FIRENZE – Da Bruxelles, dove è deputato europeo, torna spesso fino alla sua Gioia Tauro. Pino Arlacchi è una delle “vittime” illustri della Salerno – Reggio Calabria. Ma anche l’unica persona al mondo che ha studiato scientificamente i sistemi criminali nell’estremo sud dell’Italia e in Afghanistan.
Quali sono le analogie tra la sua regione e l’Afghanistan?
Ha presente le indagini sul caso Fortugno? Si è ipotizzato che il mandante fosse il primo dei non eletti. Di recente è stata formulata la cosiddetta “clausola Afghanistan”, una legge votata dal Parlamento che ha annullato la possibilità per i non eletti di prendere il posto di eventuali deputati deceduti. Ci sono già cinque omicidi di parlamentari motivati in questo modo. Il modello è lo stesso, cambia la scala. La differenza vera è che in Afghanistan un sistema di denunce e controlli è inesistente.
Anche per le strade?
Il modello afghano è estremo, stiamo parlando di appalti per centinaia di migliaia di euro. Karzai mi ha raccontato di una sua conversazione con il responsabile di un’agenzia di sviluppo USA. ‘Abbiamo costruito una bella strada a Kabul per 200 milioni di euro’, gli ha detto. Una strada non passa inosservata. Gli fa il nome della strada, ma non c’era. Era stato solo costruito un recinto, fatturato per 30 milioni di dollari. L’Afghanistan è una Calabria portata all’estremo, ma il modello è quello.
Di chi è la responsabilità dei “cantieri eterni” dell’A3?
Lo stesso Parlamento ha gravi responsabilità, è chiaro che c’è stata una gestione complessivamente inefficiente e corrotta. L’Anas negli ultimi vent’anni è stata una successione di scandali, non rimarrei sorpreso se si facessero indagini e si trovassero corruzioni e collusioni. Ovviamente sarei molto felice se non si trovassero. Le indagini della magistratura sono limitate dalla giurisdizione, dovrebbe esserci una commissione parlamentare d’inchiesta.
Perché non si riesce a completare il lavoro?
Sembra proprio che non si voglia concludere, io frequento quell’autostrada. Le anomalie risultano evidentissime. Perché dopo più di 30 anni alcuni tratti non vengono mai ultimati? Per non lasciare disoccupati? Non sono state neppure predisposte elementari misure di alleviazione del disagio, per esempio i percorsi alternativi, come avviene in tutta Europa. Oppure riducendo al minimo gli interventi e dando tempi certi sulla durata degli interventi.
Eppure l’ANAS non si è mai scusata per i problemi creati…
Un atteggiamento che disapprovo da un punto di vista manageriale, non è mai una buona politica negare l’evidenza, soprattutto quando non se ne portano le responsabilità. Al posto loro direi: in passato abbiamo sbagliato, ora cerchiamo di voltare pagina. Due anni sono diventati venti. Soprattutto il tratto della provincia di Reggio Calabria non potrà essere concluso in un anno o due.
E le imprese?
La politica costante delle grandi imprese del centro-nord è stata quella di mettersi d’accordo con chi comanda sul posto. Le denunce sono nate quando il pizzo era eccessivo o quando c’erano conflitti di giurisdizione tra mafiosi.
Perché si continua a parlare di “infiltrazioni” senza spiegare il contesto?
E’ un linguaggio giornalistico obsoleto. Fa sì che nessuno legga queste notizie riportate in modo sempre uguale. Si figuri che spesso neanche io le leggo…