Il racconto / Libertà ritrovata, cerimonie di regime e fughe verso l`Italia

Tunisi, quelli che non festeggiano la rivoluzione

Marta Bellingreri
  Il 14 gennaio non tutti sono scesi in piazza per festeggiare l`anniversario della rivoluzione. Alcuni giovani artisti perché delusi, altri perché pensavano di emigrare. Ma la guardia costiera di Monastir li ha riportati a casa per il compleanno. Eppure il teatro celebra la rivoluzione. Se si parla di libertà di espressione qualcosa è veramente cambiato.
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TUNIS – Zied non ha nulla da festeggiare. Dopo aver passato l`anno scorso per le strade di Tunis rischiando la vita ogni giorno, il 14 gennaio, primo anniversario della rivoluzione, non scenderà in piazza. E guardando chi sono gli invitati a festeggiare l`anniversario non gli si può dare torto. Non solo dunque un`aspettata quanto non gradita vittoria degli islamisti. Ed i segnali della loro presenza nel paese si fanno sentire sempre più. Ma anche dover condividere il giorno della Révolution de la dignité et de la liberté con chi lontano dai fasti questa dignità e questa libertà non sa dove stiano di casa. Di certo, non nei loro paesi.

Mi riferisco proprio agli invitati all`anniversario: l`emiro del Qatar, Cheikh Hamad Khalifa Al Thani, il presidente algerino Abdelaziz Bouteflika, il presidente del Consiglio di transizione libico Mustfaa Abdeljelil ed altri invitati rappresentanti di Marocco, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Kuweit e Palestina. Una bel concerto di vecchie e nuove repressioni e poche speranze per un compleanno a cui non tutti dovevano essere invitati.

La capitale è già in festa, almeno così sembrerebbe dai manifesti sparsi per la città e dagli eventi culturali della settimana. Tra i numerosi spettacoli delle giornate teatrali di Carthage, Tawaseen di una compagnia tunisina, ha messo in scena l`incontro immaginario di quattro celebri filosofi arabi in una caverna, che prima di morire si ritrovano a discutere sulle possibili forme di governo.

Nelle giornate del “Teatro che celebra la rivoluzione”, tema della quindicesima edizione dell`evento, la satira politica trova ora un suo spazio di espressione. Fino ad un anno fa era mozzata dalla paura e dall`attenzione al parlare non parlando, raccontare non esplicitando, mostrare un volto annientato dalla sofferenza, senza dire che è un regime a renderlo così: era già denunciarlo. E la partecipazione del pubblico non solo è gioiosa e divertita, ma anche compiaciuta. E` questa la nuova aria: quella in cui si può ridere a squarciagola di fronte ai paradossi ridicolizzati di una dittatura. Quella in cui si può immaginare uno stato retto da sole donne chiamato “Wardistan”, dal nome arabo ward, che significa fiore, rosa.

Ma non tutte le rose sono fiorite. Non di certo per le donne di Sidi Buzid, che come documenta un fotografo e video maker della capitale nell`anniversario del 17 dicembre, continuano a raccogliere l`immondizia per strada per guadagnare un dinaro al giorno e sfamare i figli. Neanche per una donna del Kaf, a confine con l`Algeria, che dopo mesi dalla partenza di Ben Ali, non ne era neanche al corrente, lontana dalla televisione e dalla comunicazione, ma soprattutto invasa dalla solita preoccupazione: una vedova con dei bambini da sfamare. Insomma,  rose  lontane dal condividere la gioia o il potere di un Wardistan.

Wael ha deciso di lasciare lo studio, è alla ricerca di un`autonomia finanziaria e di un nuovo equilibrio, ma è la situazione in Tunisia a deprimerlo maggiormente: “Prima eravamo una minoranza nascosta contro il regime, ora siamo apertamente tutti contro il passato, ma noi che crediamo in una vera rivoluzione siamo la nuova minoranza: guardati come estranei, che non credono o non sono religiosi, quelli che boicottano le elezioni e che si vestono in maniera diversa. La cosa che più mi fa soffrire è la mia stessa società che mi addita e mi rifiuta, quella con cui dovrei festeggiare?”

Ma se alcuni giovani delusi della capitale non se la sentono di scendere in piazza, a largo di Bkalta c`era chi voleva  scendere in barca a festeggiare: emigrando. Quarantatré nuovi harraga (immigrati clandestini) sarebbero difficilmente arrivati sulle coste siciliane, date le condizioni della barca che la guardia costiera di Monastir ha individuato e riportato sulla costa.  Erano tutti uomini tra i 15 e i 30 anni più una donna di 60 anni, originari di Tunis, Bizerte, Monastir, Sayada, Mahdia e Metlaoui. Emigranti salvati per le feste, perché i compleanni si festeggiano a casa, anche quando alla festa non si vuole partecipare.

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