Un uomo spara contro un gruppo di africani. La comunità si ribella scendendo in piazza per le vie del paese. Poco dopo sono in fila di fronte al commissariato per descrivere l'uomo che ha sparato. Alla fine si scoprirà che il colpevole è un killer di un clan di 'ndrangheta
Le violenze continuano, in tre rimangono feriti alle gambe. Scoppia una nuova rivolta. Gli africani irrompono per le strade del paese danneggiando auto e negozi. Una donna rosarnese è leggermente ferita. Alcuni cittadini si organizzano in squadre con fucili e taniche di benzina. In poche ore la polizia sgombera tutte le persone di pelle nera. Una vera pulizia etnica. L'eco dei fatti di Rosarno arriva in tutto il mondo
Dopo un decennio praticamente nessuno dei migranti protagonisti della rivolta vive a Rosarno. L'area è sempre più un rifugio per chi è in attesa di documenti e prova a trovare un lavoro a giornata, quasi sempre in condizioni di grave sfruttamento
Molti degli africani di Castel Volturno, protagonisti della rivolta contro la camorra, si erano spostati in Calabria. Vissero nuovamente quello che era successo in Campania, quando i casalesi uccisero alcuni di loro. Prima i proiettili nelle gambe, poi la rivolta. Il territorio rosarnese era controllato militarmente dai clan Pesce e Bellocco, oltre che da una miriade di piccoli gruppi e cani sciolti. Allo sfruttamento nei campi si sommava una violenza diffusa nei confronti dei neri, "colpevoli" di girare soli e indifesi per le strade del paese e nelle campagne. Mentre la popolazione locale, in quel momento, viveva con rassegnazione la sopraffazione mafiosa, la comunità africana scelse la strada della ribellione. Decisero per una soluzione collettiva, la rivolta, invece di una strada individuale, la vendetta.
Sul muro della ex fabbrica in cui vivevano scrissero «We will be remembered». Nonostante il momento drammatico, non si sentivano più migranti sfruttati, vittime del destino, ma gli eredi della lotta plurisecolare contro la schiavitù, gente che scrive la storia e consegnerà un futuro migliore ai propri figli.
La rivolta suscita sorpresa a tutti i livelli. Il ministro dell'Interno, il leghista Roberto Maroni, parla di "degrado portato dai clandestini". Nelle stesse settimane era stato approvato il "pacchetto sicurezza" e il reato di clandestinità. Paradossalmente, erano i migranti ad essere vittima della violenza degli italiani. E saranno loro a rendere il territorio più sicuro aiutando le indagini. Sui media, nei giorni successivi, prevale la narrazione della «bomba pronta a esplodere», come se la posta in gioco fosse una generica convivenza tra bianchi e neri. La rivolta, invece, non fu uno scontro interetnico, ma una lotta per i diritti.
Sono le abitazioni dei braccianti a raccontare le loro vite.
I silos per l’olio. Il capannone. La cartiera. Le tende fredde del Ministero dell’Interno. I container da dopo terremoto. Le casupole sfondate in campagna. Il campo videosorvegliato.
Dalle interviste ai produttori di Rosarno nasce una curiosa teoria: lo sfruttamento per necessità. I contadini sono costretti a rifarsi a cascata sui braccianti perché a loro volta vessati dai supermercati. Già l'ex sindaco Giuseppe Lavorato diceva che non era questa la soluzione. La strada giusta era la lotta per un prezzo remunerativo e contro tutti coloro che hanno imposto prezzi bassi.
Tra questi ci sono i supermercati, ma non solo. Ci sono gli intermediari, i commercianti, che sono i soggetti che poi vendono il prodotto. Ci sono le imprese mafiose, che hanno messo da decenni le mani sui contributi pubblici e hanno soffocato il settore. Ci sono le mancanze di alternative, per esempio le Organizzazioni di produttori (Op) e i mercati generali. Nati come sbocchi alternativi al supermerket, oggi sono diventati tutt'altro.
Nel 2012 “The Ecologist” scrive che Coca Cola acquisterebbe le arance raccolte dagli africani sfruttati. Un fornitore rosarnese venderebbbe a Fanta. Pochi giorni prima dell’articolo il contratto sarebbe stato comunque rescisso, a causa di una richiesta di aumento del prezzo. L’azienda locale chiuderà in breve, per motivi mai chiariti.
La replica
Più volte Coca Cola ha dichiarato una disponibilità a intervenire in progetti per i migranti sul territorio calabrese. Interpellata dalla campagna FilieraSporca, sempre nel 2015, ha comunicato i suoi fornitori, tutti siciliani: Agrumi Gel, Citrofood, Ortogel, Fratelli Branca e Agrumaria Corleone.
Tra i maggiori operatori della Piana di Gioia Tauro c'è la "Agrumi Gaetano Rao", che vanta uno storico rapporto con Esselunga. Rao è stato a lungo assessore provinciale all’agricoltura.
La ditta tratta prodotti "a rischio", cioè raccolti da migranti sfruttati? Al momento non lo sappiamo.
La replica
La campagna FilieraSporca ha chiesto informazioni alla ditta Rao, che non ha mai risposto. Ha invece risposto Esselunga: "Lavoriamo con fornitori ai quali è richiesto di sottoscrivere e rispettare il Codice etico adottato dalla società che prevede, quale principio fondamentale, il rispetto dei diritti umani e della dignità di ogni persona".
Le aziende citate non sono in alcun modo colpevoli. Si segnalano semplicemente alcuni casi emersi inchieste giornalistiche e si pone un problema: le misure prese per assicurarsi che nella propria filiera non ci siano prodotti provenienti da grave sfruttamento sono sufficienti?
Alcuni braccianti polacchi arrivano nella Piana di Gioia Tauro
In una drammatica lettera al sindaco Lavorato, i migranti denunciano le violenze subite.
Oltre 1000 persone vivono in condizioni drammatiche nella “Cartiera”, una fabbrica abbandonata
L’inviata del Guardian denuncia una situazione che in Italia nessuno ancora conosce
Continuano le violenze ai danni dei migranti
I migranti africani denunciano un uomo che ha sparato contro di loro
Rivolta dei migranti contro lo sfruttamento e la violenza mafiosa
Nasce il progetto che vuole produrre in maniera sostenibile e giusta le arance, mettendo insieme migranti, braccianti, produttori locali
Tra campi container e tendopoli, si susseguono le soluzioni emergenziali
Intorno alle tendopoli crescono accampamenti di baracche e insediamenti informali
Un grave incendio devasta la baraccopoli. Becky Moses, cittadina nigeriana di 26 anni, muore tra le fiamme. Ad agosto è ucciso mentre raccoglieva lamiere Soumaila Sacko, bracciante e attivista del sindacato Usb.
Non c’è un posto in Italia come Rosarno, che come Rosarno riassuma i drammi e le contraddizioni della nostra epoca. Dall’economia globale a quella criminale, dalla mafia alle migrazioni. Incontreremo lavoratori marginali inseriti in un contesto mafioso moderno ed arcaico, leggi razziste che producono marginalità fino al lavoro servile. E una terra per nulla immobile, raccontata da Giuseppe Lavorato: dalla grande stagione dell’occupazione delle terre all’omicidio Valarioti fino alle lotte di massa contro la mafia
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