Una immensa distesa di serre. Produzioni per ogni stagione. Coltivazioni destinate all’export. Sfruttamento della manodopera: uomini e soprattutto donne migranti. Abusi sessuali di ogni tipo. Una permalosità diffusa: guai a chi parla male del territorio.
Di quale zona stiamo parlando? Le risposte giuste sono tre. Almeno tre. La fascia trasformata siciliana, in provincia di Ragusa. Il territorio da Huelva a Palos de la Frontera, in Spagna. E persino la zona intorno ad Agadir, Marocco. Qui i migranti sono interni, donne che vengono dalla zona dell’Atlante. Ma la dinamica è identica.
Il merito di questa ricognizione è del libro “Oro rosso” di Stefania Prandi. È una esplorazione in un mondo spaventoso segnato dalla violenza, dall’abuso, dal ricatto. Di uomini nei confronti di donne. Capetti contro sottoposti. Residenti contro migranti.
Sembra un residuo di economie arcaiche, invece è il cuore della produzione agricola contemporanea. Il Mediterraneo produce a basso costo, i consumatori europei consumano a basso costo. In ogni stagione.
Spagna
“Non è facile provare lo stupro perché non ci sono tracce organiche. Non avrebbe dovuto lavarsi. Come può dimostrare che è stato proprio lui?”. È la parola di Kerima contro quella di Abed, il supervisore.
Le donne parlano, si ribellano. Ma poi scatta un meccanismo sempre identico. Victim blaming, dicono gli inglesi. La colpa, in altre parole, è sempre delle vittime. Anche nel caso di centinaia di donne marocchine ricattate e abusate nelle serre.
Se tacciono, sono consenzienti. Se si ribellano, non hanno prove. Il territorio si chiude a riccio. La vittima deve giustificarsi. Trovare prove. Conservare tracce organiche.
“Ho visitato le aziende per otto anni e non ho mai rilevato abusi sessuali”, dice un esponente di un’associazione locale. Le testimonianze delle braccianti sono molto diverse. Sono ripugnanti, specie nei dettagli. “I capi sono sudati, puzzano, hanno i denti marci”. E mettono le mani addosso.
Italia
“Chiedeva tutto quello che poteva, anche atti contro natura con animali”. Una volta, dopo un rifiuto, “la minacciò che non avrebbe dato acqua potabile ai figli”. Questa volta siamo in Sicilia. Stesso paesaggio: una distesa di plastica e un sole rosso. Stesso ambiente, donne che una volta la settimana escono dalla segregazione per fare la spesa ai supermercati e velocemente sono risucchiate nelle campagne.
Uguale l’atteggiamento sulla difensiva, contro chi vuole denigrare il territorio. Identici i particolari raccapriccianti, così come le storie di donne non credute, inquisite.
Persino i padroni sono uguali. Una cena con una pizza da asporto, col cartone, in campagna. Un profumo taroccato. E pensano di avere ogni diritto. “Vuole fare sesso sul telo, per terra, come gli animali. La sera torna dalla moglie”.
Marocco
Le chiamano mère célibataire. Donne emarginate perché hanno avuto figli (“figli del peccato”) fuori dal matrimonio. Migranti interne che dalle zone più povere cercano lavoro nell’area delle serre a due passi dal paradiso turistico di Agadir.
Anche la precarietà della situazione familiare è una costante. Le donne dell’Est in Sicilia e Spagna hanno quasi sempre alle spalle situazioni difficili e figli a carico. È l’emarginazione della loro condizione a forgiare manodopera ricattabile. Pronta a qualunque sacrificio per dare ai figli un futuro diverso. O anche soltanto un futuro. Non l’eterno presente delle serre e della sopraffazione. “Le nostre figlie non faranno la nostra fine”.
La luce
“Oro rosso” è un reportage sulle donne che raccolgono e confezionano il cibo che arriva sulle nostre tavole. I fornitori oggetto dell’inchiesta lavorano con i maggiori esportatori di ortaggi e frutta in Europa. Le braccianti, non solo sono pagate meno degli uomini e costrette a turni estenuanti, ma vengono molestate sessualmente, ricattate, subiscono violenze verbali, fisiche e stupri.
Le donne raccontano la sopravvivenza quotidiana, la resistenza alla violenza, il coraggio delle denunce che, malgrado gli sforzi, cadono nel vuoto. Il sistema – quando il silenzio si interrompe – si richiude su di loro e le trasforma da vittime in accusate. Così come finiscono sotto accusa quelli che denunciano. Ma questo libro è davvero inattaccabile: un lavoro di inchiesta e documentazione durato più di due anni, con oltre centotrenta interviste a lavoratrici, sindacalisti e associazioni.