Un metodo di produzione
Il caporalato è un modo di organizzare il lavoro funzionale alle imprese: in questo modo evitano assunzioni e risparmiano sui costi. Il caporalato fa parte del più ampio tema dello sfruttamento. È una parte del problema, non è “il” problema.
Il caporale organizza le squadre di raccolta, si accorda con i padroni sui tempi del lavoro e le paghe, distribuisce i soldi, gestisce le modalità del lavoro.
Le imprese usano i caporali quando il prodotto deperisce rapidamente e occorre una forza lavoro disponibile in tempi rapidi. Esistono situazioni di sfruttamento in agricoltura senza la presenza di caporalato.
Chi sono i mafiosi?
Con “agromafia” si indicano le attività della criminalità organizzata nel settore agro-alimentare. Ma come si distingue ciò che è mafia da ciò che non lo è?
- è mafioso chi usa un metodo basato sull’uso effettivo o potenziale della violenza ed è organizzato secondo un modello associativo;
- è mafioso chi impone la signoria territoriale attraverso l’uso sistematico dell’intimidazione;
- il gruppo mafioso, pur non esercitando la violenza o l’illecito, è riconosciuto come tale su un territorio e quindi gode dei vantaggi che tale riconoscimento comporta.
Da molte cronache, sembra che l’imprenditore mafioso sia semplicemente il “migliore” tra i capitalisti: è quello che si muove meglio sul mercato, ha disponibilità finanziarie infinite, non ha problemi sindacali e garantisce i prezzi più competitivi.
Le catene invisibili
Spesso si parla dei migranti nei campi come “nuovi schiavi”.
Secondo alcuni, pur avendo la possibilità di spostarsi (non sono giuridicamente legati a un padrone o fisicamente incatenati), sono comunque fortemente vincolati da uno stato di necessità.
La necessità non è solo dettata dal bisogno di denaro (per sé o per i familiari) ma anche da leggi fortemente discriminatorie che li vincolano al possesso di un contratto di lavoro e di un certificato di residenza.
Confondere profughi e lavoratori
Sempre più spesso, nei luoghi di grave sfruttamento, si sente parlare di accoglienza dei migranti.
Così si dimentica che stiamo parlando di lavoratori, che non riescono ad affittare normali abitazioni perché appunto sfruttati.
In condizioni normali, senza il ricatto di leggi speciali, e con salari equi, non esisterebbe la necessità dell’accoglienza.
Semplicemente senza documenti
I politici di destra definiscono parlano dei migranti come “clandestini”. La situazione, in realtà, è molto fluida:
- ci sono persone che hanno chiesto asilo e rischiano di rimanere senza documenti a causa del diniego;
- rifugiati con documenti che scadono;
- lavoratori che non possono rinnovare i documenti a causa di un licenziamento.
Ma il senso del termine è un altro, chiaramente spregiativo. Lascia intendere che i clandestini sono quelli cattivi, che hanno qualcosa da nascondere. È falso: nessuno vuole vivere senza accesso ai diritti fondamentali. Sono leggi ingiuste a far scivolare nell’irregolarità.
Un fenomeno trentennale
L’Italia è il paese delle emergenze. Con questo termine ci si riferisce ai problemi che rimangono insoluti. In realtà, le prime tracce del grave sfruttamento in agricoltura risalgono a 30 anni fa, nella zona di Villa Literno.
Eppure si decide ancora di intervenire con strumenti emergenziali: vertici in Prefettura, comitati straordinari, tendopoli della Protezione civile.
Dimenticando che si tratta di raccolta dell’ortofrutta e non di terremoti.