ROMA – I promotori e i sostenitori della campagna #FilieraSporca – promossa dalle associazioni Terra! Onlus, daSud e terrelibere – hanno accolto con grande soddisfazione la notizia dell’approvazione alla Camera del Disegno di Legge 1138 che contiene la confisca e la responsabilità in solido per le aziende che sfruttano i lavoratori nei campi attraverso il caporalato, così come chiesto da Filiera Sporca al ministro dell’agricoltura, Martina e al Governo. Tutto questo è avvenuto dopo il sì al testo di riforma del codice antimafia, che prevede l’allargamento della responsabilità penale non solo al caporale ma anche alle aziende che ne traggono diretto vantaggio.
Prossimo passo: una maggiore trasparenza. “Consideriamo un passo in avanti importante che una delle tre richieste avanzate dalla campagna Filiera Sporca sia stata riconosciuta nella sua estrema importanza – fanno sapere con una nota diffusa Terra!Onlus, daSud e Terrelibere – ringraziamo Asgi (L’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione n.d.r.) per il supporto legale e i deputati Celeste Costantino (Sel) e Davide Mattiello (Pd) per averla supportata con gli emendamenti in Parlamento. Il prossimo passo è lavorare per una maggiore trasparenza di tutta la filiera – concludono le associazioni – che passi per la pubblicazione dell’albo dei fornitori e dall’introduzione di una vera e propria etichetta narrante dei prodotti agroalimentari. Ci auguriamo che il Governo e tutte le forze parlamentari proseguano uniti in questa battaglia”.
Le ricchezze accumulate dagli intermediari. Il cuore della filiera è un ceto di intermediari che accumula ricchezza, organizza le raccolte usando i caporali, determina il prezzo. Impoverisce i piccoli produttori e acquista i loro terreni. Causa la povertà dei migranti e nega un’accoglienza dignitosa. #FilieraSporca propone la responsabilità solidale di supermercati e multinazionali, che devono rispondere per quanto avviene anche nei livelli inferiori della filiera. E norme per l’etichettatura trasparente, attraverso l’elenco pubblico dei fornitori, perché informazioni chiare permettono ai consumatori di scegliere prodotti “slavery free“.