Il tritacarne. Quando la follia si impadronì di tutti noi

  Un autobus scivola nella notte romana. In pieno centro. All'improvviso un'accusa infamante. Velata di razzismo. Un uomo finisce con la testa spaccata e aspetta l'ambulanza immobile sull'asfalto per quindici lunghissimi minuti. Una pozza di sangue tra la follia collettiva. Un arabo che per dimostrarsi integrato diventa quasi un assassino. Tensioni male indirizzate. Una storia agghiacciante. E vera
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Quaranta passi dal fondo dell’autobus alla cabina dell’autista. Venti secondi per formulare un’accusa infamante. Ci siamo stancati di loro, non ne possiamo più di stare zitti. Un altro istante e la follia si sarebbe impadronita di tutti noi.

L’autobus arriva in piazza San Giovanni. Una donna romana urla, uno straniero guarda le sue bambine, sostiene. E poi dice cose strane “nel dialetto suo’. Basta questo per qualificarlo come pedofilo. L’autista arriva alla fermata e apre le porte. Ci siamo stancati di loro, dice lei. Loro sono gli stranieri, il 90% degli passeggeri del 714 diretto alle terme di Caracalla. La donna non ha detto nulla di esplicitamente razzista, ma “loro’ sono risentiti. Provano a reagire in maniera confusa. Lei risponde: di che te impicci se non hai visto? L’autobus era di quelli lunghissimi, la scena si è svolta in fondo, in effetti pochi hanno visto.

Intanto alcuni stranieri decidono di integrarsi nel nostro mondo isterico e criminaloide. Vogliono dimostrare di meritarsi questo Paese. Iniziano a picchiare il presunto pedofilo. Nessuno lo colpisce veramente, tranne un egiziano basso che lo centra con un pugno, gli sfigura la faccia e lo fa cadere sull’asfalto. La testa si apre, è una pozza di sangue. Arrivano due carabinieri. Per quindici lunghissimi minuti solo sangue e l’uomo immobile. Carabinieri nel panico. Chiedono i documenti a tutti, in gran parte stranieri. Perché? Il colpevole è lì, con la testa fra le mani, seduto sullo scalino dell’autobus fermo.

Carabinieri nel panico, non tutti hanno i documenti. Chi possiede la denuncia di smarrimento, chi niente di niente. Soluzione italiana, andate via. Meno male. Due arabi si allontano, grazie, rischiare l’espulsione o la condanna all’irregolarità permanente perché una donna fuori di testa inizia a urlare all’improvviso mentre un autobus scivola nella notte nel centro di Roma. È troppo, nemmeno il destino più sgarbato può farti questo. Qualcun altro si allontana per evitare guai. Finalmente arriva l’ambulanza.

La donna si è calmata. Le due ragazzine non hanno detto una parola, nonostante siano l’oggetto della questione. Il giustiziere rimane tranquillo, non serve strepitare, si è appena rovinato la vita. L’autista gli dice, paterno: sapessi quante ne ho viste in tanti anni di servizio, sapessi quante volte avrei voluto fare quello che hai fatto tu, ma così ti rovini, pensaci prima di agire.

La follia lentamente ci lascia. Lascia il posto alle incertezze. Chi era l’uomo che l’ambulanza ha portato via con la testa fracassata? Un pedofilo o solo una persona debole di mente? La donna voleva sfogarsi contro il facile obiettivo degli stranieri? Il giustiziere, che nessuno ha condannato esplicitamente, se la caverà con poco?

La Haine. Fin qui tutto bene. Era un film francese del 1995. Raccontava di odio inespresso pronto a scoppiare. Di questa storia rimangono due cose. Gli stranieri, per fortuna pochi, che vogliono apparire integrati al punto di ammazzare un uomo. Per dimostrare di essere gli immigrati buoni, quelli da questo lato della linea di demarcazione. La donna folle d’odio e la tensione che è riuscita ad accendere in tutti gli stranieri di qua dalla linea, donne cinesi, ragazzi del Senegal. Fin qui tutto bene. Ma la scintilla della follia e dell’odio è pronta. Questa società è un tritacarne, i suoi scarti sono sempre più numerosi. Guardano al loro fianco, digrignano i denti. Non in alto, dove sono le cause della loro disperazione.

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