Le autorità nepalesi hanno liberato sette politici che erano agli arresti domiciliari, ma nelle stesse ore hanno arrestato dodici attivisti per i diritti umani impegnati in una protesta contro il re Gyanendra, che lo scorso primo febbraio aveva sciolto l’esecutivo per nominarne uno di suo gradimento, dichiarato lo stato di emergenza e sospeso alcune libertà civili.
Tra i politici tornati in libertà ieri figurano due ex primi ministri, Krishna Prasad Bhattarai e Lokendra Bahadur Chand, e dirigenti di alcuni partiti nepalesi. Nelle stesse ore, però, la polizia ha arrestato dodici partecipanti a un raduno di protesta nella capitale Kathmandu organizzato dal movimento per i diritti umani ‘Peace Society Nepal’.
In questi giorni il governo ha ammesso di aver eseguito 43 arresti di capi politici e attivisti studenteschi per “riportare l’ordine nella nazione” dopo il ‘colpo di mano’ del monarca, ma secondo fonti dell’opposizione i reclusi sarebbero molto più numerosi e ci sarebbero anche casi di persone scomparse.
Intanto proseguono nel Paese gli scontri tra governativi e ribelli maoisti, attivi dal 1996 per rovesciare la monarchia costituzionale e procedere a una radicale riforma agraria; incuranti della recente proposta di colloqui di pace lanciata dal re, i guerriglieri hanno attaccato nelle ultime ore quattro commissariati di polizia, una prigione e un ufficio pubblico nella città sudoccidentale di Dhangadi, uccidendo almeno cinque agenti e ferendone quattro, oltre a provocare indirettamente la fuga dal carcere di almeno 150 reclusi, tra cui alcuni ribelli. [LM]
Agenzia Misna, 10.02.2005