Nel mare ci sono i coccodrilli

Nel mare ci sono i coccodrilli

Storia vera di Enaiatollah Akbari

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Libro scritto da:   Fabio Geda
"Nel mare ci sono i coccodrilli" è un libro che racconta un viaggio assurdo dall’Afghanistan al Pakistan. Dal Pakistan all’Iran. Quindi Turchia, Grecia, Italia. Per ricordarci che, in un mondo normale, un ragazzino perseguitato dagli integralisti arriverebbe in Europa con un corridoio umanitario

Inizio del viaggio: a nove anni in un paese dell’Afghanistan sconvolto dalle persecuzioni dei Talebani. Fine del viaggio: a quindici anni a Roma, stazione Ostiense.

In mezzo i campi di detenzione in Iran, un lavoro a pulire liquami in un samovar pakistano. Poi in una cava a spaccare gigantesche pietre iraniane, infine manovale in nero nei cantieri delle Olimpiadi di Atene. Poi le frontiere. Quelle del Pakistan attraverso altissime montagne, schiacciato su un gommone tra la Grecia e la Turchia oppure nel doppiofondo di un camion tra la Grecia e l’Italia.

Se parliamo di migranti possiamo anche essere insensibili, freddi. Ma di fronte alla storia di Enaiatollah Akbari è tutta un’altra cosa. Un bambino che vuole soltanto andare a scuola. Gli integralisti che uccidono il maestro. Cosa rimane se non andare via? Via dalla famiglia, dal gioco preferito (una specie di dado ricavato da un osso di capra), dagli amici e dalla madre.

Dall’Afghanistan al Pakistan. Dal Pakistan all’Iran. Quindi Turchia, Grecia, Italia.

In un mondo appena decente avrebbe diritto a un corridoio umanitario. Minore, profugo politico. Più vulnerabile di così. Invece deve fare tutto da solo. Dall’Afghanistan al Pakistan. Dal Pakistan all’Iran. Quindi Turchia, Grecia, Italia.

La rotta orientale somiglia incredibilmente a quella del Mediterraneo. L’Iran sembra una Libia persiana. Stesso razzismo, campi di detenzione con sequestri annessi, lavoro in nero in spaventose cave di pietra. I nomi dei campi rimbalzano tra i “clandestini” afghani e producono autentico terrore. La polizia iraniana rimanda gli afghani dietro il confine, quella greca li cattura chiamandoli “topi”.

L’Italia, con tutte le sue contraddizioni, all’inizio sembra un paradiso. L’Italia è un pigiama pulito. “Cos’è un pigiama? Non lo sapevo. Ho sempre dormito con i vestiti”. Nei parchi, nelle strade, nelle stazioni, nei cantieri e nelle botteghe.

In un mondo normale, un ragazzino perseguitato dagli integralisti arriverebbe in Europa con un corridoio umanitario

Ma l’Italia è anche un centro di accoglienza.”Era un posto pulito e caldo. La sera c’era la pastasciutta. Ma ero abituato alla libertà, dopo tanti anni all’aria aperta. E poi non ero venuto in Italia per dormire, mangiare e guardare la tv. Ma per andare a scuola e lavorare”.

L’Italia è anche una strana commissione. Un esame. Se va bene avrai i documenti, se va male l’espulsione. Enaiatollah scopre che alcuni suoi amici afghani sono stati respinti. Si presenta ai suoi giudici. L’esame sta andando male. “Non potevi restare lì? Davvero scappi da un paese insicuro?” Il ragazzino prende un giornale. Si racconta di un boia-bambino costretto a eseguire una sentenza dei talebani. “Ecco. Ora sono qui. Se fossi rimasto in Afghanistan, quel boia avrei potuto essere io”.

Ottiene i documenti. Inizia una nuova vita. Ma non perde la memoria di quello che ha passato. Da leggere in tutte le scuole.



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