Un modello della Raffineria di Gela realizzato dentro la chiesa del Carmine, lungo il corso principale della città. Non si pregava l’Eni, come hanno detto in tanti, ma si svolgeva “un’adorazione eucaristica per i lavoratori della Raffineria e dell’indotto”. L’effetto è comunque ambiguo, sgradevole e pericolosamente vicino all’idolatria. La giornata di venerdì 18 luglio è stata caratterizzata da digiuni e preghiere a sostegno dei 3000 lavoratori che, tra diretto e indotto, legano il proprio destino a quello della Raffineria. Noi invece siamo andati ai presidi. Molti operai erano concordi nell’apprezzare la solidarietà. “Certo – sintetizza Franco – se i fedeli venissero qui saremmo ancora più contenti. E lo dico da credente”. Interviene Luigi. “Sempre a criticare – dice – l’altro giorno qui è venuto a officiare messa addirittura il vescovo, cosa vuoi di più?”.
È vero, il nuovo vescovo della diocesi di Piazza Armerina, monsignor Rosario Gisana, è stato tra i primi a manifestare vicinanza ai lavoratori in lotta. Prima dell’opportunismo dei politici di turno. Ciò però non fa dimenticare le condotte ipocrite di buona parte del clero locale. Il caso più lampante è la benedizione del parco pet-coke avvenuta poco meno di un anno fa. L’impianto, costato 25 milioni di euro, consente di evitare dispersioni in atmosfera del pet-coke. Classificato ovunque come rifiuto tossico ma non a Gela, dove una legge ad hoc del governo Berlusconi risalente al 2003 fece in modo di salvare la Raffineria di Gela da una prima chiusura.
Oppure si prenda il caso di don Giuseppe Fausciana, parroco della diocesi di Macchitella. Il prete non dimentica che “nella nostra realtà sono presenti molti bambini e tanti giovani, figli degli operai dell’Eni”. Anche nella parrocchia san Giovanni evangelista è stato realizzato un piccolo altare con il quadro della patrona di Gela, la Madonna d’Alemanna. Sul cartello che regge si legge “proteggi i lavoratori della Raffineria di Gela, salva i posti di lavoro”.
Forse per questo, quando don Fausciana il mese scorso lanciò la provocazione della “Madonna ammalata di cancro”, preferì prendersela con la sanità che non funziona piuttosto che con le causa, accertata da numerosi studi, delle malformazioni tumorali. Riuscendo incredibilmente a dichiarare che “non si riesce ancora a dare un giudizio obiettivo sulla causa di questi fenomeni. In una raffineria certamente non si fabbricano caramelle”. Mentre oggi auspica “uno sviluppo industriale che sia compatibile con l’ambiente”. Formula che farebbe felice qualche politico locale.
Sia chiaro, qui non ci interessa il dualismo semplificatore pro-contro la Raffineria di Gela. O, ancor peggio, la stupida scelta tra diritto alla salute e diritto al lavoro. Domande complesse meritano risposte complesse. Ci piacerebbe però che ci si spogliasse dei pregiudizi mantenendo allo stesso tempo la capacità critica. “La messa di ieri era un presidio d’amore a sostegno dei lavoratori – sostiene un credente di fronte la critica di molti laici all’altare che si vede nella foto. Senza giudicare nulla, senza sottoporre a giudizio nessuno”. Ecco, l’opposto di ciò che bisognerebbe rivendicare per cominciare a capire: giudicare e sottoporre a giudizio. E così sia?