“Rispunta il Ponte sullo Stretto”, titolano le agenzie di stampa. Noi non l’abbiamo mai visto sparire. Abbiamo sempre descritto il Mostro sullo Stretto come un collettore di soldi pubblici verso cricche pubbliche e private. Esso, infatti, è il paradigma della mega infrastruttura, un progetto senza opera, gestito da un sistema d’imprese senza lavoratori, che sub-appaltano gli interventi a terra, arricchendo contractor del Nord e impoverendo le imprese locali, una manna per studi di progettazione e consigli d’amministrazione.
Basterebbe guardare a quanto accaduto per le opere di trivellazione finalizzate alla redazione del progetto per rendersi conto dell’imbroglio. Dei 125 lavoratori impiegati solo 5 erano messinesi e i soli 15 direttamente dipendenti da Eurolink (il General Contractor per la progettazione e la realizzazione del Ponte sullo Stretto) sono stati licenziati immediatamente dopo la chiusura dei cantieri.
Eppure noi avremmo davvero bisogno di cantieri. Cantieri per la messa in sicurezza dei costoni delle colline che franano ad ogni pioggia, dei letti di fiumi e dei torrenti cementificati e imbrigliati da un’urbanizzazione selvaggia. Cantieri per la messa in sicurezza sismica dei nostri edifici, cantieri per la riqualificazione dei paesi e dei centri storici. Cantieri per la modernizzazione della nostra rete viaria e la ferroviaria.
Ma perché allora continuano a sprecare soldi pubblici (500 milioni quelli già spesi per il Ponte) per le grandi opere? Perché i cantieri che noi proponiamo di aprire sono veri, fanno lavorare persone in carne ed ossa e ridistribuiscono la ricchezza. Loro, invece, i nostri nemici (i nostri nemici, non i nostri avversari) hanno bisogno di suggestioni mediatiche prive di lavoro umano attraverso le quali ottimizzare i profitti e avviare speculazioni finanziarie.
In questo loro progetto hanno avuto negli anni tanti compagni di strada, a destra e a sinistra. Il modello di cui sono portatori è stato legittimato da quanti disquisiscono dei dettagli senza cogliere le ragioni profonde del grande inganno che sta dietro a parole come Grande Opera, Project Financing, General Contractor. E contro il sistema del Contraente Generale si è schierata persino L’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) Sicilia che lo definisce come un sistema di affidamento che, scavalcando le regole e i controlli delle gare d’appalto con procedura aperta, nei fatti si traduce nella morte delle imprese locali.
Si tratta di un modello che non è sensibile e non può esserlo alla ricchezza sociale, alla creatività, all’inventiva che la nostra terra produce. Ricchezza, creatività, inventiva incarnate dalle decine di migliaia di giovani che stanno abbandonando la Sicilia e che continueranno a farlo se non si farà saltare per aria quell’intreccio tra mafie, corruzione e clientele che drena tutte le risorse.
Se i protagonisti di questo modello hanno trovato come alleati sulla loro strada coloro che hanno cincischiato con il cambio della ragione sociale della Stretto di Messina Spa, con le opere compensative, con le strategie per non pagare la penale, contro di loro, invece, c’è stato il movimento, con tutta la sua molteplice ricchezza, che ha riempito le piazze e le strade con una piattaforma chiara e non emendabile:
- chiudere la Stretto di Messina Spa;
- rescindere il contratto con Impregilo;
- non riconoscere alcun debito o penale.
Su questa piattaforma torneremo nuovamente in piazza e riempiremo le strade. Noi siamo certi di essere dalla parte giusta.