Laureato e con alle spalle otto anni di vita in strada

Un clochard alla riscossa. «Può succedere a tutti voi»

Monica Piccini
  La testimonianza di Wainer Molteni. In Italia al momento ci sono 51 mila clochard. Ma «quelli con il carrello pieno di sacchi della spesa, quelli con dieci golf e cinque pantaloni, che si pisciano addosso e frugano nei cestini, sono sempre di meno» scrive nel libro `Io sono nessuno`. E avverte: «Può succedere perché non vi hanno rinnovato il contratto, può succedere perché non avete i soldi per l`affitto. A voi. Tutti»
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Pubblicato su Gioia n.46

«Può succedere perché prima non avete i soldi per la benzina, poi per la spesa, poi per le bollette, infine per l’affitto. Può succedere perché non vi hanno rinnovato il contratto o è passato troppo tempo tra un impiego e l’altro. Può succedere perché ci sono dei periodi in cui il mondo sembra avercela con voi e tutto va storto», scrive Wainer Molteni, 42 anni, nel libro «Io sono nessuno», in uscita il 20 novembre per Baldini Castoldi Dalai editore. Sono i motivi per cui si finisce per strada, a guardare la città che passa accanto dal buco della testa di un sacco a pelo, come una tartaruga nell’unico guscio che le è rimasto. Può succedere a tutti, e quando accade è sempre troppo tardi. «Nel mio caso – racconta l’autore – è stato un insieme di fattori negativi: nessun appiglio familiare (nonni e genitori morti quando ero poco più che ragazzo), un carattere poco incline a chiedere aiuto, ma soprattutto il fallimento della catena di supermercati dove ero responsabile delle risorse umane». Niente di patologico, anzi.

Quando Wainer un giorno di fine ottobre chiude la porta del suo appartamento al caldo ha 33 anni, una laurea in sociologia, un master in criminologia a Quantico nel quartier generale dell’Fbi, e una gran voglia di essere  «uno come tanti» con lavoro regolare e ferie pagate («Quando non riesci a immaginare la tua vita pensi: “Magari hanno ragione gli altri” e ti adegui»). Mai però avrebbe immaginato di vivere otto lunghi anni da clochard.  “Sei mesi e sono fuori” è stata la sua cantilena in tutto questo tempo. Per non impazzire («sopravvivere ce la fai, il vero problema è mettere il silenziatore alla testa»), ma anche perché ne è sempre stato certo.

All’inizio la vita in strada per lui è come un’avventura: senza più vincoli può cominciare a sognare. Da subito rincontra Nocciolina, l’amico con cui è cresciuto, che fa quella vita da dieci anni e che gli insegnerà i segreti del mestiere. «Avevo trovato qualcuno – scrive Wainer – che sapeva chi ero, da dove venivo, dove sarei potuto andare». Con lui comincia a vagare per la città, con il freddo e la pioggia. Unici punti fermi – forse troppo – gli orari tassativi di mensa e dormitorio. L’idea romantica “senza tetto né legge” si rivela pura invenzione: «Incredibile», rifletteva Wainer in quegli anni «finisco per strada e sono più regolare di un impiegato…».

Nella sfortuna però, sullo sfondo della sua disavventura c’è Milano, una città con una lunga tradizione di accoglienza. Nel cosiddetto “terzo settore” (che si occupa di assistenza sociale, tutela dei diritti civili, e altro) non mancano organizzazione, strutture e soldi. «Più clochard c’erano, più soldi giravano». Soldi che servono per le emergenze, ma che difficilmente vengono impiegati per il reinserimento sociale di chi ha perso tutto. Per Wainer urge un cambiamento. Nel 2004 insieme a molti altri dà vita al primo sindacato autogestito “Clochard alla riscossa”, gli stessi che nel 2005 decidono di occupare il dormitorio di via Maggianico. Finita l’emergenza freddo, infatti, il Comune ha intenzione di chiuderlo lasciando in strada centinaia di barboni milanesi. Le loro rimostranze non servono a nulla: a Wainer e ai suoi amici, sgombrati con la forza, non rimane che nuovamente la strada, questa volta in pieno centro, sotto casa dell’allora sindaco Letizia Moratti. «Quando non hai più niente da perdere – racconta Molteni – allora vai a cercare risposte dalle sole persone che te le possono dare.

Dopo 40 arresti («Una o due notti a San Vittore, e per fortuna perché ero al caldo»), e una raccolta di sacchi a pelo organizzata da me su Facebook, con la Moratti abbiamo cominciato a parlarci e siamo diventati amici. Fino a quando un giorno rientrando a casa lei dice: «C’è un appartamento disponibile in una casa popolare. Andateci». Da lì senza più la paura di esser svegliati nel cuore della notte da un poliziotto o da un balordo il dottor Molteni mette a punto quel che aveva – gioco forza – lasciato a metà: il progetto di reinserimento di alcuni «barbafratelli».

Lo scorso giugno l’associazione “Clochard alla riscossa” ha aperto a Selva Pistoiese il primo agriturismo interamente autogestito da ex senzatetto. Grazie all’affitto agevolato dei proprietari, tredici clochard hanno ritrovato la dignità in un casale del ’400 circondato da orti, frutteti, uliveti e vista sulle colline toscane. A partire da un lavoro, uno stipendio e un tetto sulla testa. Altri progetti simili sono in fase di avvio. In un momento dove la crisi immobilizza ogni iniziativa imprenditoriale, che dire? Complimenti. E solo un’ultima domanda: sulla strada è servito il master in criminal profiling? «Mi serve di più adesso per difendermi dalla burocrazia di chi vorrebbe farci chiudere – come hanno già provato a fare senza riuscirci – l’agriturismo vicino Pistoia. Certo, una bella gara con chi passandomi accanto, assiderato sull’asfalto nel sacco a pelo rosso e nero, diceva con nonchalance: “Vedi come si va a finire a tifare Milan?!». 

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