Grandi opere. Indagini sui movimenti di proprietà a Villa San Giovanni

Espropri per il Ponte. Una questione delicata

Antonello Mangano
  Sono state avviate le procedure di esproprio sulle due sponde dello Stretto. Può essere la prima occasione di arricchimento mafioso legata al Ponte. Nel 1985, quando sembrava imminente l`avvio dei lavori, scoppiò una spaventosa guerra di `ndrangheta per il possesso dei preziosi terreni. Oggi un gruppo interforze sta monitorando i movimenti e i passaggi di proprietà. Sperando che non arrivi tardi.
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VILLA SAN GIOVANNI (Rc) – A Villa 586 proprietari, più un centinaio della vicina Campo Calabro, sono coinvolti nelle procedure di esproprio in vista dei lavori del Ponte. Sul versante calabrese, le procedure riguardano sia i terreni nella punta estrema dello stivale, sia un territorio 30 chilometri più a nord, tra Aspromonte e Piana di Gioia Tauro. Qui è prevista la mega-discarica di Melicuccà. Nel 1985 un’automobile imbottita di esplosivo viene parcheggiata accanto alla vettura blindata del boss Imerti, che si salva miracolosamente e può organizzare la vendetta.

Due giorni dopo il boss di Reggio, De Stefano, rimane sull’asfalto nel quartiere Archi. Inizierà una guerra da mille morti. Il libro di Antinio Nicaso e Nicola Gratteri, “Fratelli di sangue”, spiega che i De Stefano volevano mettere le mani sui terreni di Villa in vista degli espropri. La convenzione fra ANAS e FS aveva lasciato intendere che i lavori sarebbero iniziati a breve. Quasi sempre si ricorre all’idea dell’“infiltrazione” per indicare la presenza mafiosa negli appalti e nei movimenti di denaro pubblico.

Ma qui si tratta di una cosa profondamente diversa, cioè la signoria territoriale che ogni clan esercita sulla propria zona di competenza. “L’uso di parole sempre uguali come infiltrazione è la spia di un linguaggio giornalistico obsoleto, la prova del logorio della comunicazione”, ci dice in proposito Pino Arlacchi, autore dello storico studio “La mafia imprenditrice” che tra le altre cose racconta del dominio delle ‘ndrine in provincia di Reggio.

E ora cosa si sta facendo per evitare che le ‘ndrine esercitino il proprio dominio sul territorio? “C’è un gruppo interforze che si sta occupando di monitorare i titoli di proprietà e le destinazioni d’uso, in particolare i cambiamenti avvenuti di recente”, ci spiega Salvatore Lo Balbo, che per la CGIL sta coordinando l’osservatorio “Edilizia e legalità”. “Non si tratta di infiltrazioni, hanno avuto vent’anni di tempo per organizzarsi e organizzare questa speculazione. Ma ora bisogna verificare se lo Stato sta dando soldi alla mafia.

Il principio è che il terreno si espropria lo stesso, ma senza dare denaro. Un po’ quello che avviene con i sequestri di beni. Non sono cose complicate. La prefettura e la polizia analizzano il casellario giudiziario  come avviene abitualmente per le interdittive”. Al di là della questione mafia, quanto costeranno gli espropri? “La cifra lievita continuamente perché la pratica è iniziata molti anni fa, ad oggi non è facile sapere a quanto ammontano e se c’è la copertura finanziaria”.

Invece è molto preoccupante quello che avviene per i lavori ordinari. “La cosa più grave è che al momento non ci sono linee guida antimafia per i lavori del Ponte”, dice ancora Lo Balbo. Invece ci sono per l’Expo, il sindacato l’ha richiesto più volte. Può sembrare una battuta, ma al momento si assume che c’è la mafia a Milano, c’è in Abruzzo per i lavori post terremoto, mentre in Sicilia e Calabria no. Cannitello doveva passare per il tavolo di monitoraggio dei flussi di manodopera, formato tra gli altri da sindacati e Prefettura. I lavori stanno finendo e questo non è avvenuto”.

 

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