La sezione siciliana dell’Asgi e l’Onlus “Borderline Sicilia” auspicano che venga fatta giustizia sull’ennesimo caso di aiuto umanitario sotto processo. Nell’agosto del 2007 i due pescherecci tunisini trassero in salvo 44 naufraghi nel Canale di Sicilia. Per questo salvataggio, i due equipaggi finirono sotto processo ad Agrigento con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Nel novembre del 2009 cinque pescatori, dopo avere subito un’ingiusta detenzione durata 36 giorni e un’incalcolabile pregiudizio economico, sono stati assolti da ogni accusa.
I due comandanti, Abdelbasset Zenzeri e Abdelkarim Bayoudh, condannati in primo grado con l‘accusa di minaccia e violenza a nave da guerra e resistenza a pubblico ufficiale, attendono che il prossimo 21settembre venga riformata la sentenza di condanna del tribunale di Agrigento.
Intanto la strage continua e anche quest’estate si contano centinaia di morti nelle acque del Canale di Sicilia. Sugli arrivi alla frontiera italiana di profughi africani ed asiatici provenienti dalla Libia è stata avviata un’indagine dalla Procura della Repubblica di Palermo in ordine alle responsabilità del regime libico sui viaggi della speranza usati come forma di ricatto nei confronti dell’Italia. E il procuratore aggiunto Teresi denuncia le condizioni di trattenimento dei migranti presso l’ex base Loran a Lampedusa.
La politica di chiusura della fortezza Europa, in nome del controllo delle frontiere, ha trasformato il Mediterraneo in un mare senza diritti, in cui non contano più le convenzioni internazionali, il rispetto del diritto d’asilo e dei diritti umani, e in cui le azioni umanitarie vengono criminalizzate per scoraggiare l’intervento di coraggiosi pescatori che, anche a costo della propria vita, compiono azioni di salvataggio in mare nel rispetto della legge.