Videoinchiesta di Giusy Costanza
GELA (CL) – Da quarantasette anni sono i bimbi a pagare le conseguenze più drammatiche nella totale indifferenza delle istituzioni che hanno favorito impunemente questa situazione di abominio. Neonati con sei dita alle mani o ai piedi. Alcuni venuti al mondo senza un orecchio, altri senza il palato. Idrocefali con teche craniche di dimensioni abnormi.
I numeri ufficiali attestano che a Gela le malformazioni sono sei volte superiori alla media nazionale. Numeri in costante aumento, finiti ancora una volta – e come sempre – sul tavolo della Procura che ha aperto la solita immancabile inchiesta, per far luce sulle cosiddette responsabilità. Sul banco degli imputati i veleni della raffineria Eni. Un incubo alla luce del sole che miete ogni giorno le figlie ed i figli di Gela: esseri indifesi che quotidianamente cadono sotto la scure degli agenti chimici che dal 1965 inquinano la città e gran parte della provincia di Caltanissetta. Attualmente sono una trentina i casi all’esame di un gruppo di periti. Trenta bambini con gravi malformazioni causate dalla contaminazione ambientale. Le loro famiglie, adesso, chiedono giustizia.
Si chiamano endocrine disruptors, distruttori endocrini. Sostanze artificiali prodotte da inquinanti come quelli emessi dalle raffinerie, in grado di intaccare i recettori ormonali, causando tumori, difetti alla nascita, disturbi dello sviluppo. Le falde di Gela ne sono imbottite. Nel 2003, il geologo Giuseppe Risotti e il chimico Luigi Turrito, incaricati allora dal sostituto procuratore Serafina Cannatà, consegnarono una relazione secondo cui nella falda sottostante lo stabilimento giacevano 44mila tonnellate di gasolio proveniente dalle perdite dei serbatoi.
In quello stesso anno a Gela, uno studio realizzato dal genetista Sebastiano Bianca, uno dei massimi esperti nel campo, e dall’epidemiologo del Cnr, Fabrizio Bianchi, riscontrò in città un’incidenza del quattro per cento di malformazioni sui neonati e più di 520 bambini affetti da patologie genetiche. Ipospadie all’apparato genitale, deformazioni cardiovascolari, malformazioni agli arti e all’apparato digerente. In questo reportage la drammatica testimonianza dei genitori che vivono sulla loro pelle la malformazione della propria figlia.
Nota redazionale. Come in tutte le realtà analoghe, la correlazione tra malattie e inquinamento ambientale non è definitivamente provato. E secondo alcuni, le malformazioni potrebbero avere una causa diversa dal petrolchimico. Resta il fatto che Eni non ha ritenuto di dover replicare a questa inchiesta. E che il petrolchimico continua ad avere molto consenso in città, come in passato. Quando gli operai dicevano «Meglio morire di cancro che di fame».