Lo hanno definito il “dominus” di Trapani. Il vertice di una rete di cooperative, Ipab (enti regionali assistenziali) e società che gestiscono l’accoglienza. In regime di monopolio.
Don Sergio Librizzi è accusato di aver favorito i migranti che accettavano le sue offerte sessuali. Tutto da provare, ovviamente. Tutto negato dal diretto interessato. Ma il quadro offerto dal Gip Emanuele Cersosimo va ben oltre l’aspetto giudiziario. Descrive una vera holding che ha trasformato l’accoglienza in un gigantesco affare.
Baba
Dagli atti emerge che il sacerdote si faceva chiamare baba dai migranti. In ghanese significa sia padre che persona rispettabile. Ma le quattrocento pagine sono dense di episodi raccapriccianti. La gestione «dell’intero universo del lavoro collegato ai centri d’accoglienza». I legami con i centri del potere politico della città. E infine le richieste di favori sessuali in cambio di una buona parola nella commissione che decide delle domande d’asilo, di cui il prete era membro.
Si tratta di un organo del governo previsto dalla legge sull’immigrazione. Ne fanno parte funzionari prefettizi, membri supplenti e uomini delle Nazioni Unite. Proprio l’Unhcr ha invocato l’immunità diplomatica e negato l’autorizzazione ad ascoltare i propri operatori. Una decisione che ha sconcertato molti.
Minacce
E poi le minacce ai pochi ribelli. Azioni non svolte direttamente da Librizzi ma dal mondo che – secondo i magistrati – lo circonda, lo adora, crea «un’aura di soggetto intoccabile e impunibile». Episodi raccapriccianti come quello della volontaria che riceve una busta con un proiettile a casa. Un’altra che si ritrova nell’auto uno sconosciuto che le consiglia di «lasciare in pace don Librizzi».
Tutto rafforzato da chiare esibizioni di potere. Il prete per tempo avrebbe saputo delle ispezioni ministeriali, così nei centri «tutto veniva messo a posto per bene».