È la prima volta che il governo scioglie il Consiglio comunale di una città capoluogo. Ma Reggio Calabria ha già battuto un altro primato: è la prima volta anche per una città metropolitana. È un particolare importante. Il sindaco Scopelliti spiegò questa surreale attribuzione come tardivo e meritato risarcimento per lo scippo della rivolta, una ferita ancora aperta tra i suoi concittadini. Nel lontano 1970 – nonostante lunghi giorni di moti di piazza capeggiati dalla destra estrema – il capoluogo regionale rimase a Catanzaro. Così, grazie ai figli di quella destra, la città che non fu capoluogo divenne metropoli.
Reggio fu quindi inserita in una lista di dieci grandi città metropolitane grazie a una trattativa politica di livello nazionale. Di cui Scopelliti si prese pieno merito, così come oggi è indicato come il responsabile politico dello scioglimento, sebbene non abbia alcuna responsabilità diretta. Non deve avere molti amici, in queste ore. Eppure fino all’altro ieri incarnava la destra vincente e moderna, stadio e discoteca, idee di tradizione e un efficientismo difficile da trovare nella punta dello stivale. La città turistica dove i vip vengono a passeggiare – a pagamento – e i posti di lavoro distribuiti tra amici e clienti. E poi le iniziative antimafia agostane, le liste del presidente con i candidati disposti a truffare giovani alla ricerca disperata di un lavoro. Tutte storie di un Sud che ti aspetti: una riverniciata di modernità per vecchie cialtronerie.
Ma il modello Reggio non è stato solo questo. Quel nome, che oggi suona come una beffa, è stato uno dei fiori all’occhiello del “buongoverno” Pdl. Scopelliti era il pupillo di Fini, la destra cresciuta col mito della rivolta del “boia chi molla” ma che ha puntato diritto al governo. Nel 2005, Reggio fu addirittura scelta per una surreale convention – il Devolution Day – dove gli uomini della Lega presentavano insieme al potere locale la riforma costituzionale che avrebbe portato al federalismo. L’ennesimo miracolo di Scopelliti, i leghisti a Reggio accolti con tutti gli onori. All’inizio del 2010, era a Roma per apprezzare la decisione di Alemanno – altra estrema destra giunta al potere – che conferiva al consigliere vibonese Naccari un incarico rivolto alla comunità calabrese (formalmente una “delega ai rapporti con le comunità regionali”). Alla fine del 2011 nasce pure la Fondazione “Roma Calabria Europa”, con i sindaci delle due città nel comitato d`onore. “La più grande città della Calabria vive a Roma”, disse il sindaco di Reggio, indicato dai sondaggi del “Sole 24 Ore” come uno dei primi cittadini più popolari d’Italia.
Sarebbero arrivate poi la vittoria come presidente della Regione Calabria e il più grande dei trionfi. L’elezione di un suo uomo al vertice di un comune con le casse esangui, un debito stratosferico e l’ombra del caso Fallara, la vicenda che inizia a colorare di morte la stagione scintillante dell’ex sindaco. Il caso Multiservizi è l’ultima tappa. Una società che con la finzione della privatizzazione crea clientele senza poter offrire lavoro e paga stipendi senza avere soldi. L’ultima illusione prima del risveglio.