Dopo il segnale del governo (ulteriore definanziamento del Ponte) chiediamo che la partita sia definitivamente chiusa. E dunque, per prima cosa, lo scioglimento della “Stretto di Messina”. Secondo: rescissione di tutti i contratti, da quello con Eurolink-Impregilo all`accordo con il “monitore ambientale” Fenice EDF. Terzo: non riconoscimento di alcun debito con il Contraente Generale. Infine: utilizzo delle somme precedentemente impegnate a favore della messa in sicurezza del territorio.
Firma con Facebook – Firma con Twitter
Gli investimenti vanno spostati nella messa in sicurezza sismica e idrogeologica del territorio, nella riqualificazione urbana, nel riammodernamento degli edifici scolastici, nel trasporto pubblico nello Stretto. In generale, nelle infrastrutture di prossimità. La messa in sicurezza del territorio oggi è una grave questione nazionale. Le alluvioni catastrofiche, negli ultimi anni, hanno riguardato la Liguria come la Campania, la Sicilia come il Veneto.
Tenere in piedi il carrozzone che nel corso degli anni ha sprecato una valanga di denaro pubblico è la cosa peggiore che si possa fare oggi. Non affrontare la questione dello scioglimento vuol dire rimandare a domani un problema che si può risolvere oggi.
I segnali sono inequivocabili e arrivano persino da parte governativa. Prima la cancellazione delle opere compensative, poi la bocciatura dell’Unione Europea, adesso il definanziamento della “Stretto di Messina Spa”. Al di là delle dichiarazioni di circostanza già rilasciate da Matteoli, Ciucci e politici locali, la sostanza è che i tre eventi elencati segnalano l’inconsistenza in termini di credibilità e di sostenibilità finanziaria del progetto di costruzione del “mostro sullo Stretto”.
Crolla l’apparato – tutto ideologico e costruito in sede locale – sulla possibilità di infrastrutturare il territorio dello Stretto a spese del Ponte. In quanto accaduto c’è, però, il rischio di considerare finita la partita. Siamo certi che non è così. Così come ai tempi del governo Prodi porre il Ponte tra le opere non prioritarie non ci mise al riparo dal rischio di ripartenza del progetto.
Dare oggi per scontata la fine dell’attraversamento stabile significherebbe sottovalutare la possibilità di una continuazione, sottotraccia, dell’iter. Quell’iter che ha già dilapidato centinaia di milioni di euro e che rappresenta la natura vera della politica delle grandi opere. In questo momento sono in vigore i contratti con Eurolink (il cantiere preliminare di Cannitello sarà consegnato a dicembre), quello con EDF Fenice per il monitoraggio ambientale (la società ha inquinato la falda acquifera della Basilicata, ma a Messina controlla la qualità dell`aria), quello con il “Project Management Consultant” e il “Broker assicurativo”.
E’ necessario accentuare le iniziative di mobilitazione affinché vengano raggiunti quegli obbiettivi che, davvero, definiscano i passaggi formali della chiusura del progetto di costruzione del Ponte sullo Stretto. Quanto sta accadendo dovrebbe, infine, indurre alle dimissioni quella rappresentanza politica locale che ha fatto riferimento al Ponte come unica possibilità di sviluppo ed ha proposto lo scambio devastazione del territorio/flussi di denaro come unico orizzonte possibile. Quella rappresentanza politica ha fatto della “politica della miseria” e della questua il proprio tratto caratteristico, deve semplicemente prendere atto del fallimento della propria proposta politica e togliere il disturbo. A tutti i “no pontisti” diciamo: ci vuole ancora uno sforzo. Noi stiamo già vincendo.