ROMA – Non ci sono dati ufficiali attendibili sul numero esatto delle badanti e delle assistenti familiari in Italia, a causa di un mercato nero che copre il 70% del fenomeno. Secondo i dati dell’Inps, sulla base di quanti sono iscritti alla previdenza, ci sono tra le 850 e le 900mila badanti in Italia, ma le stime parlano di oltre un milione e mezzo di lavoratori e lavoratrici domestici. “La crisi non ne ha ridotto il numero, è diminuita la dinamicità, i flussi migratori che interessano il settore sono meno dinamici rispetto a cinque anni fa, la differenza tra colf e badante si assottiglia, è sempre più confusa”, spiega Sergio Pasquinelli ricercatore sociale dell’Irs di Milano, nel corso del convegno organizzato a Roma da Acli colf.
In media hanno 42 anni, ma l’età si sta abbassando con le nuove ondate migratorie, la maggior parte sono donne, la provenienza è nel 60% dell’est Europa, soprattutto romene, il 30% viene dal Sud America, il 10% sono italiane. Il tipo di lavoro svolto è di tue tipi: a ore e co-residente. Meno di un terzo lavora con il contratto. “La sanatoria del 2009 ha esaurito gli effetti benefici, siamo tornati a livelli pre -sanatoria con almeno il 70% di sommerso – continua il ricercatore – meno di tre su dieci hanno un contratto di lavoro e con le ore dichiarate corrispondenti a quelle lavorate”. Ci sono convenienze economiche a stare nel sommerso sia per i datori, sia per le lavoratrici. L’assenza di un contratto ‘libera le mani’, si preferisce un’assenza di diritti e di doveri. Un assistente familiare in nero percepisce 800-900 euro, con il contratto: 1200 – 1300 euro.
“Le agevolazioni fiscali per le famiglie sono ‘irrilevanti’ – dice Pasquinelli – c’è stato il fallimento degli assegni di cura come strumenti di emersione dal nero, l’alternativa è qualificare il sistema di cura e collegarlo con il sistema dei servizi. Le famiglie non possono essere penalizzate così tanto nell’assunzione, gli oneri fiscali sono per il 90% a carico delle famiglie”.
Secondo l’Irs, si potrebbe intervenire sull’indennità di accompagnamento, per la quale quest’anno spendiamo 13miliardi di euro. “La nostra proposta sul welfare, una riforma a costo zero, è di trasformare l’indennità di accompagnamento in una ‘dote di cura’ – conclude il ricercatore – la cifra non va data a fondo perduto com’è oggi, ma si può canalizzarla in un sistema di assistenti familiari qualificate, impiegarla per l’obiettivo per cui dovrebbero essere spesi quei soldi”. Vincolare l’indennità di accompagnamento all’acquisto di una ‘dote di cura’ da parte di assistenti familiari e farla passare dall’Inps alle Asl, è la proposta per fare emergere le badanti dal nero.