L’Italia è alle prese con una grave emergenza sanitaria. La pandemia di Covid19 mette a dura prova la nazione il Paese, l’Europa e il pianeta nel suo
complesso. Una drammatica situazione che richiede un impegno straordinario
ad ogni livello della società, dalle istituzioni ai singoli. Oggi abbiamo più che
mai bisogno tutti di fare riferimento ai principi di giustizia sociale e solidarietà
insiti nella Costituzione per fare fronte a una minaccia inedita.
Come rappresentanti dei sindacati, organizzazioni del terzo settore impegnate
nel campo dell’ecologia, della tutela dei diritti umani, sociali e civili, esprimiamo
profonda inquietudine e sentimenti di estrema preoccupazione per le migliaia di
lavoratori stranieri che abitano nei tanti ghetti e accampamenti di fortuna sorti
nel nostro Paese.
Molti di loro sono impiegati nel settore agricolo, più che mai indispensabile per
la sicurezza alimentare della cittadinanza e la tenuta collettiva. Come è noto, le
condizioni dei braccianti che oggi raccolgono i prodotti destinati alle nostre
tavole sono spesso inaccettabili: le baraccopoli in cui sono costretti a vivere sono
luoghi insalubri e indecenti, agli antipodi del valore stesso dei diritti umani.
Il rischio che il Covid-19 arrivi in quegli aggregati, tramutandoli in focolai della
pandemia, è motivo di fondata apprensione. Nella miseria dei ghetti, la cui
ubicazione si incardina sempre nei distretti a forte vocazione agricola, il
quotidiano degli immigrati è scandito da immutata cadenza nonostante la spada
di Damocle rappresentata dal Covid-19.
Le richieste di restare a casa o lavarsi le mani, rivolte alla comunità nazionale da
tutti gli organi istituzionali e d’informazione, per loro sembrano chimere.
Sopravvivono in immense distese di catapecchie senza acqua né servizi igienici.
I ragguardevoli provvedimenti assunti dal Governo per l’emergenza
coronavirus non prendono in considerazione queste realtà. A fronte
dell’impegno delle organizzazioni che continuano ad operare sul campo, non ci
risulta da parte degli organi istituzionali alcun intervento specifico di
prevenzione in questi contesti altamente a rischio. Una allarmante discrasia che
richiede correttivi istituzionali immediati in una cornice di monitoraggio
preventivo nonché di presa in carico degli eventuali casi di Covid-19, in
ossequio al principio costituzionale della tutela della salute come fondamentale
diritto dell’individuo e interesse della collettività.
Riteniamo che i Prefetti, alla luce degli ulteriori poteri loro conferiti dal DCPM
del 09 marzo u.s, possano assumere autonomamente iniziative o adottare
disposizioni volte alla messa in sicurezza dei migranti e richiedenti asilo
presenti sul territorio, mediante l’allestimento e/o la requisizione di immobili a
fini di sistemazione alloggiativa. Le risorse necessarie per gli eventuali
interventi di rifacimento e adeguamento degli immobili requisiti potrebbero
essere attinte dalla dotazione del Piano Triennale contro lo sfruttamento e il
caporalato.
Infine, non si può dimenticare il settore agricolo già morso dalla crisi, che oggi
in più patisce la carenza di lavoratori agricoli in alcune aree del Paese in ragione
dell’interruzione dei flussi di manodopera dai Paesi dell’Est Europa. A causa del
Covid-19 si è verificato infatti un rientro massivo da parte di lavoratori agricoli
immigrati da Romania e Bulgaria mentre gli arrivi previsti dalla Polonia si sono
azzerati. I lavoratori extracomunitari che si trovano in condizione di irregolarità
possono tamponare questo vuoto, ma occorre garantire loro i diritti
fondamentali. Molti stranieri si trovano oggi in condizioni di irregolarità acuite
dai decreti sicurezza e non vanno in cerca di lavoro per timore di essere fermate
ai posti di blocco.
Diventa quindi fondamentale una regolarizzazione per far
emergere chi è costretto a vivere e lavorare in condizioni di irregolarità. Sarebbe
una misura di equità e di salvaguardia dell’interesse nazionale, in questa
difficile fase in cui un eventuale pregiudizio all’agricoltura, nella sua funzione
tutelare della sicurezza alimentare della comunità nazionale, sarebbe
drammaticamente deleterio. Questo però non dev’essere uno strumento per
rifornire il settore primario di lavoro a buon mercato in un momento di shock
economico. È necessario inoltre rafforzare le misure di contrasto al lavoro nero e
favorire l’assunzione di chi sta lavorando in maniera irregolare.
Servono soluzioni strutturali che, soprattutto in condizioni di eccezionalità, non
possono attendere.
Fabio Ciconte – Direttore Terra! – campagna #FilieraSporca
Giovanni Mininni – Segretario Generale Flai CGIL Nazionale
Don Ciotti – Presidente Libera e Gruppo Abele
Luigi Manconi
Roberto Barbieri – Direttore Oxfam Italia
Riccardo Vito – Presidente Magistratura Democratica
Valentina Calderone – Direttrice A Buon Diritto
Medici per i diritti umani (MEDU)
Marco Omizzolo – Ricercatore Eurispes e Presidente Tempi Moderni
Danilo Chirico – Presidente DaSud
Antonello Mangano –Terrelibere.org
Marina Galati – Vicepresidente Coordinamento Nazionale Comunità di
Accoglienza (CNCA)
Csc Nuvola Rossa
Co.S.Mi. (comitato solidarietà migranti)
Concetta Notarangelo – Idorenin
Sanità di Frontiera
ARCI
Marco De Ponte – Segretario generale Action Aid
Fabrizio Barca – Portavoce Forum Disuguaglianze
Renato Franco Natale – Presidente Associazione Masslo
Donato Di Sanzo – Università di Salerno
Fabio Amato – Presidente Centro Studi Mobilità-Migrazioni Internazionali
(MoMi) – Università L’Orientale, Napoli
ACLI Terra Nazionale
Paolo Naso – Coordinatore di Mediterranean Hope, programma Rifugiati e
Migranti della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia- FCEI
Maurizio Masotti – Curatore “Tracce Migranti-Nuovi Paesaggi Umani”
Intersos
ASGI