“Inventare il futuro” è un libro che appare differente fin dalla copertina. Al posto della classica combinazione autore-titolo mostra i tre punti cardine del testo. Che sono anche tre chiamate all’azione: pretendi la piena automazione, il reddito universale, il futuro.
Il presupposto è molto semplice: il neoliberismo non sembra in grado di uscire dalla crisi e la disoccupazione di massa appare come l’unico orizzonte. Anche per questo la sinistra si è adagiata sulla “folk politics”, cioè una serie movimenti di protesta a carattere orizzontale e con obiettivi limitati e immediati, per di più di tipo localistico.
I tanti movimenti di massa, apparsi negli ultimi anni, non hanno inciso sull’impoverimento, la precarizzazione e la cancellazione di diritti che sembravano acquisiti. Per questo il futuro non appare soltanto incerto: è semplicemente scomparso dall’orizzonte e dall’immaginazione. Si rimpiange un generico passato, la nostalgia è il sentimento prevalente. A questa si affiancano senso di fallimento, impotenza e frustrazione.
La tecnologia appare un ulteriore elemento negativo: si è impossessata delle nostre vite e la nuova frontiera, l’automazione, contribuirà ad aumentare la disoccupazione. Saremo poveri e senza lavoro. Destinati a ritornare a un’agricoltura di sussistenza o a idealizzare i bei tempi andati.
Srnicek e Williams, già autori del “Manifesto per una politica accelerazionista”, rovesciano questo punto di vista proprio a partire dalla tecnologia. L’automazione non è una sciagura ma una opportunità per liberarci finalmente del lavoro o comunque ridurre fortemente la necessità del lavoro salariato. Ridurre l’orario, aumentare la produttività, legarla al necessario, liberare tempo e risorse, dare valore al lavoro gratuito di cura sono alcune delle opportunità che abbiamo di fronte. Grazie alla piena automazione avremo sempre meno bisogno di lavorare otto ore al giorno. Perché non sfruttare questa opportunità?
Ovviamente il presupposto è una diversa organizzazione della società. Per esempio introducendo il reddito universale e la pianificazione economica “digitale”, per superare un modello di capitalismo orientato al profitto privato.
Un libro che prova a volare alto in un mondo sempre più regressivo e pessimista
“Inventare il futuro” è un libro coraggioso, che prova a “volare alto” in un mondo sempre più regressivo e pessimista. Molto interessante la sezione in cui analizza la lunga marcia del neoliberismo che, nel corso degli ultimi decenni, è riuscito a imporre la sua egemonia sfruttando il crollo del comunismo ma anche un lungo lavorio di think tank, presenze sui media, strutture universitarie.
Parallelamente, sostengono gli autori, anche la sinistra avrebbe bisogno di organizzazione, strutture ben definite, progetti a lungo termine e una prospettiva ampia, oltreché un’idea di futuro sufficientemente ambiziosa.
Non sono mancate le critiche al libro, in particolare mancherebbero adeguati approfondimenti sul tema dell’ambiente e del climate change; adotterebbe un punto di vista eurocentrico; non considererebbe limiti e rischi della tecnologia.
Rimane comunque uno strumento fondamentale per ripensare una sinistra che abbia un senso. La versione sbiadita che propone ricette liberiste è destinata infatti a una rapida scomparsa.