Nel parco grande di Tirana (Parku i Liqenit) c’è una targa che recita “Rruga Leogrande”. Si trova alle spalle dell’Università, al termine di un vialone che ricorda una versione in miniatura dell’Eur e della Sapienza. Il parco era un monumento all’abusivismo, un esempio di degrado.
Oggi è un polmone verde dove le famiglie passeggiano e i giovani fanno sport. Uno dei fiori all’occhiello della nuova capitale. Tra gli alberi, i campi e le piste appare all’improvviso una targa marrone: “Rruga Alessandro Leogrande“. Si tratta dello scrittore italiano scomparso a 40 anni.
Tirana gli ha dedicato una via, la sua città natale – Taranto – ancora non lo ha fatto. Leogrande è conosciuto nel paese delle aquile per la traduzione del suo libro “Il naufragio”, dedicato alla vicenda della Kater I Rades. “Uno spartiacque per la nostra generazione”, scrisse. In realtà pochi oggi ricordano i fatti.
È il 1997, anno della guerra civile che sconvolge l’Albania. L’Italia rivive i fantasmi del 1991, quando la nave Vlora stracolma di gente attracca nel porto di Bari. Come al solito, si teme l’invasione.
Il governo in carica, presieduto da Romano Prodi, sceglie due opzioni militari per “portare l’ordine”. L’operazione “Alba” in terra e il blocco navale per fermare i profughi in fuga dal caos.
Nell’ambito delle operazioni in mare, tecnicamente chiamate “harassment”, la corvetta Sibilla sperona una imbarcazione che trasporta 120 persone, la maggior parte delle quali moriranno in mare.
L’operazione di harassment
Era il 28 marzo, venerdì santo. C’erano 120 persone a bordo, le salme recuperate saranno 81 (uomini, donne e bambini), una ventina i dispersi. Nel gioco delle parti, Berlusconi in lacrime afferma “noi non possiamo permettere che accadano queste cose”. Il governo dell’Ulivo aveva come ministro dell’Interno Giorgio Napolitano e Lamberto Dini agli Esteri.
L’abisso
Nel centro di Tirana, nel quartiere dei ministeri, un grande zuccotto di cemento annuncia l’ingresso di “Bunkart 2”, uno dei bunker post – atomici creati dal regime per continuare a governare dopo un assalto nucleare. Oggi è diventato un misto tra un museo della memoria e un’installazione artistica.
All’ingresso c’è una frase di Nietsche: “Se guardi nell’abisso, anche l’abisso guarda dentro te”. E l’abisso, forse, non è solo quello dei crimini di Hoxha, ma anche la fossa del canale d’Otranto dove i naufraghi continuano a guardarci.