Davanti allo stadio di San Siro la ‘ndrangheta pianificava delitti da “Pulp Fiction”. Rocco Stagno è stato ammazzato a colpi di pistola nel macello degli animali, il corpo portato via con una ruspa e sepolto in una buca nei boschi. Così finisce un uomo delle ‘ndrine. Non in Aspromonte ma a Bernate Ticino, il 29 marzo 2010. Boss e sicari avevano preparato l’agguato sul piazzale dello stadio, durante le partite, davanti al chiosco di panini e bibite di Dino Prestia, un venditore ambulante di Vibo Valentia. Poco prima di Pasqua, Stagno andò a comprare le caprette nella cascina dove Prestia allevava le pecore. Non ne uscì mai. In premio il paninaro avrebbe ottenuto l’ambito grado di ‘santista’ nella ‘ndrangheta, oggi è accusato di associazione mafiosa.
A Milano è in corso il processo basato sulle rivelazioni di Antonino Belnome, ex padrino pentito del locale di Giussano, arrestato per avere ucciso il superboss Carmelo Novella, capo scissionista della ‘ndrangheta lombarda. Belnome ha ricostruito quattro delitti e la guerra di conquista della Brianza da parte della ‘ndrangheta, attraverso appalti e infiltrazioni nelle liste civiche. Sul banco degli imputati c’è anche la Perego Strade. Le carte dell’indagine segnalano una sfilza di summit, da quello in un centro commerciale a Paderno Dugnano con il mammasantissima di Guardavalle Vincenzo Gallace, a riunioni e riti di affiliazione nei ristoranti e nei bar gestiti da uomini dei clan. Da Corsico a Legnano, da Pioltello a Bollate, la ristorazione e l’edilizia sono i due settori principali di infiltrazione della mafia calabrese nel tessuto economico. Nelle intercettazioni il termine più usato dagli uomini dei clan per dissimulare questioni criminali è ‘preventivo’, perché quasi tutti lavorano nel movimento terra.
Il procuratore Giuseppe Pignatone dice che la ‘ndrangheta ha “colonizzato” il nord: “linguaggi, riti, doti, tipologia di reati tipici della terra d’origine sono stati trapiantati in Lombardia dove la ‘ndrangheta si è trasferita con il suo bagaglio di violenza”.
A Bregnano c’è un maneggio dell’orrore. Secondo gli investigatori “sede privilegiata per mangiate e summit” e arsenale di mitra, pistole, fucili ed esplosivo. Ma è stato anche la tomba di Antonio Tedesco, la cui colpa era di “essersi vantato” di una relazione con la sorella di Belnome. La vittima, attirata in un tranello con il pretesto di un rito di affiliazione, fu colpita alle spalle, finita a picconate e il corpo denudato.
Gli uomini di Gallace cosparsero il cadavere di calce e con una ruspa lo interrarono nel maneggio. Nel corso degli interrogatori, Belnome ha riferito che lui, capo del locale, fu informato solo a cose fatte. Si temeva che per vendicare l’onore della sorella potesse esporsi con azioni sconsiderate. Armi da guerra furono usate nel 2008 per crivellare Rocco Cristello, ammazzato per strada a Verano Brianza. A ucciderlo, secondo Belnome, fu suo cognato.
Il problema era il controllo delle estorsioni. La famiglia si era spaccata tra Novella e Gallace. Si contendevano la Brianza a colpi di attentati. Quando sei proiettili furono esplosi contro la vetrina del negozio Elleci Car di Giussano, che gli investigatori ritengono controllato dal clan, l’intestatario dell’attività non pensò minimamente di denunciare l’accaduto, andò a comprare adesivi natalizi e bombolette spray per coprire i fori.