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Non possiamo accogliere tutti, aiutiamoli al paese loro, ci rubano il lavoro… Ovunque i luoghi razzisti prendono spazio. “”Prima gli italiani””, uno slogan dell’estrema destra, diventa senso comune. La fragile identitità nazionale (quando mai ci siamo sentiti “italiani”?) si costruisce in contrapposizione a un fantomatico “loro”.
Dall’altro lato si contrappone una fragilissima resistenza basata sul paternalismo, sui residui coloniali, sul lato peggiore del cattolicesimo: poverini… sono fratelli… dobbiamo accoglierli…
Ma cosa intendiamo con “accoglienza”?
Sulla parola “accoglienza” si costruiscono i maggiori equivoci. Che cosa intendiamo? Il senso comune immagina assistenza senza fine, risorse sottratte ai nativi e destinata a “loro”, un business malvagio che lucra sulla disperazione.
I buoni sostengono che è nostro dovere accogliere, che siamo colpevoli per il colonialismo, che “scappano da fame e guerre”.
La realtà è molto più articolata. Ma, per fortuna, molto più interessante. Il sistema di accoglienza italiano è nel complesso indifendibile (fatte salve alcune eccellenze) e a volte diventa una gigantesca farsa burocratica. Così la richiesta dell’asilo può diventare un lungo percorso. In più, esiste un solo canale di ingresso legale anche per chi è venuto per altri motivi. Una unica fila (che dura anche cinque anni) che mette insieme chi è scappato dalla guerra in Siria, chi è fuggito dal dittatore eritreo, chi vuole ritrovare la madre e chi cerca lavoro in Germania.
La realtà è molto più articolata. Ma, per fortuna, molto più interessante
Dublino è la parola maledetta. È la gabbia che costringe a rimanere in Italia e Grecia, dove le opportunità di lavoro sono poche. E a sognare Uk, Francia, Germania.
L’Italia ha deciso di guardare a sud (foraggiando i clan libici) e poco a nord (chiedendo una equa distribuzione europea e la fine di Dublino). Una scelta apparentemente comoda ma di cortissimo respiro. Nata per assecondare quell’opinione pubblica allevata, appunto, con i luoghi comuni.
La nuova edizione del libro “Ruspe o biberon” vuole entrare nelle storie reali e uscire dal mondo virtuale di preconcetti e frasi fatte.
Indice
Introduzione. Iniezioni di veleno
1. Non possiamo accogliere tutti
2. Aiutiamoli al paese loro
3. Ci rubano il lavoro
4. Vengono qui e si fanno mantenere
5. Li accogliamo? Devono lavorare per ricompensarci
6. L’Italia è piena di clandestini
7. Non scappano dalle guerre
8. Prima gli italiani
9. Vengono qui e fanno i criminali
10. Li accogliamo e poi fanno gli schiavi
11. Sono poveri ma hanno lo smartphone
12. Quando noi emigravamo, non facevamo niente di male
Conclusione. Un mondo sporco e in movimento