Politica e affari

Catania / Il Palazzo s`inchina a Mario Ciancio

  Il “partito delle varianti” colpisce ancora: dietro il padrone della città.
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Alla fine hanno vinto i poteri forti. Come accade troppo spesso, anche in questa città. I poteri forti, a Catania, hanno un volto preciso, quello di Mario Ciancio, il padrone della stampa, la cui egemonia sulla città è un dato definitivo. La sua ultima vittoria è datata 25 febbraio scorso: il centro-destra, con una maggioranza di quindici consiglieri di An, FI, Udc (Giammona, Siciliano, Zuccarello Alleanza Nazionale, Arcidiacono, Buscema, Chisari, Reina FI, Condorelli Sebastiano Ppe (presenza politica etnea), Consoli, Failla, Ingrassia, Lombardo Agatino, Pulvirenti, Riva, Vittorio per l’Udc), ha votato una variante al Piano Regolatore Generale di 25 anni fa, il Piano scaduto, mentre è deve essere ancora approvato il nuovo.

La variante è funzionale ad un’affare gigantesco, una grande speculazione edilizia che aggrava il già precario equilibrio di Catania sud: qui, nella zona del Pigno, sorgerà, il più grande centro commerciale di Sicilia, 240.000 metri quadrati (55.173 di superficie coperta, 95.700 per parcheggi utenti), nettamente superiore all’attuale “primato” quello di Melilli-Belvedere, nel siracusano. Un agglomerato che, unito agli altri imponenti investimenti previsti nel settore, porteranno Catania ad avere, nel rapporto abitanti/centri commerciali, una densità, in metri quadrati calpestati di centri commerciali, superiore a quella di Milano.

E’ già pronta, infatti, a farne un altro, nella zona di San Gregorio, la potente famiglia Virlinzi, molto vicina a Ciancio in tante operazioni, ma l’opera è ferma per un contenzioso amministrativo. Si avvicina il momento anche per la “Coop”, con ogni probabilità a Gravina: il comparto “Ipercoop” (che fa riferimento alla Legacoop) è già da tempo al lavoro. Nel complesso, sono stati autorizzati (vedi schema allegato) altri quattro investimenti (fra cui l’ “Etnapolis” dei gruppi Abate e Carrefour), in un’area percorribile in pochi minuti di auto. Il commercio catanese, se non questi stessi “giganti” in lotta (l’ egemonia di alcuni di loro è stata già descritta nell’ “affaire Garibaldi”, per non parlare di Nello Scuto, sotto processo per associazione mafiosa ed estorsione e delle sue “Zagare”), rischiano il soffocamento. Certo, per il principio della perequazione, l’ “Icom” avrà, a suo carico, alcuni oneri, ma per un’affare del genere, forse, il gioco vale la candela.Ci voleva però la variante, l’ennesima: e così è stato. Da verde agricolo a zona commerciale: gli interessi proprietari di Ciancio si sono coniugati –magicamente- a quelli della società “Icom srl”, che, in data 20/03/2003 ha presentato allo Sportello Unico per le imprese un progetto di massima per la realizzazione di un centro commerciale. E chi c’è nella “Icom srl”, società con sede a Milano?

Fra i soci, compare, Mario Ciancio: proprietario al 19,5% di una società con capitale sociale di 20,000,00 Euro.Ma non è finita: fra i soci c’è anche la signora Guarnaccia Valeria? E chi è? La moglie di Mario Ciancio: proprietaria al 13,5%.

Stavolta, non è andata, come tante altre volte sotto l’Etna: c’è un affare, c’è l’interessamento di Ciancio, ma lui –magicamente- non compare. Mai. Ma c’è di più: fra i consiglieri d’amministrazione della “Icom srl” compare anche il nome di Tommaso Mercadante, proprietario anche di una quota (5,5%). Chi è? E’ uno dei figli del deputato regionale di Forza Italia, Giovanni Mercadante. Naturalmente, non mancano poi soggetti del mondo dei media, in particolare in “Antenna Sud” di Bari, una delle tante emittenti gravitanti nell’impero di Ciancio, come nel caso del consigliere Fabrizio Pijola Lombardo, da meno di un anno, cioè dal momento dell’uscita ufficiale di Ciancio dalla proprietà, presidente di “Edivision”, società editrice di “Antenna Sud”. Amministratore delegato della società è Pasquale Iamele, che compare come presidente del c.d.a dell’ “Icom srl”. Ma c’è ancora di più: Ciancio e sua figlia Angela sono uscite dalla società, ma la stessa, fra i soci, annovera tutte società dell’impero, addirittura c’è la “Domenico Sanfilippo editore” che edita “La Sicilia”.

Ricapitolando: il consiglio comunale approva una variante che consente l’insediamento di un immenso centro commerciale, che sarà realizzato da una società, dove il padrone ha una forte partecipazione diretta e collegamenti con soggetti del mondo dei media. Il tutto, ovviamente, senza che nessuno in città possa conoscere nel dettaglio i termini dell’operazione, con inquietanti risvolti in tema di proprietà e di incroci societari: secondo i valori di mercato, un metro quadrato, a verde (valore da uno a tre euro) può arrivare, “trasformato” in edificabile, fino a circa cinquanta euro. Un bell’affare. Anche e soprattutto a questo serve il monopolio dell’informazione. Il nome che aleggiava sul senato cittadino è rimasto inespresso. Intanto, il giornale di Ciancio continua ad appoggiare la giunta Scapagnini.

Del resto, aveva fretta l’amministrazione di centro-destra e la sua maggioranza. Chissà, forse anche perché la scadenza elettorale è alle porte? Come poteva accadere, comunque, che il consiglio non si piegasse? La delibera era stata, infatti, messa all’ordine del giorno il 15 dicembre 2004, per essere poi riproposta il 20 e 27 gennaio, il 10, 16 e 24 febbraio. Risultato: fino a venerdì 25 febbraio, non era passata, vuoi per rinvii, vuoi soprattutto per mancanza del numero legale. Un braccio di ferro, occulto, che nessuno in città poteva conoscere. La situazione era a rischio: ecco, allora, la mobilitazione dei “big” del centro-destra. L’affare si doveva fare: era stato deciso e certamente non in consiglio… Il “partito delle varianti” faceva sentire il suo peso.

Ci ha pensato, invece, il senatore Mimmo Sudano (Udc), vicesindaco e assessore con delega all’urbanistica a fare capire che non era il caso di dilazionare ulteriormente. Il 16 febbraio si è presentato in consiglio e a nome dell’amministrazione ha proposto che la variante fosse votata congiuntamente ad un’altra “pesante”, quella per l’ospedale San Marco. Perché non farlo? Tutto è in regola e poi i posti di lavoro, calcolati, in prima battuta, fra i 500 e gli 800 circa ….

C’era da essere imbarazzati per questo piccolo grande –dal punto di vista politico- “colpo di mano”: per fortuna un no secco dall’opposizione.Il “colpo di mano” era, però, soltanto rimandato. Il 25 febbraio, però, è scoccata l’ora: oltre quattro ore di discussioni, con l’opposizione, (i consiglieri Licandro, D’Agata, Romeo, Rosario Condorelli, Giacalone) a resistere, in pochi, in ogni modo, ricorrendo a tutte le argomenti di critica ad un’operazione dissennata, la maggioranza allineata. Davanti ai consiglieri, per l’amministrazione ecco comparire, oltre a Sudano, seduto accanto ad un altro potente, l’avv. capo Mario Arena, il deputato nazionale e assessore (senza deleghe) Benito Paolone (An), convinto assertore dell’utilità della delibera, proprio lui che, più volte, aveva espresso la sua contrarietà alle varianti. Alla fine, comunque, dopo mezzanotte il verdetto: presenti 25 consiglieri, votanti diciannove, astenuti sei, (Commercio Presidente consiglio comunale Udc, Ferrera Ppe, Giuffrida Udc, La Rosa FI, Maravigna Centro Indipendente, Vasta FI) quindici sì, contrari quattro (Licandro Pdci, Romeo, D’Agata Ds, Condorelli Rosario Democratici con Bianco). Il consiglio approvava, Mario Ciancio poteva festeggiare. Eppure, in mattinata la Confcommercio aveva manifestato in piazza Università contro questa operazione: posizione contraria anche della Confesercenti. Critica anche la Federconsumatori. Non c’è stato, per ora, nulla fare: l’arroganza del capitale ha avuto, per ora, la meglio.

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