Le leggi neo-razziali. Panoramica sulle norme volute dalla Lega

  Regolari e irregolari, lavoratori autonomi ed operai, musulmani o atei. Le leggi volute, proposte, ispirate dalla Lega colpiscono tutti i migranti: dalle norme sui medici spia alle classi ponte, dalla crociata contro il kebab ed i phone center a quella contro le moschee. Una campagna pluriennale, una cattiveria istituzionale che richiama direttamente lo spirito del nazismo
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«Wir müssen böse sein, ohne Erbarmen» / «Dobbiamo essere cattivi, senza pietà»
Adolf Hitler, 20 marzo 1937, Discorso ai lavoratori di Oberslzberg, Villa Wolkonsky

«Per contrastare l’immigrazione clandestina bisogna essere cattivi »[1].
Roberto Maroni, Ministro dell’Interno della Repubblica italiana, 2 gennaio 2009

 

I medici spia

“Il numero di immigrati che nei primi tre mesi del 2009 hanno chiesto cure è calato del 10-20% rispetto al 20082. Lo denuncia la Cgil-medici: il crollo a febbraio, “nel pieno del dibattito per l’approvazione del Ddl al Senato”. Seguono rapidamente i primi “effetti collaterali”: ai primi di marzo, all’ospedale Fatebenefratelli di Napoli, Kante, 25 anni, ivoriana in attesa del riconoscimento di asilo politico, viene segnalata dopo aver dato alla luce un bimbo; un mese dopo, agli Ospedali Riuniti di Brescia, Maccan Ba, 32 anni, senegalese, è stato raggiunto da un ordine di espulsione dopo aver richiesto cure per un mal di denti; negli stessi giorni, al Santa Maria dei Battuti di Conegliano (Treviso) una nigeriana di 20 anni è stata registrata al pronto soccorso come “paziente ignota” e dimessa con un foglio di via. Carlos, 20 anni, sudamericano trapiantato nel Pavese, per paura di essere denunciato rischia di morire di peritonite; Joy, 24 anni, nigeriana, prostituta, muore invece di tubercolosi avanzata. Il 50% degli ospiti del Cara di Bari, il centro di accoglienza dove era stata, risultava positivo alla malattia[2].

“La soppressione del divieto di segnalazione espone l’immigrato illegalmente soggiornante ad un altissimo rischio di denuncia”, si legge in una nota indirizzata al Presidente della Camera da un gruppo di esperti di diritto[3]. Alle sanzioni previste per il delitto di omessa denuncia non avrebbero alcun modo di sottrarsi, in primo luogo, i funzionari e i dirigenti delle amministrazioni delle ASL. Tali amministrazioni sono infatti già oggi tenute, a fini di rendicontazione, a trasmettere al Ministero dell’interno i dati sulle prestazioni erogate a stranieri in condizioni di soggiorno illegale[4].

Benché la comunicazione debba essere effettuata in forma tale da rispettare l’anonimato degli utenti, essa, una volta soppresso il divieto di segnalazione, smaschererà inevitabilmente l’amministrazione sanitaria che non abbia anche provveduto, in precedenza, a denunciare lo straniero. Gli immigrati illegalmente soggiornanti, per il timore/certezza di essere denunciati, non ricorreranno per tempo alle cure né, soprattutto, accetteranno il rischio di un ricovero”[5]. Una facile profezia, come abbiamo visto dai numerosi casi segnalati in tutta Italia.

Il matrimonio e gli atti di stato civile

Per il rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni lo straniero deve comunque produrre un valido documento di soggiorno, salvo che si tratti di atti di stato civile o all’accesso a pubblici servizi. Uno degli articoli del “decreto sicurezza” riduce drasticamente i casi di esonero. All’immigrato irregolare verrebbe così precluso il perfezionamento di atti di stato civile, quali la registrazione della nascita e della morte, il riconoscimento del figlio naturale, il matrimonio.

“Le conseguenze sarebbero gravissime, gli immigrati irregolari potrebbero trovarsi nell’impossibilità di registrare la nascita del figlio, che rischierebbe di essere dichiarato in stato di abbandono e, quindi, adottabile. Sarebbe inevitabilmente precluso il riconoscimento del figlio al genitore naturale irregolare, per il quale non è prevista alcuna possibilità di rilascio di un permesso temporaneo (si pensi alle conseguenze, per padre e bambino, in caso di morte di parto della madre).

È evidente come possa discenderne una violazione del diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli e di quello, speculare, dei figli di essere mantenuti, istruiti ed educati dai genitori – diritti, questi, garantiti dalla Costituzione. Il disegno di legge determina l’impossibilità di celebrazione del matrimonio in Italia, subordinandolo alla presentazione di un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano[6].

“Obiettivo implicito di questa modifica è, evidentemente, quello di impedire che lo straniero irregolarmente soggiornante possa guadagnare una condizione di soggiorno legale dalla celebrazione del matrimonio. Si noti però come questa possibilità sia prevista dalla normativa vigente solo quando lo straniero sposi un cittadino italiano o un cittadino dell’Unione Europea titolare di diritto di soggiorno o un rifugiato: non lo è, invece, quando il coniuge sia uno straniero soggiornante in Italia per motivi diversi dall’asilo.

Impedire la celebrazione del matrimonio si configura quindi come mera lesione di un diritto fondamentale della persona protetto dalle convenzioni internazionali (e, quindi, da art. 117 Cost.), quando si tratti di matrimonio col generico straniero”[7].

La vita difficile

“Sotto il falso pretesto di frenare l’irregolarità – un principio su cui, in astratto, tutti sono d’accordo – passa invece una sola logica: rendere difficile la vita agli immigrati, Europei e non Europei, regolari e irregolari e, in qualche caso, anche agli italiani. Già il decreto legge approvato in luglio conteneva un chiaro annuncio: l’aggravante della pena pari a un terzo per i reati compiuti dall’ immigrato irregolare (anche per colui, per intendersi, cui fosse scaduto il permesso di soggiorno il giorno prima). Una norma iniqua, che considera l’irregolarità come un’ aggravante comune – come l’avere agito per abbietti motivi, o con crudeltà. Sotto pressione della Comunità Europea, poi, il ministro dell’ Interno Maroni ha dovuto ritirare un decreto legislativo che imponeva forti restrizioni alla libera circolazione dei cittadini europei mediante l’allontanamento di chi fosse sprovvisto di adeguati requisiti di reddito.

Sulla questione dei Rom e della loro schedatura-censimento solo alcune acrobazie hanno impedito le censure comunitarie, ma non certo quelle dell’opinione pubblica internazionale. Con il disegno di legge 733, la maggioranza – ostaggio della Lega – ha fatto di peggio.

Non illuda che il governo abbia fatto macchina indietro sul reato di immigrazione clandestina, che avrebbe comportato l’arresto, il processo e l’ espulsione di tutti gli irregolari (comprese le centinaia di migliaia di collaboratrici familiari). Una norma tanto proterva quanto inattuabile e ritirata più per la sua manifesta dannosità e impraticabilità (il sistema carcerario che scoppia, i tribunali intasati, il costo delle espulsioni) che per le diffuse proteste dell’opinione pubblica, laica e religiosa.

Il florilegio delle misure che restringono diritti e disseminano difficoltà nella vita degli immigrati, come in quella degli italiani, è ampio e variato. Ma è stata a lungo discussa la norma che autorizza gli enti locali ad avvalersi di ‘ronde’ di cittadini per ‘cooperare… nell’attività di presidio del territorio’, con un’ inaccettabile intrusione del privato nel mantenimento dell’ordine pubblico. Si istituisce presso il ministero dell’ Interno un registro dei ‘senza fissa dimora’ italiani e stranieri le cui finalità non sono precisate, ma che suona minaccioso come le ronde. Col rischio di cadere nel ridicolo: si può essere senza fissa dimora oggi e non domani; si può esserlo in un comune e non in un altro: chi e come curerà l’iscrizione e la cancellazione dal registro? Si burocratizza la spedizione di denaro all’estero mediante money transfer, veicolo semplice e poco costoso per trasferire le rimesse, col rischio di deviarle verso canali illegali e più rischiosi.

Si subordina l’iscrizione anagrafica (vuoi per lo straniero regolare, vuoi per l’italiano) alla verifica dell’ idoneità sanitaria dell’abitazione: norma devastante per la tenuta delle anagrafi e che, in linea di principio, potrebbe portare alla cancellazione da queste di milioni di famiglie che vivono in abitazioni degradate e antigieniche.

Al regolare si preclude la carta di ‘lungo-soggiornante’ (si badi: non il diritto di voto o la cittadinanza) se non viene superato un esame d’italiano. Si propone un ‘permesso di soggiorno’ a punti legato all’ integrazione, revocabile, con espulsione, in caso di bocciatura. Il messaggio – articolato in disposizioni inattuabili, con formulazioni pasticciate, e condito dal disprezzo dei diritti umani – porta con se un chiaro avvertimento: la vita dell’immigrato sia difficile, la sua cacciata facile”[8].

 

I luoghi del culto

L’Italia si incammina “verso il baratro delle leggi razziali”. La più ferma condanna dei provvedimenti leghisti arriva dal settimanale Famiglia Cristiana, che richiama anche quei cattolici della maggioranza che non provano “nessun sussulto di dignità in nome del Vangelo” e dunque “peccano di omissione”. Il ministro Maroni minaccia una querela.

“Il soffio ringhioso di una politica miope e xenofoba, che spira nelle osterie padane, è stato sdoganato nell’aula del Senato della Repubblica […] con i medici invitati a fare la spia e denunciare i clandestini, i cittadini che si organizzano in associazioni paramilitari al pari dei bravi di don Rodrigo, i registri per i barboni, i prigionieri virtuali solo perché poveri estremi, i permessi di soggiorno a punti e costosissimi”, continua il periodico dei paolini. “La ‘cattiveria’, invocata dal ministro Maroni, è diventata politica di governo e si è varcato il limite che distingue il rigore della legge dall’accanimento persecutorio”[9].

Tra le tante norme persecutorie andrebbero ricordate quelle che limitano pesantemente la libertà religiosa. Si tratta al solito di provvedimenti apparentemente secondari, nascosti in decreti e roglamenti di secondo piano ma efficaci nel negare diritti fondamentali. Nel clima della “war on terror” lanciata da Bush, con le immagini minacciose delle torri gemelle in fiamme riprodotte nei manifesti di propaganda, con l’ossessiva campagna dello “scontro di civiltà” è stato facile far passare norme liberticide.

Ufficialmente, si chiamava “integrazione e modifica della legge regionale per il governo del territorio”, ma tra le proposte presentate nel 2006 dall’allora assessore regionale al Territorio e all’Urbanistica leghista Davide Boni c’era anche “la modifica della legge urbanistica, che riguarda la procedura per la destinazione d’uso degli immobili già esistenti da trasformare in luoghi di culto”. In altre parole, per far diventare un capannone già esistente in una moschea non basta più comunicarlo al Comune, ma ci vuole “un permesso per costruire” anche se, in realtà, da costruire non ci sarà nulla.

Il numero due della Lega in consiglio regionale Stefano Galli non nascondeva che lo scopo del provvedimento è soprattutto bloccare il proliferare delle moschee in Lombardia: “Adesso basta con queste persone che pensano di avere solo diritti e mai doveri. Nei loro paesi se uno prova a costruire una chiesa lo fanno fuori, mentre da noi per costruire una finestra in una baita ci vogliono settecentoquarantacinque permessi”[10].

I risultati della “guerra al terrorismo” padana arriveranno nei mesi successivi. Ventinove tra moschee e centri di aggregazione in provincia di Milano diventeranno “sorvegliati speciali” per decisione del prefetto: ma non perché sospetti di sovversione ma per assicurare la protezione dagli… italiani.

La decisione arriva dopo una serie di atti violenti: il primo risale a marzo 2007, una serie di scritte islamofobe comparse sui muri della moschea di Monza. A maggio, invece, è stata presa di mira la sede dell’ associazione musulmana Coreis, d’ispirazione moderata. E poi gli ultimi tre episodi, i due attacchi contro la moschea di Abbiategrasso e il raid del 6 agosto contro quella di Segrate. Cinque azioni senza firma a cui va aggiunto un altro episodio, l’attentato del 13 aprile contro l’ associazione umanitaria Islamic Relief, l’unico finora rivendicato da un’inedita sigla, il “Fronte cristiano combattente”.

La rivendicazione è – insieme a un altro precedente, l’aggressione di un gruppo neofascista nei confronti di alcuni filippini a Milano – l’unico indizio che autorizza a ipotizzare una pista di estrema destra, legata magari ad ambienti dell’ oltranzismo cattolico. Chi compie atti violenti, in ogni caso, sente di avere le spalle coperte dai politici razzisti al potere. L’assessore regionale leghista Boni, dichiara infatti: “Premesso che tutti gli atti di violenza vanno sempre condannati, confesso che sono perplesso. Non sono io ma il ministero dell’ Interno a dire che questo bisogno di pregare arriva soprattutto dalle frange più estreme dell’islamismo. Altrimenti non si spiegherebbe perché stiano costruendo una media di quattro moschee al giorno in Lombardia. Un fatto che contribuisce a far salire la tensione sia al loro interno che all’ esterno. Sono loro che provocano e invece recitano la parte delle vittime”[11].

Due bagni per telefonare

“La legge regionale sui phone center per gli immigrati, tanto voluta dalla Lega e tanto contestata dalla sinistra, è incostituzionale. La decisione dell’Alta corte mette la parola fine alla querelle amministrativa sollevata dal Tar lombardo che con dieci ordinanze aveva portato la questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale” [12].

I giudici della Corte costituzionale contestano la tesi della Regione secondo cui i phone center vanno equiparati agli esercizi commerciali, e che quindi debbano rispettarne le stesse norme (edilizie, urbanistiche, igienico-sanitarie e di sicurezza); che la competenza in materia di autorizzazioni sia comunale; che la Regione abbia ulteriori competenze.

I “phone center”, continua la Corte, forniscono “servizi di comunicazione elettronica” perché “lo scambio di un servizio verso la corresponsione di un prezzo afferisce a beni ed esigenze fondamentali della persona e, nel contempo, della comunità, coinvolgendo interessi individuali (correlati alla comunicazione con altre persone) e generali. La legge regionale, inoltre, è in conflitto con gli articoli del codice che tutelano ‘i diritti inderogabili di libertà delle persone nell’ uso dei mezzi di comunicazione elettronica’ e assicurano la garanzia di un ‘accesso al mercato delle reti e servizi di comunicazione elettronica secondo criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità’.

“Tutto questo è stato vanificato dalla legge, che ha provocato la chiusura di centinaia di phone center che non rispettavano i requisiti. Solo a Milano sono stati 290, fino a maggio 2008, i centri che hanno dovuto chiudere i battenti. Uno su due non è risultato in regola con le prescrizioni imposte dalla Regione e fatte applicare dalla polizia annonaria del Comune che prevedevano, per esempio, la presenza di un parcheggio e due bagni. Già l’Antitrust, ad agosto del 2007, aveva bollato la legge come ‘ingiustamente restrittiva della concorrenza’”[13].

Le classi ponte ovvero la scuola dell’apartheid

“L’Italia non è un paese razzista. Ma in Italia come in Europa c’è la consapevolezza diffusa che non basta mettere in classe i figli degli immigrati per integrarli”. A Bruxelles per la riunione dei ministri UE dell’istruzione, Mariastella Gelmini si difende dall’accusa di voler creare un nuovo apartheid nella scuola italiana: “Ci interessa affermare questo principio, e le classi ponte, con un corso intensivo di italiano e sulla Costituzione, sono un tentativo che mi auguro possa riuscire”[14].

Non sarà razzista, ma un mese prima alla scuola politica dei giovani della Padania (gli studenti leghisti) aveva detto: “Non parliamo di classi ponte ma di una verifica della conoscenza della lingua per mettere i ragazzi stranieri nella condizione di essere cittadini al pari dei nostri. Quello che è stato detto è ancora una volta frutto di disinformazione”.

Ed ecco invece le richieste della Lega, da cui riecheggiano le vecchie polemiche contro gli insegnanti meridionali e gli scrittori siciliani nei programmi ministeriali: “[Vogliamo] l’albo regionale dei professori perché siamo contrari a continui spostamenti, le classi complementari per stranieri e programmi scolastici legati alla storia del territorio. Il ministro ha detto che il federalismo riguarderà anche la scuola”[15].

Un mese dopo, e nella situazione peggiore possibile (il viaggio della memoria ad Auschwitz con 250 studenti), l’assessore romano alle Politiche educativa Laura Marsilio parlava della sua esperienza di studentessa romana e di come la didattica risultasse compromessa dalla massiccia presenza di extracomunitari, “fino all’80 per cento” in aule definite “classi-ghetto”[16].

Le intolleranze alimentari

La “crociata anti-kebab” è il frutto di quell’odio cieco e pericoloso che diventa fatalmente stupidità. Così l’ennesima norma pensata per punire gli odiati stranieri finisce per penalizzare anche gli artigiani italiani, in parte base elettorale della stessa destra, ed arriva ad estremi semplicemente grotteschi, come il divieto “per ordine pubblico” di mangiare il gelato in strada.

Nel gennaio 2009 la Lega propone di vietare i kebab nel centro storico di Milano e di tutta la Lombardia, ispirandosi a quanto fatto a Lucca da una giunta di centrodestra. Nel caso della città toscana, il regolamento comunale vietava il cibo da asporto nei quattro chilometri quadrati del perimetro antico, ma (come nel caso della Lombardia) il vero obiettivo sono gli esercizi degli immigrati: “Al fine di salvaguardare la tradizione culinaria e la tipicità architettonica, strutturale, culturale, storica e di arredo non è ammessa l’attivazione di esercizi di somministrazione, la cui attività svolta sia riconducibile ad etnie diverse” recita un regolamento comunale pensato per i nuovi esercizi ma pronto per essere inserito negli annali del razzismo.

“Gli arredi devono essere ‘confacenti al centro storico stesso’, e i locali devono fornire: ‘sedie in legno, arredamento elegante e signorile anche nei dettagli’, il personale deve essere ‘fornito di elegante uniforme adatta agli ambienti nei quali si svolge il servizio e dovrà ‘essere a conoscenza della lingua inglese’”, conclude il pedante provvedimento licenziato dalla giunta del ‘Popolo delle Libertà’”[17].

Per mitigare il carattere discriminatorio della norma, a pagare sono anche gelatai e rosticcerie, pure quelle che vendono la cecina, una torta salata del tutto autoctona fatta con farina di ceci che ha nutrito generazioni di studenti alla ricerca di un pasto veloce. Già nel 2000 – sempre a Lucca – si tentò di vietare i ristoranti etnici, accomunati ai “sexy shop” come fonte di degrado.

Il consigliere regionale bergamasco Daniele Belotti, ovvero il leghista autore del progetto di legge, spiega la sua idea: “Non si capisce perché nei centri storici esistono regole ben precise sul colore dei tavolini dei bar o su quello delle tende alle finestre e non si può fare le stessa cosa per i kebab o i sexy shop che deturpano i luoghi storici delle nostre città. Dobbiamo difenderci”[18].

Qualche settimana dopo la proposta è approvata dal Consiglio regionale lombardo. Anche in questo caso non è possibile colpire solo gli stranieri. Gli effetti, dunque, sono del tutto grotteschi. Negozi chiusi non oltre l’una del mattino e divieto di consumare sui marciapiedi fuori dai locali, sanzioni fino a 3 mila euro. Il provvedimento riguarda anche gelaterie, pizzerie d’asporto e rosticcerie.

Che senso ha questa delirante regolamentazione sostenuta dal “Popolo delle Libertà”? Dietro il fragile velo della norma contro la concorrenza sleale, si nasconde un cedimento alla campagna “anti-kebab” della Lega, che finisce per punire una buona fetta di artigiani italiani, magari anche quelli che hanno votato destra e “liberismo” ed ora si ritrovano una legge che introduce divieti ed obblighi cervellotici.

Per il relatore Carlo Saffioti, invece, “la norma approvata da’ risposte a problemi esistenti, problemi su cui i cittadini ci chiedono di intervenire. Dalla concorrenza tra i vari esercizi al disturbo della quiete pubblica”. Daniele Belotti della Lega dichiara: “Fino a ieri le attività artigianali, che somministrano generi alimentari di propria produzione, come ad esempio i kebab, potevano esercitare la loro attività senza limiti di orari” [19]. E se i nostri emigranti avessero subito una crociata contro la pizza?

Deep Concern

Nessuno pensa che Bossi, Calderoli e Maroni stiano progettando dei campi di sterminio o una nuova guerra di conquista, anche perché hanno dimostrato di preferire le comode poltrone di Roma o di Bruxelles, e di integrarsi perfettamente nel malcostume clientelare, nelle pratiche spartitore, nella corruzione diffusa e nelle azioni di lobbying che ferocemente attaccavano quando erano lontani dal potere [20].

Ma è altrettanto chiaro che il “brodo” culturale della Lega è esattamente quello del nazismo: l’approccio amico-nemico, l’odio cieco e feroce per l’avversario di turno, la comunicativa rozza e senza sfumature, la chiusura al dubbio ed al pensiero razionale, un linguaggio violento a base di pallottole, maschilismo e crudeltà.

In questo la Lega non è sola, e si affianca ai partiti xenofobi europei di estrema destra che si muovono nello stesso campo ma che – con la breve parentesi di Haider in Austria – non decidono le politiche del governo nazionale [21]. In più, la stupefacente parabola politica della classe politica leghista, l’ascesa durevole di un ceto semi-analfabeta ai posti di potere prima locali e poi nazionali ha creato un effetto “accodamento” prima negli altri partiti della destra e poi in quelli della sinistra moderata. “La Lega non ha tutti i torti”, “vince perché parla alla pancia della gente”, “coglie gli umori profondi”, “evidenzia problemi che non possiamo ignorare”.

E quando poi i numeri dicono che i reati sono in calo proprio mentre si grida all’“emergenza sicurezza”; quando il nemico nel corso degli anni diventa di volta in volta il politico di Roma, l’insegnante siciliano, l’infermiere campano, il muratore rumeno, il venditore di kebab o il senegalese col suo phone center; quando infine la Lega grida all’invasione e poi approva la più grande sanatoria della storia della Repubblica, i politici di opposizione non traggono da questi fatti elementi per decostruire una propaganda che serve solo a creare stupefacenti ed immeritate carriere ma si accodano flebili, diventando mediocri imitatori delle tesi estreme dei razzisti.

Deep concern, ovvero “profonda preoccupazione” è la formula diplomatica che indica situazioni di particolare gravità ed è anche l’espressione che ricorre con più frequenza nelle venticinque pagine del rapporto sull’Italia scritto da Thomas Hammarberg, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, in seguito alla visita del gennaio 2009.

Dai campi Rom della periferia romana fino al sovraffollato centro di espulsione di Lampedusa, il Commissario ha voluto vedere con i propri occhi le condizioni degli stranieri e le conclusioni che ne ha tratto non sono affatto confortanti per il governo. Le preoccupazioni riguardano innanzitutto i nuovi provvedimenti in materia di immigrazione e asilo, già adottati o in discussione, che nel rapporto sono definiti “draconiani”, come l’aumento della pena per i migranti irregolari, il cosiddetto aggravante di clandestinità, oppure l’obbligo per i medici di denunciare chi ha bisogno di cure ma non ha i documenti.

“La criminalizzazione dell’immigrazione irregolare è una misura sproporzionata che va oltre gli interessi legittimi di uno stato a tenere sotto controllo i propri confini, una misura che erode gli standard legali internazionali”, spiega Hammarberg, avvertendo che una simile politica finisce per provocare “ulteriore stigmatizzazione ed emarginazione dei migranti, nonostante la maggioranza di questi contribuisca allo sviluppo degli stati e delle società europee”.

Oltre ai casi specifici, il rapporto mette in evidenza una crescente tendenza al razzismo e alla xenofobia, a volte alimentata dalle stesse autorità locali, che ha provocato atti di violenza verso migranti, Rom e Sinti oppure verso cittadini italiani di origine straniera. E gli esempi citati vanno dalle esternazioni del sindaco di Treviso, definite ‘discorsi di incitamento all’odio’, alla storia dello studente ghanese percosso e insultato dai vigili di Parma. Riguardo alle comunità Rom e Sinti, in particolare, vengono ribadite le perplessità già espresse a luglio dal Parlamento europeo dopo l’annuncio del censimento dei Rom su base etnica e il presunto “stato di emergenza” invocato da Berlusconi per la situazione dei campi di Napoli, Roma e Milano[22].


[1] Dichiarazioni riportate dai giornali del 2 gennaio 2009

[2] Alessandra Mangiarotti – Simona Ravizza, I medici che non vogliono denunciare i clandestini. Da Torino a Bari: distintivi sui camici e cartelli multilingue, Corriere della Sera, 22 aprile 2009

[3] Sergio Briguglio ed altri, Nota indirizzata al Presidente della Camera relativa ad alcune delle disposizioni più censurabili contenute nel DDL sicurezza, 15 aprile 2009, cfr. http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2009/aprile/lettera-ac-2180.pdf

[4] Il 22 aprile 2009 il Parlamento approvava definitivamente il decreto sicurezza, col voto favorevole del PD. La norma sui medici-spie, quella sulle ronde ed il prolungamento a 6 mesi della permanenza nei CIE venivano stralciati e rimandati ad altra norma.

[5] Sergio Briguglio, cit.

[6] Sergio Briguglio, cit.

[7] Sergio Briguglio, cit.

[8] Massimo Livi Bacci, La vita agra degli immigrati, Repubblica, 12 novembre 2008, p.31

[9] Marco Cremonesi, Famiglia Cristiana: leggi razziali Maroni contrattacca e querela, Corriere della Sera, 10 febbraio 2009

[10] Andrea Montanari, Regione, legge della Lega per fermare le moschee, Repubblica, 04 giugno 2006, p. 4, Sezione Milano

[11] Davide Carlucci – Andrea Montanari, Le moschee sorvegliate speciali, Repubblica, 12 agosto 2007, p.3, sezione Milano

[12] Davide Carlucci, Phone center, bocciata la legge della Regione, Repubblica, 25 ottobre 2008, p.13, sezione Milano

[13] Davide Carlucci, Phone center, bocciata la legge della Regione, cit.

[14] Cfr. quotidiani del 22 novembre 2008

[15] Cfr. quotidiani del 20 ottobre 2008.

[16] Repubblica, 13 novembre 2008.

[17] Repubblica 26 gennaio 2009.

[18] Repubblica, 29 gennaio 2009, p.9, sezione Milano.

[19] Lombardia, approvata la norma “anti-kebab”, http://www.stranieriinitalia.it/attualita-lombardia_approvata_la_norma_anti-kebab_7745.html

[20] Umberto Bossi è stato condannato ad otto mesi per le tangenti Enimont, con sentenza confermata in Cassazione. Diventato deputato europeo, ha “sistemato” il fratello Franco Bossi e il figlio primogenito Riccardo presso il Parlamento di Bruxelles con la qualifica di assistenti accreditati. Stipendio 12.750 euro. Sono stati fatti rientrare solo dopo lo scoppio dello scandalo. Sul Corriere della sera del 27 settembre 2005, Gian Antonio Stella ironizzava sullo “scambio di coppie” della Lega, riferendosi ai due parlamentari in camicia verde Ballaman e Balocchi che si assumono a vicenda le mogli.

[21] Partiti “fratelli” possono essere considerati il Fronte Nazionale di Le Pen in Francia (arrivato qualche anno fa fino al ballottaggio delle presidenziali con Chirac), Blocher in Svizzera (29% di voti), Haider in Austria (è stato ministro), i secessionisti fiamminghi in Belgio, l’estrema destra olandese e il Fremskritt Partiet in Norvegia, 22% dei voti.

[22] Immigrati, il Consiglio d’Europa: ‘In Italia norme incompatibili con diritti’, Repubblica.it 16 aprile 2009, http://www.repubblica.it/2009/04/sezioni/cronaca/immigrati-5/consiglio-europa/consiglio-europa.html

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