I disoccupati rosarnesi contro i migranti. Circa un centinaio di edili senza lavoro hanno sfilato fino alla piazza del Comune per protestare contro la «concorrenza sleale» dei manovali dell’Est, che abiterebbero «nelle case del paese non pagando tasse su acqua e rifiuti», «senza che l’amministrazione si curi di sapere cosa fanno per vivere». «Qualche tempo fa io era la criminale che faceva le multe», ci dice Elisabetta Tripodi, sindaca di Rosarno. «Oggi vengono in Comune a chiedere verifiche. Ma i controlli si fanno per tutti, immigrati e residenti, senza distinzioni».
La manifestazione arriva 24 ore dopo gli spari a Palazzo Chigi di Luigi Preiti, disoccupato e manovale rosarnese. È una coincidenza, la data del 29 aprile era già decisa da due mesi. Ma oggi amplifica a dismisura il disagio sociale diffuso. «Li abbiamo ricevuti», ci dice Tripodi. «Vogliono la certezza che il Comune li sostenga sempre, ma non siamo nelle condizioni di farlo. Possiamo supportarli, ma poi devono camminare con le loro gambe». L’obiettivo delle proteste sono i politici e i migranti, che lavorano a poco prezzo in edilizia e impediscono ai locali di trovare «anche una sola giornata di lavoro». Questa volta l’obiettivo non sono gli africani, «che sono stagionali e vanno via». Il problema esiste, e non solo qui. E non è questione di razzismo. Spesso le comunità dell’Est suscitano la reazione anche di altri migranti perché lavorano a prezzi molto bassi. Ma la soluzione, ovviamente, non è la contrapposizione etnica.
Ancora una volta Rosarno è un laboratorio sociale, specchio estremo – e quindi illuminante – delle contraddizioni italiane. L’impresa mafiosa ha desertificato il territorio, annullato il conflitto sindacale, aperto la strada alle devastazione ambientali, creato monopoli e rovinato economie fiorenti. Dall’agrumicoltura al porto di Gioia, dai cantieri dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria agli impianti a forte impatto ambientale gli esempi sono infiniti. E le imprese ordinarie, grandi imprese italiane ed estere – si sono distinte per la collaborazione con quelle mafiose, non certo per la contrapposizione. In un territorio assoggettato, si realizzano profitti altrove impensabili. E l’imprenditore mafioso è solo un esemplare estremo della sua categoria, non privo di efficienza nell’accumulazione di denaro e della gestione della manodopera. Ogni lavoratore dovrebbe contrapporsi al capitalismo mafioso e allo sfruttamento selvaggio. Ma oggi, in questo tempo di buio della ragione e di trionfo dell’invettiva, la colpa è del sindaco che pensa agli stranieri. E del rumeno che non paga la bolletta.