Corigliano. La campagna anti-rumeni sconfitta da una rumena

Il «pacchetto sicurezza» nel comune sciolto per mafia

Antonello Mangano
  In Calabria una mediatrice culturale rumena ha lottato ed ha vinto contro una norma discriminatoria nel comune di Corigliano, provincia di Cosenza. I rumeni non potevano ottenere il codice fiscale senza il certificato di abitabilità. La causa è un`ordinanza del 2009, una norma da `pacchetto sicurezza` firmata da Pasqualina Straface, sorella del boss locale ed ex sindaco del comune sciolto per `ndrangheta
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Pubblicato su Repubblica.it

CORIGLIANO (CS)  – Vuoi la residenza a Corigliano? Porta il certificato di abitabilità. Per tre anni è rimasta in vigore una norma che penalizzava in particolare i rumeni che affittano casa. Oggi è stata finalmente cancellata, grazie anche alla lotta di una mediatrice culturale rumena, che ha condotto una battaglia personale per l`abolizione. “La legge nazionale ritiene illegale chiedere l`abitabilità, ma il comune di Corigliano no”, ci dice Carmen Florea. “Almeno fino a qualche giorno fa, quando ho consigliato a due connazionali di portare allo sportello una copia della sentenza del Consiglio di Stato. Tra l`altro, il certificato costa 64 euro. Ma finalmente non hanno dovuto pagare”.

Viene negato il codice fiscale. Ai comunitari veniva negato il codice fiscale, con conseguente limitazione dei diritti fondamentali. Tutto nasce con un`ordinanza del 2009, un atto nato nel clima dell`”emergenza sicurezza”. “Si assiste a un vero fenomeno migratorio in termini oggettivi”, recita il documento. I rumeni arrivano in massa a Corigliano e fanno arrivare i loro familiari, occorre salvaguardare “l`igiene e la sanità”, ma anche “l`ordine e la sicurezza nella più ampia accezione del termine”. Però qui non siamo in Lombardia, ma nella Calabria profonda. Il paradosso è l`attribuzione ai migranti – e non alla `ndrangheta – del problema sicurezza.

L`operazione “Santa Tecla”. La firma del documento è quella di Pasqualina Straface, all`epoca sindaco per Alleanza Nazionale, ma anche sorella del boss del paese. Nel luglio 2010 l`operazione “Santa Tecla” smantella i clan di Corigliano. Milletrecento pagine che raccontano il controllo delle `ndrine su un`economia potenzialmente florida: dai locali notturni ai lidi, dal mercato ittico ai bar, dalla droga di provenienza albanese al monopolio nell`edilizia. Fino a reati come usura e prostituzione. Caso unico in Calabria, su un pezzo di statale ancora adesso si vedono donne nelle piazzole a prostituirsi.

Un`intera famiglia indagata. Il comune sarà sciolto per mafia l`anno successivo. Straface non è imputata ma la commissione d`accesso rileva che sono indagati numerosi suoi familiari, tra cui due fratelli. Uno è condannato per mafia in primo grado a otto anni, l`altro muore prima della sentenza. Al di là delle parentele, emergeva che la campagna elettorale del 2009 era stata caratterizzata da interventi diretti della criminalità nella raccolta dei voti, durante i comizi e nell`affissione di manifesti. La giunta ricorre al Tar del Lazio contro lo scioglimento. La richiesta è respinta.

Tutto incluso. La comunità dell`Est diventa numerosa durante la stagione di raccolta delle clementine ed è essenziale per l`economia del luogo. Tra dicembre e gennaio, i braccianti stranieri sono stimati in 10-15mila presenze. Molti di loro vorrebbero stabilirsi e integrarsi. Ma per molti l`arrivo in Italia è l`inizio di un incubo. Florea ci suggerisce di digitare “Oferim locuri de munca in Italia” (Offriamo lavoro in Italia). Google Romania restituisce 200.000 risultati. Tanti annunci sono palesemente ambigui (hostess, lavoro in club, ballerine, figurante di sala), altri offrono condizioni da favola (1500 euro di stipendio, vitto e alloggio inclusi). Così si arriva da queste parti: un pacchetto tutto incluso offerto da un`agenzia. Oppure tramite un mediatore al paese d`origine che millanta un ottimo lavoro e una rete di appoggio.

Maria, la chiameremo così, ci racconta. “Mio fratello conosceva uno con molti rapporti in Italia, ha organizzato tutto lui. In Romania ero impiegata in un`azienda statale, poi ho perso il lavoro. Mi hanno messo su un pullman con una sola indicazione: devi scendere a quella fermata. Lì ci aspettavano, ci hanno portati in un piccolo appartamento fatiscente. Eravamo in diciotto. Uomini e donne, insieme”. Non ha voglia di continuare, adesso vive e lavora in una famiglia che l`ha accolta con affetto. Quello è un orrore del passato. Molti rumeni arrivano negli agrumeti e spesso non hanno neppure chiaro dove si trovano. Come i tre braccianti morti lo scorso novembre per uno scontro del loro furgone con un treno.

Nessuno parla. E non è facile lasciare la rete dei mediatori. A loro può andare una parte dello stipendio. In agricoltura, per esempio, su 20 euro 5 possono finire al caporale. Con paghe da 15 euro al giorno, la Piana di Sibari è off limits anche per gli africani. Si guadagna troppo poco. I maghrebini che fino a qualche tempo fa affiancavano i lavoratori dell`Est sono sempre meno.

Percorsi di legalità. “Avete messo un popolo in croce. Trentacinque anni di sacrifici in Germania abbattuti in un giorno”. Un uomo sale in mutande su un tetto a Schiavonea – la frazione marittima – e grida: “Non scenderò più”. Protesta così contro la distruzione della sua casa, un palazzo di tre piani interamente abusivo. La cittadina è con lui, la solidarietà non manca. La richiesta dell`idoneità alloggiativa ai migranti è ancora più assurda se si pensa che gran parte delle case della zona sono fatiscenti o abusive. In paese i manifesti sulle vetrine dei negozi salutano il ritorno di Rino Gattuso, figlio mai dimenticato di questo paesino che si anima solo d`estate, quando gli emigranti affittano le case sul mare. Ma adesso, in pieno inverno, è un luogo spettrale. Di sera è coprifuoco.

Il progetto “Vicini di casa”. Le contraddizioni locali sono confermate dall`esito di “Vicini di casa”, un progetto di mediazione mobiliare che aiuta i migranti a trovare una casa in affitto. Finora le difficoltà prevalgono. E non solo per la diffidenza. Paradossalmente, affittare a uno straniero implica entrare in un percorso di legalità (abitazione iscritta al catasto, contratto di locazione in regola, tasse pagate) che spaventa gli italiani. Pierpaolo Graziadio, responsabile del progetto, è fiducioso nonostante tutto. Molti stranieri residenti iniziano a cambiare atteggiamento: “Chi capisce i propri diritti prende in mano la propria vita”.

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