ROMA – “Non so dove sono i miei film. Forse sono spariti”. Nel corso di un incontro pubblico Francesco Rosi, autore di pellicole essenziali come “Il caso Mattei” e “Le mani sulla città”, rivela questo particolare inquietante. Carlo Lizzani, al suo fianco, aggiunge: “Mi hanno detto che i miei sono in uno scantinato di Hong Kong”.
La colpa sarebbe dei produttori, leggeri nel trattare con gli acquirenti e avidi nella gestione delle vendite. La cosa grave, invece, è che i due registi, ormai anziani, continuano a pensare al film come un oggetto fisico. La pizza, la pellicola. O al limite, aggiungono, il riversaggio in VHS. La videocassetta, almeno ci fosse la videocassetta.
Ormai da anni il film è un oggetto immateriale, liquido. Come è la musica da qualche anno e i libri tra breve. La cultura diventa liquida e prende la forma del contenitore cha la ospita. È esposta al rischio della pirateria, ma non a quello spaventoso che terrorizza Rosi, la scomparsa fisica per colpa di produttori ingordi o per trascuratezza. Può essere duplicata all`infinito.
Il problema – in questo momento – è che i “lavoratori della conoscenza” sono in gran parte giovani, ma quelli che prendono le decisioni sono anziani con un quadro di riferimento vecchio e superato. E con una idea di Internet assolutamente riduttiva.
Della rete evidenziano i problemi, i pericoli e i limiti. Continuano a chiedere una televisione diversa (“Senza le interruzioni pubblicitarie”) senza capire che anche quello è un mezzo in decadimento. Oggi ognuno può guardare film in un mare magnum di offerte. Legali (ancora poche) e illegali. Sarebbe bello che i vecchi maestri ci guidassero spiegando cosa è importante vedere. E cosa scaricare, anche con un torrent.