SALUZZO (CN) – La ruota posteriore della bici di Salif, le ruote del passeggino per Mohamed, le ruote non proprio a chilometro zero du vélo de Louis, la bicicletta nuova di Hamadi. Copertoni, pignoni, catene, raggi, olio e schiuma. Riccardo, il ciclista della Caritas nella sua officina, Gino il volontario circondato dai migranti in attesa di una bicicletta che non li soddisfa mai del tutto, il pensionato che va a spasso con la bici per mano e trascorre le giornate al Foro Boario “perché mi fanno pena e compagnia”. Dall`altro lato le rotonde e il traffico di auto lussuose nella città della movida e dei cocktails.
Il ritmo della stagione estiva a Saluzzo e dintorni è scandito dalla perfezione circolare ferro-gommata. Salif ha lasciato la sua cauzione di 15 euro per avere una MTB blu rimessa (quasi) a nuovo ma il mozzo della ruota posteriore, copertone da montagna mai usato, era troppo consumato e si è rotto presto. Nuovo costa 50 euro, una cifra astronomica per chi non ha niente in tasca, poco più di una cena in pizzeria per due persone tanto per fare qualcosa. Siamo andati dal ciclista in corso Piemonte. Il titolare, un ragazzone, braccia tatuate e faccia simpatica, ci accoglie pulendosi le mani nere di grasso con uno straccetto troppo piccolo. Fa il suo lavoro: aggiusta e vende bici. “Non sai quanti ne passano ogni giorno, se posso li aiuto volentieri. Qui però non c’è più niente da fare: a forza di pedalare si è usurato, ne fanno di chilometri, eh!”.
Proviamo allora a Verzuolo in una bottega molto conosciuta in zona. “Non sai quanti ne passano ogni giorno, se posso li aiuto volentieri. Vado in magazzino a vedere se trovo una ruota di recupero, se arriva qualcuno dite che torno subito”. Alle pareti un poster di Fausto Coppi, foto sbiadite di qualche “Velo club” degli anni ’70, ovunque pezzi di ricambio e biciclette smontate. “Pensi che ieri è venuto uno con una ruota dicendomi che gliela aveva regalata il suo padrone. Lavorano per 3 euro all’ora, che vergogna, dovrebbe regalargli una bicicletta il suo padrone, non una ruota!”. La ruota non si trova, dice di provare a passare lunedi, speriamo…
Mohamed è appena tornato dal Mali, la sua giovanissima moglie aspetta un bambino che nascerà a novembre. È subito andato dal padrone presso cui lavora da 2 anni. “La sua faccia non era contenta, ha visto la mia foto sui giornali. Dice che se vado a lavorare da lui poi io dico che mi paga poco e che non mi segna i giorni sulla busta paga”. La sua espressione era ancora più triste con la camicia sgargiante sbottonata davanti. Il padrone gli da 6 euro all’ora e anche se non gli segna tutti i giorni, lui è contento così, non si è mai lamentato: riesce a mandare i soldi in Africa e a pagarsi l’aereo per tornare durante l’inverno. Non è certo un tipo da scoraggiarsi, tornerà a chiedere.
I padroni hanno il coltello dalla parte del manico: vanno bene i migranti che tengono la testa bassa, lavorano e prendono quello che gli danno. Se qualcuno prova a domandare, a controllare le buste paga, chiedere adeguamenti del salario, prima è colpa della crisi, poi della stagione, di chi ritira la frutta e non paga. Ma alla fine, se insisti, grazie e arrivederci, c’è sempre qualcun altro disposto a lavorare senza fare troppe questioni.
“Se non ho poi i soldi, a novembre mi trovi quella cosa con le ruote, per i bambini piccoli”. Il passeggino per il suo primogenito (o primogenita)! Chissà se si usa il passeggino per le strade rosse polverose di Kayes, dove molti bambini, appena possono, vanno a lavorare nelle miniere d’oro… Lo troveremo di sicuro un passeggino per Mohamed, ragazzo ingenuo e generoso come pochi.
Louis deve rinnovare il permesso di soggiorno, la sua pratica giace in Questura a Cuneo per mesi, non ha i soldi per conti correnti e marche da bollo. Quando finalmente lo chiamano per le impronte scoprono che la pratica è di competenza della Questura di Torino, dove ha la residenza. Rimette tutti i documenti nella sua valigetta elegante e ricomincia l’attesa. La sua bicicletta è mal messa perché l’anno scorso ha lavorato vicino a Cuneo, a raccogliere insalata e zucchine. “Sono arrivato tardi a Saluzzo e ho trovato solo lì. Partivo tutti i giorni da Saluzzo con un mio amico, presto, di notte, e facevo più di 25 chilometri per andare e più di 25 per tornare. Ci davano 3,50 euro all’ora, ho chiesto di più ma mi hanno detto o così o niente. Ce l’avevo il contratto, per tre mesi”. Quest’anno spera di trovare un lavoro vicino a Saluzzo e di essere pagato un po’ meglio. Fare meno chilometri in bicicletta (magari essere ospitati dai padroni per la durata del contratto) e ricevere il giusto compenso. Richieste legittime considerate rivendicazioni fastidiose nel mondo opulento e ipocrita dell’agroindustria locale.
Anche Hamadi è appena tornato dall’Africa, l’anno scorso ha usato poco la sua bici perché è stato ospite in cascina fino al termine della stagione, è timido e parla poco l’italiano nonostante sia da cinque anni in Italia. Durante la raccolta dei kiwi si era fatto male a un dito e gli avevano aperto la pratica di infortunio per incassare ben…101 euro! Senonchè i soldi sono arrivati a dicembre quando lui era a godersi il sole di Bamako con la famiglia ed è scaduto il termine per incassare la somma. Dopo una lunga coda all’INPS finalmente riusciamo a parlare con l’impiegata che gentilmente compila la domanda per il recupero dell’indennità di infortunio. Hamadi è in imbarazzo quando l’impiegata gli chiede dove abita. “La residenza è a Roma ma adesso abito al Foro Boario” e mi guarda. L’impiegata è stupita perché avrà sicuramente letto sui giornali che l’accampamento al Foro è stato sgomberato. “Povera gente”, mormora mentre seguita a scrivere sul modulo. I soldi arriveranno verosimilmente a fine luglio, fino ad allora Hamadi vivrà con poco o nulla, nella speranza di tornare in cascina e di usare la bici il meno possibile.
Si avvicina l’inizio della raccolta, le biciclette distribuite dalla Caritas sono ormai 150 e sono esaurite, quelle aggiustate da Riccardo ben di più e in officina il lavoro non manca. Tra qualche settimana qualcuno continuerà ad essere senza bicicletta, senza un tetto sulla testa, senza un euro in tasca, condannato a fare la comparsa nella storia dei “fenomeni migratori di portata epocale”.