi per conoscervi>>. <<Non ti permettere in nessun modo –le ho risposto- il bambino non dovrà mai sapere che volevi lasciarlo>>.

ALV: Diciamo così, sui tipi di assistenza, su quello che fate concretamente…

“Uhmm…Sì, ecco…noi veniamo a sapere della donna che vuole abortire…Se viene lei, tanto di guadagnato. Chi ce le manda queste donne? Ce le manda il consultorio, l’assistente sociale dell’ospedale, il medico di base che viene a saperlo e allora le orienta da noi…anche il parroco…e noi…non imponiamo mai eh…diciamo che proponiamo la vita. Noi le aiutiamo per i primi 2 o 3 anni, non certo fino a quando il figlio parte militare, perché non ce la facciamo. Infatti dopo un po’ le mamme non vengono più o vengono in un momento di difficoltà, come quando il marito resta senza lavoro…diamo qualcosina. Però per i bambini che…vengono accettati…noi diamo il corredino, le medicine per la mamma, latte e pannolini…”

Parla della differenza tra “Movimento per la Vita”, iniziative culturali, incontri nelle scuole, manifestazioni pubbliche e il “Centro di aiuto per la vita”, cose concrete come la casa di accoglienza.

“Nella casa di accoglienza ci sono le donne che non sanno dove andare, che tengono il bambino solo se assistite. La casa l’ho voluta io ma dipende sempre dal CAV. Ora dovrebbero sostituirmi perché sono malata, non ce la faccio più…Perché non venite domenica alla pedalata per la vita. Vi aiuterebbe a conoscere…anche se…i tunisini non ci vengono, noi mandiamo gli inviti a tutti. Non ci vengono, anche le più integrate con noi…non ci vengono. Chi trova la scusa che deve dormire la domenica…”

ALV: Io le volevo chiedere: il presupposto per l’aiuto, l’assistenza, l’accompagnamento dal medico non è la volontà di abortire o l’aver cambiato idea? Diciamo…anche una donna normalmente in gravidanza, magari con qualche difficoltà, può rivolgersi qui da voi?

“Sììì, certo. Ma ceeerto. Anche il medico, quando non ci vede: <<Ma dove siete andate a finire>>. Non è che me le posso inventare, quando ci sono le portiamo. Una donna tunisina che voleva abortire perché il primo figlio era dawn, poi ne ha un altro stupendo…aspettava il terzo. Aveva già il certificato medico però si vedeva che era dispiaciuta di farlo, si vedeva. Allora io mi sono informata a Roma, perché siamo una rete…<<Fagliela fare la miocentesi, perché a questo punto il bambino va abortito>>. Perché la miocentesi può far male al bambino, ma dato che aveva deciso. Qui a MdV non la fanno, a Palermo e a Catania ci voleva troppo tempo per la prenotazione: siamo andate ad Agrigento. Ha avuto una bambina che è la fine del mondo: che bella bambina! E ora lei è felicissima: <<Cosa stavo facendo!>>. <<Non ci pensare più, ora è qui!>>. Insomma: tutto l’aiuto che possiamo dare lo diamo. Le quote che riceviamo sono dai mazaresi. Circa 700mila lire al mese, 10 o 20 mila lire a testa, non è tantissimo. Riusciamo ad aiutare tante donne e fatto nascere tanti bambini. Anche le donne che non ci hanno conosciute, che già hanno il bambibo: aiutiamo anche loro perché è giusto. Solo con gli slavi ci sono problemi perché c’è chi mi dice che viene a bruciarmi la macchina, a prendere questo…”

PIETRO: Le hanno bruciato la macchina?

“Lo dicono, però sotto sotto, mi sento voluta bene anche da loro.”

ALV: Vorrebbero di più? Qual è la logica?

“No…perché…vorrebbero più soldi, ma noi possiamo garantire sulle 200 mila al mese. Aiutandole tutti questi, di più non si può. E poi non diamo a tutti la stessa cifra…dipende…”

Parla del parkinson, in relazione al fatto che si potrebbe lavorare di più.

“C’è un signore giù al porto che prende la bicicletta, va dai suoi amici, lui stesso ci aiuta nella raccolta dei fondi. Comunque certi giorni non arrivano offerte, certi giorni ne arrivano proprio tante.”

ALV: Quindi vi autofinanziate. Non è che la sede centrale vi sostiene?

“Nooo, perché ha bisogno di essere sostenuta. Noi mandiamo…ora sono 200 euro all’anno. Tutto avviene così, è bellissimo. Mi hanno detto: <<E fai questo, fai la domandina al comune>>. E io: <<Quando non ci sarò più farete questo>>. Per me il CAV è dei cittadini mazaresi e devono avere la gioia di essere loro a mandarlo avanti. Ed è molto bello questo. Alla fine dell’anno faccio una lettera per dire quanto abbiamo raccolto e quanto abbiamo aiutato. La trasparenza aiuta molto a far crescere le cose. Noi facciamo gli strumenti: traduciamo in opera quello che riceviamo. Il vescovo mi dà qualcosa me sempre…come fosse un cittadino. La Caritas ci dà 5 milioni. Don Fiorino voleva darmene 8 e io gli ho detto: <<Se in ottobre siamo allo sbaraglio te li chiedo>>. Anche questo aiuta l’altro a capire che noi non vogliamo approfittare di nessuno.”

ALV: Vorrei farle una domanda che…va bene, gliela faccio lo stesso. Parlando con le suore Francescane è veuto fuori che c’è un rimpianto. Lo sappiamo tutti: c’è un problema di seconda generazione, i ragazzi sono in difficoltà, è alto l’abbandono scolastico, magari perché hanno fatto le scuole in Tunisia e contemporaneamente è difficile che accettino di fare il lavoro che hanno fatto i padri, di andare al mare, di accontentarsi del lavoro saltuario in campagna. Va bene, questa è una provocazione, me ne rendo conto: tutti questi bambini che nascono…a che tipo di vita vanno incontro?

“Sentite, non si può sapere come va a finire dopo. Uno salva la vita ora e poi…ognuno va al suo destino…”

ALV: Però comincia a vedersi…Lei dice che non si può sapere…Anche con un velo di malinconia, per i ragazzini che hanno seguito e che si stanno perdendo, le suore hanno parlato di “bomba ad orologeria” di seconda generazione, parole loro, eh.

“Ma questo vale anche per gli italiani…Zeffirelli è figlio di una ragazza madre, e lo dice con serenità. Anche il signore che ha inventato “SOS VITA”, un servizio telefonico 24 ore che si occupa di ricevere gli appelli e indirizzare le ragazze in difficoltà che vogliono abortire ai nostri centri…i CAV non dovrebbero chiudere mai, non come a Palermo. Insomma anche lui è figlio di una ragazza madre. La mamma lo voleva abortire. Noi non sappiamo se quell’uomo diventerà un delinquente o un santo. Intanto gli abbiamo dato la possibilità di vivere.”

PIETRO: No, però dico…se lei deve fare una sua analisi…diciamooo personale, su quella che può essere l’evoluzione diciamo di questa generazione difficile perché materialmente non ha molte prospettive…

“Ma non è solo per quelli che abbiamo fatto nascere, anche quelli che sono nati spontaneamente…”

PIETRO & ALV: Questo è certo!

ALV: Qui il discorso non è…quello di imputare delle colpe o delle responsabilità…

PIETRO: Non parliamo di controllo demografico!

ALV: Lei fa un lavoro di assistenza in cui crede. Per quanto mi riguarda utilissimo, probabilmente…rispetto a persone che non si rivolgerebbero ad un altro tipo di servizio. Si tratta di capire, nell’Italia del 2002, che tipo di immaginario ha lei sui problemi di questi bambini, indipendentemente dal fatto che li aiuti a nascere lei.

“No, perché io sono un’ottimista. Quindi penso che la vita valga la pena di essere vissuta, di essere salvata, di essere aiutata a nascere. Può nascere uno scenziato o Zeffirelli, e un discorso che vale per tutti.”

Arriva una donatrice (signora alto-borghese, sposata con un militare di carriera) che si lamenta di non aver ricevuto la lettera di ringraziamento a seguito della sua donazione. Se ne va e la signora Gallo ci invita a visitare la casa e a tornare quando vogliamo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA N. 20

Religiose, testimoni privilegiate

 

[Attacchiamo il registratore a discussione iniziata, mentre si parla di case]

 

            • Io dico quanto sono brutte queste case nuove, senza alcun stile, anonime proprio. Preferiscono però abitare quelle case piuttosto che ristrutturare una casetta qui che diventerebbe proprio un piccolo gioiello. E si allontana il periodo in queste casette saranno ristrutturate, perché sono comperate dai tunisini, i quali non hanno nessun interesse a conservare lo stile…
            • Anche perché hanno poca possibilità economica…?
            • Anche! Non hanno grandi possibilità economiche, però anche se le avessero non ci penserebbero! Non perché i tunisini non siano…ma perché questi tunisini sono persone semplici, sono pescatori, sono analfabeti…Non che tutti i tunisini siano così, ma qui viene questo tipo qua di persone. Perché altri non si adatterebbero a fare gli schiavi sulle navi.
            • Cosa ne pensa dell’idea che qualcuno stia preparando una speculazione…?
            • Ci è passato per la testa perché quando le cose sono così evidenti, i prezzi delle case scendono in questo modo, molte volte poi c’è la possibilità che qualcuno voglia acquistarle. Voi però dite che in realtà questo fenomeno è lontano perché i tunisini iniziano ad acquistarle…

S.A. Io non so se nel mazarese c’è questa idea, ma intanto non si vede niente. Gli stessi padroni di casa con cui parlo… L’ho fatto sino all’altro giorno e dicevo a questo padrone di casa: “peccato che queste case restino così…” e lui mi ha risposto “sorella, la casa è così piccola che mettermi a restaurarla…”. E di dentro era amareggiato di non poterla tenere… anche perché un’altra casa vicina al laboratorio, il cui padrone si era ostinato a tenerla, ha avuto diversi furti e ha un bambino piccolo che un giorno si è spaventato perché hanno trovato la gente a casa un giorno. E allora passa l’idea che una casa nel centro storico è una casa destinata a subire furti. Poi, manco a farlo a posto, l’anno scorso hanno ucciso una donna in una casetta vicino il laboratorio, nella sua casa paterna…

S.R. Ieri ci sono stati anche due scippi…

S.A. Sì, però gli scippi sono stati anche a Mazara, non solo nel centro storico. Invece questi casi avvenuti dentro il centro storico significano che…Molti mazaresi non conoscono la casbah.

            • Di che nazionalità erano gli scippatori?
            • Non lo so…

S.A. Verso novembre c’è stata una serie di scippi, due-tre al giorno, e alla fine hanno messo dentro due ragazzi tunisini. Uno l’avevamo visto crescere, gli era morta la mamma ed era rimasto solo qua…Probabilmente voleva procurarsi un po’ di soldi…Sta in carcere a Mazara. Questi ragazzi li si costringe a studiare a qua. Stavano a Tunisi a studiare, li si porta qui perché sennò non rinnovano il foglio di soggiorno se non qua. Hanno studiato sempre in lingua araba, tentano di continuare nella scuola italiana ma non tengono il passo perché non parlano una parola d’italiano. Non ci sono corsi di sostegno per questi ragazzi, anche perché la scuola si è trovata impreparata a raccogliere questi ragazzi e allora non vanno più a scuola. Tutto il giorno un ragazzo di 16 anni che deve fare? Va nelle piazze! Lavoro non ne esiste…

            • Sì, la scuola è impreparata. Però il fenomeno esiste ormai da anni. Perché secondo voi non si è adeguata nel frattempo?

S.R. Dei piani li ha previsti, ma sono cose minime.

S.A. Non lo so perché! Adesso in questa scuola elementare hanno fatto dei progetti, ma devono arrivare le autorizzazioni. C’è una burocrazia lunga, che ti paralizza. Pensa, negli anni scorsi avevamo trovati dei locali diroccati per fare giocare i bambini. Ci mancano sedie, tavoli…Io allora ho visto nei cortili di varie scuole queste sedie e tavoli. Sai, basta che hanno una cosa e li mettono subito fuori…Ho detto “a noi andrebbero bene!”. Allora abbiamo chiesto alla preside e questa “posso toccare niente! Al comune…”. Allora andiamo al Comune e questi “sì, poi vediamo”. Conclusione: l’altro giorno ho visto un camion pieno di questi banchi e li stavano portando alla discarica. Tu capisci che una burocrazia ha impedito che noi usassimo delle cose che non erano più utilizzate. Noi, con dei volontari, li avremmo messi a posto, usati e avremmo avuto dei ragazzi che potevano studiare, manipolare…Sono modi per interessarli. Ieri con quei 4 ragazzini che li ho portati per l’italiano – c’era il tavolo di ping-pong che ci hanno regalato – ma sono rimasti felici a giocare…E sono ragazzini che nei mesi scorsi frequentavano già questi bar dove ci sono le macchinette e iniziavano a fumare lo spinello! Perché stando allo sbando, che fanno? Le femminucce li tengono a casa e le proteggono, ma i maschi? Sono allo sbando! E poi che sono usciti dicono “andiamo in piazza”. E lì non è che fanno incontri positivi. Lo sanno tutti che spacciano, che fanno di tutto a Piazza Mokarta. In quel bar tra Corso Umberto e Via Diaz…Lo dicono pure i ragazzi che lì…Parecchi sono stati vittime della pedofilia…Ci sono stati dei casi, hanno arrestato persone. Erano slavi per lo più, prostituzione…Abbiamo denunciato un caso in atto, ma è difficile dimostrarlo e questo signore circola ancora. Non capisco come si possa essere così miopi. Questi ragazzi fanno quel che vogliono, però un giorno sarà un problema per la società mazarese.

            • Lei ci parla di ragazzini, adolescenti. Io ho visto ragazzi più grandi, tra i 20 e i 25…Di questi lei non ci ha mai parlato. Non costituiscono un problema? Perché se diciamo che durante l’infanzia uno intraprende un certo tipo di percorso, verso i 20-25 anni la strada è ormai definita. Invece da quel che dite e si vede, non si direbbe…

S.A. No, ci sono. Quando dico ragazzi, intendo anche loro, di 20 anni. Quelli che stanno nei circoli…Ci sono parecchi tra loro che sono venuti come clandestini, che si mimetizzano. E quelli sono gli adolescenti di ieri…Quello dello scippo ha 19 anni. Un altro ha 14 anni e sta in carcere a Venezia. Roduan, un altro ragazzo, è stato arrestato: è minore e gli hanno dato una possibilità di riparare. Noi gli abbiamo fatto l’italiano, ma era costretto e faceva finta. Poi gli hanno trovato un lavoro dallo zio, però lo zio spesso non l’ha voluto. Negli ultimi due anni si sta aggravando la situazione. Prima era tranquillo, ma adesso inizio ad aver paura anch’io. Vicino la casa della signora uccisa stanno due fratelli di 22 e 25 anni e sono clandestini. E l’altro giorno il piccolo è finito all’ospedale, perché il fratello l’ha picchiato e ferito col coltello. Avantieri notte, c’è una famiglia che ha un ragazzo che va a mare e non so cosa ha combinato. Si sono bisticciati con un altro, col coltello…

            1. C’è un ritorno al ’90-95. Ma si parla sempre di delinquenza giovanile. Non c’è una delinquenza degli adulti?

S.A. No. Infatti i genitori di questi ragazzi “sbandati” sono i più preoccupati. Sono vittime della situazione che si è venuta a creare e non hanno gli strumenti per reagire.

              • Un ragazzo di questi mi raccontava che il padre è ossessionato dal fatto che fumi spinelli, lo controlla, lo picchia proprio…

S.A. Che usino questi mezzi così, è vero. Infatti anche i piccoli che noi abbiamo, non ti ascoltano sino a che non fai un gesto di autorità. Perché sono abituati a non fermarsi sino a che non arrivano le botte.

              • In realtà c’è stato un periodo in cui degli adulti usavano i bambini per fare spaccio di droga. E’ stato nel periodo in cui sono arrivata, un paio di anni dopo. Poi li hanno arrestati ed era finita. Si spacciava alla luce del sole, nei vicoli. C’è un vicolo dove ancora oggi trovi un tappeto di siringhe. E questi sono grandi…Qualche anno fa un vecchio sindaco è stato male ed è stato sostituito temporaneamente da un commissario. Sembrava volesse fare molte cose per l’immigrazione e sapete qual è stata la proposta? Fare una mega-moschea, progettata dallo stesso architetto che ha fatto la moschea di Roma. Doveva essere fuori dall’abitato, con un grande giardino tipo quello degli emirati e la moschea nel centro. Doveva diventare attrazione per i turisti. E i tunisini stessi dicevano “e a noi che importa? Vogliamo lavoro, la casa e se c’è un luogo di preghiera va bene…”. Neanche il console tunisino era contrario…Prendono queste decisioni così…dall’alto. Hanno fatto pure un convegno con studiosi, per fare vedere che Mazara voleva venire incontro agli immigrati, voleva aiutarli, ecc. ecc. Karim stesso scrisse un articolo su l’avvenire!, dove diceva prima pensiamo alla scuola, ad aprire uno sportello per gli immigrati e poi dopo…! Siccome fummo intervistate anche noi, spiegammo che non eravamo contrarie alla moschea e che questo non c’entrava col fatto che fossimo cattoliche. Ma ci sono dei problemi molto più gravi che quello di fare una moschea, così grande poi! E’ uscito l’articolo e questo commissario ha poi detto in assemblea che “Ringraziava, ringraziava Suor Angela per averci illuminati sulla mancanza di uno sportello. Lo faremo subito!”. Mamma mia che falsi! E ancora: “Ci sono dei ragazzi, sono degli articolisti per i lavori socialmente utili. Cercheremo uno che parla il francese e lo metteremo…Le devo parlare personalmente, Suor Angela!”. Quando ha finito tutta ‘sta commedia gli ho spiegato che non poteva mettere un articolista, perché i nostri immigrati sono persone semplici, alcuni analfabeti. Molti di loro conoscono solo l’arabo e per giunta quello dialettale, perché non sono andati a scuola. Se lei mette uno che parla francese…Mi ha risposto che il comune non si poteva permettere un interprete e che poi si sarebbe visto…Abbiamo visto, infatti! Poi, titoli che dicevano: “grande crociata della Chiesa contro la moschea!”. Capito? Penso che ci deve essere qualcuno che di nascosto tira le fila e questi che governano qua sono come marionette, quello che i capi gli hanno detto.
              • Mi chiedo come sia possibile questa miopia. Invece di far tesoro delle esperienze di altri paesi…Saremmo in vantaggio!

S.R. Ma già le Regioni del nord. C’è l’Emilia-Romagna…Qui quante volte sono andata a parlare con il sindaco di persona. Parlavamo e poi giorni dopo c’incontravamo, “sorella, avevamo detto qualcosa, vero…?”.

              • Non è una priorità…

S.R. A parole è una priorità, però di fatto…

              • E quali sono le priorità qui?

S.R. Si danno molto da fare per la pesca…C’è un porto che da vent’anni non era stato pulito e lo stanno facendo. Per quanto riguarda i minori, non ci tengono, non…Un politico locale, un onorevole per la precisione, una volta ha detto che non bisogna impegnarsi a far studiare questa gente…come durante il fascismo, che quelli delle colonie non si facevano studiare)…Quando gli italiani sono stati in Libia, ai libici era vietato frequentare le scuole superiori. Lo studio rende meno gestibili le persone, ma non lo sono gestibili neanche se sono ignoranti.

              • Sì, però gli ignoranti sono più ricattabili. Penso ai diritti negati e magari acquistati…

S.R. Esiste, esiste! Quando magari si devono rivolgere a qualcuno per fare una domandina. E’ naturale che poi devono sborsare i soldi. E poi alcune cose che dovrebbero avere di diritto…

              • Ci hanno fatto intendere che c’è gente che ha lucrato sull’ignoranza, sui bisogni/diritti degli immigrati…

S.R. Stanno lucrando, stanno lucrando! Con la complicità di impiegati. Se fai domanda per fare la residenza, te la danno dopo che il vigile è venuto a verificare. Tu aspetti, aspetti, aspetti e il vigile non viene. Passa un mese, due…Glielo ricordi e questo non viene. Allora che fai? Hai un amico che ti dice: “aspetta, ci penso io! Dammi una cassetta di pesce…”. Allora questo poveraccio che ha bisogno della residenza per fare il permesso di soggiorno, prende la cassetta di pesce e gliela dà. La dai all’amico, non al vigile, ma il giorno dopo hai il foglio, anche se comunque il vigile non è passato. Questo è comprovato, è sicuro. Altre cose le abbiamo solo sentite.

              • A noi hanno detto che investe tutto: libretti di navigazione,…

S.R. Permessi di soggiorno…4 milioni per un permesso di soggiorno! E dici che non ci sono complici?! [Rivolta a Suor Rossana] Non ce l’ha detto pure x l’altro giorno? “Vedi quella? E’ la tunisina che si presta a fare da intermediario. Vedi che macchina grande ha?”. 4 milioni per un permesso di soggiorno…Quando c’è stata la sanatoria, bisognava presentare la prova che eri in Italia a partire da una certa data. Era difficile trovare questa prova, perché prima eri clandestino e non lasciavi tracce. Allora, come si poteva fare? I più sono ricorsi a dei certificati medici al pronto soccorso e sono andati a caccia di questi certificati. Ma sai quanto ci hanno guadagnato su questi certificati falsi? Perché, naturalmente, per averlo devi pagare…Oppure per rinnovare il permesso di soggiorno devi avere il contratto. Te lo fanno e ti paghi i contributi…Questi li capisco in un momento d’emergenza, ti faccio un favore…Ma quando è sistema…Se io vado al Comune e presento una domanda tu devi farmi il certificato.

S.R. Speriamo almeno che facciano lo sportello…

S.A. Se lo faranno sono capaci di mettere un articolista, come diceva il commissario. Fanno lo sportello, salvano la faccia perché hanno fatto lo sportello, e poi non serve…Quindi quasi quasi ho paura. Al sindaco abbiamo detto che serve uno qualificato. L’unico sarebbe al momento Karim, che è laureato e ha varie qualifiche, oltre a fare il maestro. Ma è di sinistra e quando abbiamo fatto il suo nome il sindaco è andato su tutte le furie. “Non voglio che passino tutti dalle sue mani!”, ha detto. Certo, Karim è uno che apre gli occhi alla gente…

              • Suor R., prima l’ho incontrata e abbiamo parlato della scuola elementare. Ho visto che si è accalorata in quei pochi istanti. Perché?

S.R. E’ una storia lunga…I bambini immigrati che iniziano dal primo anno della scuola elementare…

              • Scuola elementare “italiana” o “tunisina”?

S.R. Italiana…

S.A. Sino a poco tempo fa andavano quasi solo alla scuola tunisina. Ma siccome poi si trovavano male nella scuola media italiana, allora stanno iniziando a mandarli nella scuola italiana già dal primo anno.

S.R. Se iniziano dal primo anno della scuola elementare problemi non ce ne sono…I problemi nascono quando le mamme decidono d’interrompere la scuola araba – in seconda, terza o anche quinta – e d’inserirli nella scuola italiana. E allora è troppo tardi. Non riescono a seguire quello che dice la maestra…gli fanno un programma alternativo, il bambino ascolta quello che dice la maestra, deve fare l’atto di recupero che dice la maestra…La direttrice ha organizzato dei corsi, per cui per li prendono due ore giorno oppure un paio di volte la settimana, però il bambino non fa il cammino regolare. Specie quando un bambino lo inseriscono in quinta…è difficile! Già i problemi con la lingua ci sono per gli italiani… Il bambino arriva in quinta che non parla l’italiano, ma il mazarese, il siciliano…E allora devi ricorreggere quel lessico che ha imparato per la strada, parlando con gli amici. E il problema più grosso è ancora quando fanno sino alla quinta araba e poi alla scuola media. E qui si trovano in una difficoltà incredibile.

              • A. Da tanti anni si sta facendo una battaglia affinché la scuola tunisina inserisca tra le materie di studio la lingua italiana. Non c’è niente da fare da quel lato…Io ricordo che una volta è venuto a trovarci il console in occasione di un convegno e disse: “noi non pensiamo di fargli imparare l’italiano, perché sono degli immigrati in transito”. Quindi non dobbiamo parlare d’integrazione e loro sono contrari a questo, perché gli immigrati devono tornare in Tunisia. E probabilmente c’è all’inizio questo progetto – andiamo, guadagniamo e torniamo – ma poi nascono i figli, i figli si ambientano qua, iniziano la scuola qua e i figli stessi sono quelli che non si ritrovano più in Tunisia. E quindi pestano i piedi per restare in Italia. E poi non è vero che guadagnano il gruzzolo per tornare in Patria…perché qui si guadagna di più, ma si spende anche di più che in Tunisia. Lì per esempio l’alimentazione primaria, di base, è lasciata sempre a prezzo molto basso. Per esempio lo zucchero, il latte, il pane, costano pochissimo, tant’è vero che venendo da lì portano grandi scorte. Poi la casetta, è sempre una casetta semplice ma ce l’hanno. Qui pagano l’affitto…

S.R. Abbiamo avuto, a proposito della scuola, un ragazzino, yassin, che è piccolino, per cui lo hanno inserito nella terza elementare. Prima ha fatto la prima e la seconda araba e poi l’hanno inserito in terza…Il bambino, tra virgolette, sembrava un ebete. Ora piano piano si sta riprendendo. Abbiamo chiesto alla direttrice, sempre con karim e tutto, “mettiamolo un paio di mesi in prima. Intanto impara l’abc. Poi, subito, lo passiamo in seconda per un paio di mesi. Vedere un po’ che cammino può fare…perché subito in terza la maestra spiega la storia, spiega la matematica, spiega scienze…proprio, il bambino confuso al cento per cento. Niente! Non c’è stato nulla da fare! “Ha fatto la seconda e passa in terza!”. Ci siamo scontrati molte volte per queste cose.

              • Ma è lei che è rigida o ha dei vincoli, non so, “burocratici”?

S.A. No, non ne ha vincoli. E’ lei proprio…Gli insegnanti erano disposti! L’unica era che la scuola italiana o tunisina…Ecco, la scuola italiana: il bambino che si inserisce nella scuola italiana, non è giusto che perda la sua lingua, quindi anche la scuola italiana dovrebbe fare dei corsi in questa lingua.

S.R. Ma lo sta facendo. Solo che lo fa per quel gruppetto, per quel modulo. Non so, prendi un pomeriggio, fanno i rientri. Di pomeriggio, lingua araba un paio di ore. Invece hanno fatto un modulo sperimentale, facoltativo, che poi è frequentato solo dagli italiani di agiate condizioni…

S.A. Poi hanno iniziato la lingua araba gli italiani, ma si sono ritirati tutti. Karim è rimasto coi banchi…

S.R. I bambini tunisini che frequentano la scuola d’italiano e che così hanno scelto anche di frequentare il corso d’arabo invece sono rimasti…

S.A. Però non è una cosa fatta sistematicamente. Ogni anno non si sa se lo fanno, sino all’ultimo ci si chiede se ci sarà il finanziamento o no. Sono delle toppe messe là…

S.R. Il problema più grosso, di conseguenza, ce l’ha la scuola media.

              • Volevo chiedervi qualcosa delle attività che fate coi bambini…

S.R. Per il sostegno scolastico quest’anno ci sono altri gruppi che lo fanno. Abbiamo cercato di sensibilizzare altre parrocchie. Qui è da più di 10 anni che si fa sostegno scolastico, variando di anno in anno in base alle situazioni. Abbiamo fatto la scelta da alcuni anni di occuparci soltanto dei bambini delle elementari, perché sennò non si arriva. Anche perché piano piano le mamme decidono di mandare i bambini alla scuola italiana e i bambini aumentano. Prima erano di meno: avevamo i bambini delle scuole medie più che altro, e qualche bambino della scuola italiana. Poi sono subentrati un bel gruppo di slavi. Erano una quindicina, ma sono partiti. Sono nomadi e fanno avanti e indietro. Adesso la situazione si è stabilizzata e sono quasi tutti tunisini, abbiamo una bambina mazarese e un gruppo di bambini slavi. Facciamo doposcuola tutti i giorni tranne il sabato.

              • Ma quanti sono i ragazzi?

S.R. Una ventina. Abbiamo messo un punto: guardate è stato aperto un altro doposcuola alla chiesa di Cristo Re e lì hanno preso altri bambini. Poi c’ è un altro doposcuola gestito dai ragazzi della cattedrale e lì hanno soltanto i ragazzi di prima media per poterli seguire meglio. I volontari ci sono, c’è l’obiettore che sta facendo il tirocinio e che viene tre volte a settimana. Ci sono tre mamme mazaresi: una viene già da 3-4 anni, è una insegnante in pensione e viene un ora, un’ora e mezza, a secondo di quanto può. Poi ci sono le altre due mamme da quest’anno. Qui i ragazzi si susseguono, perché il volontariato ha i suoi alti e bassi. Abbiamo avuto molti scout negli anni passati, ma quest’anno stiamo avendo due ragazze che stanno venendo abbastanza sistematicamente. Sono ragazze del liceo…Altri sono venuti per natale…Sono ragazzi del liceo e se hanno problemi di scuola – interrogazioni, compiti e via dicendo – ci avvertono, “non possiamo venire!” e…Però ce la stiamo facendo abbastanza bene. I bambini anche rispondono abbastanza bene, perché vengono tutti i giorni, tranne in quelli in cui hanno il rientro a scuola.

S.A. I genitori tunisini ci tengono molto. Li accompagnano, li curano…Non eravamo abituati prima. Una volta siamo andati con una ragazza che stava facendo una ricerca in alcune famiglie della casbah. “Che cosa prende, che cosa vorrebbe per i suoi figli?” domandava alle mamme e poi intervistava il bambino: “Cosa vorresti fare da grande?” e così via…Tutti rispondevano non voglio che il bambino faccia la nostra vita, prevedo questo per quanto sia possibile…uno voleva fare il medico, l’altro l’ingegnere…Non ci arriveranno, però nella loro coscienza non c’è quello di restare analfabeti, di far restare analfabeti i loro figli…

S.R. Qui sono passati tanti ragazzi, tra cui Nuren stessa. Quante volte l’abbiamo spinta: “dai, Nuren, continua a studiare…”. Si era iscritta al liceo, poi aveva lasciato, poi ha finito da privatista. Si è iscritta all’università, poi ha lasciato. Alla fine ha preso un diploma professionale. Poi ci sono i ragazzi che vanno alla scuola superiore, che erano quelli che venivano qui quando erano piccolini. Poi, per esempio, non è che una cima, però c’è il primo ragazzino slavo che va all’IPSIA: bisognerebbe seguirlo e tutto, però frequenta il secondo anno. Riuscisse almeno ad arrivare al terzo potrebbe prendere una qualifica. Per cui sta entrando anche nella mentalità delle famiglie rom…C’era Franco – è partito – faceva la terza…L’ho incontrato giorni fa gli ho detto se ricordava che voleva fare l’avvocato e gli si è aperto il cuore. Perché piano piano inizia a farsi avanti quest’idea, a furia di martellare…

              • Giocano insieme bambini e slavi? Non si creano conflitti di natura “etnica”?

S.R. Un po’ come tutti i bambini. Nel vicolo avevamo ragazzini mazaresi, slavi e tunisini. Li vedevi: un po’ giocavano, un po’ si azzuffavano, però come tutti i bambini…

S.A. Però tu stessa hai detto che tra i bambini c’era un po’ di razzismo, che non volevano stare vicino a x, una delle ragazzine slave. Contro gli slavi c’era questa cosa…Anche i tunisini non vogliono gli slavi, perché secondo loro gli slavi sono inferiori… Sai cosa serviva per l’integrazione? I campi scuola d’estate! Perché, almeno quei due che abbiamo fatto, erano frequentati da slavi, tunisini e anche alcuni ragazzini italiani. Gli educatori erano bravi, perché quando vedevano che i tunisini stavano coi tunisini, gli slavi con gli slavi, allora rompevano le fila e rimischiavano tutto. Un’altra iniziativa per quanto riguarda i bambini nel pomeriggio l’ha presa la Caritas: sta iniziando un centro d’aggregazione, all’interno del quale dovrebbero esserci libere attività. Ad esempio, la manipolazione del pongo, la danza e anche un corso d’italiano per i bambini della scuola araba che fra pochi anni entreranno nella scuola italiana, per prepararli. E vengono tre insegnanti da Salemi tutte le settimane, per tre volte. I bambini sono contenti  e verrebbero, però siamo costretti a limitare e a fare il numero chiuso. Io ho preso dei ragazzini che fanno la prima e la seconda media, perché gli insegnanti che venivano da Salemi dicevano che erano troppi. Li ho presi io: un bambino che fa la seconda media non sa leggere ancora in Italiano!

S.R. Siccome hanno fatto sino alla sesta, li mettono in seconda media!!

S.A. Non sapevano leggere, non conoscono i vocaboli…Non sapevano, chessò, labbra…Come fanno a seguire una lezione? Abbiamo incominciato coi vocaboli, però si sentono umiliati a dover fare le cose delle elementari. Allora abbiamo preso dei libri d’italiano per stranieri e quindi non hanno l’impressione di fare proprio il sillabario. Questo centro di aggregazione avrebbe questo scopo, di tenergli impegnati, soprattutto i maschietti. Però è difficile trovare i volontari…perché, pur pagandoli, se non sei portato non rendi, non spieghi bene. C’era un volontario molto bravo, che ha dovuto lasciare per cercare un lavoro vero…Per un periodo ha lavorato anche in una casa-famiglia per minori in difficoltà, segnalati dai tribunali. Poi il sabato pomeriggio li facciamo lavorare: sono circa duecento e abbiamo tre stanze, grandi; però stanze…

              • Circa 200 bambini?!

S.A. Sono un migliaio i bambini, non hanno niente e quando fai una cosa subito accorrono. Li facciamo disegnare, fare gli origami…Sono tre stanze in una congregazione di suore. Le suore avevano una scuola lì. L’hanno chiusa e ce le hanno dat

              • Non c’è il sospetto da parte di qualche famiglia nei vostri confronti, perché siete religiose?

S.A. No. Siamo ormai qui da molti anni e sanno che non parliamo di questi valori…Tante volte hanno più fiducia di noi che dei loro connazionali. Se hanno problemi ci chiamano per accompagnarli, per risolverli. Hanno fiducia perché hanno provato tante volte e hanno visto. Peccato perché non riusciamo…Io capisco che quello che diamo è una stupidaggine. Potrebbe essere fatto di meglio. Soprattutto per i bambini che se presi a quell’età e presi bene, conservano un bel ricordo e…Abbiamo avuto problemi del resto coi volontari: chi parte, chi lavora…Abbiamo pure dovuto sospendere le attività un anno.

              • Questo è interessante. Perché non c’è stato ricambio?

S.A. Perché abbiamo interrotto per un anno. Adesso ci vuole un po’ di tempo per trovare altri volontari. Ci hanno tolto i locali, perché erano fatiscenti. Erano grandi spazi col cortile. Si facevano lavoretti con la carta o queste cose che s’inventavano volta per volta. I bambini si stancano dopo un po’e allora avevamo questo cortile e i bambini andavano a giocare. Ogni sabato si vedeva l’aumento progressivo. Poi i proprietari ci hanno detto che non potevano più lasciarci lì, perché non erano locali agibili…Comunque per 4 anni ci siamo stati; abbiamo fatto i campi estivi.

              1. Italiani ne venivano?S.A. Sì, qualcuno. Però ci sono dei pregiudizi. Per esempio nella squadra di calcio c’erano tre italiani, ma con grandi difficoltà venivano mandati dai genitori.P. Perché? Pensavano, chessò, a malattie? S.A. Più che malattie, pensavano che erano delinquenti, sono rissosi…A volte in effetti certe volte sono aggressivi, perché quando uno si sente emarginato diventa aggressivo! Che ci sia un po’ di prevenzione, pregiudizio, è vero. Ma che poi si esprimano come dite voi, “porco tunisino”,… P. Beh, me lo hanno raccontato sia una studentessa delle superiori che Marzouq. Il figlio di questo, in tempi più recenti della ragazza, litigava e lo insultavano così…S.A. E’ vero che ci sono dei pregiudizi da parte degli italiani, però quando uno sviluppa un senso di inferiorità, senti che non sei all’altezza con la lingua, ti viene un complesso…Allora anche certi atteggiamenti che potrebbero essere normali, vengono interpretati in un certo modo… A. Certo, il bambino che viene da una famiglia poco istruita e ripete “sporco tunisino” non è probabilmente la cosa più grave. Però a queste affermazioni segue un riscontro, perché se la mamma non manda il bambino a giocare pallone perché pensa che i tunisini sono aggressivi, portano malattie… S.A. Paura delle malattie non tanto. Perché in genere i tunisini sono ben vestiti, puliti. Forse gli slavi erano un po’…Adesso invece sai che sto riscontrando e che potrebbe essere un problema domani? Lo dico perché ho avuto un caso qui: molti ex-ragazzi sono venuti giovani a lavorare, quindi c’era la salute…hanno lavorato sempre. Il lavoro di mare usura molto logora. Quindi adesso si ritrovano a 45 anni vecchi, chi ha un’ernia al disco…e si ritrovano improvvisamente senza lavoro e con questa cassa marittima che non dà niente! C’è uno adesso che (due casi abbiamo e aumenteranno sempre di più) prima di avere una piccola pensione d’invalidità passa tempo e tempo. E in questo periodo loro non hanno niente. Improvvisamente da un lavoro sicuro, che dava poco ma era sicuro, passano ad uno stato d’indigenza. Prima che la cassa marittima dia 200.000 lire, e una famiglia non può vivere con questa cifra, passa parecchio tempo. Io vedo che questi casi ci sono e si moltiplicheranno. Proprio stamattina, uno è stato operato per tumore al cervello. Era pescatore sino ad un anno fa e riceve dalla cassa marittima 200.000 lire al mese. La casa dell’affitto è 200.000 lire, quindi gli bastano soltanto per l’affitto. Non solo: ma quest’affitto lo deve pagare anticipato di un anno. Adesso gli scade l’affitto e…   [Interruzione. Arriva qualcuno e blocchiamo la cassetta. Ricominciamo da un altro punto]

 

                • Noi però dicevamo che i figli di 20 non vogliono andare a mare…

S.A. Questo i figli ce li ha, ma sono a studiare a Tunisi!

                • No, non dicevo in questo caso specifico. Dicevo come…

S.A. Sì, ma non tutti si sposano a 20 anni e i ragazzi sono tutti minorenni e stanno studiano. Non ha neanche 45 anni questo…L’altro invece ha 50 anni e anche lui c’ha l’ernia al disco e altro. Dichiarano che non può lavorare, ma non risulta che abbia diritto ai fini dell’invalidità. Ed ha lavorato 20 anni a mare! Io mi sto domandando come faranno tra poco. Perché quando non trovano un sostegno nelle strutture, si rivolgono alla Caritas. Ma la Caritas può fare solo fino a un certo punto. Questo si è trovato di fronte ad un affitto di 2.400.000, ma deve anticipare tutto l’anno e ha una pensioncina di 100.000 lire al mese.

S.R. Loro vengono, lavorano, si portano la famiglia, fanno figli, prendono casa, ma a 40 anni son finiti se hanno fatto veramente i pescatori.

S.A. Sono tre! Il marito di L. ha preso una specie depressione, che non gli è riconosciuta come malattia. Per fortuna la moglie lavora al laboratorio di tappeti e vivono con quello…Ci vorrebbero avvocati che seguissero veramente e in profondità la questione.

                • Non c’è niente di simile a un collegio di avvocati che patrocinino gli immigrati, fornendo consulenza legale gratuita? Non so, avvocati impegnati socialmente…

S.A. C’è qualche avvocato giovane che presta il suo servizio, ma…

S.R. Abbiamo fatto anche tante attività, viaggi. Taormina, al ristorante ad Erice. Andiamo a volte in pizzeria dopo il doposcuola. Facciamo delle attività all’aperto, festeggiamo i compleanni…Il gelataio ci passa i gelati a 1000 lire. Ci sono degli adulti che ci aiutano in questo senso. I bambini, poi, quando si sentono considerati sono contenti…

S.A. Però sono tanti, ne seguiamo così pochi…Non ci sono i mezzi. Ti danno 1000 lire oppure i vestiti. Li danno a noi…Hanno provato a darglieli loro, ma gli hanno detto di no! Noi raccogliamo i giocattoli…Restauriamo quelli che sono un po’ rovinati ma recuperabili, pigliamo quelli buoni e gettiamo quelli inutilizzabili. Poi facciamo la pesca…Sino a poco tempo fa i tunisini non usavano regalare giocattoli ai loro bambini. Adesso iniziano…Era triste vedere questi bambini senza giocattoli. Ce n’era una che aveva una bambola tutta spelacchiata e se la teneva stretta stretta…Anche per Carnevale qualcuno inizia a prendere al figlio il vestito di carnevale. Raccoglievamo anche questi e li davamo…Da parte dei genitori c’è buona volontà per seguire i bambini, dargli un’istruzione, farli sentire uguali agli altri.

                • Ma non è anche un po’ drammatica questa penetrazione, anche tra i tunisini, del consumo legato all’infanzia?

S.R. Quando c’era la moda del monopattino qua attorno facevano a gara a chi…I bambini premono…

S.A. Sì, vedono la tv e vedono anche gli altri bambini italiani…Per esempio una cosa che trovo negativa: non mandano il bambino se non ha la brioche. I bambini italiani ce l’hanno, è pubblicizzata in televisione e per loro non avere la brioche è segno di miseria.

                • Non li mandano a scuola?!

S.R. I bambini slavi se non avevano le 1000 lire per la brioche non venivano a scuola…

S.A. Devono avere quella brioche! Io glielo dico: ma non c’è bisogno della brioche. Loro però vedono il ragazzino italiano e devono averla anche loro. I genitori fanno una fatica enorme a comperare le brioche. Sembra una stupidaggine…

S.R. A proposito della donazione dei vestiti, mi viene in mente che era divertente, quando la domenica certi slavi domandavano l’elemosina e ricevevano  vestiti, vedere le donne in circolo a scegliere i vestiti…Questo ha la lampo rotta, questa è da buttare in spazzatura, questo prendilo tu…Era la cernita…

                • Io non li ho mai visti gli zingari a chiedere l’elemosina.

S.A. Sono partiti molti. E quelli di Mazara vanno a Marsala o da altre parti. Perché i bambini iniziano a vergognarsi…Se passiamo noi ad esempio, oppure i compagni di scuola. Prima ce n’erano molti di più.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTERVISTA N.21

Responsabile Confcommercio

 

                • Come valuta questa stagione d’ingresso dei tunisini all’interno del tessuto economico-commerciale mazarese?
                • Sicuramente in modo positivo. Intanto perché la presenza degli extracomunitari è diventata necessaria: i pescherecci, se non ci fossero loro, avrebbero grandi difficoltà a partire. Tant’è che qualche tempo fa gli armatori chiedevano di aumentare il personale di bordo. Nel commercio incominciano ad entrare, ma più che altro come ambulanti; anche se c’è qualche timida iniziativa su posto fisso, con qualche pubblico esercizio, specializzato in cucina tunisina…Ma credo che per gente di mare come i mazaresi, l’ingresso dei tunisini è passato inosservato; anzi è stato da sempre ben tollerato.
                • Non ci sono dunque tracce di concorrenza, attuale o potenziale, nei confronti degli esercenti italiani?
                • No, non abbiamo avuto fenomeni di questi tipi. Certo, se incominciamo a parlare di marchi contraffatti…ma è un problema che riguarda tutti, non Mazara.
                • Nel corso dell’ultimo decennio questa presenza è aumentata?
                • Si sta legalizzando! Mentre in un primo momento c’era solo la presenza di abusivi, ora abbiamo un certo numero di regolarizzazioni, di persone che vengono qui in sede per mettere in chiaro la loro posizione.
                • Nella sua esperienza, una volta che uno si regolarizza, apre una propria partita IVA, si prende la licenza, ecc., nella sua esperienza riesce a gestire l’insieme di oneri che questo comporta (il consulente per la messa in regola, il commercialista)?
                • Riesce a restare nel mercato alla stregua degli italiani. Ha le stesse difficoltà che ha un italiano, che è impegnato in una lotta continua per resistere.
                • Mi ha raccontato di aver affittato alcuni appartamenti di sua proprietà a degli extracomunitari. Mi racconta qualcosa di questa scelta?
                • E’ stata una scelta normalissima. Senza nessun trauma particolare, perché non abbiamo mai avuto pregiudizi nei confronti di nessuno, a parte magari che in quelli dei delinquenti, ma sia esso italiano o straniero. Comunque, entrambi gli inquilini sono tunisini: uno fa il pescatore e l’altro il commerciante.
                • Qui normalmente si richiedono fideiussioni o altre forme di garanzia nei confronti degli inquilini stranieri?
                • No. Siamo più tolleranti di tutti!
                • Quindi la casa non è un problema per gli stranieri e per i padroni.
                • L’unico problema che si potrebbe creare e che potrei avere anch’io, è che affitto una casa ad una famiglia e che questi la subaffittano. Questo mi darebbe noia! Nei contratti, registrati regolarmente, questo è messo in chiaro. Noi comunque trattiamo gli stranieri esattamente come gli italiani. Già mi fa una certa impressione doverne parlare come se stessimo parlando di qualcosa di “diverso”, perché per me non lo sono!
                • Mentre in una comunità come Mazara ci si conosce più o meno tutti, il fatto di affittare a stranieri – a gente cioè sconosciuta – non l’ha indotta a fare accertamenti?
                • No, quando abbiamo visto che si trattava di una famiglia, di gente dalla faccia pulita che trasuda voglia di lavorare, non ci siamo posti problemi più di tanto. Ci siamo fidati delle impressioni…Ma è lo stesso problema che abbiamo con gli italiani, né più né meno.
                • A livello di fama, diciamo così, i tunisini sono normalmente dei buoni pagatori o al contrario sono inaffidabili?
                • Puntuali per quella idea che abbiamo noi della puntualità! Cioè siamo elastici anche questo: se lei prende appuntamento a Milano, un minuto di ritardo pregiudica; qui invece se uno arriva con 10 minuti di ritardo non succede nulla! E’ così è anche con gli affitti…
                • Cosa ne pensa dell’abbandono del centro storico da parte degli italiani?
                • L’abbandono del centro storico è un problema che ci trasciniamo da parecchi anni. E’ effetto degli eventi sismici dell’81 e del ’68. Perché essendo case vecchie la gente aveva paura…Il grosso errore è stato non gestire bene la questione nella ricostruzione. All’epoca non c’era la cultura del centro storico che stiamo vivendo adesso. L’amministrazione di allora ha pensato bene di creare un quartiere nuovo, Mazara 2, dando la possibilità agli abitanti del centro storico di trasferirsi. Sembrava una buona idea, ma adesso sappiamo non è che così. Se avessimo investito lì i finanziamenti sarebbe diverso oggi…
                • Ma c’è anche un pregiudizio…
                • Io sono nato nel centro storico, mia madre vedova vi vive ancora, e non abbiamo mai avuto particolari problemi. Il pericolo può esserci lì come ovunque. Le attività commerciali sono scappate per l’abbandono del centro, per il disinteresse delle politiche comunali, per la mancanza di incentivi a restare. Nei piani comunali è mancato per lungo tempo la destinazione ad uso commerciale degli immobili. Questo può richiederlo anche un proprietario per il proprio immobile, ma se manca una direttiva che afferma chiaramente la non problematicità del passaggio d’uso, questo cambiamento si realizza con maggior difficoltà. Ora c’è l’idea di dare incentivi alle attività che aprono nel centro storico, ma mancano i fondi. La crisi è iniziata negli anni ’90 ed è coincisa con l’allontanamento del grande pubblico dal centro storico. Quelli che ci sono “resistono”, si ostinano a restare. Sopravvivono in attesa di tempi migliori, di un decollo della presenza turistica. Noi premiamo per una rivalorizzazione, per un recupero del patrimonio immobiliare pubblico (del Comune o dell’ASL).
                • Esclude l’idea di una speculazione? Prendere gli immobili a basso costo per poi affittarli a turisti o rivenderli?
                • Non ho indizi in questo senso. Anzi…!Questo me lo augurerei, ma non sta accadendo. Fare città albergo o cose del genere. […] Molte case del centro storico sono state acquisite dal Comune per dare la possibilità ai cittadini di avere una casa decente in un centro residenziale. Da questo è nato però che molti trasferimenti di proprietà non si sono realizzati, perché può capitare che vi sia una proprietà che sia una stanza al  piano terra, due sopra, s’incrociano stanze di un proprietario con un altro. Per cui il passaggio di proprietà e il restauro diventano problematici.

 

 

 

 

 

[1] Si trattava di una polemica aspra, svolta a distanza, che si riproduceva tra le pagine di libri, delle riviste o nel corso di conferenze. Da un lato stava Melotti, severo assertore della regolazione dei flussi migratori ed estremamente preoccupato dalla deriva microcriminale assunta dall’immigrazione in Italia; dall’altra parte stava Dal Lago, definito dal primo “sedicente esperto” e, in buona sostanza, apocalittico ritrattista della condizione dei migranti in Italia. Peraltro era questa un’accusa che, a mio avviso ingiustamente, molti “ragionevoli” e moderati commentatori  rivolsero a Dal Lago all’indomani della pubblicazione di Non persone. Personalmente stavo, e continuo orgogliosamente ad esserlo “senza se e senza ma”, sul secondo versante. Tra l’altro, riletto in questi giorni (prima metà del 2008), Non persone si rivela un libro ancora attualissimo, perfettamente in grado di spiegare  l’insopportabile, amarissima, rivoltante retorica sicuritaria di destra e, quel che è peggio, di sinistra.

[2] Una percezione positiva che si spiega con la sua integrazione economica, superiore alla media?

 Questa storia è stata letta 10603 volte

Il libro
La Spoon River dei braccianti
Otto eroi da ricordare
Leggi »
Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su email
Condividi su whatsapp

Laterza editore

Lo sfruttamento nel piatto

Le filiere agricole, lo sfruttamento schiavile e le vite di chi ci lavora


Nuova edizione economica a 11 €

Lo sfruttamento nel piatto

Ricominciano le presentazioni del libro! Resta aggiornato per conoscere le prossime date