Dopo aver inserito, col decreto Balduzzi del 2012, la patologia del gioco d’azzardo (GAP) nei livelli essenziali di assistenza ben poco è stato fatto. Lo Stato italiano continua a recitare un doppio schizofrenico ruolo. È soprattutto pusher, attraverso la proliferazione di centri scommesse e video lotterie e poker online. Teoricamente è pure medico di chi contrae il “demone del gioco”. Ma le tutele maggiori in Sicilia continua a fornirle la Chiesa. Due casi, entrambi a Caltanissetta, lo testimoniano.
Nel libro «Gioco d’azzardo e morale» il cardinale Dionigi Tettamanzi esalta la morale come lo strumento più solido per affrontare quella che definisce “sfida educativa”, cioè la sensibilizzazione sui “rischi e gli effetti negativi dirompenti che il gioco d’azzardo produce, e non solo a livello economico ma soprattutto psicologico e di tessuto sociale”.
Allegato al piccolo sermone si trova Il giocatore di Fedor Dostoevskij. O il sacerdote non ha letto il capolavoro dello scrittore russo oppure più semplicemente ha dimenticato l’ammonimento che Ivanov, una sorta di alter ego dello stesso Dostoevskij, urla in preda alla febbre da gioco che lo pervade: nulla di questi tempi è più stupido della morale.
Sul gioco d’azzardo pare infatti che non si possa fare prevenzione senza scadere in pruriti moralistici. Le campagne di sensibilizzazione sono sempre all’insegna di divieti e banali giochi di parole: Non t’azzardare, Non giocarti la vita, La vita non è un gioco (ma come no? … ndr).
Questo perché l’Italia continua a mantenere il suo proficuo ruolo di Stato bisca (la definizione è della giornalista Carlotta Zavattiero). E lascia che a limitare i danni intervengano le associazioni di volontariato e la Chiesa. Ancor più in Sicilia. Dove la situazione dei Sert (Servizio recupero per le tossicodipendenze) lo testimonia: sono pochi i centri che si occupano nello specifico della patologia del gioco d’azzardo, anche in grandi città come Caltagirone e Gela non esistono figure di riferimento.
Così appunto tocca ad altri rimboccarsi le maniche. È quel che avviene ad esempio a Caltanissetta. Due casi su tutti: un progetto Caritas e l’assistenza di Casa Rosetta. Entrambi col patrocinio del clero. Alla Caritas diocesana di Caltanissetta la responsabile del progetto GAP è la dott.ssa Maria Concetta Muscò, psicoterapeuta nonché docente di teologia. “Siamo partiti da un’analisi dei bisogni – esordisce – e si è riscontrata questa necessità nella comunità. Offriamo incontri individuali e di gruppo, una volta a settimana. Per il giocatore stabiliamo insieme ai familiari un tutor, perché all’inizio il giocatore non è capace di gestire i soldi che gli vengono affidati”.
Tanto che è richiesta persino l’esibizione degli scontrini fiscali. Il 19 marzo la Caritas ha lanciato, in occasione della giornata di liberazione del gioco d’azzardo patologico, un flag-mob: un momento di mobilitazione in cui gli studenti di 9 istituti superiori hanno esposto bandiere e gridato lo slogan “Smetti e vinci”. L’iniziativa è stata sposata , tramite striscioni appesi, dalle istituzioni locali: dall’università al comune alla prefettura. Da quella giornata sono arrivate numerose telefonate e richieste d’aiuto.
L’associazione Casa Famiglia Rosetta è una onlus fondata da don Vincenzo Sorce nel 1980. Tra le tante attività si occupa anche di gioco d’azzardo. “Dal 2006 – ricorda il dott. Umberto Bosco, responsabile del servizio presso la struttura – grazie ad un finanziamento della Regione Siciliana. Finora avremo trattato più di 700 utenti. Il nostro trattamento può essere applicato sia in forma ambulatoriale sia presso la residenza in comunità terapeutica. L’efficacia dipende molto dalla motivazione al cambiamento del paziente e dalla stretta collaborazione della rete familiare e sociale”.
Per il resto anche qui vengono offerte: psicoterapia individuale, di coppia e della famiglia; gruppi di auto-aiuto (l’unica altra esperienza regionale sono i Giocatori Anonimi che si riuniscono ogni giovedì a Palermo); tutoraggio; assistenza legale; assistenza psichiatrica (se necessaria).
Nulla che uno Stato che attui ciò che decreta non possa fare. Il riferimento è al decreto Balduzzi, che nel novembre 2012 inserì il Gap nei livelli essenziali di assistenza. Ad un anno e mezzo di distanza mancano ancora i fondi per tramutare i buoni propositi in realtà. Da parte sua a dicembre 2013 la Regione Siciliana aveva annunciato ambulatori in ogni Asp “per curare i dipendenti dal gioco d’azzardo”. C’è da crederci quando, come riporta la deputata Valentina Palmeri in un’interpellanza all’Ars di due mesi fa sullo stato dei Sert, “dal 1992 ad oggi si è registrata una riduzione pari al 60% del personale, oltre al blocco del turnover”?