GELA (CL) – Nell’ambito del progetto di “Riorganizzazione dei processi lavorativi e ottimizzazione delle risorse degli Uffici Giudiziari”, finanziato dalla Comunità Europea e dalla Regione Siciliana, la Procura della Repubblica di Gela è sbarcata sul web. Con un sito di facile navigazione e una serie di documenti finora non accessibili al pubblico. Tra questi va annoverato il Bilancio Sociale 2013. Che illustra le condizioni territoriali e sociali in cui opera la Procura, le attività che svolge, i risultati che raggiunge, le risorse e l’organizzazione su cui può contare nonché le politiche di miglioramento.
Un capitolo è dedicato ai reati di natura ambientale. Come si legge nel rapporto, “buona parte dell’attività della Procura della Repubblica è mirata alla trattazione di indagini e processi nella materia, sia con riguardo al complesso del territorio (discariche abusive, traffici vari di rifiuti), sia con riguardo alle diverse problematiche che scaturiscono dall’attività pregressa ed attuale della Raffineria di Gela S.p.A.”.
È la stessa Procura a giudicare di assoluto rilievo le problematiche generate dall’incidenza di fattori inquinanti sulla popolazione “a causa del ritardo nel percorso di positiva attivazione sulle questioni ambientali e della sicurezza in genere”. Per le diverse ipotesi di reato ambientale attualmente (il Bilancio 2013 fa riferimento all’annata 2011-2012) si registrano 38 procedimenti nei confronti di persone note e 28 procedimenti nei confronti di ignoti.
Ben 66 indagini ambientali, dunque. Gli episodi più gravi sono sicuramente i rinvii a giudizio per episodi gravi di inquinamento e incendio colposo avvenuti all’interno della Raffineria di Gela “e/o, sulla scorta di ricostruzioni in dettaglio sia i fatti nel loro complesso sia dell’intera catena delle responsabilità – comprese quelle di vertice – e sempre più numerosi sono i procedimenti in fase dibattimentale”.
Solo attraverso le azioni della magistratura e non certo per le sollecitazioni (quando ci sono state) della politica la Raffineria è stata costretta ad adeguarsi, attivando o riattivando le doverose procedure di bonifica nonché attraverso “altrettanto doverosi adeguamenti strutturali e organizzativi degli impianti”. E sì che impianti funzionali si rivelano spesso economicamente vantaggiosi.
Il territorio di Gela è inoltre oggetto di costante monitoraggio. “Si sono individuate – si legge ancora nel dossier – varie discariche abusive, numerosi casi di traffico illecito di rifiuti, imprese non a norma quanto al regime delle emissioni”. Particolare attenzione viene posta ai numerosi procedimenti per malattie professionali, “di norma riconducibili ai trascorsi lavorativi di molti dipendenti che sono stati direttamente o indirettamente occupati nell’area industriale del petrolchimico (oggi solo raffineria)”. Qui i casi più numerosi sono riconducibili all’esposizione ad amianto.
Indagini sicuramente complesse e delicate. Per esempio nella tipologia di reati previsti dalla Procura non si fa cenno al Testo Unico sull’Ambiente (d.lgs. 152/2006), che probabilmente aumenterebbe il numero di reati ambientali nel territorio di Gela. Ad esempio l`art. 240 del T.U.A. definisce sito contaminato “l`area o porzione di territorio, geograficamente definita e determinata, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, sottosuolo ed acquee sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti”. Ed è esattamente quel che da tempo denunciano le associazioni ambientaliste.
Il Bilancio Sociale 2013 della Procura della Repubblica di Gela termina con una denuncia di “scarsità di risorse umane e materiali messe a disposizione” e quindi “attualmente si è costretti ad operare con poche forze in campo”. Se i giudici possono attendere, l’ambiente sicuramente non può più farlo.