MESSINA – Mentre si moltiplicano gli allarmi per il disastro economico e occupazionale in cui è precipitata la città di Messina – solo nell’ultimo anno sono andati perduti oltre 5.000 posti di lavoro – la classe dirigente di questa città non riesce a dare alcuna risposta a bisogni sociali sempre più elementari: la casa, il lavoro, il salario.
Infatti, le uniche risposte, di certo rapide e concrete, che ai lavoratori capita di incontrare, sono di natura repressiva. Le abbiamo viste in occasione della vertenza ATM: è di qualche mese fa la notizia di 49 condanne a danno di altrettanti lavoratori. Le vediamo proprio in questi giorni, con le denunce annunciate dalla Questura ad altri 14 attivisti della rete No Ponte per una manifestazione del 1 marzo in solidarietà con la lotta NO TAV.
E, purtroppo, continuiamo a vederle, sotto forma di un decreto penale di condanna che ha raggiunto la settimana scorsa 9 persone tra sindacalisti, operai ed operaie edili dei cantieri lavoro.
Sanzionati perchè impegnati il 2 settembre 2011 in una ennesima giornata di lotta per il diritto al salario (che era, ricordiamolo, meno di 5 euro l’ora) che non percepivano da mesi.
Il decreto in questione prevede pene da uno a quattro mesi di reclusione e multe da 7.500 a 15.000 euro ciascuno (pena sospesa con la condizionale) con l’accusa di interruzione di pubblico servizio.
Tutto questo in un territorio storicamente luogo di un mix tra moderno e antico: moderno per i fenomeni che lo attraversano, antico per la lettura che se ne fa. Il rischio è che anche della brutalità di questa crisi si compia una lettura distorta, negandone cause ed effetti e criminalizzando chi invece ne denuncia la profondità e la pericolosità sociale.
Ogni giorno di più aumentano i segnali che ci dicono come questo territorio viaggi in una direzione catastrofica: mense della Caritas stracolme, diffusione dei “compro-oro” a fronte dei sempre più numerosi negozi chiusi, isteria e violenza metropolitana.
Per non parlare della precarietà e del lavoro nero dilagante. Eppure, di fronte ai conflitti sociali, la risposta è sempre la stessa. Ma la classe dirigente, politica ed economica, di questa città è consapevole del fatto che un tessuto sociale spappolato è la premessa per una seria messa in crisi di un sistema democratico?
Per questo vogliamo esprimere ai lavoratori colpiti dalla repressione la nostra solidarietà. Perché da questa crisi si uscirà soltanto se i loro diritti, la loro dignità ed il loro futuro saranno affermati e tutelati come previsto dalla nostra costituzione.