Tunisi – Al cimitero di Jellaz a Tunisi, venerdì otto febbraio 2013, c’erano più vivi che morti. Si sono svolti i funerali di Chokri Belaid, il leader storico all’opposizione e fondatore insieme al leader comunista del Fronte popolare, ucciso mercoledi sei febbraio sotto il suo domicilio. Non è stata la pioggia a fermare i cittadini e le cittadine tunisini, né la guerriglia, che ormai da due giorni si svolge nella capitale. Dinanzi al cimitero c’erano macchine che bruciavano e gas lacrimogeni lanciati dalla polizia che sono arrivati fino alla collina del Jellaz e sulle sue tombe. Ma all’interno e al corteo che ha accompagnato per la città il feretro c’erano più di un milione di persone: un milione e quattrocentomila secondo i dati del Ministero dell’Interno. La Tunisia è corsa a salutare per l’ultima volta il nuovo martire della libertà. Un cimitero musulmano pieno di uomini e donne, le quali tradizionalmente non partecipano alla cerimonia di accompagnamento e sepoltura di un funerale. Eccezione oggi fatta a Tunisi da mezzo milione di donne di tutte le classi sociali, donne velate e non. Ieri è stata inoltre la giornata dello sciopero generale che non veniva indetto dal tredici gennaio 2011, il giorno prima della fuga dell’ex dittatore Ben Ali.
Se Ennahda, ancora oggi accusato dalla folla e dall’opposizione di omicidio, non è il diretto mandatario dell’assassinio, e le indagini lo riveleranno forse un giorno, sicuramente il governo formato da questo partito, insieme agli altri membri della Troika, sono quantomeno responsabili del clima di impunità e di repressione che vige nel paese. Infatti, mentre si svolgevano i funerali nella collina del cimitero Jellaz, nel centro della città sono stati visti diversi gruppi salafiti aggirarsi con bastoni e coltelli, con lo stesso stile di terrore che durante l’ultimo anno e mezzo hanno spesso mostrato. E che con maggiore violenza si sono riversati sulle vie di Sfax, seconda città del paese. Come se non bastasse, è stata trovata, sempre in pieno centro a Tunisi, una macchina piena di armi. Ma sono i pacifici dimostranti che dal cimitero si muovono in marcia verso il centro ad essere bloccati e dispersi, quando collettivamente stavano per dirigersi verso la sede del partito Ennahda per chiederne le dimissioni. Non sono potuti arrivare nemmeno alla sede del Partito islamista, dove nel corso della giornata il leader Rached Ghannouchi è apparso per parlare ai suoi simpatizzanti riuniti e poi dinanzi ad una moschea, lanciando un messaggio di invito alla concordia civile. Il suo collega di partito, nonché capo del governo, Hamadi Jebali, è deciso ad andare avanti nella sua decisione di formare un governo tecnico, ponendosi alla sua dirigenza, nonostante appunto l’opposizione del movimento Ennahda e del suo alleato, Consiglio per la Repubblica.
Oggi è annunciata una grande manifestazione nella capitale Tunisi del partito islamista, ma fino a ieri le sue sedi bruciavano. Era già successo il mercoledi dell’omicidio a Monastir e a Sfax, oggi a Mahdia. E tutte le città della Tunisia, contemporaneamente ai funerali nella capitale, sono state incendiate dalle manifestazioni e dagli scontri. A Jenduba, per esempio, città originaria del leader assassinato nel nord-ovest del paese, al confine con l’Algeria, è stato attaccato il palazzo del governatorato, con tentativi da parte di giovanissimi di sfondare le porte. Come altrove, il risultato è stato solo la repressione e la guerriglia, che già da giorni infuoca e poi svuota le strade del paese.
Dopo la morte del leader carismatico che raduna quasi un milione e mezzo di persone in strada, continuano le aggressioni e minacce di vari leader dell’opposizione; cosi è successo a Ahmed Nejib Chebbi, leader del Partito Democratico Progressista, aggredito ieri, mentre all’alba di giovedi era stata saccheggiato il domicilio di un esponente di Nidaa Tounes, i principali sconfitti delle prime elezioni libere nella Tunisia post-rivoluzionaria.
Nella situazione instabile degli ultimi giorni, è difficile prospettare che cosa avverrà, se la debolezza del governo porterà alle sue dimissioni, o se passati questi giorni, tutto tornerà a quella apparente calma, che silenziosamente turbava la società, prima di essere tragicamente interrotta dai colpi di pistola che hanno steso la personalità carismatica, quale era Chokri Belaidi.