Caporalato. Iniziamo a vedere gli invisibili

  Il ministro dell'Agricoltura ha annunciato che le misure anticaporalato del governo comprenderanno la responsabilità in solido delle aziende. Finalmente si sposta il punto di vista dal ghetto alla filiera, dalla causa all'effetto. Tanti i segnali da politica, media e società civile. Specie in Puglia
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La strada che porta al “Ghetto” di Foggia

Finora sono rimasti nascosti. Chi parlava di caporalato, taceva sulle aziende. I commercianti in prima battuta, GDO e multinazionali in ultima istanza. Sono loro a beneficiare del sistema basato sul caporalato. Ma finora sono rimasti appunto invisibili. Con la campagna #FilieraSporca volevamo cambiare.

Ecco cosa è accaduto fino adesso:

  1. Il ministro dell’Agricoltura Martina ha annunciato che le misure anticaporalato del governo comprenderanno la responsabilità in solido delle aziende, una delle nostre proposte.
  2. In Puglia sono numerose le iniziative sulla filiera, in cui emergono i nomi delle aziende. Tra le tante Op Mediterraneo: uno dei soci non ha pagato i braccianti stranieri ma gli altri lo hanno fatto al posto suo
  3. In questo articolo dell’Espresso si evidenzia che nel 2014 solo tre aziende (Legacoop, Granoro e Futuragri) hanno risposto al programma EquaPulia promosso dall’allora assessore Minervini.  Da tutte le altre silenzio. Comprese Mutti e Princes Italia. Auchan ha espresso vivo interesse e basta. Si fece un elenco di braccianti da cui attingere rispettando i contratti. «Le aziende non ne presero nemmeno uno».
  4. Per fare i controlli basta incrociare i dati. Dice Minervini: «Nel 2014 solo seimila aziende del foggiano – su 24mila – avevano dichiarato giornate lavorative. Le altre 18mila niente. Come se i pomodori si fossero messi da soli nei camion».

Attendiamo di vedere effetti concreti. Nel frattempo registriamo che il punto di vista si è spostato dal ghetto alla filiera. Dalla causa all’effetto. E che finalmente i nomi delle aziende, piccole e grandi, non sono un tabù.

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