Si fa un gran parlare del Ponte sullo Stretto come dell’unica opera senza precedenti in grado di dare linfa vitale all’economia del meridione d’Italia, ma è proprio vero che in Europa non è mai stato pensato niente di simile? Diamo un’occhiata al di là dei nostri confini nazionali. Ora che i cantieri del ponte sembrano quasi sul punto di aprire e già si pensa alle società che si occuperanno delle cosiddette “opere compensative” da far nascere ai piedi della ciclopica infrastruttura, diamo uno sguardo a chi prima di noi ci ha provato.
Potremmo accorgerci che il sogno delle opere mastodontiche finanziate da investitori privati e a costo quasi zero per le casse dell’erario è già morto e giace non troppo lontano da noi, a decine di metri di profondità sotto il braccio di mare che separa due nazioni come Francia e Gran Bretagna. Quel sogno per loro si chiamava Eurotunnel.
Era il 1994 quando il primo treno ha attraversato il tunnel sotto la Manica. 50 chilometri in grado di avvicinare oltre 25 milioni di persone distribuite alle sue estremità: la più grande infrastruttura del ventesimo secolo dopo il canale di Panama. I finanziatori? Piccoli azionisti allettati dalla promessa del Governo francese di rendimenti annui del 18%.
Sono passati dieci anni da allora, dieci anni in cui la società Eurotunnel non è mai riuscita a chiudere in attivo. Oggi quelle azioni valgono un decimo del loro valore iniziale e il Chunnel (Channel Tunnel), con 9,7 miliardi di euro di debiti è sull’orlo del fallimento.
Il perché di questo sfacelo? Mancanza di clienti.Nel 2003 il numero previsto di passeggeri che avrebbero attraversato la Manica era di 30 milioni, non ne sono passati più di 6,3. I viaggiatori hanno trovato più conveniente prendere l’aereo.
Ancora peggio per il trasporto merci. Di quelle, nell’anno appena trascorso era previsto ne passassero 15 milioni di tonnellate. Non ne sono passate nemmeno due milioni, gli spedizionieri si sono rivolti alla marina mercantile.
Per di più sulla società Eurotunnel continua a gravare l’investimento iniziale passato da una previsione di 7,4 a una spesa reale di 15 miliardi di euro.
Si potrà obiettare che rispetto al tunnel sotto la manica il ponte sullo stretto ha il vantaggio di poter essere attraversato da traffico gommato, allargando quindi il mercato dei potenziali utenti.
Si dimentica però che il ponte collegherà al resto d’Italia una regione come la Sicilia dove al gommato che soffre dell’inesistenza di collegamenti indispensabili come la Messina-Palermo si preferisce già in larga misura contare sulle compagnie aeree o sulle autostrade del mare per portare le merci sui mercati internazionali.
Non solo. Il numero di passeggeri previsto per il 2012 dal piano del governo ammonta a 3,1 milioni di unità, 4,2 per il 2022. Ma l’area in cui il ponte entrerà in servizio non arriva neppure a un quarto della popolazione collegata dal tunnel della Manica.
Le differenze tra le due infrastrutture però finiscono qui.
La spesa prevista per la costruzione del Ponte sullo Stretto si aggira intorno ai 6 miliardi di euro: poco meno di quella prevista per l`Eurotunnel e in seguito raddoppiata.
La gara d’appalto, la più grande mai realizzata in Italia, parte da una base d’asta di 4,4 miliardi e al General Contractor che se la aggiudicherà saranno affidate la progettazione definitiva, esecutiva e la realizzazione dell’opera. Tempo previsto 6 anni e 6 mesi dall’apertura dei cantieri.
E poi?
Alberto Maio – Nuovosoldo.it