Una “ipotesi di reato per alcuni è già sentenza”, ha lamentato Pietro Ciucci, amministratore delegato della `Stretto di Messina`, commentando la notizia sull`ipotesi di falso in atto pubblico e abuso di ufficio sulle procedure di approvazione dello studio di impatto ambientale, che hanno determinato l`iscrizione nel registro degli indagati di tre professionisti da parte della procura di Roma. “Lo Studio di Impatto Ambientale – ha aggiunto Pietro Ciucci – è stato condotto da un raggruppamento d`imprese italiane ed estere di altissimo livello, scelto dalla Stretto di Messina con gara internazionale, ed è stato redatto secondo quanto previsto dalle normative italiane ed europee vigenti in materia”.
Se dovrà essere la Procura di Roma a verificare la liceità degli atti della Commissione Via del ministero dell’ambiente, va comunque ricordato che furono in tanti a rilevare come il parere “positivo” espresso dall’organo era nei fatti un tentativo, mal riuscito, di legittimare i macroscopici limiti del progetto del Ponte sullo Stretto. Lo studioso Alberto Ziparo, docente dell’Università di Cosenza, sintetizzò sul settimanale “Carta” del 3 luglio 2003 i rilievi principali enunciati nella relazione della Commissione Via. Di seguito il testo di quell’articolo.
Il Ponte scricchiola
La Commissione speciale del ministero dell’ambiente non riesce a far bello il mostro. La Valutazione d’impatto rivela che il Ponte è insostenibile. È stata approvata comunque: la Grande opera s’ha da fare.
La costosissima telenovela del Ponte sullo Stretto si arricchisce di una nuova puntata, con il parere della Commissione speciale Via (Valutazione d’impatto ambientale) del ministero dell’ambiente sul progetto … di massima. Già, perché la prima notizia (per i non aficionados della vicenda) è che, dopo quarant’anni e oltre 200 miliardi di vecchie lire (110 milioni di euro) già spesi, siamo ancora di fronte ad un progetto di massima; incompleto, per di più. Emblema di un’operazione forse destinata ad esaurirsi nel più grande caso di speculazione progettuale.
Il parere di non bocciatura della Commissione ministeriale era nell’aria: per quanto riguarda le Grandi Opere “strategiche” (soprattutto per la politica degli annunci del premier) esistono ormai “filtri” permanenti tra i soggetti proponenti e gli uffici tecnici ministeriali (soprattutto delle Infrastrutture, ma quando serve anche dell’Ambiente e degli altri uffici competenti). Peraltro, non solo alcuni settori governativi, ma soprattutto lobbies che ruotano attorno al Ponte ed altre grandi opere, forzano le procedure per arrivare alle decisioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) il più presto possibile: è quello salto di qualità nelle possibilità di spesa. Con la legge-obiettivo, dopo il Cipe un’opera diventa “operativa”: in questo modo Berlusconi può mettere la “prima pietra”, e le lobbies mettere mano alle risorse.
Svalutazione ambientale
Gli esperti della Commissione, per rispettare l’ordine di non bocciare e di non bloccare la procedura del progetto Ponte, dovevano effettuare una serie di passaggi non facili: gli impatti dell’opera sono infatti chiarissimi, macroscopici; tra l’altro, analizzati sistematicamente da una serie ormai copiosa di studi scientifici e, negli ultimi mesi, anche dalle “Osservazioni al Sia” (Studio d’impatto ambientale) del progetto. I rilievi principali contenuti sono i seguenti:
a) Il progetto è largamente incompleto: mancano i collegamenti alla rete nazionale in Calabria; a tutt’oggi non si sa esattamente dove cadrebbero pilastri e contrafforti dal lato siciliano; la pendenza del ponte – inclinato! – dalla parte siciliana è eccessiva: le ferrovie sostengono che in queste condizioni tanto varrebbe annunciare subito un ponte solo autostradale; mancano molte condizioni di sicurezza strutturale.
b) Non c’è alcuna garanzia della sicurezza sismica; non si è tenuto conto di faglie assai attive nell’area; si sono sottovalutate le tettoniche e geologiche; l’allontanamento delle due coste, il loro innalzamento, lo scivolamento della rocca scillese verso lo Stretto.
c) Il progetto contrasta con il quadro programmatico dell’Area dello Stretto: è inutile per i trasporti che usano sempre più l’aereo e la nave (i passeggeri in attraversamento sono passati da più di 11 milioni nel 1985 a meno di 7 nel 2000, e negli ultimi anni è in calo anche il traffico pesante); è dannoso per il territorio: le scelte urbanistiche di Villa San Giovanni sono totalmente incompatibili con il Ponte (anche per questo quell’amministrazione ha detto “no”), che peraltro si scontra anche con le scelte del Piano territoriale paesistico siciliano.
d) Manca una rappresentazione compiuta del quadro ambientale: neppure nell’ultimo studio esiste l’indagine sugli apparati paesistici. Non si può quindi avere una lettura compiuta degli impatti, ma già quella che è possibile effettuare è impressionante: distruzione o degrado di ecosistemi di pregio, riserve naturali, cancellazione di ben undici siti di interesse comunitario e zone di protezione speciale, tra l’altro rilevanti habitat faunistici e specie migratorie. Ganzirri in Sicilia e la Costa viola in Calabria subirebbero un destino irreversibile e cementificazione e denaturalizzazione.
e) L’impatto sul paesaggio è traumatico: lo Stretto si trasformerebbe in una baia con perdita irrimediabile di continuità scenografica; diviso in due da una paratia di oltre 1.200.000 metri quadrati sorretta da una doppia coppia di “twin towers” altre quasi 400 metri, con annessi svincoli e rampe di accesso.
f) L’impatto dei cantieri è eccessivo, con ingombro permanente delle aree di Villa San Giovanni nord e di Messina Ganzirri per una decina di anni e spostamento di circa 4.000 persone. Ancora più impressionanti i disastri legati alle operazioni di escavazione e discarica, che dovrebbero movimentare circa un milione di tonnellate di materiale all’anno.
g) Infine ancora insostenibile si prefigura l’impatto dei 60 chilometri circa di collegamenti alle reti strutturali (di cui nel progetto attuale non c’è traccia), con circa 35 di nuove gallerie, ancora tutte da studiare, anche per quanto riguarda i costi economici e ambientali.
Pure pressata da governo e lobbies di progettisti e costruttori, la Commissione speciale Via non poteva certo negare tutto questo. Ha provato allora a trasformarlo in prescrizioni, con esiti talora confusi, talora esilaranti. Una serie di raccomandazioni riguarda nuovi studi: per le problematiche sismo-tettoniche, per la tutela delle aree a delicato equilibrio ambientale, per le falde sotterranee, per il monitoraggio degli effetti su fauna stanziale e specie migratorie, il riuso dei materiali di scarico e la mitigazione del rumore e dell’illuminazione. Alcune sono comiche, per esempio quelle riguardanti la riduzione dell’impatto paesaggistico o il controllo della sicurezza sismica, la compatibilità tra i cantieri e gli abitanti. Insomma si ammettono i problemi, pure riconosciuti nella loro insostenibilità, ma si tenta di trattarli senza bloccare la procedura, con l’effetto di fare lievitare i costi dell’operazione a cifre clamorose e di permettere l’ampliamento anche delle speculazioni progettuali prossime venture.
C’è tuttavia un passaggio del parere che può bloccare una procedura “blindata”: esattamente laddove si dichiara che “il rispetto delle prescrizioni riportate va verificato prima dell’approvazione del progetto definitivo”. Il che contrasta con la dichiarata di Lunardi di nominare un “General contractor” per tutte le fasi dell’operazione, dal progetto alla gestione (con ampia facoltà di subappalto): ciò che può fornire ulteriori motivi tecnico-legali per i già annunciati ricorsi e appelli.
1.100 miliardi per il progetto
Nel quadro finanziario allegato alla documentazione ufficiale, l’unica “esecutività”, in base alla legge-obiettivo Lunardi, è la progettazione, definitiva e poi esecutiva (con annesse nuove indagini, analisi, consulenze, ecc.) per una cifra di 452,6 milioni di euro: circa 900 miliardi di lire, che, aggiunti ai 200 già spesi, porterebbero il totale dei costi progettuali a circa 1.100 miliardi. Questo, prima del parere Via del ministero dell’ambiente, che “prescrive” ulteriori indagini ed elaborazioni che porterebbero il costo progettuale ad oltre 750 milioni di euro (1.500 miliardi di lire), e quello dell’opera – se mai se ne vedrà traccia – alla favolosa cifra di 10 miliardi di euro (20.000 miliardi di lire).