Pubblicato su Repubblica.it
ROMA – Ventisette anni, avvocato. Parla perfettamente inglese, viene da Aleppo e ha lavorato a Dubai. Ha un senso innato della giustizia. Con pochi minuti di riprese del suo cellulare ha messo in crisi il sistema di accoglienza italiano e costretto il governo a rispondere in Parlamento. Khalid è l`autore del video scandalo del centro di Lampedusa trasmesso da Tg2. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente: “Ho fatto quel filmato perché volevo che la mia voce arrivasse fuori per raccontare i problemi di qui”, ci dice. Eppure venerdì scorso è rimasto in silenzio di fronte alla polizia giudiziaria. Non testimonierà finché rimane a Lampedusa.
Clima ostile
“Non posso riferire di quei fatti nel posto in cui sono accaduti”, spiega lucidamente al suo avvocato. Da molti giorni è chiuso nel centro di cui ha denunciato le condizioni disumane. “Non ha subito vere minacce ma il clima è ostile, avverte su di sé la rabbia delle persone”, ci dice Paola Ottaviano, uno dei legali del profugo. “Io non volevo che le persone perdessero il lavoro”, osserva Khalid. “Ma quelle cose le ho viste e non potevo fare finta di niente”. Il suo paradosso è iniziato appena toccato il suolo europeo. “Dopo ogni sbarco c`è un gruppo di testimoni che vengono tenuti a disposizione dell`autorità giudiziaria per individuare i cosiddetti scafisti”, spiega Ottaviano. Migranti che firmano con fiducia un foglio con lo stemma della Repubblica italiana e per “ricompensa” sono trattenuti mentre gli altri vanno via.
Situazione ambigua
Khalid è uno di questi, è rimasto a Lampedusa insieme ad alcuni eritrei sopravvissuti alla strage più grande degli ultimi anni. Ma è un cittadino libero, può uscire dal centro? “La situazione è ambigua”, spiega il suo avvocato. “C`è un ampio margine di discrezionalità in base per esempio alle condizioni di sovraffollamento. La gestione dei centri di prima accoglienza dipende dal dirigente e da come il Prefetto decide di gestire l`ordine pubblico”. L`avvocato siriano aspetta di ricongiungersi con la sua famiglia. Moglie e figlio sono rimasti in Libia. Ma non resterà in questo paese kafkiano che gli ha rubato un pezzo della sua vita per una firma. “Bisogna fare qualcosa per farci andare via”, ci dice. “Nessuno vuole stare in Italia ma andare in Germania e altri paesi del Nord”.
Non è un CIE
La permanenza dovrebbe durare poche ore. Lampedusa non è un CIE, dove le persone vengono detenute, ma un CPSA (Centro di primo soccorso e accoglienza). Qui la permanenza non dovrebbe durare che poche ore. A maggior ragione se sei un testimone. “Stiamo parlando di persone che decidono di collaborare con la giustizia e ovviamente non possono essere private della libertà”, spiega Ottaviano. “Anzi, dovrebbero essere tutelate. Se si ha paura che vadano via, le Procure possono raccogliere subito le testimonianze con l`incidente probatorio. Occorra predisporre l`immediato trasferimento di Khalid in un luogo sicuro”, concludono i legali. Un altro Khalid, Chaouki, dal 22 dicembre si è autorecluso nel centro di Lampedusa. “Non mi muoverò da qui fino a quando il ragazzo siriano e i naufraghi illegittimamente trattenuti da oltre due mesi non saranno trasferiti”, dice il deputato Pd. “Abbiamo celebrato come martiri i loro compagni di viaggio inghiottiti dal mare. Loro invece sono qui, rinchiusi e disperati. Io sono qui per i profughi, ma soprattutto per l`Italia”.