La schiavitù moderna nel Regno Unito

Viviana Fiorentino
  Il Regno Unito è uno dei paesi più attenti al tema delle nuove schiavitù. Eppure si stima che 10mila persone siano coinvolte. E sono numerose le segnalazioni di voli charter usati per deportare richiedenti asilo. Che avrebbero avuto tutto il diritto di essere protetti
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Nel Regno Unito, uno dei paesi considerato tra i più ricchi d’Europa, la schiavitù moderna e la tratta degli esseri umani sono presenti in ogni sua singola area, secondo un recente report di Anti Slavery. Persone che lavorano in case private, lavoratori degli autolavaggi o inservienti addetti alle pulizie negli uffici. Il numero di persone identificate come vittime della schiavitù moderna aumenta di anno in anno, con oltre 10.000 persone indirizzate alle autorità nel 2019. Queste le forme più comuni nel Regno Unito: sfruttamento sessuale forzato, schiavitù domestica o lavoro forzato in fattorie e industrie, in negozi, bar, autolavaggi.  Il lavoro forzato è la forma più comune di schiavitù nel Regno Unito, alimentata da servizi a basso costo, con scarsissimo riguardo per i lavoratori. 

Le stime più accurate prodotte dal Ministero degli Interni sulla portata della schiavitù moderna nel Regno Unito è del 2014. Nel 2013 ci sarebbero state tra le 10.000 e le 13.000 potenziali vittime della schiavitù moderna. Con una stima media di costo unitario per crimine di schiavitù oltre i £ 328.720, ovvero superiore al costo unitario di qualsiasi altro tipo di crimine, a parte l’omicidio.

I 10 più comuni paesi di origine di potenziali vittime adulte di schiavitù riferite dal NRM nel 2018

Il numero di cittadini britannici identificati come moderne vittime della schiavitù è aumentato del 72% in un anno, secondo i dati riportati da Independent. Sono persone che servono e alimentano le gangs del traffico di droga, attraverso le cosiddette “county lines”, oltre ad altre forme di sfruttamento del lavoro. Un’analisi dei dati mostrerebbe che il numero di cittadini del Regno Unito registrati come potenziali vittime della tratta è aumentato da 1.246 nel 2017-18 a 2.143 nel 2018-19 – con la percentuale di tutte le vittime che sono britanniche dal 21% al 26% per cento in un solo anno. Jakub Sobik, di Anti-Slavery International, ha dichiarato: “I numeri mostrano che la nazionalità delle persone designate per essere sfruttate non ha importanza, tutto ciò che serve è trovare persone vulnerabili e un modo per intrappolarle e sfruttarle. (…) La pratica delle “county lines” è particolarmente inquietante. I bambini sono attratti da doni e promesse, ma presto rimangono intrappolati nella maglia del traffico della droga e vengono minacciati di morte se vogliono andarsene”. 

Così, mentre parte della popolazione mondiale rimane chiusa in casa, il traffico di essere umani viene mobilitato e spostato. Il Regno Unito è tra i paesi di origine più comune in assoluto delle moderne schiavitù, seguito da Albania e Vietnam (il paese di origine per le potenziali vittime adulte è l’Albania con il 19%, mentre per i bambini è il Regno Unito con il 45%). Nel 2018, i dati relativi ai cittadini del Regno Unito sono aumentati del 98% rispetto all’anno precedente (da 819 a 1.625).

Secondo i dati rilasciati dal Ministero degli Interni britannico (FOI), l’anno scorso 1.256 vittime della moderna schiavitù e della tratta sarebbero stati rinchiusi in ambienti simili a prigioni, centri di detenzione, poiché “immigrati”.  Solo nel 2019, più di 1.200 detenuti immigrati sono stati scoperti essere potenziali vittime della tratta prima, durante o dopo il tempo trascorso nei centri di detenzione per immigrati. #SupportedOrDeported petition, firmata da 30 NGOs ha denunciato come le persone vulnerabili che sono state soggette a traffico e maltrattamenti siano state, comunque, rinchiuse in centri di detenzione nonostante ciò dovrebbe andare contro le regole governative. 

Nel luglio dello scorso anno, oltre 20 ONG hanno firmato una lettera aperta nella quale si chiedeva al governo di rivalutare il coinvolgimento del Ministero degli Interni nel processo decisionale che riguardasse la vulnerabilità in detenzione nonché la valutazione dei soggetti potenzialmente vittime di traffico. Nonostante il governo avrebbe affermato di impegnarsi a ridurre il numero delle persone detenute, i dati attuali suggeriscono un aumento, tra il 2018 e il 2019, del numero di potenziali vittime della schiavitù detenute nei centri di espulsione per immigrati.  

Secondo il direttore di After Exploitation, Maya Esslemont:  “Le vittime della schiavitù sono spesso trattenute dai loro aggressori in condizioni restrittive e psicologicamente dannose. I dati suggeriscono che centinaia – se non migliaia – di potenziali vittime sono state sottoposte a una forma di reclusione secondaria anche dopo essere sfuggite allo sfruttamento.”

Le dichiarazioni del Dr. Frank Arnold, membro di Medact e direttore clinico di Forrest Medico-Legal Services, sono chiare:  “Come medico ho esaminato diverse persone che sono state vittime del traffico, poi arrestate e detenute per periodi prolungati, e che solo molto tardi hanno ricevuto una risposta sul loro status dal National Referral Mechanism. Non sorprende che la maggior parte di loro avesse pesanti traumi derivati dall’essere state vittime del traffico e dimostrasse Post Traumatic Stress Disorders come forma di esacerbazione e conseguenza della detenzione. Il motivo è semplice: prendere una persona trafficata che non è più sotto il controllo dei suoi sfruttatori abusivi e sottoporli a detenzione significa sostituire una forma di impotenza con un’altra.  (…) Indagini eseguite da enti di beneficenza hanno dimostrato che non vi è in atto alcuna protezione delle vittime della tratta contro la detenzione, che è invece dannosa, costosa e talvolta illegale.”

Il 20 Febbraio scorso, il Ministero degli Interni ha deportato dei richiedenti asilo con un volo charter nonostante avvocati specializzati nella materia dell’immigrazione avrebbero avvertito che sia stato loro negato accesso alla giustizia.  Il volo, in partenza intorno alle 7 del mattino, trasportava persone in Germania, Austria e Svizzera ai sensi della Convenzione di Dublino, una legge che impone ai richiedenti asilo di chiedere asilo nel primo paese sicuro dell’UE in cui arrivano e di non potersi spostare in nessun altro.  Secondo gli avvocati, molte delle persone che avrebbero preso il volo charter sarebbero state potenziali vittime di tratta o di tortura, e quindi sarebbero dovuti essere esentati dalla regola della Convenzione di Dublino.  

Ad almeno 16 sarebbe stata concessa la sospensione dopo l’intervento degli avvocati. L’avvocato per l’immigrazione, Isabella Kirwan, di Duncan Lewis Solicitors, ha affermato che lei e il suo team sono riusciti a rinviare la rimozione di almeno sei persone in attesa di imbarcarsi, le quali sarebbero già dovute essere identificate dal National Referral Mechaism (NRM), la struttura del Regno Unito preposto all’identificazione delle vittime della schiavitù e della tratta.

Secondo fonti del The Guardian, il ministero degli Interni avrebbe pianificato in anticipo l’espulsione di richiedenti asilo vulnerabili e sospette vittime della tratta.  Almeno otto delle persone sul volo charter del 20 febbraio sarebbero stati eritrei e almeno due iraniani. I richiedenti asilo provenienti da paesi come l’Eritrea passano generalmente attraverso la Libia, paese nel quale i migranti vengono trafficati. Nei giorni seguiti al volo, sarebbero state ottenute diverse ingiunzioni dell’Alta Corte del Regno Unito per conto dei richiedenti asilo eritrei ritenuti vittime della tratta, ma che stranamente non sarebbero stati valutati tali. Un trentenne ha riferito al The Guardian dal centro di rimozione  di Colnbrook, vicino a Heathrow, di essere stato vittima di torture e traffico dall’Eritrea. L’uomo sarebbe stato torturato in Eritrea, fuggito e arrivato in Libia da dove sperava di attraversare il Mediterraneo e giungere in Italia. Afferma di essere stato tenuto prigioniero in Libia, costretto al lavoro forzato e torturato ancora una volta. Nei giorni seguenti alle sue dichiarazioni, avrebbe poi ricevuto la notizia che la sua rimozione sarebbe stata rinviata a seguito di un’azione legale che ha poi impedito al Ministero degli Interni di metterlo sul volo charter del 20 febbraio. 

Tutti gli immigrati detenuti nei centri di detenzione del Regno Unito avrebbero diritto a una consulenza legale. Tuttavia, secondo il The Guardian, una lettera dell’Immigration Law Practitioners Association e della Detention Action al Ministero degli Interni, al Ministero della Giustizia e all’Agenzia per gli Aiuti Legali, avrebbe sollevato serie preoccupazioni sull’effettivo accesso alla consulenza legale per i detenuti – a maggior ragione per quelli che sarebbero stati deportati con il volo charter. 

La lettera affermava: “Sono persone con casi spesso complessi di immigrazione, asilo e/o tratta che necessitano di consulenza e rappresentanza di esperti, con urgenza. Sono persone che in alcuni casi non parlano inglese. Possono essere eccezionalmente vulnerabili poiché vittime di torture, malattie mentali e/o traffico e sfruttamento. Senza un’adeguata consulenza e rappresentanza, viene loro negato l’accesso alla giustizia”.

Un altro volo charter verso la Jamaica avrebbe deportato altre 17 persone a inizio febbraio, mentre 25 sarebbero rimaste a terra e non sarebbero partite. In quella occasione, diverse charities indipendenti e campagne di attivismo avevano riferito che alcuni detenuti del centro di rimozione di Harmondsworth sarebbero stati trasportati in aeroporto, nonostante la sentenza della Corte d’Appello. Tuttavia, poi non sarebbero saliti sul volo e sarebbero tornati indietro. Il signor Davis, 30 anni, arrivato nel Regno Unito all’età di 11 anni e con una figlia di sei mesi, ha dichiarato in quella occasione di essersi sentito sollevato per aver scampato per un soffio il volo, ma ha anche aggiunto del terrore delle ore precedenti il volo, durante le quali non avrebbe ricevuto alcuna informazione sul perché fosse nella condizione di essere rimosso.

Bella Sankey di Detention Action avrebbe dichiarato al The Guardian a febbraio scorso: “Il governo sta organizzando altri voli di espulsione, questa volta verso un certo numero di paesi europei in cui cerca di rimuovere i richiedenti asilo e le vittime vulnerabili della tratta”.

Rudy Schulkind, coordinatore della ricerca e delle politiche presso Bail for Immigration Detainees, che conduce ricerche regolari sullo stato della consulenza legale nei centri di detenzione, ha dichiarato: “Abbiamo notato un deterioramento della qualità della consulenza legale dopo le modifiche apportate dall’agenzia di assistenza legale nel 2018. La posta in gioco non potrebbe essere più alta per le persone interessate. Le persone in stato di detenzione per immigrazione sono private della libertà e subiscono la rimozione forzata e la separazione da famiglie e bambini e la possibilità di torture o maltrattamenti al ritorno nel loro paese di origine.”

Ma un portavoce del Ministero degli Interni risponde così alle accuse: “Ai detenuti viene data ampia opportunità di richiedere qualsiasi consulenza legale mentre si trovano nei centri di rimozione.”

In piena crisi Covid-19 e nell’incertezza sulla Brexit, i reportage e i dati sulla tratta e sulla schiavitù sono messi a tacere. Questo porterà a breve termine alla chiusura delle linee di assistenza, che rischiano di non essere più finanziate in un momento di tracollo, lasciando migliaia di vittime della tratta in situazioni di sfruttamento. Unseen, la charity che gestisce le linee di assistenza, ha dichiarato che l’incertezza politica in un periodo economico difficile – creato in gran parte dalla Brexit e accentuato adesso dalla pandemia – hanno portato a fortissimo calo dei finanziamenti, costringendolo a lanciare un appello di emergenza per evitare la chiusura.

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