Libia. Il paese-gabbia con cui abbiamo firmato un accordo

  La Libia non li vuole, l'Europa non li vuole e neanche i paesi da cui vengono li vogliono. Migliaia di migranti sono intrappolati, rinchiusi in centri di detenzione inumani o sequestrati finché i familiari non pagano il riscatto. La Libia è un paese-gabbia, pagato per essere un paese-gabbia. Con soldi europei
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“Quello che ho visto non è altro che la versione moderna del commercio degli schiavi. I migranti sono trattati come merci. È quello che succede da 300 anni lungo le rotte del deserto, sulle stesse piste le tribù vendevano schiavi in Nord Africa.

Oggi le donne nigeriane vanno in Italia per lavorare come cameriere (così credono) ma saranno trafficate nei bordelli del deserto; giovani uomini sono picchiati crudelmente e rinchiusi finché le loro famiglie pagano il riscatto; e ci sono donne forzate a prendere anticoncezionali per non essere ancora ingravidate dai trafficanti.

Quando sono catturati da una qualunque autorità, i migranti sono rinchiusi in magazzini definiti generosamente centri di detenzione.

Sulla costa, a Surman, ho incontrato Aisha, una giovane nigeriana. Stava perdendo sangue e ha partorito sul pavimento del bagno. La bambina è morta tre giorni dopo. Anche nel peggiore centro di detenzione del mondo c’è cibo, strutture mediche e qualcuno a cui chiedere aiuto. In Libia i migranti sono rinchiusi e lasciati a marcire.

Sulle piste del deserto succede la stessa cosa da 300 anni: uomini e donne dalla pelle nera venduti come schiavi

Per migliaia di migranti nel paese, non c’è una via di fuga. La Libia non li vuole, l’Europa non li vuole e non li vogliono neanche i loro paesi”.

Leggi tutto il reportage di Ross Kemp per The Guardian (in inglese)

 

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