Pubblicato su «MicroMega»
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E loro come ci trattano al loro paese?
Nei discorsi da bar «noi» accogliamo bene i migranti, li sfamiamo e offriamo lavoro. «Loro» ci trattano male nei «loro» paesi. Uscendo dall’astrattezza, basta dare un’occhiata a quello che fanno le imprese italiane nel Corno d’Africa. E in Libia, Tunisia, Romania.
In molti casi, le ditte italiane di costruzioni hanno fondato le loro fortune costruendo infrastrutture – spesso inutili – in Africa. Pagando tangenti a regimi sanguinari. Devastando l’ambiente e distruggendo economie locali. Da ultimo, l’impresa Salini – oggi fusa con Impregilo – sta costruendo l’enorme diga della Rinascita in Etiopia, tra le proteste degli abitanti. Gli effetti saranno destabilizzanti per tutta l’area. L’Egitto protesta per la riduzione delle acque del Nilo. Dal Corno d’Africa continuano ad arrivare a Lampedusa profughi di guerre ormai endemiche.
Le ditte venete in Romania lavorano in quel paese – con altissimi profitti – fino dagli anni ’90. E così le imprese italiane in Tunisia o in Libia. Bel Alì e Gheddafi erano straordinari partner commerciali. E l’Eni in Nigeria si trova come a casa.
E io cosa ci posso fare?
«Andate a casa vostra», dicono i comitati dei cittadini ispirati dal credo leghista e dagli imprenditori della paura. Ma la «casa» non c’è più. In un mondo globale, ci piaccia o no, gli effetti e le cause sono intimamente legati da un punto all’altro del pianeta. È inutile costruire porte e sbarramenti, perché saranno inesorabilmente abbattuti.
Chiudersi di fronte ai profughi di guerra – come per esempio quelli provenienti dalla Siria – significa violare la nostra Costituzione e le leggi internazionali a partire dalla convenzione di Ginevra. Ma anche chiudersi rispetto a un mondo dal quale non siamo isolati. L’Italia usa fondi europei, fa parte di accordi internazionali. Non può sedersi ai tavoli solo quando si tratta di prendere.
L’Europa ci deve aiutare nelle emergenze
Secondo i dati riferiti al 2011, ci sono stati 571.000 rifugiati per la Germania, quarto paese al mondo per numero di persone accolte; 210.000 per la Francia; 194.000 per il Regno Unito; 87.000 per la Svezia; 75.000 per l`Olanda; appena 58.000 per l’Italia.
Come si fa a chiedere aiuto a paesi che già danno molto di più, pur non essendo paesi confinanti? La situazione in Italia e Grecia, palesemente incapaci di gestire i profughi, ha portato al paradosso di Dublino. I migranti che arrivano nei paesi del Mediterraneo sono costretti a fare lì domanda d’asilo e a rimanere. Ma spesso hanno parenti e prospettive di lavoro in quelli del Nord. I quali, però, sono spesso saturi. E quasi sempre l`emergenza italiana è il frutto della disorganizzazione e dell`improvvisazione.
Ma non vogliono integrarsi
Per integrazione possiamo intendere due cose. L’inserimento socio-lavorativo in un determinato contesto oppure l’adeguamento a regole, abitudini e modi di pensare del contesto stesso. Gli emigrati di tutti il mondo puntano all’inserimento. Altrimenti non partirebbero neanche. Dunque si tratta di un’ovvietà.
Nel secondo caso, dobbiamo chiederci quali sono le «regole» reali vigenti in Italia. «Devono rispettare le nostre leggi e la nostra cultura» può suonare paradossale in determinati luoghi. Basta fare un giro nelle campagne meridionali. Imprenditori analfabeti e mafiosi, sfruttatori e brutali sono la norma. I migranti, per fortuna, non si sono integrati all’omertà, al lavoro nero, alla sopraffazione mafiosa. Altrimenti non avremmo avuto le rivolte di Rosarno e Castel Volturno e lo sciopero di Nardò.
L’immigrazione ci danneggia
Il 26% degli statunitensi che dal 1996 hanno ricevuto un premio Nobel è rappresentato da immigrati. Anche Albert Einstein era un celebre rifugiato. Un migrante emarginato già dalle leggi, relegato ai bordi della società, confinato ai settori più deteriorati dell’economia e considerato solo come braccia da sfruttare, non porterà molto al paese che lo ospita.
Conclusione
«L’immigrazione è un fatto sociale totale», dice Sayad. Più prosaicamente notiamo che i migranti, in generale, non sono un problema ma la spia di un problema. Dal sistema di accoglienza allo sfruttamento sul lavoro, dall’incapacità della politica alla criminalità, mettono in evidenza impietosamente tutti le criticità italiane.
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