Processo Infinito. Mappa delle attività criminali del capoluogo lombardo

Milano, la `ndrangheta del cantiere accanto

Giovanni Tizian
  Coca, frutta, facchinaggio, night, politica e terra da sbancare. Diversificare è la priorità della ‘ndrangheta in Lombardia, che ha visto chiudersi con oltre 100 anni di condanne il suo processo lombardo, “Infinito”. Tra tutte le attività, quella prevalente è il movimento terra per lavori pubblici e privati. La mappa interattiva dei cantieri.
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Decine di cantieri in cui, nel solo 2009, i camion della ‘ndrangheta lombarda hanno sbancato terra e smaltito rifiuti. E ancora opere pubbliche e private in cui la presenza delle ditte di ‘ndrangheta è stata accertata da appostamenti e indagini. Ecco: movimento terra e smaltimento rifiuti sono il pacchetto di servizi offerto dalle imprese dei padrini padani agli imprenditori locali. È il pizzo moderno, che da tassa parassitaria è mutato in servizio per le imprese.

Mappa interattiva dei cantieri a Milano

«Milano via Stephenson, Milano V.le Zara, Milano via Adda, SS 36 tra Monza e Cinisello Balsamo, Milano Portello, Monza via Mauri, Basiano, via Roma, Milano via Tortona, Milano P.zza XXV Aprile, Milano via Comasina; Milano via Boiardo, Milano Lambrate, Milano via Scarsellini, Paderno Dugnano, Milano via Pirelli, Milano via Segantini, Milano via Valtellina». In tutti questi cantieri elencati nell’ordinanza di custodia cautelare “Redux-Caposaldo” della primavera 2011 hanno lavorato i camion dell’Al.Ma. Autotrasporti. Riconducibile a Rocco Morabito, esponente di spicco della ’ndrangheta di Africo, provincia di Reggio Calabria. La gestione delle imprese di Morabito era affidata a Giuseppe Romeo. Anche lui considerato uomo delle cosche di Africo a Milano.

Gli “africoti” a Milano hanno costruito un impero le cui fondamenta poggiano sul traffico di cocaina. Erano loro i padrini dell’Ortomercato milanese. Una base logistica al di sopra di ogni sospetto: qui stoccavano le tonnellate di coca provenienti dal Sudamerica e reinvestivano i capitali illeciti nel settore ortofrutticolo. Erano titolari, tramite prestanome, di una girandola di cooperative interne all’ortofrutta e, a pochi passi, avevano anche inaugurato il The King, il night club che ha dato il nome all’operazione antimafia sulle infiltrazioni nel mercato ortofrutticolo milanese.

Coca, frutta, facchinaggio, night, politica e terra da sbancare. Questi sono gli affari dei Morabito a Milano. Il vecchio padrino “Peppe” Morabito, detto “U tiradrittu”, latitante per lungo tempo e ora in carcere, ha lasciato lo scettro al figlio Salvatore. Anche lui però è stato condannato per la vicenda dell’ortofrutta. Allora è toccato a Rocco Morabito portare avanti gli affari in terra lombarda.

Il legame tra Morabito e Giuseppe Romeo si fonda sugli affari. Il primo partecipa attivamente, come una sorta di dirigente occulto, alle attività imprenditoriali di Romeo. E soprattutto nell’Al.Ma Autotrasporti, la società più attiva nei cantieri milanesi nel 2009. «L’elenco frutto degli accertamenti è veramente inquietante», scrive il gip che ha firmato l’ordinanza di arresto per Romeo.

Il cantiere di via Stephenson a Milano riguarda un’area di 22 mila 305 metri quadri, nel quadrante nord-ovest. È un cantiere privato, il primo del lungo elenco dove l’Al.Ma del boss imprenditore Romeo ha lavorato e ha imposto i camion. Nelle intercettazioni, Romeo dialoga con Giovanni Danesi, titolare dell’omonima ditta che ha subappaltato i lavori all’Al.Ma. E sempre a Danesi fa notare che a trasportare la terra c’è anche un’altra ditta. Un fatto mal digerito da Romeo che vorrebbe l’esclusiva.

La storia si ripete. È ancora il 2009: nel cantiere di viale Zara, aperto per la realizzazione del nuovo tratto di metropolitana Linea M5, i mezzi di movimento terra sono quelli di Romeo. Un’opera strategica, la metropolitana, non solo per la città. In quei cantieri, oltre all’Al.Ma, hanno lavorato anche i fratelli Cosco, imputati a Milano con l’accusa di avere sciolto in 50 litri di acido la collaboratrice Lea Garofalo, moglie di Carlo Cosco, in un magazzino della Brianza. La ditta di Romeo ha sempre lavorato in viale Zara senza avere partecipato ad alcun bando di gara, ma semplicemente su commissione della “Mara Scavi s.r.l.” di Crema. «Vai in viale Zara, carichi il mistone, ti do le bolle e vai a scaricare alla Demi (nome della cava in provincia di Bergamo ndr) a nome mio», raccomanda Giacomo Nichetti, titolare della Mara Scavi a Francesco Gligora, braccio destro di Romeo nell’Al.Ma. I contatti sono diretti, ogni laccio burocratico è superato con incarichi “amicali” e permette alle ditte delle ‘ndrine di accumulare profitti in maniera più rapida rispetto alle imprese che rispettano prassi e regole.

Oltre che nel cantiere della M5, l’Al.Ma. ha lavorato alla realizzazione del prolungamento della linea M3, all’angolo tra via Comasina e via Ettore Cicciotti. Per lavorare in quel cantiere suggeriscono a Romeo di levare le scritte Al.Ma. dai camion, così da renderli anonimi. A maggio 2009 i camion di Romeo iniziano a lavorare a gran ritmo, raggiungono i 50 viaggi al giorno. E vanno a scaricare al laghetto Trecate, come ammette Grigola.

Nel cantiere di via Adda si costruiscono immobili a uso abitativo. I rapporti contrattuali sono di natura privatistica, non interessati da finanziamenti pubblici. Per le ditte legate a Romeo, Morabito e Grigola la penetrazione sarebbe quindi a rischio zero. «Ho mandato quattordici… tredici o quattordici macchine…»: è lo stesso Romeo che ammette quanti mezzi lavorano nel cantiere di via Adda. E precisa: «Nove sono quelli miei, le mie personali sono nove. Poi c`è LACHI (fonetico) ci sono due di..». Le parole di Romeo descrivono il sistema di spartizione. Quel “Lachi”, che gli investigatori riportano fonetico, sta probabilmente per Davide Flachi, rampollo dell’omonima famiglia, legato agli “africoti” e a Romeo. Flachi è uno dei cognomi che sono comparsi nella storia della ‘ndrangheta e che, con alcuni esponenti, occuperebbe un posto di prestigio ne “La Lombardia”, la struttura di vertice che governa le singole cosche presenti sul territorio, la cui esistenza è stata certificata dai giudici di Milano con la storica sentenza di primo grado della settimana scorsa che ha condannato 110 tra boss, gregari, politici e colletti bianchi.

Altro cantiere pubblico, stessa ingombrante presenza. Si tratta dell’adeguamento del tratto stradale compreso tra la statale 36 “dello Spluga” e il sistema autostradale di Milano, nei comuni di Monza e Cinisello Balsamo. Il committente dei lavori è la società “Anas s.p.a.”, vincitrice dell’appalto è “Impregilo”, la quale ha sua volta subappaltato il lavoro alla “Perego General Contractor s.r.l.”, la ditta di Ivano Perego, imputato (non condannato) a Milano per concorso esterno nel processo in corso con rito ordinario, insieme all’ex direttore sanitario dell’Asl di Pavia Carlo Chiriaco. «Ci vediamo a Monza che dopo tienimi libero 7, 8 camion» è la raccomandazione di Perego a Romeo, intimo – secondo gli inquirenti – di Salvatore Strangio, che sarebbe la longa manus delle ‘ndrine all’interno della Perego e a capo della cabina di regia che deciderebbe la spartizione dei subappalti su base territoriale tra le diverse ‘ndrine lombarde.

Perego sarebbe per le ‘ndrine lombarde il cavallo di Troia con cui entrare nei lavori per l’Expo 2015. Per questo Strangio – condannato in primo grado a 12 anni nel processo “Infinito” – ha tentato in tutti i modi di evitare il fallimento economico della Perego. Prima di lui, a capo della regia unica, c’era Pasquale Barbaro, coinvolto nella spartizione dei sub appalti della Tav e dell’A4. La cabina di regia lombarda dialoga costantemente con la “Provincia”, l’organo di governo delle singole cosche calabresi. L’accordo tra Romeo e Perego per i lavori di Monza va a buon fine. E Romeo suggerisce a Gligora di scaricare la terra del cantiere nella cava a nome di Danesi.

Neppure il cantiere del “Portello”, a ridosso di “Fiera Milano City”, sarebbe sfuggito alle cosche. Il progetto firmato dallo studio degli architetti Valle è finalizzato alla riconversione funzionale dell’area la riqualificazione urbanistica e ambientale. La ‘ndrangheta partecipa. E ancora una volta è Perego a introdurre i camion dell’Al. Ma stavolta nel cantiere. «Io ti posso pagare 2,50 euro sugli 80.000 metri… la 15.000 metri di mista, ce la regalano… pulita… e dopo ti danno una discarica di 15.000 metri in colonna “B” tra un dieci mesi… sempre quel cantiere qua». È il guadagno che Perego prospetta a Romeo, che accetta al volo. « Un continuo impiego dei mezzi dell’ “AL.MA” nell’area del Portello», scrive il Ros dei carabinieri che si appostano davanti all’area dei lavori.

Altro subappalto pubblico è quello relativo all’ampliamento dell’attuale sede del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Monza. I camion dell’Al.Ma. fanno avanti e indietro da via Mauri, dove ha sede il cantiere. A concedere il subappalto alle ’ndrine sarebbe stata la ditta Procopio Costruzioni srl. «Alle 9 ho l`appuntamento con Procopio per il lavoro con l`impregillo (Impregilo ndr)», si legge nelle carte dei magistrati. Anche questa volta l’accordo sarebbe andato a buon fine. Gligora aggiorna costantemente Romeo dei viaggi fatti dai camion dell’Al.Ma dal cantieri di via Mauri al luogo di scarico: «160 viaggi», gli comunica soddisfatto Grigola. Il lavoro per i Vigili del fuoco avviene nel periodo di ottobre 2009, quando la società di Romeo aveva ottenuto la certificazione antimafia. Un fatto che lascia incredulo lo stesso Gligora, tanto che quando gli comunicano «abbiamo l’antimafia», reagisce spaventato, convinto che l’interlocutore si riferisse agli investigatori.

Nell’ottobre del 2009 l’Al.Ma. lavora nel cantiere di via Tortona. Un appalto pubblico della Provincia, in cui Perego si inserisce legalmente e poi contatta Grigola, spiegandogli la situazione: «mi ha detto che Al.Ma. loro (la Provincia ndr) non lo vogliono… perché sei indagato, sei … non ti vogliono… non hai un`altra società che ha… per dire che dopo… hai capito?». L’escamotage trovato è affidare ufficialmente i lavori al cognato di Grigola, ma poi «io te la do a te la mista, hai capito cosa voglio dirti?», specifica Perego.

C’è anche il cantiere di Piazza XXV aprile nell’elenco stilato dagli investigatori. Si sta costruendo un parcheggio sotterraneo. L’Al.Ma. vuole l’esclusiva per il trasporto della mista. Grigola esige e impone che da quel cantiere escano solo camion dell’Al.Ma., riservandosi la possibilità di chiamare al bisogno qualche padroncino della cerchia dei compari. L’Al.Ma. riesce a partecipare a lavori «d’ingente valore», senza mai figurare direttamente, ma “appoggiandosi” ad altre società «che, di fatto, appaiono come immuni da possibili infiltrazioni». È l’amara analisi del gip.

L’elenco continua: si arriva in via Boiardo. Nel cantiere si lavora alla costruzione di un magazzino commerciale. «Venti viaggi al giorno», calcola e riferisce Grigola a Romeo. Spostandoci a Milano Lambrate, troviamo ancora l’Al.Ma. : trasporta la terra del cantiere del sottopasso per collegare la stazione ferroviaria alla linea 2 della metropolitana. Da Lambrate la terra prende la direzione della cava “Demi”, perché «quelli pagano subito». La ditta di Romeo partecipa anche alla Costruzione di un Centro di Aggregazione Giovanile, a Basiano, in via Roma. Un cantiere in cui l’Al. Ma. piazza anche un escavatore. In via Scarsellini, invece, si costruisce un edificio commerciale. In quel cantiere gli investigatori notano i camion della cricca ‘ndranghetista. Così come li notano uscire ed entrare dal cantiere per l’ampliamento della clinica polispecialistica “San Carlo” di Paderno Dugnano. E da via Pirelli dove si stanno costruendo delle paratie in cemento armato per conto della “Vegagest spa”.

Una presenza diffusa, a cui si devono aggiungere molti altri cantieri dell’hinterland milanese in cui grazie a Salvatore Strangio e alla Perego, i camion delle ‘ndrine de “La Lombardia” hanno lavorato senza problemi, e con una ferrea spartizione del territorio. Ma come lavorano nel movimento terra lo spiegano gli investigatori e il gip di Milano che ha firmato l’ordinanza d’arresto per Romeo e Grigola: «Una delle note caratteristiche dell’attività di movimento terra gestita dai calabresi è la sistematica violazione della normativa ambientale. Violare le regole fa risparmiare tempo e denaro; si tratta di una scelta coessenziale alla impresa mafiosa».

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