Vende “calia e semenza” e disegna. Ossessivamente. Siamo negli anni ‘50, a Mondello, sul lungomare palermitano. Lui si chiama Gaetano Gambino. Usa solo la sua penna biro. E soltanto la carta spessa che usa per confezionare ceci e semi di zucca abbrustoliti. La merce che offre ai clienti del suo chiosco. L’opera è finita solo quando termina l’inchiostro della biro.
Gambino aveva la stoffa del grande artista. Conobbe il fotografo Enzo Sellerio e lo scrittore Leonardo Sciascia, che diventeranno sporadicamente suoi acquirenti come tanti altri palermitani. Invece vive senza fissa dimora. Finisce in carcere per una rissa e poi al soggiorno obbligato. Passa il resto della vita come ambulante. La bancarella sulla spiaggia è il suo atelier. Un magazzino nei pressi, la precarissima casa. Vero artista maledetto, estremo. Scontroso e solitario. Oggi è considerato tra i maggiori esponenti dell’Outsider Art. Cerchiamo tracce delle sue opere, testimonianze della sua arte. Non rimane più niente.
Allora torniamo a Palermo. I suoi monumenti sono notissimi. Partiamo dai “Quattro canti” e passeggiamo tra i vicoli del centro storico, apprezzando l’atmosfera barocca e decadente, simile a quella delle altre città della sponda Sud del Mediterraneo.
Ma non ci accontentiamo di seguire i consueti itinerari turistici. Questa città è un libro a cielo aperto, dove le pietre raccontano infinite storie. Allora inventiamo questi itinerari:
- il percorso gastronomico: probabilmente il più intenso tra quelli che potrà mai capitarvi;
- le storie dell’antimafia: il fascino della Kalsa, il quartiere dove nacquero Falcone e Borsellino; i luoghi della rivolta contro il pizzo; la tomba di Padre Puglisi;
- il percorso storico: le vie di Cagliostro, il palazzo dell’Inquisizione, i vicoli oscuri dei Beati Paoli, la sede del primo parlamento in Europa, la tomba di Federico II;
- alla scoperta degli stili architettonici: il liberty, l’arabo-normanno, il barocco;
- l’itinerario dei quadri celebri: il trionfo della morte a Palazzo Abatellis, la Vucciria di Guttuso allo Steri;
- i mercati (dalla decadenza della Vucciria all’animazione del Capo e di Ballarò);
- i teatri: dal Politeama al Massimo;
- le chiese incrocio di mille culture: l’arabo-normanno della Cattedrale; il bizantino della Martorana; l’arabo di San Giovanni degli Eremiti; lo spagnolo barocco di San Domenico; il gotico dello Spasimo; la sintesi di tutto nella Cappella Palatina.
1. Il percorso gastronomico
Iniziamo da quest’ultimo. Palermo è un vero paradiso dello street food. Per un primo assaggio andate allo storico mercato della Vucciria (quello immortalato da Guttuso) e provate il polpo appena bollito condito con limone e prezzemolo. Per gli stomaci forti c’è il panino ‘ca meusa, milza condita da abbinare al panino tondo al sesamo.
Se volete tenervi “leggeri”, nel panino potete mettere le panelle, sfoglie di farina di ceci fritte. Oppure le “arancine” (a Palermo si usa il femminile), riso allo zafferano con piselli, carne macinata e caciocavallo. A forma di pera e – ovviamente – fritto.
Infine ci sono i piatti classici: pasta con le sarde o cannoli. Se volete andare oltre, provate alcune prelibatezze a base di pesce: ravioli ripieni di cernia, involtini di spatola o sarde a beccafico, cioè con pinoli e uva sultanina. I sapori agrodolce arrivano direttamente dalla tradizione araba.
2. Le strade dell’antimafia
Tra i tanti percorsi, sicuramente quello della storia dell’antimafia è il più intenso. Iniziamo da Piazza Marina, dove troviamo la targa che ricorda l’omicidio di Joe Petrosino. La storia della lotta alla mafia inizia molto prima di quanto pensiamo. Quell’omicidio è del 1909, la vittima fu il primo poliziotto italo americano impegnato nelle indagini contro la Mano Nera, l’organizzazione mafiosa che terrorizzava Little Italy.
A pochi passa troviamo la Kalsa, antico quartiere arabo nelle cui stradine giocavano da ragazzi Falcone e Borsellino. Zona difficile, quartiere complicato, ma oggi è possibile visitare la farmacia della famiglia Borsellino che nel frattempo è diventata un museo della memoria.
In tutta la città si trovano negozi che hanno aderito ad Addiopizzo, la forma popolare di rifiuto del racket. Nel quartiere multietnico di Ballarò, commercianti italiani e del Bangladesh si sono recentemente ribellati al pizzo.
3. Le vie della storia
Infine seguiamo le tracce del percorso storico. La prima tappa è in piazza Marina dove troviamo Palazzo Steri, un incredibile concentrato di storia. Le fondamenta sono arabe, con tracce ancora visibili. Ai piani superiori si trovano le carceri dell’Inquisizione, in piazza i “colpevoli” erano arsi vivi. Le mura sono piene dei graffiti dei prigionieri, grida di disperazione o accuse ai propri aguzzini. Una visita in queste stanze ispirò “Morte dell’inquisitore” di Sciascia.
Il protagonista è Fra’ Diego La Matina, bandito e blasfemo per gli inquisitori, libero pensatore per altri. Bruciato al rogo nel 1658, dopo aver aggredito e ucciso con un ferro da tortura Juan Lopez de Cisneros, l’inquisitore che era andato a interrogarlo proprio nelle carceri dello Steri.
Il più celebre dei romanzi popolari a sfondo storico è i “Beati Paoli”. Si dice che ogni famiglia del popolo, anche quella meno colta, avesse in casa una copia del libro e amasse rievocare le gesta di quell’oscuro tribunale nato nei sotterranei del quartiere del Capo. Per alcuni, giustizieri che vendicavano le angherie subite dal popolo. Per altri, i progenitori della mentalità mafiosa secondo cui ci si può far giustizia da soli.
Il romanzo incrocia alcuni fatti dell’Inquisizione – uno dei tanti tribunali che si contendono le giurisdizioni e vogliono prevalere gli uni sugli altri, rendendo vana la giustizia. Una cronaca racconta l’auto da fé che da Piazza Marina arriva al Piano della Cattedrale.
All’interno del monumento si trovano due tombe che racchiudono la storia della città. In fondo alla navata destra, Federico II, amato “cavaliere dell’intelletto”, “stupor mundi” e promotore dell’incontro tra le culture greca, latina, germanica, araba ed ebraica. Dall’altro lato, Padre Pino Puglisi, ucciso dalla mafia nel 1993 e divenuto beato dieci anni più tardi.