La raccolta della frutta diventa nuovamente emergenza

Saluzzo. Il Comune sequestra tende e materassi, cento africani dormono all`aperto

Antonello Mangano
  Centocinquanta africani accampati nello spiazzo della fiera del bestiame sono stati sgomberati a Saluzzo, provincia di Cuneo. Sono braccianti impegnati nella raccolta della frutta. Nuova emergenza in stile Rosarno, ma al centro di uno dei distretti agricoli più ricchi d`Europa. Le associazioni chiedono di attrezzare un`area per far fronte alla situazione, il Comune rifiuta. Gli africani dormono ancora all`aperto.
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Pubblicato su Repubblica.it

SALUZZO (CN) – Polizia, carabinieri e Guardia di finanza. Tutti a supportare gli operai del comune e i vigili urbani. Circa 150 africani sono stati sgomberati dallo spiazzo del Foro Boario, cioè la locale fiera del bestiame. Qui i raccoglitori in attesa di essere ingaggiati nei campi avevano messo su un accampamento di fortuna. Niente acqua, luce elettrica e servizi igienici. Solo qualche fornello a gas per cucinare insieme. Sono stati tutti identificati. Mentre tende e materassi venivano caricati sui camion comunali e sequestrati, gli africani filmavano la scena coi cellulari.

Siamo in uno dei distretti agricoli più ricchi d’Europa. Ma anche qui la raccolta della frutta diventa emergenza umanitaria e problema di ordine pubblico. Un`area che esporta in Francia e Germania ma non riesce ad assicurare accoglienza ai braccianti stranieri. Sgomberi e accampamenti di migranti sono consueti nelle campagne del Sud, da Rosarno a Foggia. Molto meno al Nord, dove da qualche anno si registra una situazione molto problematica nel cuneese.

Lo scorso anno la Croce Rossa intervenne per montare una tenda dopo aver appurato che gli africani stavano per morire di freddo. Per evitare una nuova emergenza, quest’anno la Coldiretti finanzierà un’area attrezzata. Ma sarà pronta solo a metà luglio e potrà ospitare al massimo un centinaio di lavoratori. Per gli altri non c’è posto. Intanto il sindaco di Saluzzo Paolo Allemano ha vietato «il bivacco e tende, baracche e giacigli» sul territorio comunale. Secondo le autorità locali e le aziende, infatti, il fabbisogno del territorio è limitato a poche decine di unità, oltre a coloro che già arrivano con i flussi migratori.

Il locale «Comitato antirazzista» risponde che «molti non hanno un luogo dove stare dopo la chiusura dei campi per l’emergenza Libia. Un telo, un cartone bagnato e la speranza di un lavoro nella campagna della frutta sono le uniche cose che gli rimangono». Secondo gli attivisti, in realtà l’impiego nelle campagne di Cuneo è molto più «flessibile» di quello che si vuole far credere. Ci sarebbe anche lavoro grigio, ovvero giornate non segnate ed evasione contributiva.

«Perché non possiamo stare qui? Non siamo in centro, siamo fuori, vicino a dove buttano le immondizie. Non disturbiamo nessuno», chiede un migrante. E legge un foglio scritto in italiano e in francese, distribuito dalle autorità: «Qui non potete restare, dite ai vostri amici di non venire perché non c’è più posto per loro, se proprio siete qui per lavorare almeno andate ad iscrivervi al Centro per l’Impiego». Gli africani li hanno presi alla lettera: l’ufficio viene pacificamente invaso tra lo stupore del direttore, delle impiegate e dei presenti in cerca di lavoro. La situazione è in evoluzione. Le associazioni hanno chiesto di attrezzare uno spazio per fare fronte alla grave situazione umanitaria.

Da tre anni l’emergenza si ripete. La scorsa estate gli africani hanno dormito all’aperto sotto le Alpi. Per settimane, in condizioni «rosarnesi»: cartoni, scarpe infangate, pentoloni, bombole del gas e materassi gettati sull’asfalto. Quando si è tenuta la fiera delle vacche e dei macchinari agricoli, un muro di legno doveva coprire la vergogna e lasciare indisturbata la sfilata delle «frisone». Nel 2012 il magazzino della stazione è rimasto chiuso nonostante il freddo, con gli africani fuori a dormire sui cartoni. Poi è stato raso al suolo dalle ruspe e lo spiazzo chiuso coi lucchetti. L’anno precedente i braccianti si erano arrangiati tra i vagoni di un treno deragliato o sotto la tettoia del binario uno.

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