Fuori da slogan e allarmismi, possibili iniziative concrete

Profughi in Sicilia. Otto proposte per uscire dalla logica dell’emergenza

Fulvio Vassallo
  Passare dall`“emergenza sbarchi” alla gestione dei profughi provenienti dalla guerra siriana e dalle zone di crisi mediterranee. Adottare una legge regionale siciliana per l’immigrazione senza spazio all’improvvisazione. Chiudere i centri informali (Pozzallo e Porto Empedocle) e i megacentri (Mineo). Velocizzare l’esame delle domande d’asilo. Proteggere i minori non accompagnati. Otto proposte per programmare
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1 – Chiediamo innanzitutto con urgenza che la Regione Sicilia riconosca l’esistenza del problema degli arrivi di profughi dal Nord Africa e dalla Siria, che non si può ridurre all’ennesima “emergenza sbarchi”, un problema sino a ora completamente ignorato. Occorre attivare effettivamente il tavolo di coordinamento regionale con i prefetti, le Questure, l’ANCI regionale e con i comuni nei quali  trovano accoglienza i richiedenti asilo e i profughi. Occorre monitorare a livello regionale la situazione esistente e individuare le modalità operative per garantire percorsi credibili di inserimento sociale di coloro che ottengono in Sicilia il riconoscimento di uno status di protezione, internazionale (asilo o protezione sussidiaria) o umanitaria.

2 – In Sicilia occorre adottare al più presto una legge regionale in materia di immigrazione ed asilo con previsioni certe di stanziamenti di bilancio regionale, e con una particolare attenzione per le esigenze dei soggetti più vulnerabili, come i minori, le donne, sempre più spesso vittime di violenze e di sfruttamento, le vittime di tortura, con percorsi di formazione e di qualificazione del personale che dovrà prendere in carico tutte queste persone caratterizzate da situazioni esistenziali tanto diverse. Ancora una volta va ribadito che i migranti non possono essere considerati solo come un numero da suddividere in base a criteri contabili ma come persone che portano dentro di se abusi e violenze neppure immaginabili.

3 – Vanno chiusi i centri informali di prima accoglienza, come quelli attivati a Porto Palo di Capo Passero, all’interno del mercato ittico, e a Porto Empedocle (AG) all’interno della zona portuale, in recinti sottoposti a vigilanza militare che nel tempo hanno assunto il carattere di luoghi nei quali la libertà personale è sottoposta ad evidenti limitazioni in assenza di un provvedimento amministrativo formale e della doverosa convalida da parte dell’autorità giudiziaria, come sarebbe previsto anche dall’art. 13 della Costituzione italiana.

4 – Rispetto alla situazione dei minori non accompagnati, occorre che lo Stato provveda ad erogare con la massima tempestività le somme dovute ai Comuni, sulla base degli accordi stabiliti con i diversi governi, trattandosi di competenze dello Stato centrale. Si deve impedire che nelle regioni di primo arrivo, come la Sicilia, si prosegua con la prassi secondo la quale il collocamento dei minori avviene, da parte dell’autorità di polizia, o delle Prefetture, direttamente presso le strutture di accoglienza, al di fuori di qualsiasi piano regionale, senza il previo accordo e autorizzazione con gli enti locali territorialmente competenti. Ed anche sulle strutture di accoglienza per minori così individuate andrebbe effettuato un monitoraggio continuo, che fin qui si è svolto solo in rare occasioni. Un aspetto ulteriore è poi quello dei minori non accompagnati richiedenti asilo rispetto ai quali, nonostante la norma ponga chiaramente in capo al Ministero dell’Interno la responsabilità, non ci sono certezze di sorta in merito alla copertura dei costi di presa in carico prima dell’entrata nel circuito SPRAR.

5 – Allo stato della vigente legislazione nazionale e regionale vanno individuati percorsi per portare all’autonomia il maggior numero degli immigrati accolti nei centri di accoglienza, promuovendo percorsi di integrazione e avviamento al lavoro legale, contrastando lo sfruttamento del lavoro nero attorno alle strutture di accoglienza, e chiudendo strutture ormai ingovernabili come il CARA di Mineo (Catania), dove si verifica il blocco del turn-over e la presenza di oltre tremila persone, alcune delle quali neppure censite. Anche in questo caso il governo regionale non può continuare a fare finta che il problema non esista.

6 – Nel corso degli anni è stato definanziato il settore dell’accoglienza ai migranti, senza riuscire a transitare dalla gestione emergenziale, voluta da Maroni e mantenuta dal governo Monti, a una gestione ordinaria programmata e sorretta da adeguati finanziamenti. Per sbloccare una situazione che è diventata ormai esplosiva occorre che il governo centrale istituisca di nuovo le sottocommissioni competenti ad esaminare le domande di asilo, o ne raddoppi comunque il numero, per garantire tempi di attesa più brevi di quelli attuali, quasi un anno, e il mantenimento di procedure eque e trasparenti nell’adozione di decisioni che condizioneranno tutta la vita dei richiedenti. Ed è anche importante che vengano rimossi gli ostacoli di natura amministrativa e contabile per il pieno accesso dei ricorrenti contro i dinieghi al patrocinio a spese dello stato, unico strumento per evitare che anche in questo campo si diffondano comportamenti speculativi o vere e proprie truffe ai danni dei migranti.

7 – Al di là del modesto aumento dei posti disponibili nello SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) che sulla carta sono stati incrementati di 3.000 unità, occorre che si ristrutturi un sistema a regime per dare ospitalità temporanea ad almeno 20.000 persone l’anno, tenendo conto che nel 2012 l’Italia ha avuto una delle più basse percentuali (in termini relativi) di richieste d’asilo in Europa, e che queste non hanno superato il numero di 16.000. Una cifra che impone comunque un sistema di accoglienza che sia finanziato direttamente dallo stato e dalle regioni, senza gravare esclusivamente sui soggetti privati e sui comuni.

8 – L’Italia deve promuovere una diversa politica dell’immigrazione e dell’asilo a livello europeo, con una ulteriore revisione del Regolamento Dublino III sulla individuazione dello stato competente ad esaminare le richieste di protezione internazionale, con criteri di condivisione e di solidarietà che permettano la redistribuzione dei richiedenti asilo secondo percentuali che tengono conto delle capacità di accoglienza dei paesi riceventi, e non solo sulla loro ubicazione geografica.

Sono ancora troppi i migranti che rifiutano di farsi rilevare le impronte digitali per non restare confinati in un paese che non garantisce ai richiedenti asilo né accoglienza, né integrazione. Per ottenere ascolto in Europa occorre che tutte le istituzioni italiane, dal governo centrale alle regioni, alle questure ed alle prefetture, facciano il loro dovere in adempimento delle direttive e dei regolamenti comunitari che ancora oggi continuano ad essere disattesi.

E magari che le risorse destinate per l’accoglienza non siano sperperate in megastrutture come quella di Mineo (Catania) o distolte verso operazioni di respingimento e di contrasto dell’immigrazione irregolare. Una immigrazione irregolare che nella parte che raggiunge la Sicilia è ormai composta quasi esclusivamente da persone meritevoli di protezione e da soggetti particolarmente vulnerabili come donne in stato di gravidanza, famiglie e minori non accompagnati.

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