Sia il governo che i ribelli continuano a commettere violenze e atrocità nella vasta regione occidentale sudanese del Darfur, teatro ormai da due anni di combattimenti e scontri che hanno causato una grave crisi umanitaria. Lo ha detto l`inviato speciale delle Nazioni Unite in Sudan, Jan Pronk, parlando ieri di fronte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
“I combattimenti sul terreno proseguono e i responsabili di crimini atroci continuano ad aggirarsi impuniti. Il mese di gennaio è stato caratterizzato da omicidi di civili su larga scala soprattutto nel Darfur meridionale (uno dei 3 Stati che compongono la regione), rapimenti e stupri, che interessano soprattutto le donne che si avventurano fuori dai campi per sfollati” ha aggiunto Pronk.
Nel suo ultimo aggiornamento al Consiglio di Sicurezza, l`inviato speciale di Annan ha puntato il dito sia contro il governo, accusato di aver applicato in maniera “insufficiente” le misure promesse nei mesi scorsi, sia contro i ribelli, divenuti “meno cooperativi” nel cercare una soluzione negoziata alla crisi. Concludendo, Pronk ha sottolineato l`importanza della presenza sul terreno di una, “robusta”, “terza forza” che funga da cuscinetto tra le parti e protegga i civili, spesso esposti alle violenze di entrambi i belligeranti.
Cominciata nel febbraio del 2003 – quando due gruppi di ribelli (Jem e Sla-m) si sollevarono formalmente in armi contro il governo di Khartoum accusato di trascurare la regione e di appoggiare predoni arabi (janjaweed) che da anni fanno scorrerie nella zona – la crisi del Darfur avrebbe provocato finora, secondo le ultime valutazioni Onu, circa 70.000 vittime per violenza o per fame e malattie e oltre un milione e 800.000 sfollati.[MZ]
Sudan, 10.2.2005