C’è chi compra e vende terreni e società, stipula accordi e lavora sotto traccia. In silenzio e senza dare nell’occhio, mafia e ‘ndrangheta tessono le fila di un’operazione economica che nel Sud Italia non ha precedenti. Ne è convinto il procuratore capo di Messina Luigi Croce, che da anni ormai coordina le indagini sull’affare del secolo. “Quello che sta accadendo qui – ci spiega – segue una logica già più volte sperimentata. L’accordo tra le famiglie siciliane e quelle calabresi c’è sempre stato. I tre quarti della droga che circola in Sicilia passa dalla Calabria. La mia opinione è che Messina è il crocevia di questi traffici. È chiaro che il ponte è l’occasione giusta per rinsaldare questo rapporto”.
E se da qualche settimana circolano i nomi delle tre grandi cordate d’imprese che cercheranno di aggiudicarsi la gara finale per l’assegnazione del contratto di project financing – stiamo parlando dell’Impregilo, dell’Astaldi e della Risalto – giù al Sud ci si muove su una logica parallela e complementare. “Il ponte è un business troppo grosso perfino per la criminalità organizzata – racconta il procuratore – così le famiglie stanno concentrando la loro attenzione su alcune attività collaterali dove sono certe di ricavare il massimo profitto”.
Espropri di terreni, sfruttamento di cave, controllo di cantieri, reclutamento della manodopera, gestione diretta di tutti quei “servizi” che ruoteranno intorno alla realizzazione della colossale opera. Come ad esempio la costruzione di una vera e propria “città”, quella dove andranno a vivere le migliaia di operai che, pezzo dopo pezzo innalzeranno il ponte. Ma soprattutto la mafia siciliana e la mafia calabrese si sono già mosse da un paio di anni per costruire nuove società tra le due sponde, per rilevarne altre, per infiltrarsi silenziosamente in imprese pulite. Una penetrazione tra Messina e Reggio che è già stata monitorata dall’Antimafia. C’è un pool di magistrati siciliani e calabresi che indaga a tempo pieno solo sugli affari sporchi che i boss vogliono fare lungo e sotto quei 3.300 metri che faranno della Sicilia una ex isola. “Stiamo lavorando in più direzioni – aggiunge Croce – per prima cosa sulle operazioni di compravendita dei terreni su cui si impianterà la struttura. Quando partiranno gli espropri chi si sarà accaparrato la proprietà di quei lotti avrà molto da guadagnare. Così come avrà molto da guadagnare chi in questi anni avrà acquistato le cave di sabbia da cui sarà estratto il materiale da costruzione. E poi ci saranno case e supermercati da costruire, negozi e grandi centri commerciali da realizzare per offrire i servizi collaterali alle grandi imprese del nord”. Un business miliardario questo sì, a misura di mafia. Un business miliardario che aspetta di conoscere chi vincerà l’appalto più ghiotto del secolo. Pochi giorni ancora e sapremo infatti chi tra le grandi concorrenti avrà il primo via libera dalla Società Stretto di Messina per gestire in toto la realizzazione del ponte: progettazione definitiva, affidamenti, direzione lavori, esecuzione e collaudo. È una lotta fra titani: in gara ci sono il gruppo guidato dall’Astaldi (che comprende la Pizzarotti e la Vianini), il consorzio capeggiato dall’Impregilo (insieme a Cmc di Ravenna, Grassetto e la francese Vinci) e quello legato alla Risalto (composto da Rizzani de Eccher, Salini e Todini).
Sono accomunati dalla partecipazione nell’Istituto Grandi Infrastrutture presieduto da Giuseppe Zamberletti, a capo della Società Stretto di Messina. L’Impregilo, del gruppo Fiat, la Grassetto e la Pizzarotti hanno lavorato più volte con la Rocksoil, la società che fa capo al ministro Pietro Lunardi. Tra Astaldi e Impregilo è in corso un testa a testa per l’aggiudicazione del terzo lotto dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. L’impresa legata alla Fiat, infine, è la stessa che si è appaltata la metà dei lavori per la realizzazione del Mose di Venezia. Tutte quante si sono aggiudicate negli anni le grandi opere del cantiere Italia.
Chiara Dino – Tratto da “D” del 23 ottobre 2004.