Marta Bellingreri, Il sole splende tutto l’anno a Zarzis, Navarra, Palermo 2014
Il viaggio inizia dopo la rivoluzione. Le porte sono aperte. È tempo di realizzare il desiderio d’Europa. Ma per migliaia di giovani tunisini l’Italia sarà una delusione. Il degrado della stazione Termini. Il limbo dei centri d’accoglienza. Le violenze e la reclusione di Lampedusa.
Il libro di Marta Bellingreri non è solo un diario di viaggio. È il desiderio urgente di disegnare «una nuova estetica della frontiera», come dice Gabriele Del Grande nella prefazione. «Qui i numeri lasciano spazio ai nomi propri». Alle tabelle si sostituiscono i volti, ai grafici desideri e sogni. I “flussi migratori” spariscono e appaiono le storie di Ahmed, Amin, Aladdine. Ingenui ed esperti. Sognatori e a volte violenti come la vita che hanno intorno. Ma dannatamente veri.
Il sogno di avere sogni
«Il mio sogno è quello di avere sogni», dice un giovane palermitano a Marta. Abita in un quartiere “marginale”. Molto probabilmente sarà anche il posto dove morirà. Un ragazzo tunisino ha qualcosa in più. Un’idea di futuro che passa da un viaggio. «Basta sognare, è ora di partire e vedere l’Europa», dicono quando la caduta del dittatore Ben Alì apre le porte.
Ma l’Italia sarà una delusione per tutti questi minori. Specie il limbo dei centri d’accoglienza. Machoor passa da Jelma a Lampedusa. E poi a Piana degli Albanesi. Alla gentilezza del personale, in un centro nell’entroterra siciliano, non corrisponde il loro desiderio d’Europa.
Moez è chiarissimo. «Sono venuto in Italia per lavorare non per mangiare e dormire». È quello che dicono in tanti. «Ho 18 anni ormai, non posso stare in quel centro in Sicilia per mesi ad aspettare. Per questo sono venuto a Roma. Ma non mi aspettavo di finire a Termini». Alcol e degrado, offerte di lavoretti per vendere fumo, il rischio costante di finire dentro. I loro sogni sono anche ingenui, alla fine sono ragazzini dell’entroterra. «La città più bella che ho visto in Italia è Rimini», dice Achraf.
Per lavorare, non per dormire
Non era questa l’Europa che immaginavano. Né quella che attendevano mentre aspettavano il trasferimento da Lampedusa. Aladdine è stanco. L’estate è uguale per tutti. Vuole un bagno nel mare limpido e un tramonto senza il filo spinato in mezzo. Esce dal centro. Torna col labbro spaccato. Il poliziotto aveva deciso di essere sbrigativo.
I tunisini non sono stati mai troppo simpatici. Troppo ribelli. E soprattutto troppo simili ai siciliani. La distanza è davvero minima. Dal Capo Bon, a nord est della Tunisia, quando d’estate il cielo è chiaro si vede Pantelleria. Bint al-rih. Figlia del vento.
Lampedusa è un sogno, un punto d’arrivo. Ma anche un caleidoscopio di storie. Sayfeddine ha studiato ingegneria in patria, ma per vivere si fa fotografare con Zgigou nella medina di Sousse. È il suo falcone e i turisti lo adorano. Ovviamente non lo lascia nemmeno al suo arrivo in Italia. A Lampedusa, invece che un angolo nel “gabbio”, la parte più inaccessibile, aveva una stanza tutta per sé. Non c’era poliziotto che non volesse una foto ricordo col falco sulla spalla. Almeno finché un burocrate si accorge che si tratta di specie protetta, dunque va trasferito in un centro specializzato per volatili a Linosa. Sayfeddine è solo un essere umano, dunque specie non protetta. E quindi finisce nel “gabbio” insieme agli altri tunisini.
Storia simile per il proprietario di una capra che ha gettato nel panico le autorità. C’è un rischio sanitario? Allora è meglio abbatterla. Il proprietario non si dà pace e chiede il risarcimento allo Stato italiano.
Una cosa è l’amore, un’altra la frontieria
Per Achraf la geografia italiana non si è fatta da Firenze, Roma, Venezia. Ma Linosa, Ponte Galeria, Agrigento. Luoghi di passaggio o detenzione più o meno brutale.
E infine Nizar. La moglie olandese è incinta. Ci sono due modi per vederla prima che nasca il bambino. Attendere un visto che non arriverà mai. Oppure salire su un barcone. Ma quale padre vuole perdersi la nascita del primo figlio? Amore contro frontiere, ancora una volta. La storia fa il giro del mondo prima di perdersi nella dimenticanza. Prima che faccia parte di questo prezioso mosaico di memorie umane. Il valore di questo libro è proprio questo. Puoi anche fare il duro, il razzista contro un generico migrante. Ma quando hai di fronte una storia che tocca il cuore, no.
Marta Bellingreri, Il sole splende tutto l’anno a Zarzis, Navarra, Palermo 2014