ROMA – Lo scorso sei aprile un centinaio di richiedenti asilo hanno protestato davanti la stazione Termini occupando la strada e bloccando il traffico di via Giolitti. Si tratta di richiedenti asilo minorenni che vivono nei centri d’accoglienza creati ad hoc per l’ “emergenza Nord Africa”. Da mesi si trovano in una situazione di limbo e di incertezza sul proprio futuro: senza possibilità di lavorare, perché la legge lo vieta e ancora in attesa di avere un appuntamento in Commissione che deciderà sulle loro vite da regolari o da clandestini.
La protesta in via Giolitti è stata subito “sedata” dalle cariche della polizia che ha agito in maniera scomposta e ha costretto i giovani a sgomberare la strada e a salire sui marciapiedi.
In poco tempo la questura ha trovato una soluzione, la solita. In breve tempo sono arrivati due autobus di linea che hanno portato i migranti all’Ufficio Immigrazione in via Teofilo Patini, con la promessa di discutere delle singole situazioni. Promessa che verificheremo nelle prossime ore. Tanta premura da parte delle forze dell’ordine va probabilmente interpretata in una prospettiva di terrore nel vedere scendere in piazza migranti autorganizzati e determinati nelle loro richieste in un luogo così strategico per la città di Roma: la stazione Termini.
Luogo emblematico della presenza straniera nella capitale, luogo di socialità e di sussistenza, che si rivela spesso l’unica alternativa alle garanzie negate dalle politiche del governo. Terreno di intervento delle associazioni e degli operatori (anche oggi immediatamente identificati e allontanati) e forse una delle migliori casse di risonanza per i migranti.
Una volta arrivati gli autobus, alcuni vi sono saliti mentre altri hanno deciso di rimanere perché allertati dalle stesse operatrici dei centri in cui risiedono, unica garanzia di sostegno, conquistata fino ad ora, nella loro permanenza italiana. Una di loro ci spiega, infatti, di essere preoccupata del trattamento che avrebbero ricevuto all’Ufficio Immigrazione di Roma, un “non luogo” noto per la superficialità con cui vengono trattate le procedure per la regolarizzazione delle centinaia di migranti che vi passano quotidianamente. Confusioni e abusi che generano negazioni di diritti fondamentali, reclusioni ed espulsioni, lontano dalle cronache e dai riflettori.
Quella di oggi, a nostro avviso, costituisce un segnale della problematicità che sta assumendo in Italia il rispetto del diritto d’asilo e a questo proposito non possiamo che ricordare che ci stiamo avvicinando alla “Maratona per il diritto di scelta“.